Erano dappertutto, il 31 ottobre ragazzini travestiti da scheletri e streghe hanno riempito le strade di Roma e tutte le città d’Italia nella festa più global che ci sia.
Si ratta di una capitolazione culturale, eppure una speranza c’è…
Dalla farmacia al tabaccaio al fruttivendolo, in tutti i negozi in cui sono entrato mercoledì 31 ottobre 2018 non si sfuggiva all’ingresso continuato ed estenuato di ragazzini mascherati che ripetevano inesorabilmente l’irritante frase a scopo estorsivo: “dolcetto o scherzetto…”.
Fuori ad aspettarli i genitori, tra loro alcuni che subiscono rassegnati l’accompagnamento dei piccoli Nosferatu al rito del “dolcetto o scherzetto”, che oltre ad educare all’estorsione sovverte anche il saggio e prudente “non accettare caramelle dagli sconosciuti”, ma anche altri che compiaciuti rimpiangono, talvolta mascherati in modo improbabile, di non aver vissuto nella loro infanzia quella non-festività esotica che allora non veniva celebrata.
E sono questi ultimi a rappresentare la capitolazione culturale, se è vero che anche in passato mode straniere hanno affascinato le nostre città, tali esse erano rimaste: mode. Nel dopoguerra il mito a stelle e strisce si è fatto sentire con forza ma la coscienza popolare aveva sviluppato gli anticorpi dell’ironia, era bastato il Renato Carosone di “Tu vuò fa’ l’americano” e l’Alberto Sordi di “Un americano a Roma” per ridimensionare l’infatuazione e mostrarla per quello che era attraverso lo strumento del ridicolo.
Ma non vedo in giro un Carosone e un Sordi, nessuna ironia accompagna le zucche arancioni, nessuna presa in giro o senso del ridicolo per questa non-festa che ottiene però il risultato di coprire le vere feste, segno che la moda è ormai più di una moda e viene vissuta come cultura assimilata.
Haloween no è solo l’affermazione della cultura inglese sulle altre, una forma di imperialismo culturale anglosassone, forse in un primo momento era così, a lungo andare però l’effetto è stato un altro, se una tradizione locale diventa cosmopolita a perderci è anche la cultura di origine che smette di essere identità per annacquarsi in una ripetizione inconsapevole e privata di senso, anche una lingua se è fatta propria da popolazioni in tutto il mondo smette di essere parte di una identità. La globalizzazione non è un processo di riduzione di ogni paese a provincia anglosassone ma riduzione di tutti i paesi ad una comunanza di rituali dell’indifferenza, il diffondersi di gesti vuoti di senso e di identità. Questo concetto Leopardi l’aveva visto con chiarezza, dallo Zibaldone traiamo questo passaggio:
Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe piú cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo: l’amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo: e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu piú patria di nessuno, e i cittadini romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria, e lo mostrarono col fatto.
(24 dicembre 1820).
In un mondo che avrà assorbito e fatta propria la cultura inglese, essere inglesi non avrà più alcun senso, esattamente come non lo avrà essere italiani, francesi, tedeschi e così via.
Ma c’è un racconto di Flaiano dal titolo “Un marziano a Roma” che parla dell’interesse suscitato dallo sbarco di un marziano in città, arriva però il tempo in cui l’entusiasmo si affievolisce fino al momento del definitivo ridimensionamento. Il marziano entra infine in un bar tra ‘indifferenza dei presenti, poi un uomo si volta a guardarlo e gli dice “A marzia’, facce ride…”.
In questo sta la speranza, che un giorno, forse non troppo lontano, le persone guarderanno alle zucche svuotate e alle mode esotiche con indifferenza, e infine si rivolgeranno idealmente alla festa di Halloween con un distaccato: “facce ride…”.
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12 commenti
Ieri la mia bimba ha invitato due amichette a cena per la “festa di Halloween” (?). La mia speranza risiede nel fatto che, dopo un tentativo di festa tematica con paramenti macabri e trucchi da streghetta, si son vestite da principesse, hanno preso in mano le bambole e han giocato tutta la sera a “fare le mamme”. Mentre noi genitori parlavamo del governo mangiando e bevendo italiano (cucina e vini locali). L’italiano è sempre italiano: per fortuna :-).
Interessante questo episodio, nel caso particolare un po’ l’avverarsi di quel distacco dalle mode estranee di cui parlo nell’articolo.
Proprio così. Grazie prof. Pennetta, di tutto cuore, per quello che fa.
Roma è la capitale di ognicosa,di tutto,di sempre ecc.Ma basta vivere a 300 km.dalla”Città Eterna”per constatare che effettivamente questa città è particolare.Parlo evidentemente di Halloween e della Toscana:quando iniziò la “moda” e la festa, gruppi di ragazzi-ragazze bussavano alle porte di casa(non solo alla mia) per il rituale dolcetto e scherzetto.Moltissimi si vestivano come tale festa comanda.Oggi,dopo quasi dieci anni,i ragazzi-ragazze manco per sogno vengono a chiedere dolcetti ! Non si mascherano e semmai indossano camicie nere(gulp!!!) mentre si muovono in bande di 7-10 festaioli.L’Unica vera loro attività consiste NEL GETTARE PETARDI !!! Amen.Anzi COSI SIA ! ps.Non mi lamento per i petardi semmai vorrei sapere se loro sanno cosa stanno festeggiando ?
Se la dinamica dovesse ripetersi come in questo schema tra qualche anno dovrebbe essere superata la questione. Staremo a vedere.
Infatti professore ! Come scrivo a Valentino Zoldan:….”solo i bambini fino a 8 anni si “ostinano” a pronunciare le parole magiche “Dolcetto o scherzetto”…..! Staremo a vedere.Certo!Ma la strada è in discesa…
La frase anche qui l’ho vista pronunciare solo dai bambini, quello che colpisce però è la partecipazione di molte mamme, se la festa inizierà a rientrare dovrebbe iniziare a farlo da loro.
Mi permetta professore.La massa dei festaioli è composta si da bambini e loro mamme ma “oramai utilizzata” anche da un’altra massa di “personaggi” che vanno dall’età di 13-15 anni in su(fino a trentenni e più).Ma all’inizio della festa a chiedere Dolcetto e scherzetto non erano solo i bambini!!ps.Personalmente a casa mia nessuno si è più “degnato” di chiedere caramelle da almeno 3 anni.
Non c’è una contraddizione, la frase intimidatoria viene pronunciata dai più piccoli, per gli altri è una specie di carnevale bis con tema macabro.
E’ interessante anche la moda degli zombie, è un’epoca che ha un rapporto con la morte tutto da analizzare.
Esatto,come sempre,Prof. Certo che anche la scelta della notte che precede la Festa dei Santi e poi della Commemorazione dei Morti sembra una sfida al tempo e alla morte(e alla “parte migliore del Cristianesimo”).Almeno per un giorno…e dopo ricche bevute di alcool tutto è rimandato alla prossima “festa”(ciò comunque assomiglia in modo pazzesco allo stile di vita messicano) ps.”E’ un epoca che ha un rapporto con la morte tutto da analizzare”.D’accordissimo con lei !
Il problema non è halloween e la fuffa anglosassone, ma il vuoto pneumatico delle altre culture occidentali, che non credono più in Dio, ma in compenso credono a tutto. Io non ho figli, purtroppo, ma da cattolico mi sento tollerante verso tutti quei bambini che festeggiano halloween come un secondo carnevale (i miei nipotini sono fra questi, accompagnati da mia sorella), a patto però che questi bambini vivano la fede in famiglia (come i miei nipotini). La fede vissuta, infatti, è un antidoto portentoso contro la fuffa, perché fa vedere le cose nella luce giusta, rende chiaro cosa è vero e cosa è falso, cosa va preso sul serio e cosa va vissuto come un gioco. Il problema però è che la fede si vive ormai in poche famiglie, anche fra chi teoricamente è cattolico (quasi tutti i genitori mandano i figli a catechismo, ma pochi li accompagnano poi la Domenica a Messa), quindi si finisce per considerare serie cose ridicole e al contrario considerare ridicole cose serie.
Come sempre sono largamente d’accordo Paolo, ma se le persone fossero ancora di fede cattolica altri sentimenti di festa prevarrebbero e lo spazio per mascherarsi sarebbe lasciato ad altre date.
Essere credenti in questo clima consente di vedere le cose nella giusta luce ma se le persone fossero religiose il clima non ci sarebbe.