Dopo l’articolo sulla critica al darwinismo e la possibilità che questa possa trovare spazi finora preclusi, su Wired ne è seguito un secondo che merita attenzione: ci sono molti punti su cui concordo.
Dopo l’articolo pubblicato su Wired con il titolo “La destra ha un problema con Darwin?” dove si metteva sotto la lente d’ingrandimento il mio nome attribuendomi tra l’altro una collocazione che non riconosco e al quale ho risposto su Cs con “Wired: attacca Pennetta e altri a piacere nel tritatutto della disinformazione sulla presidenza Rai“, sulla pagina Facebook dell’autore, Massimo Sandal, seguiva un interessante dibattito nel quale interveniva anche Michele Bellone, autore di Pikaia il portale dell’evoluzione che dopo la lettera aperta del responsabile Telmo Pievani del 2013 ufficialmente non dialoga col sottoscritto ma ufficiosamente sembra di sì:
Lo scambio di interventi merita di essere letto, personalmente sono intervenuto poco e brevemente perché le mie ragioni le ho abbondantemente esposte nei libri e sul sito e non ho ritenuto in quella circostanza tornare a ribadirle, chi non vuole leggerle sa dove trovarle.
Poi, nei giorni successivi, su Pikaia è stato ripreso l’articolo di Wired ma, come sempre, non è stata citata né tanto meno riportata la mia risposta, si tratta di un metodo a cui siamo abituati, su Pikaia si evita accuratamente il contraddittorio.
Successivamente, sulla scia del primo articolo, su Wired ne è apparso un secondo, sempre a firma di Massimo Sandal, che merita di essere approfondito perché per la prima volta in tanti anni ho letto considerazioni sensate e per me ovvie ma dal punto di vista del clima culturale vigente quantomeno innovative, il titolo era “Come torniamo a fidarci della scienza?“. Si parla di sfiducia nella scienza, un problema che ho sollevato implicitamente con l’apertura di Critica Scientifica che già nel nome indica l’intenzione di sottoporre ad una critica le notizie sulla scienza per segnalare quelle “fake” o semplicemente amplificate a scopi pubblicitari, tra i primi articoli del 2011 troviamo ad esempio una serie su “Falsa/cattiva scienza”. Tra altre cose nell’articolo si legge una considerazione sul confronto percepito riguardo la scienza:
L’opacità dell’apparato-scienza genera due narrazioni simmetriche.
Da un lato quella di chi vede un monolite chiuso, co-dipendente dal sistema economico e politico. Se si rigetta quel sistema, si fa presto a rigettare anche la scienza in blocco quale collusa. Per reazione (e a causa di un antico equivoco culturale sul funzionamento della comunità scientifica) il lupo solitario che si scaglia contro i risultati di tale sistema, dall’antivaccinista all’antidarwinista, diventa il vero scienziato.
Dall’altro lato si trova chi invece, non rilevando problemi di sorta con il sistema di cui la scienza fa parte, la interpreta come una sorta di dispensatore automatico di verità, una rassicurante Pizia indubitabile che stabilisce certezze in virtù di un metodo quasi sempre ingenuamente idealizzato. Termini come peer review, metodo scientifico e falsificabilità vengono smazzati nelle discussioni sui social network quasi sempre senza una vera consapevolezza del loro significato e dei loro limiti: sono diventate formule vuote, sigilli di verità.
La divisione in due fronti descrive abbastanza bene la situazione e inizia a inquadrare delle cause come la monolitica rappresentazione che da sette anni cerco di mettere sotto esame, al riguardo Sandal coglie un aspetto importante:
la battaglia sta diventando qualcosa di diverso da una rivendicazione della ragione e la verità contro l’ignoranza. È mutata malamente in una battaglia ideologica, in cui ogni sfumatura e ogni complessità si polverizzano di fronte alla necessità di distruggere il nemico.
Il punto di non ritorno è quando una disciplina che dovrebbe garantire la più rigorosa onestà intellettuale inizia ad abbattere i propri standard per garantirsi la vittoria ideologica. Pochi giorni fa un articolo del New York Times ha denunciato che alcuni scienziati hanno iniziato a ostacolare la ricerca e divulgazione sugli effetti collaterali dei vaccini…
….Semplicemente, i ricercatori hanno paura che dei dati (normalissime indagini su effetti secondari o sull’efficacia vaccinale in particolari fasce di popolazione) vengano strumentalizzati, ingigantiti e usati come clava.
Che la battaglia sia ideologica è un’altra delle cose che ho messo da subito in evidenza, così come la necessità di distruggere il nemico con delle forzature di comodo, nella prefazione di “Inchiesta sul darwinismo” del 2011 leggiamo:
Come già detto, oggi ogni critica al darwinismo comporta automaticamente l’attribuzione di un’etichetta di creazionista: questa strategia comunicativa ricorda la cosiddetta “reductio ad Hitlerum”…
…Per squalificare qualunque critica alla teoria evoluzionistica darwiniana – termine col quale si intende indicare sia la teoria originale che la “Sintesi moderna” – si assiste troppo spesso alla messa in atto di una analoga (sempre giocando col latino) “reductio ad creazionistam”; per cui le affermazioni critiche verso la teoria non vengono neanche analizzate e, quasi ridicolizzate, finiscono direttamente incasellate tra gli argomenti creazionisti. Si tratta di un meccanismo la cui gravità sfugge ai più
E che dietro il “timore” che ogni critica possa avvantaggiare gli esecrandi nemici si verifica una blindatura, un timore delle analisi che danneggia in primo luogo la ricerca, ecco perché battaglie come le mie sono a favore della scienza e non contro. Alle stesse conclusioni giunge Sandal:
…ma se per la causa della scienza violentiamo la scienza stessa, per cosa stiamo combattendo? A che gioco stiamo giocando, adesso?
A differenza di personaggi come Burioni, Sandal è molto più intellettualmente onesto e scientifico e si pone la domanda che in molti rifuggono: perché c’è sfiducia nella scienza?
La fiducia, appunto. Come mai c’è chi non si fida della medicina e della scienza, su certi temi? È un problema di ignoranza o di visioni del mondo? Se non si fidano della scienza, cos’ha sbagliato la comunità scientifica? Non è questione di trovare punti di mezzo, di fare le coccole agli antivaccinisti. È questione di capire e di riguadagnare terreno sociale. Di chiedere: perché non ti fidi di me? Cosa posso fare per riavere la tua fiducia?
Il motivo per cui ad esempio sui vaccini c’è diffidenza è semplice e non ci vuole molto per trovarlo, ecco una serie di articoli in cui lo spiego:
Novembre 2013: “H1N1: lo scandalo insabbiato”
Dicembre 2013: “Scandalo H1N1: battaglia a colpi di paper”
Dicembre 2013: “La scienza è in mano ad una casta… La notizia più ignorata del momento.”
Giugno 2014: “La deriva dell’industria farmaceutica-2: I trafficanti di malattie”.
Novembre 2015: “Vaccini: il complottismo di comodo”
Chi vuole sapere perché le persone dal 2010 non si fidano più dei vaccini e delle autorità sanitarie ha qui materiale a sufficienza, ma i Burioni preferiscono confrontarsi con gli “straw man argument” distogliendo l’attenzione dai veri problemi e purtroppo trovano molti aiuti in persone che si prestano ai falsi o fuorvianti argomenti.
La scienza si difende così, affrontando i problemi e non riducendo “ad hitlerum” gli avversari.
.
.
18 commenti
Concordo, l’articolo di Sandal è molto interessante e ben fatto, e mi fa piacere vederlo segnalato anche qui. Quello della fiducia nella scienza è un tema su cui molti studiosi discutono da decenni ma che spesso rimane confinato agli addetti ai lavori senza raggiungere il grande pubblico (come del resto accade anche a molte notizie sull’evoluzione). La crescente diffusione — in rete, sui giornali, alle televisioni — di notizie false, distorsioni ideologiche e propaganda, ha reso ancora più urgente il dibattito sull’argomento. Giusto quindi parlarne evitando le polarizzazioni ideologiche. Negare l’esistenza di problemi per non dare argomenti ai vari “anti” (vaxx/Darwin/climate change/eccetera) ideologizzati è un errore grave, sia perché falsa la missione della scienza, sia perché alla fine dà ancora più argomenti a questi movimenti e contribuisce a creare la percezione di una casta chiusa su sé stessa. Percezione che in alcuni casi corrisponde al vero ma in molti altri no.
Bisognerebbe abbandonare questo clima di guerra di posizione, perché serve solo ad accentuare le posizioni radicali, semplificate e banalizzate, riducendo il dibattito a una gara di “tiro allo strawman” da una parte e dall’altra.
Ho letto con piacere questo intervento Greylines, il fatto che per la prima volta siamo riusciti a individuare un punto di partenza condiviso è un risultato importante.
Non ci sono dubbi sull’onestà intellettuale,e le note di Greylines,almeno per me(e ovviamente altri) non sono una novità.E’ sempre un piacere leggerle.
Hai fatto breccia, ottimo!
Complimenti come sempre per l’articolo!
Grazie Mhian! 🙂
Articolo molto interessante e che tratta di un tema centrale, molto condivisibile in merito anche la giusta osservazione di Greylines. In effetti il rapporto tra scienza e società è oggi quantomeno problematico, sembra si parlino linguaggi diversi, ma non solo, si facciano purtroppo anche ragionamenti diversi. Sandal pone giustamente delle questioni fondamentali, ma mi sembra che, come altri, si guardi poi bene dal prendere una posizione e proporre delle soluzioni o strategie adeguate per tentare di risolvere il problema, che indubbiamente esiste. Nonostante ciò, a mio avviso, anche Sandal commette degli errori di comunicazione, e questo, è un altro grosso problema. Perchè, se non cominciamo a spiegare alla gente che cosa sia veramente la scienza e come e perchè funziona, siamo sempre al punto di partenza. Ad esempio Sandal utilizza il verbo “credere” e il termine “verità”, legandoli peraltro a una sorta di presunto autoritarismo dogmatico tipico della religione e non della scienza, sbagliando quindi sia uno che l’altro; per fortuna rimedia al primo parlando poi più correttamente di “fiducia”. Nella scienza esistono semmai le verità scientifiche o le evidenze scientifiche, che sono concetti abbastanza diversi. La soluzione finale starebbe poi nel parliamone? Un pò troppo vago, su questo siamo tutti d’accordo, ma funziona già così, comunità scientifica, conferenze, convegni, testi universitari, pubblicazioni anche open-access. Il problema non è questo. Il problema è che la gente ama leggere i romanzi o al massimo l’attualità raccontata e interpretata in modo soggettivo da chicchessia, non i trattati o i saggi scientifici. Il problema è che la maggior parte delle persone ragiona e vive in modo antiscientifico, un pò per ignoranza, un pò perchè fin dalla più tenera età è abituata a credere (ora il termine è corretto) a un sacco di balle e per tutta la vita non riesce poi a modificare le proprie capacità critiche e analitiche. Ecco secondo me qual’è il punto, purtroppo, e le innumerevoli prove, se volete, sono sotto gli occhi di tutti.
Per tutti i motivi da lei esposti Vomiero il primo passo è proprio parlarne, senza preclusioni o timori di confronti, tanto le posizioni palesemente errate si autoescludono presto, su questo credo nella selezione darwiniana!
Non sono d’accordo su una cosa: il problema non è dato dalla gente che non legge saggi scientifici, nè dall’ignoranza. È stato dimostrato, per esempio, che un maggiore livello di istruzione non implica un rifiuto delle posizioni pseudoscientifiche (anzi, a volte addirittura sembra le rafforzi). Le persone — tutte, anche io che scrivo — sono influenzate dai loro valori e dalle loro idee. Se spieghi a una persona com’è fatto un OGM non è detto che poi lo accetterà, perché sarà influenzata nella sua opinione da questioni economiche, culturali e politiche. Ogni colore politico ha le sue debolezze scientifiche (OGM e nucleare a sinistra, evoluzione e cambiamento climatico a destra, tanto per fare qualche esempio molto generalizzato).
Poi c’è chi cerca di non chiudersi nelle proprie convinzioni e di non dare tutto per scontato, e c’è chi (purtroppo la maggioranza, temo) invece non si pone neanche il problema e continua con le proprie crociate.
Mi ricordo di avere letto quel lavoro a cui credo lei si riferisca,Greylines, ma non ne trovo più gli estremi. Tuttavia mi ricordo anche che mi aveva lasciato un pò perplesso, anzi se riesce a postarlo, si potrebbe cercare di analizzarlo. Perchè un conto è la cultura o l’istruzione in generale, un conto è invece lo sviluppo di una “forma mentis” di tipo scientifico. E’ questo secondo me quello che manca e che andrebbe perseguito, il che non significa dover rinunciare ad altre forme di conoscenza più personale, soggettiva e/o di gusto. Certamente una certa dose di pregiudizio e di ideologia, difficile da controllare, è presente in ognuno di noi, sono d’accordo, ma credo anche che lo scienziato vero, cioè chi fa questo lavoro seriamente con passione e dedizione, sia ben consapevole di questo e nella sua attività quotidiana utilizzi strumenti che gli consentono di confrontarsi continuamente con questo tipo di problema. Cosa che di solito non succede alle molte altre persone estranee ad un certo modo di agire e di ragionare. La prova che ho a sostegno di questo, è il fatto che praticamente la quasi totalità degli “scienziati” che conosco editorialmente e che frequento, anche solo virtualmente, la pensano generalmente e fondamentalmente allo stesso modo riguardo i temi fondamentali (evoluzione, coscienza, cambiamenti climatici, etologia, ecologia, salute, epistemologia) e peraltro come il sottoscritto.
Ci sono molti articoli e studi che parlano del confirmation bias, al quale neanche gli scienziati sono immuni: https://en.wikipedia.org/wiki/Confirmation_bias#In_science
http://www.iltascabile.com/scienze/le-nostre-scelte-irrazionali/
Un problema di cui la comunità scientifica è sicuramente ben consapevole, visto che se ne parla pubblicamente e senza problemi: https://www.nature.com/news/let-s-think-about-cognitive-bias-1.18520
Il fatto che lei conosca scienziati che la pensano allo stesso modo su quei diversi temi lo interpreto più come una conseguenza della sua “bolla” personale che come un campione significativo della comunità scientifica. Su quei temi scientifici ci sono opinioni molto divergenti, anche restando all’interno della scienza “seria” e lasciando fuori le pseudoscienze. Obiettivamente, è innegabile che ci siano scienziati fortemente condizionati dai loro confirmation bias. Pensi ai tanti premi Nobel che hanno sostenuto sciocchezze pseudoscientifiche — Montaigner sulla memoria dell’acqua, i vaccini e l’HIV, Pauling sulla medicina ortomolecolare e la vitamina C.
Poi è vero che c’è anche chi ne è consapevole: questo è un bellissimo articolo di un biologo evolutivo alle prese con il confirmation bias e con diversi approcci alla teoria dell’evoluzione, che pur essendo influenzati dalle idee dei loro autori sono comunque scientificamente solidi ed eleganti: https://aeon.co/essays/how-much-does-evolution-depend-on-chance
Sì, è vero, sono d’accordo, ma infatti diciamo le stesse cose, solo che io estrapolavo sui grandi numeri. Su 100 “scienziati” o ricercatori sul campo (e non quelli mediatici) è probabile che 90-95 ragionino in maniera scientifica un pò su tutto, su 100 persone qualsiasi, che ne so, forse 30 o 40? Basterebbe snocciolare come minimo i numeri su astrologia, omeopatia, creazionismo ecc. E’ questa la questione che volevo denunciare sulla “forma mentis” e sull’impegno collettivo da intraprendere per perseguirla, sarebbe un bene per tutta la società. E comunque è anche vero che, come dice lei, non esistono rose senza spine. Il Montaigner sarebbe soltanto il primo di una lunga lista, purtroppo.
Il primo passo per guadagnare la fiducia é non tradirla. Se la cienza dice che non esiste una veritá scientifica ma solo modelli che meglio spiegano i dati, non si deve dopo intromettere in questioni che vanno fuori quei limiti. Vaccinare o non vaccinare non é una questione scientifica, la scienza non puó predire cosa accadrá in un caso o nell´altro. Quando si lascia portare da una o dall´altra parte tradisce la fiducia.
Concordo Blas, infatti la fiducia è stata tradita, il primo passo adesso deve essere quello di fare autocritica riconoscendo dove si è sbagliato, poi il resto verrà di conseguenza.
La scienza però può dire, per esempio, che il vaccino MPR non provoca l’autismo. Mentre i (bravi) giornalisti possono rivelare la truffa di Wakefield che ha generato questa bufala. Gli scienziati inoltre possono fare previsioni su quel che succede quando ci si vaccina e quando non lo si fa, possono valutare l’efficacia e la sicurezza dei diversi vaccini e possono stimare la pericolosità delle malattie, consentendo di valutare i rischi. Detto ciò, sono d’accordo con lei sul fatto che per guadagnare fiducia bisogna non tradirla e aggiungo che gestire la salute pubblica è un’operazione che si basa sulla scienza ma anche su altri fattori politici, sociali e culturali.
No, la scienza non fa previsioni. Solo puo dire cosa accade in situazioni controllate uguali. Tutto il resto è una questione di “fiducia” che la scienza ricupererà quando lo ammetta.
Per esempio la scienza può dire che lo studio di Wakefield non è scientifico è che non esiste evidenza scientifica che il vaccino MPR provochi l’autismo, ma non può affermare che non lo provoca. Quello è scientificamente indimostrabile. Ed sarebbe per il bene della scienza parlare così precisamente, perche basta un niente per dire i vaccini sono “sicuri” che è una bugia.
“No, la scienza non fa previsioni”. Scusi Blas, però, secondo me non possiamo metterla in questi termini, del “matematicamente dimostrabile”, altrimenti dovremmo parlare soltanto di matematica e di fisica classica ed escludere dal discorso tutto il resto della scienza. E’ovvio che tutto il resto della scienza non è matematicamente dimostrabile, però funziona così, è il massimo o quasi che possiamo fare, e per gestire l’incertezza (di vari livelli) si utilizza la statistica. Altrimenti se lei ha la polmonite, perchè prende l’antibiotico anche se poi non è sicuro al 100 per 100 che su di lei funzioni?
La scienza non dispensa certezze assolute, questo sì, ma fa previsioni anche al di fuori delle “situazioni controllate uguali” — che vanno bene per sistemi esclusivamente deterministici mentre la realtà è un po’ più complessa — con un approccio probabilistico.
Non si può escludere in assoluto che il vaccino MPR provochi l’autismo? Ok, ma allora non si può neanche escludere, per esempio, che la gravità smetta di funzionare in determinate e rare condizioni finora mai verificate in laboratorio. Quando diciamo che la gravità funziona in un certo modo è perché finora tutte le prove e gli studi condotti confermano che funziona così. Allo stesso modo, siccome finora non è stata trovata alcuna prova scientifica del legame causale fra vaccino MPR e autismo (a parte quelle contraffatte da Wakefield), dire che questo vaccino provoca questa malattia è una sciocchezza.
Una buona fonte di informazioni sulla faziosità della casta scientifica la si può trovare qui: https://youtu.be/0F-CBiuJJrk