L’adorazione dei Magi (Giotto, 1303) – La cometa dipinta con realismo da Giotto è quella di Halley, osservata dal pittore nel 1301 mentre lavorava a Padova ad affrescare la Cappella degli Scrovegni
Vite extra-terrestri
di Giorgio Masiero
Nell’anniversario dell’impresa di Lunik 9, il primo oggetto umano atterrato su un corpo extraterrestre, facciamo il punto…
Se nelle sue esplorazioni spaziali una sonda o un astronauta s’imbattesse in una forma di vita aliena, la riconoscerebbe? La domanda non è retorica, finché non concorderemo la definizione di “vita”. Se ne chiedessimo una a due biologi, riceveremmo probabilmente due risposte diverse. Alla conferenza internazionale di Modena del 2000 sui fondamentali della vita, fu chiesto ai partecipanti (tutti docenti universitari) che cos’è la vita. Ne uscirono risposte disparate, come: il possesso d’una certa stabilità genetica, ma allo stesso tempo di una sufficiente mutabilità per permettere evoluzione e adattabilità; oppure, una reattività efficace agli stimoli ambientali, così da supportare la sopravvivenza e la riproduzione; ancora, la capacità di catturare, trasformare ed immagazzinare l’energia per i propri usi; la presenza d’un programma genetico, ecc. La scelta della NASA, desunta dalla voce “Life” scritta da Carl Sagan per l’Enciclopedia Britannica è un’altra ancora: “La vita è un sistema capace di evoluzione attraverso la selezione naturale”. Essa risulta a mio parere la più insensata per un’agenzia spaziale: che dovrebbero fare l’astronauta o il laboratorio di una missione alla ricerca di vita nello spazio? aspettare milioni di anni per vedere se la Cosa 1 si evolve nella Cosa 2? e come stabiliranno se la mutazione sia si stabilizzata per selezione naturale, piuttosto che per altri meccanismi?!
Con la vita “aliena” le cose si complicano ancora, perché non sta scritto da nessuna parte che essa debba avere le caratteristiche fisiche, chimiche o informatiche di quella terrestre. Comunque, ad essere ottimisti e pragmatici, possiamo sperare che le sonde spedite nello spazio, opportunamente attrezzate, siano in grado d’individuare la presenza di condizioni ambientali e di sostanze chimiche necessarie a forme di vita simili a quelle terrestri; e che astronauti intelligenti e addestrati, incappati in una forma di vita extra-terrestre, la sappiano riconoscere. Paradossalmente, gli umani lo potranno eventualmente fare solo nelle condizioni più improbabili di contatto, quelle con alieni “intelligenti” (ahi, un altro concetto senza definizione scientifica!). In questo caso il riconoscimento sarà tanto più facile quanto più loro appariranno intelligenti, nelle loro reazioni cooperative o antagoniste.
Quando si parla di vita extra-terrestre, pensiamo subito ad altri esseri, viventi in un corpo celeste diverso dalla Terra, collocato dentro o più probabilmente fuori del sistema solare. Però è extra-terrestre anche la vita nostra che esporteremo (prima o poi stabilmente) in qualche stazione spaziale, sulla Luna, su Marte, su altri pianeti, lune e asteroidi del sistema solare e che esporteremo forse, in un futuro oggi non prevedibile e comunque remoto, negli esopianeti più vicini. Fino a 25 anni fa non si conosceva nessuno di questi pianeti, oggi sono migliaia. La vita extra-terrestre per esportazione – la colonizzazione spaziale – è filosoficamente meno interessante della vita extra-terrestre autoctona (“aliena”), però a cagione della sua rilevanza, politica oltreché scientifica, le darò la precedenza.
Verso Luna e Marte le agenzie spaziali già si muovono: l’americana NASA e l’europea ESA, e poi russi, cinesi, giapponesi, indiani e arabi. Lo fanno anche consorzi industriali privati, attratti dalla possibilità di sfruttare i giacimenti minerari e di promuovere il turismo spaziale. Col 51% della ricchezza terrestre in mano all’1% dell’umanità, il costo della gita non spaventa un mercato potenziale di 75 milioni di clienti. Le tecnologie esistenti permettono di costruire spazi abitativi sicuri e confortevoli, usando anche i materiali in superficie; con vantaggi specifici nei pressi dell’acqua, che è presente in fase ghiacciata nel polo Sud lunare (invisibile dalla Terra) ed anche nel sottosuolo di Marte, in fase liquida. Ma ci dovremmo anche chiedere: quale autority assegnerà le concessioni? con quali regole? chi le farà rispettare? Di fronte alla corsa alla colonizzazione, che potrebbe causare conflitti tra gli umani come avvenne col vecchio colonialismo, sono assordanti il silenzio e l’ignavia delle istituzioni internazionali in campo giuridico.
Astronauti ESA/Pangaea si esercitano in un tunnel di lava a Lanzarote
Eppure, i programmi pubblici e privati sono precisi e avanzati. Non si sta lavorando solo sulle tecnologie, ma già a formare gli astronauti per vivere nei futuri siti lunari e marziani considerati adatti. Per esempio, i tubi lavici. Questi consistono di grotte sotterranee, scavate in epoche antiche da flussi vulcanici sotterranei, e sono stati identificati come gli ambienti ideali per gli insediamenti umani. Come ne esistono sulla Luna e su Marte (ne sono stati individuati più di 200 in entrambi i corpi celesti, di centinaia di metri di diametro e di centinaia di chilometri di lunghezza), così ce ne sono anche sulla Terra, da Lanzarote alle Hawaii, che sono usati per l’addestramento dei futuri colonizzatori. Queste grotte forniscono una protezione naturale perché sono schermate dalla radiazione cosmica e dalla radiazione ultravioletta dell’irraggiamento solare e perché la temperatura è più controllata rispetto alla superficie esterna e non subisce grandi escursioni.
Essendo adatti a proteggere la vita terrestre, i tubi lavici dei corpi celesti del sistema solare, le grotte e gli anfratti si presentano, se sono in vicinanza di acqua, anche come il punto di partenza per la ricerca di vita aliena. Perché l’acqua sarebbe necessaria alla vita aliena? ho chiesto ad un astronomo impegnato nelle missioni spaziali. Mi ha risposto citando Talete di Mileto (VII secolo a.C.), filosofo, matematico e ingegnere, noto ai ragazzi di liceo per il suo principio: “L’acqua è l’origine di tutte le cose”. Vale a dire che noi cerchiamo la vita aliena attraverso l’acqua, perché l’acqua è necessaria alla vita terrestre… e postuliamo che la vita aliena sia simile fisicamente e chimicamente a quella terrestre. Ammetto che non abbiamo altra scelta ma, con un 95% là fuori di materia ed energia “oscure”, le restrizioni poste da questo postulato “astrobiologico” non sono oggettive, piuttosto riflettono la nostra scarsa conoscenza scientifica della vita.
Non posso in un articolo fare l’elenco di tutte le sonde spaziali inviate alla ricerca di acqua nel sistema solare. Ricorderò solo
- La sonda Galileo della NASA, che concluse la sua missione nel settembre 2003 tuffandosi nell’atmosfera di Giove. Essa rivelò in particolare che, delle 4 “lune medicee” scoperte da Galileo nel 1610, Europa è ricca di geyser e contiene un oceano di acqua calda e salata e che anche Ganimede, la luna più grande di tutto il sistema solare, contiene un oceano d’acqua.
- La sonda Cassini della NASA e dell’ESA, che fu lanciata verso Saturno e le sue due lune e che concluse la sua missione nel settembre 2017, dopo aver attraversato più volte gli anelli del pianeta. Il modulo Huygens di Cassini trovò su Titano evidenza di acqua liquida sotterranea. Dopo questa scoperta, Cassini si concentrò su Encelado, individuandovi una serie di geyser, rivelatori di un oceano di acqua calda sotterranea.
- L’astronave Rosetta dell’ESA, partita nel marzo 2004 e che raggiunse dopo 10 anni la cometa 67P. La missione di Rosetta si concluse nel settembre 2016, con lo schianto sulla cometa e la disattivazione del segnale. Aveva trovato molecole di acqua (H2O), monossido e diossido di carbonio (CO e CO2), ammoniaca (NH3), metano (CH4), acido cianidrico (HCN) e molti altri elementi (quali zolfo, argon, fosforo, magnesio, ecc.), essenziali per la nostra vita. Nella cometa trovò anche un amminoacido, il più semplice dei 20 costitutivi delle proteine della vita terrestre: la glicina (C2H5NO2).
Questo è tutto per le scoperte entro il sistema solare. Tirando un bilancio, la presenza diffusa di acqua calda salata mostra che alcuni corpi, soprattutto Europa ed Encelado, hanno le condizioni necessarie per uno sviluppo batterico e quindi meritano di essere ancora esplorati. Le scoperte di Rosetta poi, corroborano l’ipotesi che le comete – con le loro brine, il metano, l’anidride carbonica, ecc. fino agli amminoacidi – contribuiscano alla produzione di elementi utili alla nascita e allo sviluppo della vita. Pensando all’origine delle comete, dobbiamo ipotizzare ragionevolmente che le nebulose interstellari siano veri e propri laboratori di fisica e di chimica, nei quali prima nascono le stelle e i pianeti e poi si compongono le molecole alla base della vita.
10 aprile 2017: una Luna piena e Giove con le 4 lune medicee sono catturati in una foto dalla Terra. Tutti i corpi celesti sono opposti al Sole nel cielo notturno terrestre, quando un banco di nubi oscura appena la luce lunare, permettendo la visione del gigante di gas e dei suoi 4 maggiori satelliti.
E l’intelligenza extra-terrestre (ETI)? Beh, dobbiamo uscire dal sistema solare per cercarla, e se teniamo conto che l’esopianeta più vicino, Proxima b, si trova a 4 anni luce da noi, nella Croce del Sud, e che raggiungerlo richiede quindi un viaggio di decine di migliaia di anni, non ci resta che ricorrere alle onde elettromagnetiche, vale a dire che dobbiamo rinunciare ad ogni contatto materiale (i “sogni” delle vecchie spedizioni Voyager 1 e 2) ed accontentarci di radiotelescopi specializzati.
Uno di questi è l’italiano Telescopio Nazionale Galileo (TNG), tra i più efficienti al mondo nella caccia ai pianeti extrasolari. Ha 3.5 metri di diametro, sorge nell’isola di La Palma nelle Canarie ed è operativo dal 1996. Nel 2013, il TNG ha individuato il pianeta extrasolare Kepler-78b che, per massa e dimensioni, e il più simile alla Terra tra quelli noti al momento. Un altro telescopio, questa volta spaziale, è il Kepler della Nasa, lanciato nel marzo 2009 e orbitante in una traiettoria ellittica intorno al Sole. In questi anni, Kepler ha individuato migliaia di pianeti e tra questi alcuni di “simili” alla Terra per dimensioni ed altre caratteristiche fisiche. Dall’estrapolazione dei dati forniti finora da Kepler, risulta verosimile che esistano centinaia di miliardi di pianeti nella Galassia e tra questi decine o centinaia di milioni simili alla Terra.
La capacità d’individuare esopianeti (oggetti lontanissimi, piccoli ed oscuri) ed anche di caratterizzarli, così da separare quelli “simili” alla Terra sotto alcune caratteristiche fisiche, è stato un passo enorme nella tecnologia astronomica. Più grande è il passo ancora da fare, per filtrare dai pianeti “simili” quelli “abitabili”, che possono ospitare la vita perché dotati di tutte le caratteristiche (fisiche, chimiche e di stabilità) necessarie. Ed un passo ancora più grande, molto più grande, è quello di sapere se un dato pianeta abitabile è abitato effettivamente! Sapremo mai con certezza dell’esistenza di ETI?
Potremmo ancora affidarci ai filosofi classici, a Plutarco (46-120 d.C.) per esempio, sostituendo i suoi immaginati abitanti della Luna con alieni intelligenti: “È come se, potendo osservare solo da lontano il mare … deridessimo come invenzioni fantastiche i racconti di animali che vivono nell’acqua. Ma è proprio così che fanno coloro che si rifiutano di credere all’esistenza di esseri che vivono sulla Luna … Dal canto loro, gli abitanti della Luna farebbero ancor più fatica a credere alla nostra esistenza. Dal cielo infatti, la Terra appare come un’escrescenza o piuttosto un escremento dell’universo, a malapena visibile tra nebbie e nuvole e sperduta nello spazio buio e immobile” (“Il volto della Luna”). La ricerca spaziale segue due altre vie, più prosaiche:
- Stare in ascolto di segnali intelligenti inviati da loro.
- Trasmettere messaggi per segnalare la nostra esistenza ed anche la nostra collocazione, con la speranza di farci scoprire ed ottenere una reazione (sperabilmente non ostile).
Riguardo alla strategia 1., l’istituto SETI conduce da 30 anni osservazioni di ascolto di possibili segnali intelligenti. Il risultato è stato finora nullo. Sono stati anche recentemente rilasciati i dati di ascolto di 692 stelle, nella banda tra 1.1 e 1.9 GHz, ottenuti in un anno con il radiotelescopio Green Bank nel West-Virginia, per un’iniziativa perorata da Hawking e finanziata dal magnate russo Yuri Milner. Anche questi, finora, hanno dato esito nullo. L’iniziativa (chiamata dai suoi promotori “Breakthrough”, di svolta) si è data un tempo di 10 anni e capitali per 100 milioni di dollari.
Riguardo alla strategia 2., nell’ottobre scorso un team di astronomi europei e musicisti spagnoli ha inviato un messaggio con informazioni scientifiche e brani musicali verso il pianeta orbitante intorno alla nana rossa Gliese 273, a 12.4 anni luce da noi. L’esopianeta era stato individuato qualche mese prima da un osservatorio astronomico allocato in Cile e trovato simile alla Terra. Se Qualcuno lassù ci ascolterà (tra 12 anni e mezzo) e deciderà di rispondere, tra 25 anni avremo la risposta. Sono state intraprese iniziative analoghe con tempi di attesa analoghi. Chi vivrà, vedrà… o non vedrà, e continueremo ad ignorare se siamo soli o no nell’universo.
Molti decideranno comunque di “credere” in ETI, perché la scienza non scalda il cuore, una fede sì. Così i miei amici (cristiani e no) che lavorano nei progetti di ricerca spaziale, hanno salutato con grida di gioia la scoperta di glicina nella cometa di Rosetta. E fratel Guy Consolmagno SJ, astronomo ad Harvard e al MIT e direttore della Specola vaticana, al quale la comunità scientifica internazionale ha intitolato un asteroide per i suoi meriti scientifici, può scrivere il libro “Would you baptize an Extraterrestrial?”, forse già sognando schiere di missionari diffusi nella Galassia. Questi cattolici si basano sull’Aquinate, piuttosto che su Talete o Plutarco: “Sicut Deus potest semper novas creaturas condere quia eius potentia per creaturas non exhauritur; ita etiam Filius potest, qualibet natura assumpta, iterum aliam assumere: quia potestas assumendi per naturam assumptam non terminatur” (San Tommaso, “Commento alle sentenze di Pietro Lombardo”, Vol. 3).
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44 commenti
Finalmente della lucida razionalità sull’argomento.
Grazie anche per la splendida citazione di Tommaso che non conoscevo.
Grazie a Lei.
La frase di Tommaso non la conoscevo nemmeno io, mi è stata riferita da un astronomo direttamente impegnato nella missione Rosetta, cattolico.
Come già condiviso in altre occasioni su questo blog, la scoperta di vite extra-terrestri sarebbe la dimostrazione finale che il “fenomeno” vitale non è frutto di casualità ma espressione di una causalità insita nella realtà dell’universo: una necessità termodinamica.
Bell’articolo e gradevolissima citazione dell’Aquinate!
Grazie a te, Simon.
Quello che mantiene la discussione é che non si conoscono condizioni in cui la materia per necessita termodinámica “prende vita”. Che sembrerebbero cosi rare da pensare che anche quelle come la vita sono un miracolo. Anche se la trovassimo in un punto dello spazio non necessariamente potremmo conoscere quelle condizioni. Per cui stimo che continueremo a mantenere il principio di Pasteur, la vita proviene solo dalla vita.
Sono più ottimista di te: ad esempio i risultati del Prof Jeremy England apparso nell’articolo di agosto del 2013 nel THE JOURNAL OF CHEMICAL PHYSICS e intitolato “Statistical physics of self-replication” va, secondo me, nella buona direzione.
L’evoluzione sembra seguire una legge, connaturale all’universo stesso, dove, in circostanze date, la vita non può non apparire: l’abiogenesi è, secondo me, molto verosimile anche se non ancora dimostrata. Il futuro probabilmente lo dirà: chi vivrà vedrà.
Ebbi l’onore di essere uno dei tanti studenti poi diventati fisici dell’indimenticato fisico, prof. Tullio Regge, validissimo scienziato e amatissimo docente. Desidero riportare qui ciò che diceva a fronte delle sempre insistenti domande poste da noi studenti sul senso della vita, e in generale sull’universo. Concetto che poi riportò in uno dei suoi libri, “ L’Universo senza fine”.
«Lo scienziato rimane comunque un uomo che si pone domande cui sovente non può rispondere ma che deve sempre operare una chiara distinzione tra speculazioni intellettuali e teorie scientifiche. Se diamo fede al modello del Big Bang e ai dati osservativi, l’universo appare
infinito ed eterno, pieno di una polvere di galassie in espansione. Alla periferia di una tra le più mediocri di queste galassie splende una stellina insignificante: il nostro Sole. Abbarbicata sul terzo pianeta del sistema solare, vive la razza umana, una muffa intelligente, che chiede con insistenza il perché e il fine della colossale macchina cosmica in cui si trova imprigionata. Metafisici e teologici sostengono che l’universo è stato creato unicamente in funzione dell’uomo e che il resto è un accessorio, altri sostengono la tesi opposta secondo cui il sorgere dell’uomo è dovuto al caso, che la nostra specie è un articolo di minor pregio nel vasto mercato dell’universo. In breve contiamo nulla. Dove sta la verità?».
Poi, ognuno di noi, se lo desidera e in base alle proprie convinzioni, può ricamarci ciò che vuole.
“la nostra specie è un articolo di minor pregio”, minor pregio rispetto a cosa?
Chi lo decide il pregio?
Se tutto è caso tutto ha lo stesso pregio.
Ovviamente non rispondo a lei ma a chi sostiene tale bizzarra teoria.
“Universo infinito e eterno”: mi meraviglia, Simone, questa affermazione (doppiamente) non scientifica di Regge. Come alcune altre sue successive…
Cmq è OT rispetto all’articolo, che tratta di vita extraterrestre.
Al netto dei ricami con cui già il Regge intesseva i dati osservativi, la sua esposizione suonerebbe più o meno così:
«Stando al modello del Big Bang e ai dati osservativi, l’Universo si sta espandendo e tra le innumerevoli galassie che esso contiene sta la Via Lattea, nel cui braccio di Orione, a ca 28.000 ly dal centro del disco galattico, splende una stella: il nostro Sole. Sul terzo pianeta del sistema solare, la Terra, vive la razza umana che, per il momento, è l’unica forma di vita intelligente di cui si ha notizia.»
Ricami ispirati da una precisa cosmovisione che, come tale, non è nulla di scientifico. Spero che di questo, almeno, gli studenti che tanto lo incalzavano con domande sul senso della vita fossero consapevoli.
Fine OT.
Sarebbe dovuta suonare come Lei dice, viaNegativa. Invece Regge, con molta disonestà scientifica, parlava di “galassia mediocre”, “muffa intelligente”, “insignificante stellina”, ecc., ecc., per concludere infine, retoricamente, con l’aut aut tra le due alternative metafisiche, sulla preferita delle quali egli si era già chiaramente esposto.
Molto più onesto fu il suo collega Nicola Cabibbo, che non usò mai la cattedra per fare proselitismo alla sua Weltanschauung.
Direi che il suo interessantissimo articolo prof. Masiero esplora in effetti lo stato dell’arte di due tematiche diverse, la colonizzazione spaziale da una parte e l’esobiologia dall’altra. Personalmente mi interessa e mi affascina molto di più la seconda. Credo che lei abbia ben messo in evidenza quali siano, purtroppo, anche i limiti e le problematiche che emergono, abbastanza chiaramente, da questo interessante programma di ricerca. Purtroppo il tema dell’esobiologia non è estraneo a quello dell’abiogenesi, per cui direi che su entrambi i fronti la lacuna delle nostre conoscenze appare tutt’ora enorme. E purtroppo questa scarsità di conoscenze, di prove, e di punti fermi, porta anche all’interno della comunità scientifica stessa al generarsi di posizioni e congetture ancora abbastanza variegate, non esiste infatti ancora niente che possa essere assimilabile a un “modello standard” scientificamente verificato, anche se ciò non significa che non sappiamo niente e/o che non si possano ritenere alcuni scenari più plausibili di altri. Credo che pertanto, al momento, le uniche posizioni veramente razionali siano quelle dell’apertura mentale e della piena fiducia negli ulteriori sviluppi della ricerca scientifica.
Grazie.
Sono d’accordo con Lei, dott. Vomiero. La sorpresa gradita è stata d’incontrare tecnici e operatori del settore, estremamente aperti e razionali, molto più dei loro professori che in pensione scrivono libri di divulgazione da tifoserie per una tesi o l’opposta.
A proposito di vita extraterrestre e viaggi tra le stelle, chi non conosce questo incipit?
“Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell’astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giuto prima”.
Ecco, da giovane, il tema trattato dal Prof. Masiero mi ha appassionato moltissimo, ed è stato oggetto di molteplici approfondimenti che qui tralascio, volendomi limitare, prendendo spunto dall’incipit citato, ad una sola, scarna considerazione. Ad un certo punto, mi chiesi: ma che diamine faranno questi tizi di Star Trek, una volta arrivati dove nessun uomo è mai giunto prima? Poi, ricordo esattamente il momento in cui accadde, mi venne in mente un episodio della mia infanzia, una mattina, con mio nonno, che non aveva finito le elementari, ma portava con sé la saggezza delle generazioni. Questo, mi disse (traduco, perché il nonno parlava solo il dialetto):
“Vedi, nipotino mio, il mondo è grande, e sicuramente ci sono persone che lo hanno girato in lungo e in largo, che hanno visto e sentito cose che tu ed io non vedremo e sentiremo mai”. A questo punto, mi prese per mano e mi portò sul balcone, ci affacciamo, e mi chiese di guardare fino al cantone, dove c’era la bottega del lattaio.”Guarda,” continuò “puoi fare tutte le volte che vuoi il giro del mondo, e magari andare sulla Luna; ma se non trovi quello che veramente fa di te un uomo arrivando fino a Peppino il lattaio, non lo troverai neppure se dovessi viaggiare per mille anni”
Per cui, chiedo: quale bisogno soddisfa veramente questo tentativo di spostare il limite sempre più in là? Che rapporto c’è tra questo bisogno e la sola cosa necessaria? E poi, il tempo. Quello della nostra vita è breve, preziosissimo; perchè dovrei impiegarlo per andare su Marte, quando la risposta alla domanda che soddisfa la mia sete di Infinito, la sola che conta, posso trovarla arrivando fino a Peppino il lattaio? E se non dovessi trovarla così, non c’è luogo nell’universo che potrei visitare per ottenerla. Perché la risposta, non sta in alcun là fuori.
Il Buddha disse: “Andando, non troverai la fine del mondo”.
Cristo disse: “Cercate invece, innanzitutto, il Regno di Dio e la Sua giustizia, tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù”.
Oggi, che è passato tanto tempo, e la strada si va facendo sempre più stretta, so che mio nonno aveva ragione.
Buone cose a tutti.
Perché, perché, Lei chiede, Francesco.
Perché, “fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Certo, Gesù o Buddha o altri mi daranno la via della virtù. Ed è la cosa più importante per un uomo. Però l’uomo, per sua natura, vuole anche sapere.
Per questo non sono d’accordo con Suo nonno. E forse neanche Lei, Francesco, è del tutto d’accordo con Suo nonno se, come presumo, ha fatto o sta facendo gli studi che immagino.
Grazie della risposta, Professore. Mi viene da chiederle: a quale conoscenza si riferiva Dante (che era un fedele d’amore,e la cui Commedia è un testo sapienziale, in uno dei suoi quattro livelli di lettura), secondo Lei? Si riferiva alla conoscenza del mondo fenomenico, o alla conoscenza dei Principi? Per quanto mi riguarda, rispondendo alla Sua domanda, vado comprendendo sempre più, ogni giorno che passa, cosa portò l’aquinate a riporre la penna e non terminare la Summa, e, rispondendo all’insistente segretario, dichiarare: ” “Tutto ciò che ho scritto mi sembra paglia in confronto a ciò che ho visto e che mi è stato rivelato”. Si può desumere che durante una messa, il grande teologo e santo abbia ricevuto il Lumen Gloriae, che incenerisce le parole.
E in effetti, tutti i miei studi, tutti i miei arrampicamenti sulle parole, cominciano a sembrarmi tempo perso. Ma questo è ot, gentile Professore, e gliene partecipo per non sottrarmi alla Sua domanda.
A quale conoscenza si riferiva Dante? Immagino al Trivio e al Quadrivio. E quindi anche all’astronomia!
Certo la conoscenza può essere per alcuni arte di vivere, per altri terapia di vivere, per altri ancora metafisica, per altri filosofia naturale, e per una parte di questi ultimi (i tecnici) conoscenza specifica in un orticello naturale: fisica, chimica, biologia, ecc. Io, che non sono un santo, amo un po’ di tutto.
NB. Adesso basta OT, se no il padrone ci richiama!
“Che senso ha viaggiare sino a Marte se non siamo in grado di colmare la distanza che ci separa da noi stessi?”
Thomas Merton
Questo articolo ha il grandissimo merito di fare il punto sulla questione della vita extraterrestre, un argomento sul quale si dividono posizioni emotive e spesso un fideismo scientifico che vuole vedere l’origine della vita a tutti i costi.
Un esempio evidente di entrambe le posizioni l’ho avuto pochi giorni fa alla presentazione del libro “Alieni” di Gianluca Marletta, un grazie a tutti coloro che contribuiscono a mettere ordine in questa faccenda.
Qui di seguito il video dell’incontro (prima parte).
https://youtu.be/3eRNz62FYa4
Grazie, Enzo.
L’approccio “mitologico” affrontato da Marletta nel suo libro è complementare al mio “scientifico” in questo articolo. Marletta testimonia che la storia umana è anche la storia del bisogno, insito nella nostra natura, di credere di non essere soli in questo universo cantato “eterno ed infinito”…, da Democrito a Lucrezio, da Plutarco a Bruno, da Leopardi ai nostri giorni.
Dovrebbe essere ovvio a tutti che la realtà cosmica (= se siamo soli o no nell’universo), non dipende dai nostri desideri. E dovrebbe essere ovvio in primis agli scienziati, il cui mestiere è fondato sul dubbio e la ricerca.
Ancor più agli scienziati moderni l’universo in tutta la sua apparente immensità e longevità risulta il buco più piccolo in cui può abitare l’uomo, se 10 miliardi di anni ci vogliono per sintetizzare una tavola di Mendeleev e per agganciare un pianeta abitabile ad una “stellina” di seconda generazione e altri 4 ce ne sono voluti per l’evoluzione biologica.
E allora siamo soli? No, neanche questo possiamo dire.
Possiamo solo tacere e continuare a cercare, proprio come dici tu, caro Enzo.
Concordo su tutta la linea. E non mi sorprende… 🙂
Qualcuno può darmi una definizione di “vita”?
L’ha letto, jonioblu1, il primo capoverso dell’articolo?
Si. Ma non sono d’accordo.
Dissentire è lecito, talvolta salutare; ma, nel caso di specie, qual è l’oggetto del dissenso?
Uno potrebbe essere il fatto che non esistono solamente definizioni operative, tipiche de metodo scientifico, ad esempio. E a ben vedere jonioblu1, nella sua richiesta, non ha specificato quale tipo di definizione vorrebbe.
Osservazione corretta, la Sua. Jonioblu1 non specifica. Sapendo, tuttavia, che non esiste una definizione operativa condivisa di vita, rimane solo l’ipotesi che l’utente si riferisse a quella filosofica (salvo che non avesse in mente la teologica, ma ne dubito).
Schrodinger ha dedicato al tema un saggio (nella mia valutazione) di gran pregio, avente come minimo il merito di porsi a cavallo tra scienza e filosofia. Ma anche in filosofia l’accordo appare tanto lontano da sembrare meta irragiungibile. La cosa non sorprende, essendo enti/processi come “vita” e “coscienza” tanto onnicomprensivi da presentare carattere mercuriale. Difficile agguantare il mercurio. Se si esaminano con attenzione le definizioni filosofiche di vita, nei secoli, non si può non notare la presenza, più o meno occulta, di circolarità.
Sarà mercuriale come dice lei, eppure il proprium del vivente ce lo abbiamo sotto agli occhi ed è quel tipo particolare di causazione (immanente) totalmente assente nell’inorganico, il quale si caratterizza per un tipo d’azione esclusivamente transeunte. Al quale quella immanente è irriducibile.
Ce l’abbiamo sotto gli occhi, concordo. Darne una definizione esaustiva e adeguata, per le ragioni addotte, è difficilissimo.
Nel senso che è oggetto passibile d’evidenza (mediata): la causazione, naturalmente, non la si esperisce coi sensi.
Concordo senz’altro con le ragioni da Lei addotte. Ne aggiungo una: vita e coscienza sono la condicio sine qua di qualsiasi atto cognitivo. Anche in questo caso, la priorità non è tanto di caratterere cronologico, ma logico. Per dirla semplicemente: per poter definire vita e coscienza, occorre essere vivi e coscienti. I cadaveri e i sassi non possono porsi domande su se stessi, non essendoci un sé che lo pone. Ma, una volta che sei vivo e cosciente, l’atto di rivolgersi a sè, in quanto vita e coscienza, entra nel circolo dell’auto referenzialità.
Direi che la priorità, ancor prima che logica è ontologica. Ed è proprio in virtù di ciò che sono che posso espletare quelle operazioni che mi consentono di aprirmi intenzionalmente al mondo. E così, tra le altre cose, posso cogliere l’essenza della vita, quello che è la vita in sé, senza dover essere autoreferenziale. Ma qui ora si va OT.
Invece io vorrei rimanere IT, e rispondo a joniblu1, che “vita” in quanto termine astratto che sta per il concreto “vivere” è una nozione che esprime l’atto d’essere tipico del vivente che (nel mondo fisico) va dal vegetale all’uomo. Va da sé che una definizione di “vita” che sia propriamente scientifica (=definizione reale, non essenziale e descrittiva) non è possibile. Quello che spetta alla biologia, invece, è la definizione della specificità del vivente e delle sue operazioni caratteristiche che lo distinguono dal non-vivente individuandone, se possibile, le leggi da formalizzarsi poi in linguaggio matematico, cosa tra l’altro mica semplice, data l’originaria impostazione galileiano-newtoniana delle scienze moderne. Ed è in questo preciso senso, a mio giudizio, che si può concordare con quanto scritto da Masiero nell’articolo.
Un virus può essere condiderato una forma di vita? Oppure, un’intelligenza artificiale può essere considerata una forma di vita?
Un virus è definito “entità biologica elementare”. Non so, su due piedi, se è una definizione corretta. Nella misura in cui lo è, e solo in quella misura, il virus è una forma di vità. L’intelligenza artificiale non può essere una forma di vita; per esserlo o non esserlo, dovrebbe esistere. E non esiste.
La domada penso rimanga aperta. Non tutti considerano i virus forme di vita. Il virus (per altri ancora) si comporta allo stesso modo di una intelligenza artificiale. Travora una definizione scientifica in forma non equivoca credo sia alquanto complesso.
Posto una discussione molto interessante su questo argomento:
https://it.wikipedia.org/wiki/Discussione:Virus_(biologia)
Sulle definizioni “vegetative” di vita dei biologi non sono d’accordo neanch’io, come ho scritto in altri articoli. Però…
… allora, jonioblu1, si dovrebbe forse domandare non una definizione di vita, ma un’altra ancora definizione di vita dopo le 3-4 dell’articolo. E che sia una definizione operativa possibilmente, se no come potrebbe stare nel protocollo di un’agenzia spaziale per essere adoperata da una sonda o da un astronauta?
Ok, grazie. Chiedo scusa se ho spostato l’attenzione verso un OT, ma era importante avere alcuni chiarimenti sulla definizione. Forse l’argomento era stato già trattato precedentemente, qualora non lo fosse lo suggerirei come oggetto di discussione per un prossimo vostro articolo.
Mi sembra abbia carattere assiomatico che l’universo implichi a vita (un universo morto è inconcepibile, anche perchè prima di essere morto avrebbe dovuto essere vivo); e non una vita come mero stato biologico; ma una vita cosciente e consapevole (che notoriamente non sono sinonimi), senza la quale l’universo non potrebbe conoscere se stesso. Questa vita, infatti, non è meccanicamente giustapposta all’universo – non è qualcosa, come immaginano gli evoluzionisti, che a un certo punto ex nihilo si è appiccicata all’universo, come una crosta – ma NASCE da esso, organicamente, analogamente a come fiore nasce dalla terra. Così, come la coscienza e la consapevolezza implicano l’universo, l’universo implica la coscienza e la consapevolezza. Le due cose vanno assieme nell’ordine logico. Come ciò abbia avuto luogo nell’ordine cronologico, non sono in grado di dirlo. Forse, un giorno, anche se ne dubito, lo dirà una scienza onesta.
Lo dice già “una scienza onesta”, Francesco, nei limiti della piccola (e provvisoria) verità delle scienze naturali: è il fine tuning, per cui una quindicina di costanti fisiche sono finissimamente calibrate fin dal primo istante del Big bang a produrre (almeno una) ETI. L’alternativa? il multiverso di infiniti universi paralleli. Ma non è scientifica!
Grazie del Suo commento, Professore. Il “come” è di specifica pertinenza della scienza, che già ci dice che il fine tuning è un fatto; questo fatto, da solo – mi corregga senz’altro se Le sembra che sbagli – se non suffragato da una catena coerente di inferenze, capace di formare un modello teorico basato su fatti, capace di far predizioni, mi pare non basti. Altrimenti, sapremmo già come siamo arrivati davanti a questa tastiera. Per scienza onesta, intendo semplicemente una scienza (mi perdoni il bisticcio) che faccia la scienza; senza cadere nelle idiosincrasiche trappole settarie che hanno disonorato molta filosofia, ahinoi, anche tanta teologia, e tanti che non comprendono che siamo noi al servizio della Verità, e non viceversa.
Grazie della Sua attenzione, buone cose.
Il fine tuning, Francesco, non è un “fatto” – perché i fatti appartengono solo alla storia, non alla scienza empirica -.
Il fine tuning è la conseguenza dell’applicazione delle due maggiori teorie che abbiamo in fisica (relatività generale e meccanica quantistica) alle evidenze sperimentali. Dal fine tuning, a sua volta, deriva una specie di modus tollens: se quelle 15 costanti, arbitrarie e strane, uscite al Big bang avessero assunto valori infinitesimamente diversi, non esisterebbe un solo universo capace di ospitare la vita in una forma immaginabile, neanche da uno scrittore di fantascienza.
V. https://www.enzopennetta.it/2015/09/le-costanti-intriganti/
Grazie, Professore, accetto e ringrazio sempre per le correzioni, quando appropriate, come nel nostro caso. Dimenticavo di parlare con uno scienziato e che quindi, nella scienza empirica, il termine “fatto” non trova luogo di appllicazione. Ricordo quel suo articolo, ma sono lo stesso andato a rileggerlo. Per la verità, il nocciolo della questione postale nel mio precedente commento era se il fine tuning prova o non prova qualcosa; evidentemente, non sono riuscito a rendere esplicito il punto.
Non sono uno scienziato.
Sul fine tuning avevo capito la Sua domanda ed io Le ho risposto.