Dopo il duplice allarme lanciato pochi giorni fa su Pikaia riguardo l’arretramento della spiegazione darwiniana dell’evoluzione presso strati crescenti di popolazione in Europa, arriva un altro segnale delle difficoltà della teoria.
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Delle difficoltà della teoria avevamo parlato di recente in “Dopo le sconfitte dei movimenti fabiani in EU e USA anche il darwinismo entra in crisi“, mostrando come le allarmate parole con le quali sul portale dell’evoluzione Pikaia si denuncia un presunto pericolo “creazionista” servano solo a nascondere una crescente perdita di presa della narrazione neo-darwiniana presso una popolazione che invece avrebbe dovuto ormai averla assimilata come fatto certo e consolidato sia a livello scientifico che, in senso più ampio, culturale.
Non è il “creazionismo” il vero pericolo per la teoria neo-darwiniana, dove per “creazionismo” si intende un atteggiamento di rifiuto di ogni spiegazione scientifica dell’origine delle specie, quello che si sta diffondendo in Europa è un crescente rifiuto di spiegazioni non convincenti, le persone hanno interesse a sapere come è avvenuta la nascita delle specie ma non si accontentano di versioni un po’ più elaborate delle “storie proprio così” di Kipling buone da raccontare ai bambini prima di dormire.
Dal dubbio si è passati alla diffidenza, dalla diffidenza all’ironia e dall’ironia alla risata il passo può essere breve.
A testimonianza del fatto che non è il creazionismo a minacciare il neo-darwinismo ma sono la critica razionale e il vero metodo scientifico, riportiamo qui di seguito un significativo articolo dal titolo “Come distruggere (con ironia) l’evoluzionismo” pubblicato il 10 dicembre scorso sull’Osservatore Romano a firma di Lucetta Scaraffia, articolo che a sua volta riprende il libro “The Kingdom of Speech ” di Tom Wolfe che verrà pubblicato da Giunti a marzo con il titolo “Il regno della parola”.
Nel 2014 quelli che Tom Wolfe definisce «otto pesi massimi dell’evoluzionismo» — fra i quali si poteva annoverare perfino il più celebre studioso di linguistica strutturale al mondo, Noam Chomsky — hanno ammesso, in un articolo scientifico, che «l’evoluzione del linguaggio rimaneva un mistero». Un’affermazione di grande peso, anche se quasi del tutto ignorata, perché proprio l’esistenza del linguaggio di fatto annullava la pretesa darwiniana di dimostrare scientificamente che l’essere umano non era altro che un animale più evoluto.
Quando legge la notizia, lo scrittore statunitense pensa: «Centocinquant’anni dall’avvento della teoria dell’evoluzione e non hanno ancora scoperto nulla». E, con acuta ironia, ripercorre il cammino che ha portato gli evoluzionisti ad ammettere un ostacolo insormontabile — e cioè la difficoltà di spiegare in termini evoluzionistici il linguaggio umano — nella loro teoria scientifica, da Wolfe giustamente definita come cosmogonia, cioè un tentativo di spiegare compiutamente l’origine del mondo.
Lo sguardo acuto dello scrittore non solo esplora le teorie scientifiche, ma ci mette di fronte a uomini in carne e ossa, ritratti nel loro ruolo sociale, nel loro carattere e nelle loro meschinerie. Meschinerie che — Wolfe lo spiega con leggerezza nel libro Il regno della parola (Firenze, Giunti, 2016, pagine 192, euro 18) — sono parte inevitabile nel definire quello che poi viene chiamato il progresso della scienza.
Così racconta la vicenda che ha reso credibile l’evoluzionismo, cioè la scoperta del meccanismo che farebbe scattare l’evoluzione — la sopravvivenza del più forte — sia in Darwin che in Wallace: in entrambi l’idea nasce dalla lettura di Malthus, che non era uno scienziato, e viene poi trasferita in ambito scientifico. Ma mentre Wallace, simpatico avventuriero di umili origini e autodidatta, scrive subito un articolo sulla scoperta, Darwin, agiato gentiluomo che aveva studiato a Cambridge, tergiversa da anni. Sarà solo la lettera di Wallace, che gli manda il manoscritto in cui narra la scoperta, a dargli la spinta necessaria a scrivere qualcosa delle sue elucubrazioni.
Ma l’establishment della scienza inglese è tutto dalla parte di Darwin, gli assicura il primo posto nella scoperta e lo aiuta a raggiungere e a mantenere quella posizione preminente che i libri scritti successivamente — benché lunghi e farraginosi rispetto a quelli più brevi e più chiari di Wallace — gli assicureranno. L’agiatezza familiare grazie alla quale si può dedicare solo allo studio e alla scrittura permetteranno a Darwin di sviluppare la sua teoria facendone una nuova cosmogonia, da contrapporre a quella religiosa.
Wolfe sottolinea come questa cosmogonia sia in realtà solo una creazione letteraria, proprio come tutte le altre cosmogonie che vengono chiamate miti. Ma la pretesa scientifica di Darwin, insieme alla sua importanza sociale, vengono accettate in un ambiente dove la scienza sta diventando l’unica spiegazione accettabile per qualsiasi fenomeno. Fondamentale poi fu il fatto che Darwin, il quale si dichiarava agnostico, offrisse una versione delle origini del mondo che permetteva di fare a meno di Dio e questo, in società che si stavano rapidamente secolarizzando, costituiva una caratteristica decisiva per decretare il successo del libro.
Gli attacchi che fecero scricchiolare il darwinismo non arrivarono dal clero, intimidito dalla sua rispettabilità scientifica, ma da altri due scienziati: il solito vivace autodidatta Wallace che, dopo avere militato nelle fila del darwinismo, scrisse un’opera nella quale ne denunciava i punti deboli. Fra questi, in particolare, il fatto che l’evoluzione non spiega come mai l’uomo avesse fin dalle origini un organo specificamente sviluppato con capacità assai superiori a quelle che gli servivano per sopravvivere, un organo che sembra preparato in anticipo per uno sviluppo quasi illimitato, e che spiega il linguaggio: il cervello. In sostanza Wallace scrive che «il potere del cervello umano si estendeva talmente al di là dei confini della selezione naturale che il termine diventava insignificante nel dar conto delle origini dell’uomo».
Nello stesso periodo, Max Muller, il più noto e stimato linguista britannico, affermò coraggiosamente che «il linguaggio è il nostro Rubicone, né alcun bruto ardirebbe varcarlo». Lo studioso andava cioè dicendo che l’uomo aveva un superpotere difficilmente spiegabile con l’evoluzione: il linguaggio. Nonostante tutti i tentativi messi in atto da Darwin per superare questo ostacolo, esso rimase tale, e per circa settant’anni nessuno affrontò più il problema finché, con Noam Chomsky, si ripresentò la questione con modalità che somigliavano molto al confronto fra Darwin e Wallace.
Chomsky — sostenuto dal plauso generale della scienza — sosteneva di avere risolto finalmente il problema della compatibilità fra linguaggio ed evoluzione: secondo la sua teoria, infatti, in ogni essere umano esisteva una sorta di organo predisposto al linguaggio, che garantiva così il veloce apprendimento della parola nei bambini. La prova era che al di sotto di tutte le lingue esisteva una struttura comune, che provava quindi il funzionamento dell’organo al di là delle infinite varianti linguistiche presenti nel mondo.
Nessuno osò mettere in discussione la sua scoperta, basata su osservazioni teoriche, non certo su osservazioni linguistiche sul campo, fino a quando uno studioso autodidatta, Daniel Everett, dopo trent’anni di vita in una comunità sperduta del Brasile pubblicò articoli e libri in cui presentava una lingua che non aveva nulla a che fare con la struttura originaria scoperta da Chomsky: una lingua molto primitiva che corrispondeva esattamente al livello culturale della tribù. Esperienza che portava il ricercatore ad affermare che la lingua era un artefatto umano, e non frutto dello sviluppo di un organo preesistente.
Everett sostenne che la lingua era uno strumento che spiegava la supremazia della specie umana sugli altri animali, come la sola evoluzione non potrebbe mai fare. Il duro e coraggioso attacco al patriarca della linguistica veniva non solo da un autodidatta, se pure eccezionalmente dotato per la ricerca, ma da un giovane che si era recato presso quella tribù con la famiglia, come missionario evangelico. Chomsky cercò di ignorarlo, lo trattò da povero ciarlatano, ma i libri del «Davide» Everett alla fine riuscirono a far fare marcia indietro al «Golia» Chomsky, che cominciò a cassare dai suoi scritti la teoria dell’organo predisposto, senza però fare mai autocritica. Fino a giungere all’ammissione del carattere misterioso del linguaggio, dalla quale prende inizio il libro di Wolfe.
Lo scrittore statunitense denuncia proprio in questo mistero il fallimento di ogni teoria evoluzionista: «Il linguaggio, e solo il linguaggio, ci ha permesso di conquistare ogni palmo di terra di questo mondo, di soggiogare ogni essere abbastanza grande da rendersi visibile e di mangiarci la metà della popolazione dei mari». E può finalmente così concludere: «Dire che gli animali si sono evoluti nell’uomo è come dire che il marmo di Carrara si è evoluto nel David di Michelangelo. Il linguaggio è ciò a cui l’uomo rende omaggio in ogni istante che possa immaginare».
di Lucetta Scaraffia
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37 commenti
Se ho capito bene su questo sito si nega , o quantomeno si critica, la spiegazione Darwinista o Neo-Darwinista dell’evoluzione, ma d’altro canto non si nega l’evoluzione in se, e si ritiene che occorra cercare verso altre teorie, magari ancora non esplicitate.
In questa ottica (se sono nel giusto nella prima asserzione) mi sfugge perchè si citino spesso articoli di critica al Darwinismo (ma anche all’evoluzionismo in genere) provenienti da fonti confessionali, come l’Osservatore Romano, che lungi dall’essere spettatori terzi di questa vicenda, hanno tutto l’interesse a fomentare lo scetticismo sull’evoluzionismo , per favorire una visione più vicina (nella sostanza) al racconto della scrittura, e che in modo un pò grezzo ma efficace chiamano “creazionismo”.
Da mero lettore della parte scientifica mi piacerebbe che si passasse un po di più dalla protesta alla proposta (come diceva qualche politico anni fa) iniziando o reintroducendo una serie di interventi sulle più recenti e credibili teorie alternative al Darwinismo , spiegando anche in modo didattico per quale motivo esse, pur non investigate in modo totale, rispondo al problema dell’evoluzione in modo più credibile del darwinismo, e in quali parti invece hanno magari limiti simili.
Buona giornata.
Riguardo alla genesi delle specie esiste qualcuno non di parte? Dovremmo forse rifiutare le opinioni dei vari Cavalli Sforza, Pievani etc. solo perchè antireligiosi e quindi di parte?
Fomentare lo scetticismo è una cosa buona, se come lo intendo io, significa alimentare lo spirito critico, o forse l’evoluzione darwiniana è un dogma inattaccabile?
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Anche io sono interessato a interventi sulle più recenti e credibili teorie alternative al Darwinismo senza dimenticare però che anche un semplice “non lo sappiamo” ha la sua dignità.
Sono d’accordo con Lei.
Rilevo soltanto che gli articoli contro il darwinismo sono molto frequenti qui, e dubito che possano alla lunga portare a novità su un tema che , essendo scientifico, ha i suoi tempi di evoluzione molto più lenti.
Mi sembra, pur non essendo esperto, che le tesi (pro e contro) siano ben definite e statiche, ed il dibattito rischi di diventare uno sterile ed un po ripetitivo incrociar di spade, quando non addirittura scadere nella naturale rivalsa personale (che fa parte dell’essere umano), piuttosto che una occasione di crescita comune.
Personalmente continuerei ad essere più interessato alle ipotesi alternative, almeno abbozzate, altrimenti si corre il rischio, accanendosi contro una tesi senza portarne altre, di perdere di credibilità e finire con l’essere un sostegno a quella stessa tesi che si vuole osteggiare. Non trova ?
Si e no, non vedo l’obbligo di proporre delle alternative, il fatto che l’evoluzione darwiniana sia la “migliore”, la più in voga o l’unica che abbiamo non la rende automaticamente quella giusta e ammettere di poter fare solo qualche blanda ipotesi alternativa non è un reato ma realismo.
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L’articolo in questione è una critica seria e legittima al darwinismo e come tale è interessante al pari di una alternativa.
Da lettore più ferrato in filosofia e teologia che in campo scientifico, mi limito solo a segnalare che da parte dell’Osservatore Romano (e della Chiesa Cattolica in genere) non c’è nessun interesse a “favorire una visione più vicina (nella sostanza) al racconto della scrittura”.
Per dirla con S. Tommaso, Dio può benissimo essersi servito dell’evoluzione come “causa seconda” della comparsa dell’uomo pur restando Egli la “causa prima”.
Se la memoria non mi inganna, nella Pontificia Accademia delle Scienze ci sono scienziati evoluzionisti, a riprova del fatto che tale fenomeno (l’evoluzione) non è in contrasto con la fede cristiana, al contrario del darwinismo.
Mi piacerebbe capire meglio.
La teoria dell’evoluzione non “elimina” Dio dalla scena, trattasi di uno strumento utilizzato per “creare” le specie animali e quindi l’uomo.
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“Ma a prima vista non [vedo] come “l’evoluzione casuale di esseri organici” sia incoerente con il disegno divino – È casuale per noi, non per Dio. ”
Beato Card. Newman
http://disf.org/newman-lettera-evoluzione
http://disf.org/john-newman
Fabiop sono d’accordo con te solo parzialmente.
Posto che Dio è Dio e può davvero fare tutto, non vedo perchè il darwinismo sarebbe in contrasto con una evoluzione guidata da Dio.
Indipendentemente da quello che sostengono i Darwinisti stessi , chi impedisce il fatto che sia stato Dio a farci evolvere magari partendo dai ‘primati’ ?
Eppure darwinismo e Chiesa si accapigliano da 150 anni, come se le due tesi fossero opposte, mentre la prima è perfettamente compatibile con la seconda, come peraltro mostrato anche da Aleudin che ha postato newman
Che si accapiglino è un fatto, perchè è inequivocabile che il numero degli articoli cattolici critici verso una “l’evoluzione casuale di esseri organici” per dirla col Card. Newman, sia eccessivo. La Chiesa dovrebbe lasciare agli scienziati lo studio dei meccanismi, ben consapevole che NON esiste alcun meccanismo che possa escludere l’esistenza di una spinta soprannaturale iniziale che lo abbia progettato.
E’ come se si voglia limitare il potere di Dio, che può aver creato l’uomo “di botto” , ma non può averlo fatto evolvere dalle scimmie.
Sono d’accordo con Lei, MenteLibera, sull’impossibilità di contrasto tra fede e darwinismo.
Aggiungo solo che l’accapigliarsi da 150 anni non appartiene al cattolicesimo né al darwinismo continentale europeo, ma alle chiese anglosassoni e ai darwinisti anglosassoni.
Aggiungo inoltre che c’è anche un altro tipo di accapigliarsi, il nostro: tra chi rietiene il darwinismo una teoria scientifica e chi no. Sarebbe bello se noi fermassimo la questione su quest’ultimo aspetto, dato che sul primo siamo d’accordo.
Mi pare che la nostra posizione sia molto chiara, MenteLibera. Anche perché non si contano gli articoli che vi abbiamo dedicato.
1. L’evoluzione è l’unica ipotesi scientifica, corroborata in molteplici evidenze e finora mai falsificata.
2. La sua opposta è il fissismo (di quasi tutti gli scienziati fino a Lamarck (pagani, credenti e atei), non la fede in un Creatore che non c’entra nulla con la scienza empirica (e che serve solo ai darwinisti, per distrarre l’attenzione dai loro problemi).
3. Il darwinismo è la spiegazione dell’evoluzione per piccole mutazioni casuali e “per selezione naturale” (Darwin).
4. Il darwinismo non è stato capace (in 157 anni) di fare nessuna predizione. Quindi, per chi (come noi) considera scientifica una teoria solo se è capace di predizioni, il darwinismo non è già solo per questa ragione una teoria scientifica dell’evoluzione.
5. C’è di peggio per il darwinismo: non è nemmeno una teoria né matematicamente né statisticamente credibile, ma una teoria che si poggia su una “serie di decine di migliaia di miracoli”. Questo l’abbiamo ripetuto in molti articoli, citando articoli peer per view di matematici, cui nessun darwinista ha mai replicato nel merito.
6. Consci di questo, gli evoluzionisti di tutto il mondo si dedicano da tempo a ricercare teorie alternative, esplicative delle MACRO-mutazioni necessarie per l’evoluzione inter-specifica (che è la vera questione). Queste teorie si chiamano epigenetica, strutturalismo, evo-devo, ecc., ecc., ma nessuna di esse spiega niente (cioè non fa predizioni controllabili), a cominciare dall’abiogenesi che è il mistero dei misteri per finire nella comparsa del linguaggio umano, che è un altro grande “mistero”.
7. In conclusione:
– l’evoluzione è un’ipotesi ragionevole,
– il darwinismo è una teoria irragionevole,
– non sappiamo come sia avvenuta l’evoluzione (se è avvenuta: ci sono anche scienziati che dicono che le specie terrestri siano state create da alieni, e altri scienziati che dicono che le nostre visioni umane di tutte queste specie sono illusoriamente provocate da una Supermatrix aliena).
E Lei cosa pensa?
Chiedo scusa ma lei ritiene che si possa prevedere un sistema in evoluzione? Si possono spiegare i fatti che accadono ma non un sistema in evoluzione. L’evoluzione può rivelarsi solo all’esperienza ma non può e non potrà mai essere giustificata per esempio matematicamente. Questo perchè i fatti che possono verificarsi in natura sono infiniti e diversamente infiniti, nel tempo, nello spazio e i coesistenti che si influenzano a vicenda infiniti. Le teorie matematiche devono assumerli come dati ma non possono prevederli. La possibilità di eseguire precise previsioni è limitata dall’obbligo di ricorrere sempre come fattori determinanti a fatti non prevedibili che emergono da un’infinità di diverse possibilità. Qualsiasi fenomeno naturale, una volta che l’esperienza ha indicato le cause scatenanti (ragioni fisiche), è spiegabile in modo rigoroso ma le cause scatenanti possono essere date soltanto dall’esperienza e non sono prevedibili. Questo è il significato della parola CASO usata da un serio positivismo, non certo EFFETTO SENZA CAUSA, bensì imprevedibilità di un fenomeno che causa, secondo leggi necessarie, altri fenomeni. Per questo il determinismo è impossibile. Come può quindi rimproverare al darwinismo di non poter fare predizioni?
L’universo ha 14 miliardi di anni circa. Strano ciò che sarebbe successo nella vita dell’universo, secondo il darwinismo, a partire da 4 miliardi di anni fa: fino a prima, per 10 miliardi di anni, tutta l’evoluzione del cosmo è prevedibile – e di fatto è prevista dalla fisica. Il premio Nobel Weinberg ci ha anche scritto un libro sui primi 3 minuti! Poi, appena passato l’LHB, per un miracolo inspiegabile sarebbe sorta la vita, cui sarebbero seguiti altri 4 miliardi di anni di evoluzione biologica con “dozzine di migliaia di miracoli” (Schützenberger)…
Ma la vita si fonda sulla fisica o è qualcosa di diverso?
Se questa per Lei, Giancarlo, è scienza, io non pretendo di distorglierLa dalle Sue credenze. Per me, in assenza di predizioni e di conseguenti applicazioni tecnologiche, è una storia come un’altra (tant’è che ci sono scienziati che credono in storie diverse: Matrix, panspermia, ID, MQ, ecc., ecc).
Ma secondo lei tra FISICA e BIOLOGIA non c’è alcuna differenza?
La biologia tratta la vita di questo mondo o quella degli angeli, Giancarlo? La vita di questo mondo è composta di atomi, molecole, energia e loro trasformazioni nello spazio-tempo fisico, o di qualche principio extrafisico?!
Nessuna scienza sperimentale può essere in contrasto con la fisica, né tantomeno con la matematica e la logica.
“Le leggi della fisica prevedono
probabilità non evanescenti e quindi consentono previsioni sperimentalmente controllabili; le leggi della
biologia, che in nessun punto sono in contrasto con quelle della fisica, prevedono probabilità evanescenti e
quindi non consentono previsioni sperimentalmente controllabili. La fisica è
caratterizzata dalla legalità; cioè, dal fatto che i sistemi fisici sono descrivibili mediante leggi probabilistiche
che consentono previsioni controllabili. La biologia è caratterizzata dalla storicità: non essendo possibile
descrivere i sistemi viventi mediante leggi probabilistiche, la biologia è la descrizione storica di ciò che è
accaduto nel corso dell’evoluzione.
Mario Ageno le dice qualcosa?
Le sfugge un aspetto, Giancarlo: la “storicità” dell’evoluzione biologica, o la “contingenza”, o il caso, ecc., ecc., non sono DATI osservati [mai è stata osservata l’evoluzione da una specie ad un’altra!], ma un’ASSUNZIONE di partenza della teoria darwiniana per “spiegare” l’evoluzione. È ovvio allora che, se si parte da questo postulato, non è possibile fare predizioni! Allora ha ragione Fra’ Centanni a dire: Tutto qua? Bastava dire che non si sa niente e sarebbe la stessa cosa!
Lei però, nel Suo primo commento, aveva detto che TUTTI i fenomeni evolutivi sono imprevedibili; al che io Le ho risposto che quelli che hanno riguardato l’evoluzione dei primi 10 miliardi di anni dell’universo sono invece stati predetti dalla fisica. E non abbiamo nessuna ragione per escludere che anche quelli evolutivi biologici lo siano. È questo che io spero che la biologia possa fare nel XXI secolo, sintetizzando in laboratorio la vita artificiale e liberandoci una buona volta delle storielle darwiniane.
NB. In ogni caso, poi, c’è la matematica a proibire che sia accaduto in 4 miliardi di anni (o in 4 miliardi di miliardi di anni) la vita per caso
Mi prende in giro Masiero? Predire significa prevedere l’evoluzione futura non spiegare l’evoluzione passata. Nessuno mette in dubbio la necessità ex post, la questione qui sta nella necessità ex ante.
E ammesso e non concesso che la predizione sia in qualche maniera possibile, lei fa finta di non sapere che le cose in fisica vanno in un modo, in biologia in un altro. Questo è l’insegnamento di Ageno. Le previsioni della fisica classica sono deterministiche: se lo scienziato conoscesse lo stato iniziale e le forze che agiscono in un sistema fisico (le già citate condizioni iniziale e al contorno) potrebbe prevedere lo stato esatto in cui si troverà il sistema in un qualsiasi istante. Le previsioni della fisica dei quanti sono probabilistiche: se lo scienziato conoscesse lo stato iniziale e le forze che agiscono in un sistema fisico potrebbe prevedere la probabilità esatta che il sistema, in un qualsiasi istante, si trovi in un certo stato. È una caratteristica fondamentale sia della fisica classica sia di quella quantica – nota Ageno – che la probabilità dei diversi stati in cui si potrebbe trovare un sistema fisico non è evanescente: per la fisica classica è possibile un solo stato, univocamente determinato dalle condizioni iniziali e al contorno, che ha quindi una probabilità necessariamente uguale a uno; per la fisica dei quanti sono possibili diversi stati, ciascuno dei quali ha una probabilità significativamente maggiore di zero. Nel caso della biologia si verifica una ben diversa situazione: i possibili stati in cui si può trovare un sistema vivente hanno ciascuno una probabilità evanescente, cioè prossima a zero. Di conseguenza, la maggior parte dei possibili stati di un sistema vivente non si realizzerà mai. Ageno spiega questa proprietà dei sistemi viventi con un semplice esempio. Un batterio ha circa 4000 geni. Si supponga che ogni gene possa subire una sola mutazione. Il numero dei possibili genotipi sarebbe 2 4000 ≈ 10 1200. Ciascun genotipo avrebbe dunque una probabilità a priori p = 10 -1200. Il numero N di individui in una popolazione non può essere maggiore di 10 80 (è questo il numero stimato di nucleoni esistenti nell’universo). La frequenza f di un certo genotipo in un data popolazione di N individui sarebbe f = p ∙ N = 10 -1200 ∙ 10 80 = 10 -1120. La frequenza f è straordinariamente piccola: la maggior parte dei genotipi non comparirà mai in natura. Questo esempio è applicabile a ogni organismo vivente. Il fatto che il numerodi genotipi possibili sia estremamente maggiore del numero degli individui di una qualsiasi popolazione spiega perché l’evoluzione biologica sia imprevedibile: in ogni istante compaiono nuovi genotipi in maniera casuale. È in linea di principio impossibile prevedere l’evoluzione genetica di una popolazione, perché le probabilità corrispondenti a ciascun genotipo sono così piccole che ogni tentativo di conferma sperimentale sarebbe vano. Questa è l’origine della differenza tra fisica e biologia: la leggi della fisica prevedono probabilità non evanescenti e quindi consentono previsioni sperimentalmente controllabili; le leggi della biologia, che in nessun punto sono in contrasto con quelle della fisica, prevedono probabilità evanescenti e quindi non consentono previsioni sperimentalmente controllabili. Come già detto.
Ma anche in fisica, ripetiamolo, il qui ed ora del SINGOLO SPECIFICO EVENTO non è prevedibile. Per cui è falso contrapporre in maniera inconciliabile la nozione di causalità al caso (inteso correttamente). I due concetti sono in realtà complementari. Lei mi insegna che una legge fisica descrive classi di eventi, non eventi singoli. Per discriminare all’interno di una classe tra eventi singoli è necessario unire all’equazione che “regge” il fenomeno anche le cosiddette condizioni limite e al contorno, in altre parole il qui ed ora dell’evento, il gioco specifico di vincoli che hanno condizionato quella particolare manifestazione fisica. Più che una sorta di stampino platonico, la legge fisica andrebbe pensata come una griglia di possibilità per gli eventi. Anzi, confrontandosi con le asperità epistemologiche della meccanica quantistica, Bohm arriverà a definire la legge fisica poco più, o poco meno, che una linea di tendenza statistica. Qualcosa che non contrasta dunque con la variazione o in generale le complessioni del singolo accadimento. E consiste in questa forte dipendenza dall’accadimento qui ed ora la radicale storicità della biologia.
“Chiedo scusa ma lei ritiene che si possa prevedere un sistema in evoluzione? Si possono spiegare i fatti che accadono ma non un sistema in evoluzione”.
Si possono spiegare i fatti (evolutivi), dice lei, ma quali sarebbero queste spiegazioni? Dice il darwinismo: una mutazione che dia origine ad una nuova specie avviene per caso, cioè in maniera imprevedibile (secondo la sua definizione di caso). E che spiegazione sarebbe questa? Ne so quanto prima. Una spiegazione è tale se mi sa descrivere in modo esauriente il processo attraverso cui avviene un fatto evolutivo. Ora, se la mutazione che sta all’origine di una nuova specie, è casuale, cioè non conoscibile, non sarebbe più onesto dire che non lo sappiamo?
No, Fra’ Centanni. La cosa detta da Giancarlo è diversa, seppur sbagliata. Anche l’uscita di un numero alla roulette è imprevedibile, pur conoscendo la fisica quali siano tutte le cause in gioco e perfino l’equazione differenziale esatta del moto. Solo che il moto della pallina è troppo sensibile alle condizioni iniziali di quelle cause per poter prevedere la traiettoria della pallina. In questo caso la scienza si affida alla statistica, così da potersi prevedere comunque la probabilità di uscita di ogni combinazione.
Il problema con l’evoluzione darwiniana è un altro: le sue assunzioni sono in rotta con la statistica, cosicché ciò che essa affida alla contingenza – la macroevoluzione – non è tanto imprevedibile, ma del tutto impossibile con i tempi fisici…, a meno di non assumere una serie di decine di migliaia di miracoli, il che è evidentemente antiscientifico.
” i fatti che possono verificarsi in natura sono infiniti e diversamente infiniti”.
No, direi proprio di no. Per niente
Grazie dello straordinario sunto !
Io penso che non ho gli strumenti per pensare ma solo per leggere quello che altri pensano. Se c’è un mondo che studia senza trovare, evidentemente la spiegazione non è semplice.
Da cattolico penso invece che Dio possa fare tutto, come ho scritto prima, e che l’evoluzione, quindi, possa rientrare perfettamente nel disegno di Dio, in qualsiasi forma, pure come evoluzione diretta dalla medusa all’uomo (non voglio banalizzare, ma se Dio è Dio, è inutile rincorrere una logica dove necessariamente ci sarà un passaggio soprannaturale).
Ma sempre da cattolico penso che il Signore ci abbia dato sufficienti indicazioni su come vivere ora ed oggi, senza aver strettamente bisogno di capire nel dettaglio l’evoluzione che è alle nostre spalle, e quindi non bisogna farsi alibi su questo: Siamo qui, e questo è sufficiente (la disputa sul “da dove veniamo” e “dove andiamo” non mi ha mai appassionato al punto di farne una esigenza di vita, pur ovviamente ammirando chi spende la propria esistenza approfondendo il problema.
Per quanto concerne il darwinismo, come non ho gli strumenti per approvarlo non ho quelli per criticarlo o per non considerarlo scientifico. Tutti mi sembrano molto convinti delle loro posizioni, e non credo per natura alla malafede di nessuno, pur riconoscendo la debolezza umana nel non voler riconoscere un errore, soprattutto quando dietro c’è magari una vita di studi e convinzioni.
Le confesso Masiero che mi affascina molto anche il meccanismo psicologico , sociale e politico che sottende certe dispute apparentemente solo scientifiche, dove si rivedono in toto meccanismi antropologici che un tempo venivano risolti con la clava o con la spada, magari all’alba dietro al convento abbandonato 🙂
Tutto è possibile Mente, però così come è consentito all’Osservatore Romano fare ironia, lo si consenta anche a me. 15/20 miliardi di anni ci ha messo Dio ad ottenere l’uomo attraverso l’evoluzione: se l’è presa comoda dai..
E’ uno che prima di fare una cosa ci pensa bene 🙂 . E comunque, pur con tutti i limiti dell’uomo, il risultato è straordinario. 🙂
“Mille anni agli occhi tuoi, Signore, sono come il giorno di ieri” (S. Pietro).
Beh sì magari poteva velocizzare un attimo però capisco che avendo tutta l’eternità..
Il tempo è creato, come lo spazio, in Dio non è tempo non è spazio.
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L’eternità è un istante.
Intervengo al volo dal cellulare.
Faccio semplicemente notare che mente libera non interviene sul contenuto dell’articolo ma fa della polemica pregiudiziale e fondamentalmente sterile.
Direi di non cadere in questa palude e invitarlo a contestare le affermazioni riportate nell’articolo che parla di un libro di Tom Wolfe il quale non è di parte religiosa.
Se vuole possiamo riportare articoli sullo stesso libro pubblicati su altri quotidiani.
Questo lo farebbe contento?
Lei è troppo prevenuto nei miei confronti prof. Pennetta. Cerco soltanto di capire come sfruttare l’indubbio potenziale scientifico delle persone che seguono questo sito allargando gli orizzonti ad argomenti diversi da quelli spesso trattati.
Per quanto riguarda la parte religiosa, fare riferimento, ogni tanto, anche ad altre testate più terze e magari ideologicamente avverse (non solo per criticarle) sgombrerebbe il campo dal sospetto che ci si avvalga solo di alcune fonti più gradite, e non farebbe che rafforzare la credibilità complessiva di quello che si sostiene.
Non mi sembra di dire cose provocatorie, ma solo di buon senso. Se siano così scandalose lo lascio giudicare a chi legge.
ML, il punto che ho sollevato nel mio intervento è che anziché entrare nel contenuto dell’articolo si siano espressi giudizi sulla testata sulla quale è stato pubblicato, e purtroppo questa impostazione ha condizionato diversi interventi, tanto che nessuno ha parlato delle implicazioni del linguaggio simbolico.
Per il resto posso riportare due link ad articoli sullo stesso libro che sono apparsi sul Giornale e sul Foglio a settembre, ce n’è anche uno su Repubblica di novembre ma non è specificamente sull’ultimo libro:
http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/tom-wolfe-attacca-chomsky-e-darwin-scacciarli-regno-parola-1303899.html
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http://www.ilfoglio.it/cultura/2016/09/02/news/il-falo-delle-vanita-evoluzioniste-103522/
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http://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2016/11/10/news/intervista_a_un_magnifico_attaccabrighe_chiamatotom_wolfe-151726555/
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Detto questo non è significativo che solo giornali non progressisti abbiano dato rilievo al libro e che Repubblica, che sola tra i grandi ne ha parlato, lo abbia fatto in modo indiretto?
Non è questa la conferma che dietro al darwinismo c’è una questione ideologica a partire da chi lo difende?
A me sembra che l’ideologia, se c’è , sia ben distribuita tra tutti i contendenti, senno non si capirebbe il motivo per il quale in genere i giornali di destra o cattolici siano critici verso il darwinismo e quelli progressisti in genere, invece, sostenitori. Io mi aspetterei che il giudizio sulle teorie scientifiche sia soltanto tecnico, ma purtroppo la politica ed il senso di appartenenza pervadono molte attività umane, anche senza la piena consapevolezza dei protagonisti.
Devo dire che la complessità dell’argomento evoluzione e la storica collocazione tra gli argomenti scientifici più “politici” danno adito a polemiche infinite, forse maggiori a quelle di altri argomenti scientifici pur complessi.
Certamente la molla religiosa, e cioè il fatto che le principali religioni , prime fra tutte ebraismo e poi cristianesimo, hanno descritto la storia della creazione dell’uomo , è stata quella che ha reso questo argomento così dibattuto e così ideologico, e quindi così adatto a schieramenti e divisioni che vanno oltre le argomentazioni scientifiche.
Sono ben lieto di sapere della traduzione italiana di Wolfe… L’ho già letto in inglese, mi procurerò anche quella italiana quando uscirà.
I darwinisti sono solo il “negativo” dei creazionisti, quindi sono piuttosto simili a questi ultimi e partono dalle stesse basi. Si vede che sono di derivazione protestante perché dietro c’è proprio la “sola lectura” tipica del protestantesimo, ossia la lettura della Bibbia senza intermediazioni e interpretazioni che porta inevitabilmente a prendere un il libro sacro alla lettera facendolo diventare una fonte scientifica. E’ chiaro quindi che il dibattito in ambito protestante è tutto giocato su questi fattori, da 150 anni, ossia sul negare o confermare la lettura letterale della Bibbia. Un dibattito che subiamo, ma che non appartiene alla cultura cattolica per cui la Bibbia è opera di uomini, di argomento spirituale e religioso, ispirata a questi uomini da Dio, ma continuamente da interpretare tramite il Magistero della Chiesa che i protestanti non hanno.
Se l’Osservatore Romano pubblica anche queste critiche al darwinismo è perché questo è stato usato di continuo come arma contro la religione e contro le armi, anche se spuntate, ci si difende.
Intervengo solo per esprimere il mio apprezzamento nei confronti del tentativo non facile, fatto da Giancarlo, di caratterizzazione epistemologica che in fondo differenzia la biologia dalla fisica, una visione molto vicina, come noto, anche al mio modo di pensare, e non soltanto mio, vedi appunto Ageno o più recentemente il fisico teorico Ignazio Licata, personaggio che stimo molto. Nei suoi commenti a mio avviso ci sono molte note interessanti, dalla impredicibilità sostanziale di un sistema naturale complesso al concetto di storicità inteso per le scienze biologiche. E siccome sono molto interessato anche a scoprire chi sono le persone che stanno dietro a determinati modi di pensare, le posso chiedere Giancarlo qual è la sua formazione?
@ Giancarlo, Vomiero
Stimo anch’io molto Licata, ed anche Ageno. Capisco bene la differenza tra fisica e biologia, prego di credermi. Ed ancor più tra fisica e neuroscienze, economia, ecc., quanto a complessità e conseguente impredicibilità.
Dico solo (e Licata sarebbe d’accordo) che il contrasto tra la fisica-matematica e il darwinismo (non con l’evoluzionismo però!) sta nell’assumere una dozzina di migliaia di miracoli. Per giunta “senza nessuna utilità pratica” (Dulbecco, darwinista).
Da notare(sono comunque facente parte del popolo cristiano totalmente allontanatosi,non perchè di destra o di sinistra estrema,da chi gestisce in maniera del tutto politica la Chiesa)che solo una persona come la Dott.Lucetta Scaraffia(e la sua intelligenza) e non i “senatori”o “deputati”del “parlamento” Vaticano,troppo occupati ad obbidire al “politicamente corretto”della società moderna,poteva scrivere un cosi divertente e per certi ambienti ultras irriverente Articolo su L’Osservatore Romano.Chi altro lo avrebbe firmato??