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All’apice di quella che è stata definita Redhead Renaissance, abbiamo un gruppo pronto che può iniziare le sue battaglie.
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La prima battaglia dei rossi è stata quella di creare una petizione indirizzata alla Apple chiedendo che venisse introdotta un’emoji con i capelli rossi, dato che, tra le centinaia di emoji, non ce n’è nessuna con i capelli rossi. Tutte le minoranze sono rappresentate tranne i rossi. La Apple, però, non li ha ancora accontentati.
A Melbourne, lo scorso aprile, si è tenuta una convention di ranga (il nomignolo con cui sono chiamati i rossi australiani) contro il bullismo. I partecipanti avevano cartelli con su scritto “The day of the walking red”, “Show me the ginger” e “Nobody puts ginger in the corner”.
E ovviamente non potevano mancare le prime picconate alla libertà di espressione. Sempre lo scorso aprile, il sito di appuntamenti Match.com aveva affisso nella metropolitana di Londra dei manifesti che mostravano il viso di una donna con le lentiggini (in alto era possibile vedere che aveva i capelli rossi) e la scritta “Se a te non piacciono le tue imperfezioni, a qualcuno piaceranno”. Ovviamente è scoppiato il finimondo e Match.com è stato costretto a scusarsi, precisando però che il manifesto faceva parte di una campagna chiamata “Love your imperfections”, che si focalizzava su quelle piccolezze che a volte le persone considerano come imperfezioni, e tra queste rientrano le lentiggini. Cioè loro stavano dicendo, con quel manifesto, non che le lentiggini sono imperfezioni, ma che a volte le persone (soprattutto le donne) le percepiscono come tali, e che invece possono esserci persone a cui piacciono. Io personalmente non ci trovo nulla di male o di offensivo, poiché è un dato di fatto che molte donne si coprono le lentiggini col trucco perché le considerano antiestetiche.
Quali battaglie ci riserverà il futuro ancora non si sa, ma ho il sospetto che nelle facoltà di Lingue inglesi e americane racconti come Rosso Malpelo e Pel di carota non saranno molto apprezzati.
Come si può facilmente intuire, nonostante questi gruppi facciano dell’”inclusione” la loro bandiera, in realtà i loro membri sono profondamente narcisisti, perché riescono a vedere solo i loro problemi (veri o presunti) e non mostrano il minimo interesse per gli altri: è il divide et impera in azione. Pur di raggiungere la meta, sono disposti a calpestare il prossimo. Quando, ad esempio, negli USA, verso la metà degli anni ’90, si fece notare che le politiche femministe avevano portato a un abbassamento del rendimento scolastico degli studenti maschi, non ci fu nessuna reazione, né da parte delle femministe, né del governo. Sempre per via di queste politiche, negli USA rischiano di chiudere quegli istituti professionali frequentati soprattutto da maschi, poiché sono considerati “discriminatori”. La cosa sconcertante, però, è che i movimenti femministi si servono di dati falsi, sbugiardati ufficialmente, ma che loro continuano a presentare come veri. Ad esempio, la statistica secondo cui nei campus universitari una studentessa su quattro verrà stuprata è falsa, ma le femministe la sbandierano ancora. Così come sbandierano ancora il falso dato secondo cui le donne sono pagate meno degli uomini. Qui in Italia, com’è noto, c’è l’emergenza “femminicidio”, un’emergenza che però esiste solo nei media e nella mente dei politici. Ogni volta che una donna viene uccisa da un uomo scatta l’indignazione nazionale e si prendono in considerazione iniziative per rieducare l’intero genere maschile, possibilmente fin dalla culla. Quando però è una donna a uccidere o aggredire il partner (e il tasso di violenza domestica tra le donne è più o meno pari a quella tra gli uomini)) nessuno ne parla, così come nessuno sembra preoccuparsi del fatto che in tutto il mondo il tasso di suicidi e incidenti sul lavoro tra gli uomini è molto più elevato che tra le donne.
La verità è che, per come la vedo io, tutti siamo e siamo stati perseguitati. Gli unici a cui le cose sono sempre andate bene sono i ricchi e i potenti. Tutti gli altri, chi in un modo, chi in un altro, sono sempre stati oppressi. Ad esempio, restando sempre nell’ambito del femminismo, alle donne piace pensare che gli uomini hanno sempre avuto il diritto al voto, fin dall’inizio dei tempi, mentre loro invece se lo sono dovuto sudare. Ora, a parte il piccolo particolare che per alcuni millenni il diritto al voto non ce l’ha avuto nessuno, perché l’unica forma di governo erano le monarchie assolute, ma poi, quando nacquero le prime democrazie o i primi parlamenti, esisteva una cosa chiamata suffragio censitario, cioè si poteva votare solo in base al censo. Oppure esistevano altre forme di suffragio ristretto solo agli alfabetizzati. La maggior parte degli uomini, quindi, non poteva votare, però doveva comunque andare a farsi ammazzare nelle guerre decise dai governi che loro non avevano eletto.
Quello che secondo me a molti sfugge è che l’evoluzione umana procede a tappe, per cui è inutile odiare o prendersela con quelli che “si sono evoluti” prima di noi. Al contrario, bisognerebbe cercare di collaborare, e soprattutto bisognerebbe “giocare pulito”, senza usare persecuzioni inventate o emergenze finte, altrimenti a qualcuno potrebbe venire il dubbio che quella battaglia la si sta combattendo solo per avere potere o visibilità personale.
Se ci si vuole riunire in gruppi per raddrizzare dei torti ben venga (la storia è piena di grandi personaggi che hanno combattuto contro le ingiustizie fino a dare la vita), ma non si può farlo utilizzando la censura, le multe o la prigione. Né si può farlo sconvolgendo i curriculum scolastici e universitari per fare spazio a tutte le minoranze del mondo. Occorre farlo in un autentico spirito di fratellanza, altrimenti l’idea che viene veicolata è che criticare e essere in disaccordo può “far male” tanto quanto un’aggressione fisica (ecco quindi il concetto di microaggressioni) e per questo certe idee vanno bandite. È chiaro che le parole possono fare male, ma non si può far passare l’idea che un “non sono d’accordo” equivalga a un pugno sul naso.
Né si può far passare l’idea che se una persona ti critica allora la tua “autostima” ne risente. Il concetto di autostima si è fatto largo negli USA già da diversi decenni e tutte le scuole oggi sono impegnate a non far crollare l’autostima delle studentesse (degli studenti maschi, ovviamente, non ci si preoccupa), ma se si cresce un bambino dicendogli sempre di sì e non contraddicendolo mai, da grande avrà qualche problema. L’autostima (qualunque cosa essa sia) non può dipendere dall’opinione che gli altri hanno di noi. Nella vita difficilmente sarà possibile stare simpatici a tutti. Ci sarà sempre qualcuno che ci criticherà, con cui litigheremo, a cui staremo sulle scatole o che magari ci disprezzerà, ma questo non significa che noi ne siamo sminuiti. Non si può insegnare ai ragazzi che chi non è d’accordo con loro deve essere messo a tacere e punito, perché in questo modo si crescono dei piccoli tiranni.
L’altro concetto che si è fatto passare è che certe idee sono pericolose perché possono spingere gli altri ad azioni violente o irresponsabili. Sicuramente queste persone esistono, ma di certo non si risolverà il problema con la censura. Volendo portare questo ragionamento agli estremi, perlomeno metà dei film e telefilm (per non parlare anche dei videogiochi) in circolazione dovrebbe venire distrutta. Se ci sono persone che si ispirano a slogan, video o altro per compiere azioni criminali o malefatte di vario genere, evidentemente la causa è a livello educativo, sia familiare che scolastico. Sperare di ridurre il bullismo o addirittura la violenza con la censura, punendo gli hate speech e qualunque idea “controversa” o “provocatoria” è solo una pia illusione, che alla lunga porterà alla stagnazione culturale. E se ci sono persone che hanno idee che possono davvero apparire nocive, la cosa da fare non è censurarle, ma, al contrario, portarle allo scoperto e discuterle fin nei minimi particolari, con tanto di documentazioni storiche, scientifiche, ecc., così che le persone possano rendersi conto della loro insensatezza.
Questo modo di ragionare è anche indice del fatto che non si ha fiducia nelle persone, nella loro intelligenza e spirito critico. Insomma, veniamo considerati dei bambini, ai quali serve una tata e i libri corretti ad usum Delphini. Si tratta di una vera e propria deresponsabilizzazione, per cui se fai qualcosa di male agli altri o a te stesso, la colpa è sempre di qualcun altro, e di conseguenza ci vuole una qualche autorità che, dall’alto, vigili su cosa si può o non si può dire (vedasi la legge sul cyberbullismo che si vorrebbe approvare qui da noi).
In questo modo si stanno crescendo delle nuove generazioni talmente deboli che basta un semplice “non sono d’accordo” per farle stare male. Per indicare queste persone è stata coniata l’espressione “generazione fiocco di neve”, proprio perché sono persone fragili e incapaci di affrontare la vita. Nella vita non ci sono i trigger warning che ti annunciano quando sta per arrivare qualcosa di spiacevole, né ci sono i safe space in cui rifugiarsi per stare al riparo dalle cose brutte. A queste persone, invece, s’insegna che il mondo là fuori è così pericoloso che l’unico modo per sopravvivere è stare sotto una campana di vetro, quasi narcotizzati. Questo, ad esempio, è anche il motivo per cui negli asili si raccontano versioni “politicamente corrette” delle favole, in cui nessun personaggio soffre o muore, nemmeno gli animali.
Infine, due parole sul concetto di pride. Personalmente, non ho mai capito come si faccia a essere orgogliosi di qualcosa con cui si è nati, o che ci si ritrova senza neanche sapere perché. Potrei capire l’essere orgogliosi per qualcosa che si è ottenuto con sforzo o a prezzo di grandi sacrifici (ad esempio un successo nello studio, nel lavoro o nello sport), ma l’essere orgogliosi perché si hanno i capelli o la pelle di un colore anziché di un altro sfugge alla mia comprensione. È ovvio che se una persona è stata presa di mira per anni potrà a un certo punto avere dei sentimenti di rivalsa e quindi dire di essere “orgogliosa” per quella certa caratteristica per cui veniva presa di mira, ma se vogliamo aiutare queste persone non servirà a niente dir loro che devono essere orgogliose e che hanno addirittura il diritto di chiudere la bocca a chiunque le critichi. Anche perché, se così fosse, dovremmo creare dei pride per tutte quelle categorie che a scuola sono nel mirino dei bulli, come ad esempio i bambini sovrappeso (pochi sanno che il sovrappeso è la prima causa di prese in giro a scuola), quelli con gli occhiali o l’apparecchio ai denti, quelli che balbettano o hanno difetti di pronuncia, quelli con le orecchie a sventola, quelli con un nome o un cognome buffo, quelli stranieri, quelli disabili, quelli che provengono da famiglie disagiate, ecc.
Se davvero vogliamo risolvere il problema del bullismo occorre un cambiamento radicale del sistema educativo, sia scolastico che famigliare. Cambiare il sistema educativo però è difficile, anche perché richiederebbe per prima cosa la messa in discussione del sistema educativo attuale, per cui è molto meglio, e anche più utile, ricorrere a dei palliativi come limitare la libertà di espressione e creare nuove generazioni prive di un qualsivoglia spirito critico.
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15 commenti
Che bella ventata di saggezza! Grazie Emanuela, ora sono stati chiariti molti concetti che sfuggono ai paladini del politicamente corretto e che sono stati espressi anche molto chiaramente.
Una serie di commenti elementari, quindi saggi! Specie quello sull’esser orgogliosi di un qualcosa che ti è stato dato (genetica, perchè affrontare la vera causa dicendo Dio è oggi oggetto di derisione e quindi me ne guardo) e che non ti sei sudato.
“Così come sbandierano ancora il falso dato secondo cui le donne sono pagate meno degli uomini” dove, in Italia? Potrebbe citare la fonte? Io ho trovato questa;
http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/03/03/lavoro-ce-differenza-tra-uomo-e-donna-lo-stipendio-dice-di-si-per-le-donne-109-in-meno/?refresh_ce=1
siamo sicuri?
Sì, è falso. Gli uomini sembrano guadagnare di più solo perché lavorano più ore. Le donne spesso lavorano meno ore e fanno meno straordinari, per poter occuparsi della famiglia, o semplicemente perché non gli va di fare straordinari http://www.forbes.com/sites/karinagness/2016/04/12/dont-buy-into-the-gender-pay-gap-myth/#12a1ad054766 Poi certo, ci si potrebbe chiedere se queste scelte lavorative siano del tutto libere, ma dire che, a parità di mansione, ore lavorative e istruzione una donna viene pagata di meno è falso. D’altronde, se le donne venissero pagate di meno, ai datori di lavoro converrebbe licenziare tutti gli uomini e assumere solo donne.
Grazie per il link si impara sempre qualcosa.
L’articolo che citi pero’ non riporta nuovi dati o rianalizza dei vecchi, niente di nuovo insomma (come viene fatto notare da alcuni nei commenti) , si limita a citare un altro articolo di Slate dove si criticano i risultati ( che concludono ci sia un geneder gap salary ) dicendo “ma i dati potrebbero/could non aver tenuto conto dell’eta’, ore lavorate etc etc”, che vale tanto quanto dire “invece secondo me ne hanno tenuto conto”….e’ un opinione, e va bene cosi’.
Se cerchi gender pay gap la pagina di wiki (che e’ tutto sommato un buon punto di partenza) parla (con dati corretti per le cose citate sopra) di un 5-6%: “The remaining 6% of the gap has been speculated to originate from deficiency in salary negotiating skills and sexual discrimination.[7][8][9][10]” e riporta almeno 4 fonti diverse tra cui l’US dipart. of labor report. IMHO non siamo certo al 20% ma quel 5-6% resta e qui possiamo speculare sul perche’.
sul perche’ non si assumono solo donne non so onestamente….
Premessa : si può criticare senza passare per esponenti del pensiero unico ? Ci provo
1) Mi sembra che accanto a cose di ordinario buon senso tu (Emanuela) abbia affiancato una serie di esempi tra di loro incoerenti.
E’ evidente che ci sono delle esagerazioni nella difesa dei presunti diritti di alcune minoranze, e questo trova tutti d’accordo.
Ma tu parli come se invece fino a 100 o 200 anni fa ci trovassimo in una situazione idilliaca nella quale non esistevano discriminazioni, vessazioni finanche persecuzoni verso minoranze o parti deboli della società. E questo è un presupposo errato,
La domanda che ci si deve fare è se questa nuova iper-sensibilità sia migliore del precedente menefreghismo, ed io sinceramente dico di si, perchè dietro al precedente menefreghismo si sono nascosti autentici drammi personali , violenze psicologiche e fisiche fino a crimini inauditi (gli omosessuali erano nei campi di concentramento con la stella rosa appuntata al petto).
Quindi riportiamo la chiesa al centro del villaggio : ci sono minoranze discriminate ? se si, come possono difendersi ? e come si può evitare che esagerino nella propria difesa, senza che questa difesa sia impedita? Cè un modo meno grottesco e caricaturale di descrivere questa realtà senza rischiare, come secondo me stai facendo tu, di eccedere dalla parte opposta ?
2) Per quanto attiene al femminicidio, argomento che dovrebbe esserti abbastanza caro, resto abbastanza basito da come alcuni siti stiano provando a leggere i dati su questo argomento, e come tu lo abbia banalizzato.
Il femminicidio è solo la punta dell’iceberg, un limite estremo che viene raggiunto perchè ancora vi è una concezione di possesso maschio su donna.
Ti allego l’inizio dell’articolo dell’ ISTAT sull’argomento, ed il link allo stesso perchè tu possa ricrederti sulla tua valutazione forse non completamente informata :
La violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso. 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri
Questo è il link :
http://www.istat.it/it/archivio/161716
Se tu ritieni che al contrario vi siano 652mila maschi che hanno subito stupri da parte di donne, o 746mia maschi che hanno subito un tentativo di stupro, puoi anche dichiararlo, ma ti posso assicurare che tra tutti i miei amici maschi nessuno ha mai subito una violenza da una donna, mentre conosco personalmente donne che hanno subito tentativi in questo senso. E credo che se chiedi a qualche tua amica se lei o qualche sua amica hanno subito delle molestie di tutti i tipi, forse potrai farti una idea più completa e meno paritaria delle forme di violenza fisica uomo/donna (oltre a leggere il link sulle statistiche ISTAT).
E non dare retta a chi ti dice che gli omocidi verso gli uomini sono maggiori di quelli verso le donne, perchè negli omicidi degli uomini vengono conteggiati anche quelli nel corso di rapine, conflitti a fuoco, etc etc , attività tipicamente a prevalenza maschile.
Perdonami il tono irruento, ma non riesco, come gli altri, a restare troppo seduto quando si cerca di fa passare le vittime da carnefici, perchè magari si permettono di alzare troppo la voce. Salve 🙂
Le domande che pone ad Emanuela sono tante e vedremo che risposte darà la diretta interessata, ma sulla prima parte del commento potrei fare un’osservazione e dei suggerimenti.
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“Ma tu parli come se invece fino a 100 o 200 anni fa ci trovassimo in una situazione idilliaca ”
NO, Emanuela dice l’esatto opposto:
“Quello che secondo me a molti sfugge è che l’evoluzione umana procede a tappe, per cui è inutile odiare o prendersela con quelli che “si sono evoluti” prima di noi.” In sostanza, il concetto è che non ha senso tornare indietro di almeno un secolo e dire “la seguente categoria era discriminata” perché magari non esisteva nemmeno il nome per quella categoria e se esisteva, le relative discriminazioni erano inserite in un contesto più ampio in cui c’era una categoria ancora più grande privata dei suoi diritti. È un anacronismo dire che le donne erano discriminate sul posto di lavoro in un’epoca in cui non esistevano diritti sindacali, è ridicolo.
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“La domanda che ci si deve fare è se questa nuova iper-sensibilità sia migliore del precedente menefreghismo”
Secondo me, è solo diversa, né peggiore né migliore, forse il vero guaio è che è più subdola. Da un lato, siamo passati dal “In questo negozio gli ebrei non possono entrare” a “In questo negozio il negoziante FA ENTRARE tutti”, con tanto di foto politicamente corretta e prova cartacea della bontà del negoziante…ipocrita. Inoltre l’aspetto subdolo sta che se ogni male viene attribuito al fatto di far parte di una minoranza perseguitata, il “perseguitato” non avrà mai una visione d’insieme e se la prenderà con gli altri concorrenti al mercato delle persecuzioni. È un divide et impera in cui nessuno risolve il male dell’altro.
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“ci sono minoranze discriminate ? se si, come possono difendersi ? e come si può evitare che esagerino nella propria difesa, senza che questa difesa sia impedita? C’è un modo meno grottesco e caricaturale di descrivere questa realtà senza rischiare, come secondo me stai facendo tu, di eccedere dalla parte opposta ?”
Una possibile risposta comune a queste domande è il difendere i veri perseguitati ponendo la questione su una “scala maggiore”, non “inferiore”: quello discriminato per i capelli rossi ha già tutti gli strumenti legislativi per difendersi, così come, ovviamente, esiste già il reato di omicidio ed è inutile parlare di “femminicidio”. In sintesi bisogna andare in direzione opposta al “divide et impera”. In ultimo, bisogna accettare la libertà di espressione senza trasformare ogni “palco” in un parlamento con tutti i rappresentanti possibili: non posso metterci il “nero” in un film ambientato nella mitologia nordica solo per rispettare le minoranze.
HTAGLIATO:
In questo caso andrebbero eliminate tutte le aggravanti già oggi esistenti nel decreto 26 aprile 1993, n. 122, coordinato con la legge di conversione 25 giugno 1993, n. 205, recante: “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, che prevede delle aggravanti in questi casi specifici.
Se il reato di omicidio prevedesse già tutte le casistiche non ci sarebbe stato bisogno di questa legge che specificava alcune fattispecie aggravanti. Come vedi tra le altre c’è anche quella religiosa, a protezione dei credenti (anche cattolici quindi) .
Evidentemente i soli reati semplici non descrivono un sistema complesso, ed il reato contro le donne fa parte di un sistema ritenuto complesso, dove il legislatore sta valutando se assumere delle specificità o meno. Si può essere d’accordo o meno, ma per altre realtà , come descritto nella legge, è prevista questa specificità.
Per essere precisi, poi, la famosa legge contro l’omofobia altro non era che l’aggiunta delle parole “orientamento sessuale” a questa legge, facendola diventare per “motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o di orientamento sessuale”.
Allego il link per una maggiore conoscenza giuridica condivisa.
http://presidenza.governo.it/USRI/confessioni/norme/dl_122_1993.pdf
E comunque, Htagliato, per finire, non c’è proprio paragone tra le discriminazioni di un tempo (e non parlo solo di donne) che portavano spesso a violenze e delitti e qualche volta a omicidi , persino di massa , e le esagerazioni di oggi in termini iper-garantiste, che al limite ti impediscono di dire a uno col turbante che è ridicolo.
Paragonarle non fa giustizia di chi ne è stato vittima, e , consentimi, non fa davvero onore a tanti di voi qui che con intelligenza e cultura cercate di fare discorsi approfonditi.
La critica alla società attuale non deve mai prescindere da una valutazione oggettiva della società passata valutando anche i progressi che nel frattempo si sono fatti, che in tanti campi sono indubitabili. Tra tutti un aumento del rispetto reciproco dove una volta c’era prevalentemente l’imposizione del più forte.
E’ una strada lunga, ma mi sembra strano , in un mondo ancora pieno di discriminazioni reali di tutti i tipi, concentrarsi sulle deviazioni garantiste piuttosto che sulla eliminazione progressiva di quanto ancora resta di discriminante. Puliamo casa nostra, e poi possiamo criticare la pulizia della casa altrui. 🙂
[Mi sono accorto solo ora della seconda parte della sua risposta]
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Attenzione, il paragone non è tra le discriminazioni del passato e le deviazioni garantiste di oggi, perché è ovvio che il radical chic che storce il naso se sente “negro” è comunque migliore del razzista che tira un pugno al negro; ma non è questo il punto!
Il paragone è sul modo in cui sono cambiate le battaglie sociali. Alla fine dei conti, perché in passato il discriminatore era il bianco, cristiano e padre di famiglia? Perché era più ricco del nero e dello straniero! Per spiegarmi, se io fossi un comunista, lo sarei di un comunismo (probabilmente mai esistito) idealista di altri tempi, non il 3.0 di oggi, che ormai non usa più le parole “lotta di classe”. Alla fine la sola discriminazione è tra ricchi e poveri, ma se il campo di battaglia è sulle mille mila minoranze che nascono di continuo, i vari “-pride”, abbiamo solo una guerra tra poveri. SPOSTARE L’ATTENZIONE, questo è il pericolo del conformismo di oggi; una volta spostata l’attenzione, faremo battaglie per le “ultime discriminazione rimaste”, come se tolte quelle non ci fosse più “l’imposizione del più forte”. In realtà stiamo perdendo di vista CHI SIA il più forte.
Il concetto di “aggravante” e il suo scopo andrebbe chiarito con l’approfondimento di chi ha studiato Giurisprudenza, ma non era quello l’oggetto di discussione, l’articolo di Emanuela era più “sociologico”. Per me, moralmente, è scandaloso qualunque omicidio, non saprei immaginare, se non si parla di legittima difesa, un omicidio più grave di un altro.
Ricordo poi che la legge contro l’omofobia non consisteva solo nell’aggiunta di quelle due parole, in un paese come l’Italia che non risulta tra i più omofobi in Europa.
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Aldilà delle questioni legali, mi interessavano gli altri aspetti più culturali della questione a cui non ha risposto, ma forse sarà meglio aspettare Emanuela.
Aspettando l’intervento di Emanuela (ma lo farà ??) dico che certamente dal punto di vista sociologico la questione è molto interessante, sopratutto per i meccanismi sociali e psicologici che si innescano.
Mi sembra però che Emanuala abbia teso a dimostrare come queste forme di protesta organizzata delle vittime sia fin dall’inizio organizzata per sfociare nel vittimismo e quindi per ottenere ben di più di quanto giusto, e che spesso siano organizzate proprio per utilizzare una minoranza per destabilizzare una maggioranza.
Io contesto alla base questa affermazione.
Il tema è molto più complesso e i diritti delle persone a non essere discriminati per mille ragioni non sono riducibili sempre a capricci o a complotti esterni.
La storia è maestra di vita, e a me sembra che siamo talmente abituati ai nostri diritti , anche di espressione , da non ricordarci quando erano negati , e quando anche gente comune come noi faceva parte di una qualche forma di minoranza o maggioranza discriminata, che fosse per censo per reddito per nascita o per aspetto.
Ti ricordo quella straordinaria frase attribuita al pastore Martin Niemöller , che diceva : “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”.
Condivido quanto scritto da htagliato.
Aggiungo:
1) Dove hai letto che secondo me in passato c’era una situazione idilliaca? Non l’ho scritto da nessuna parte e non lo penso. Solo un ignorante patentato potrebbe pensare una cosa del genere. È ovvio che la coscienza dell’uomo si è evoluta, ma le esagerazioni di oggi non sono solo ipergarantiste, come dici. Rileggiti la prima parte dell’articolo e tutto quello che sta succedendo nelle scuole e nelle università negli USA. A te tutto quello va bene? Ti va bene che le persone finiscano in galera solo perché esprimono opinioni “politicamente scorrette”? E che vengano arrestati anche i loro avvocati? Che le persone vengano licenziate o costrette a dimettersi a causa delle loro idee? Che la gente non possa essere libera di dire quello che vuole sennò viene scambiata per xenofoba, omofoba, maschilista o antisemita? Perché da come parli dai l’idea che a te tutto questo piaccia e vada bene. Leggi quei libri che ho citato nella prima parte dell’articolo e poi ne riparliamo.
2) Riguardo il femminicidio, non ho mai scritto che le violenze contro le donne non esistono. Il termine femminicidio, però, è stato coniato per indicare gli omicidi di donne da parte di partner o ex partner, e sebbene queste cose, purtroppo, succedano, non succedono a livelli di emergenza nazionale. Il “femminicidio” non è la prima causa di morte tra le donne, come ci viene detto. Consiglio la lettura del libro “Uomini vittime di donne” di Glenda Mancini, laureata in Scienze dell’investigazione a L’Aquila. Magari di uomini stuprati non ce ne sono, ma ti assicuro che anche loro sono vittime della violenza femminile, sia fisica che psicologica, solo che parlarne non fa figo, così come non fa figo cercare di capire perché in tutti i paesi del mondo sono gli uomini quelli che suicidano di più. E riguardo le aggravanti del reato di omicidio, secondo me sono ridicole e andrebbero eliminate tutte. Uccidere un uomo è già abbastanza grave di per sé e non c’è bisogno di aggiungere delle aggravanti che servono solo per creare vittime di serie A e di serie B.
3) Non so se tutti questi gruppi siano organizzati per sfociare nel vittimismo. Forse quelli piccoli no, ma ad esempio, vedendo i finanziamenti dati da Soros alle associazioni LGBT, mi viene il sospetto che quelli grandi sì. In ogni caso, gira e rigira ci arrivano lo stesso, perché ormai il vittimismo fa parte dell’educazione delle persone, fin dalle scuole elementari. Magari qui in Italia è ancora poco evidente, ma negli USA va avanti da decenni per cui è ovvio che alla fine tutto venga giocato sul vittimismo e sul divide et impera. È da qui che viene la cosiddetta “generazione fiocco di neve”.
4) Come risolvere il problema? Per rispondere a questa domanda ci vorrebbe un libro intero, non un articolo, ed è per questo che non ne ho parlato. D’altronde questo era solo un articolo sulla formazione dei gruppi. Dirò soltanto che l’unica soluzione a buona parte dei problemi della società non è creare gruppi identitari che instaurino stati di polizia e odino i propri simili, ma un radicale cambiamento del sistema educativo, sia scolastico che famigliare. Solo così potremo imparare a rispettare noi stessi, gli altri e il mondo che ci ospita.
5) E infine, per piacere, non rivolgerti a me con quel tono paternalistico come se fossi una povera ingenua nata ieri, senza un minimo di discernimento e che non sa distinguere il vero dal falso. Se ho scritto certe cose è perché mi sono informata, e non perché sono caduta vittima del primo bufalaro di internet.
Salve
Parto dal punto numero 5, e mi scuso se ho dato questa impressione, non era nelle mie intenzioni. Nessuno dice che non ti sei informata, ma secondo me hai utilizzato le tue informazioni per confermare un giudizio che avevi già formato, più che per formarti un giudizio. Ma questa ovviamente è il mio parere.
Punto 1 – La situazione Americana non è quella mondiale. Se li ci sono deviazioni di questo tipo, non così si può dire per la situazione che coinvolge i restanti 7 miliardi e mezzo di esseri umani. Gli Stati Uniti fanno eccezione su tanti argomenti, non certamente solo per questo. In Europa non capita che se la polizia ti ferma devi stare attento a come tiri fuori la patente, perchè se fai un gesto sbagliato c’è il rischio che ti sparino.
Ed in ogni caso quando le vittime diventano carnefici, anche esse vanno stigmatizzate e combattute, questo è ovvio. La giustizia non è di questo mondo, e ricordati l’attenzione alle minoranze è una cosa assolutamente recente per l’uomo ed è comparsa forse negli ultimi 100 anni, dopo 10.000 anni di vittoria del più forte sul più debole.
Non si può pretendere che antropologicamente ci si assesti così rapidamente. Su tante cose moderne siamo ancora alla ricerca del giusto equilibrio rispetto a possibilità e sensibilità mai prima sperimentate nella storia.
Punto 2 – Come dicevo prima il femminicidio è solo l’effetto perverso finale di un atteggiamento ancora oggi reale di imposizione dell’uomo sulla donna, ed ho allegato le statistiche. Le violenze delle donne sugli uomini ci sono , ma non fanno parte di una cultura di possesso, come invece avviene per alcune di quelle degli uomini sulle donne. Sul punto delle aggravanti non siamo affatto d’accordo, perchè l’omicidio per ragioni di razza , religione etc etc è ben più grave di un omicidio per altri motivi, anche futili ma personali.
Non più di 70 anni fa siamo usciti dalla più rovinosa guerra della storia, dove l’omicidio per razza era considerato un passatempo onorevole. Occorre stroncare sul nascere ogni idea che queste cause possano essere equiparate alle normali cause personali, perchè la storia si ripete con preoccupante facilità se viene dimenticata.
Punto 3 – Gira e rigira l’unica minoranza vittimista che si nomina è sempre quella LGBT, sicchè c’è il sospetto che buona parte del tuo articolo parta da un aspetto generale ma in realtà è tesa a colpire , prevalentemente il comportamento di alcune minoranze, guarda caso quelle che ideologicamente ti sono forse più “antipatiche” (femminismo, LGBT).
Punto 4 – l’espressione “gruppi identitari che instaurano stati di polizia”, mi sembra assolutamente esagerata rispetto alla situazione reale. Vi sono gruppi identitari e vi è una maggiore sensibilità complessiva rispetto alle minoranze, con qualche seria esagerazione che va eliminata. Ma da quando è nato il mondo sono state sempre le vittime che prima di tutto si sono dovute organizzare per contrastare le discriminazioni e per aumentare la sensibilità di tutta la società rispetto ai propri problemi. Se stavano ad aspettare che i carnefici si auto-sensibilizzassero stavano freschi.
L’educazione viene dopo , quando ormai un concetto è diventato patrimonio comune di tutti.
E sai bene che su alcuni argomenti, dal punto di vista educativo, vi sono teorie completamente contrapposte e non condivise (guarda il tema del genere). Quello che per alcuni è educazione , per altri è invasione nella libertà delle famiglie di educare in modo diverso. Alla fine l’educazione è fatta di fatti concreti, non è teoria.
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