Distribuzione della ricchezza
Il povero è l’ombra del ricco.
III / III
Concludiamo qui la valutazione critica degli strumenti più popolari per studiare la distribuzione della ricchezza e per valutare la diseguaglianza: la curva di Lorenz e l’indice di Gini. Abbiamo già mostrato nelle parti I e II la stabilità della forma delle curve empiriche di Lorenz relative a due grandezze diverse (reddito / ricchezza), in due nazioni diverse (UK / IT), con disuguaglianze di distribuzione assai diverse: indice G da 0.35 e 0.60, essendo G = 0 e G = 1 i suoi limiti matematici.
Le curve empiriche di Lorenz, fig. 1, sono qui confermate descrivibili con:
Y(X) = [ X^N + 1 – (1-X) ^(1/N) ] / 2 (1)
L’associazione biunivoca di un parametro ad ogni curva di Lorenz permette considerazioni molto generali. L’obiezione alla identificazione di una specifica curva di Lorenz dato il suo indice di Gini, è ovvia: ogni altra curva ottenuta con alterazioni simmetriche di pari area produce una curva diversa con identico indice G, come nell’esempio di fig. 1, variante rossa.
Fig. 1 Alterazione di una curva di Lorenz. Indice G immutato.
La questione si pone quindi in questi termini:
- se larghe deviazioni a G immutato fossero possibili, allora l’indice di Gini avrebbe ben poco senso, eccetto quello si misurare l’area A, mentre:
- se tali variazioni non sono possibili matematicamente, o non si osservano in natura, allora l’indice di Gini contiene la stessa informazione della curva di Lorenz
Ora portiamo argomenti generali a sostegno della tesi II già sostenuta in base ad esempi..
Primo argomento: Vincoli matematici.
Le curve empiriche di Lorenz oltre ad essere sempre crescenti, hanno anche una pendenza sempre crescente. Questo fatto non è accidentale, ma dovuto alla loro stessa definizione.
Un punto (X, Y) sulla curva di Lorenz ha coordinate che si incrementano come segue, ogni volta che si aggiunge una fascia di reddito adiacente alle precedenti:
DX = Nf / Ntot
DY = Rf / Rtot dove:
Ntot = numero totale di persone
Rtot = reddito totale
Rf = reddito complessivo nella fascia
Nf = numero di persone nella fascia di reddito
Per definizione di media:
Rmf = Rf / Nf = reddito medio nella fascia
Consegue che la pendenza è:
DY / DX = (Rf / Rtot) / (Nf / Ntot) = Rmf / Rmt dove:
Rmt = Rtot / Ntot = reddito medio di tutta la popolazione
I redditi medi di fascia, Rmf, sono crescenti per costruzione (dal povero al ricco).
La pendenza DY/DX, proporzionale a Rmf, quindi è sempre crescente.
La curva di Lorenz Y(X) è quindi soggetta a molti vincoli:
- Ha estremi fissi: Y(0) = 0; Y(1) = 1.
- E’ sempre crescente: DY/DX > 0
- La sua pendenza è sempre crescente
La terza proprietà non è evidente negli istogrammi dei redditi ma è matematicamente dovuta. Le curve di Lorenz non possono avere stranezze come la linea rossa in fig. 1, od anche soltanto tratti di pendenza minore della precedente. Questo limita a priori le forme possibili. Ciò che si osserva “in natura” è poi limitato anche dalla “fisica” del sistema, nonostante le bizzarrie umane.
Fig. 2. Curva di Lorenz. Italia. G = 0.6 circa. Fig. 3 Istogramma corrispondente a fig. 2.
Il modello interpola come può i dati empirici, curva rossa in fig. 2. Difficile dire quanto degli scostamenti si debba addebitare al modello e quanto alla rozzezza dei dati di partenza.
Il valore G calcolato dalle aree dei trapezi sotto la spezzata è 0.59, che arrotonderemo a 0.60.
Il parametro N del modello idealmente sarebbe: N = (1 + G) / (1 – G) = 3,91.
Arrotondiamo a N = 4 cui corrisponderebbe idealmente G = (N – 1) / (N + 1) = 0.60.
L’istogramma corrispondente a fig. 2, è molto rozzo, ma non palesemente falso, fig. 3.
Ora alteriamo volutamente la curva di Lorenz, fig. 4. La curva Y(X) è ancora crescente, ma la sua pendenza non è più sempre crescente. L’istogramma, fig. 5, evidenzia l’errore.
Fig. 4 Curva di Lorenz alterata
Fig. 5 Istogramma (palesemente falso) corrispondente a fig. 4.
Secondo argomento: Distribuzioni di Pareto
Il modello riesce ad adattarsi alle curve di Lorenz derivate da ricchezze distribuite secondo Pareto:
P(x) = 1 / x^α = Probabilità di superare x dove: x = reddito / reddito minimo (2)
Per α crescente la ricchezza si concentra attorno al minimo, x = 1. Le corrispondenti curve di Lorenz sono sempre più vicine alla diagonale e l’indice G diminuisce tendendo a zero.
Valori α < 1 non danno curve di Lorenz con valori G superiori a 0.375, tab. 1, e non ci interessano.
Le curve di Lorenz empiriche hanno valori G compresi tra 0.15 e 0.65.
Il modello (1) è quindi in buon accordo con distribuzioni paretiane (2) con α ≥ 1, fig. 6-7.
Tab. 1 Indice di Gini per distribuzioni paretiane con parametro α (alfa).
Fig. 6-7 Curve di Lorenz α =1 e 3. Curva continua = Pareto. Curva tratteggiata = modello (1)
Terzo argomento: Distribuzioni di forma varia
Abbiamo provato il modello (1) prima con alcune curve di Lorenz empiriche, poi con quelle derivate analiticamente dalla distribuzione di Pareto. Proviamo ora il modello partendo da densità di probabilità di redditi con aspetti diversi eq. 3, fig. 8 . Il parametro è l’esponente E:
p(£; E) = £^E * exp(- £) / E! (3)
Notiamo significative differenze qualitative al variare del parametro E:
- Con E=0 si ha una semplice esponenziale. La moda è nell’origine, p(0; 0) = 1. Significa che vi è un gran numero di nullatenenti.
- Per E>0 le curve partono tutte dall’origine, p(0; E) = 0. Il modo di partire però è diverso:
- Per E = 1 la densità p(£; E) cresce subito linearmente
- Per E ≥ 2 la densità tende a staccarsi dall’asse orizzontale sempre più lentamente
- Le curve hanno un massimo che si sposta verso destra: la “moda” è uguale ad E.
- Il massimo, p(E; E), si abbassa sempre di più con E, mentre la curva si allarga.
- Tutte le curve hanno una lunga coda: nessun limite alla ricchezza di pochi ricchissimi.
Fig. 8 Densità di probabilità p(£)
Data la densità di probabilità p(£;E) si calcola la distribuzione della ricchezza:
P(£, E) = ∫ p(£, E) d£ integrale esteso da 0 a £ (4)
Eseguendo i calcoli si trovano le distribuzioni di fig. 9:
P(£, E) = 1 – (1+£ + £^2 / 2! + … + £^E / E!) / exp(£) (5)
Nella curva di Lorenz l’ascissa X è la frazione di popolazione con reddito minore o uguale ad £, che abbiamo appena calcolato:
X = P(£; E) (6)
La frazione di reddito Y posseduta dalla frazione X di popolazione è la somma dei redditi da 0 a £:
Gli integrali (7) sono formalmente identici agli integrali (5) con parametro E+1 al posto di E.
Y = ∫ £ p(£, E) d£ = ∫ p(£, E+1) d£ = P(£; E+1) integrale esteso da 0 a £ (7)
Fig. 9 Probabilità di redditi minori od uguali a £
Non abbiamo bisogno di altro per tracciare le curve di Lorenz ottenute da assunzioni sulla densità dei redditi (3). Anche esse sono descrivibili col modello proposto (1), fig. 10.
Fig. 10 Curve di Lorenz (tratto continuo) e modello eq. 1 (curve punteggiate).
Nota. Un filo pesante, teso tra due punti (0; 0) e (1; 1), spancia tanto meno quanto più è teso, ma teso troppo si spezza. Prima di spezzarsi si allungherà cercando di ridurre la tensione. Il filo pesante si dispone a coseno iperbolico, una curva che Galileo credette erroneamente una parabola.
Le curve di Lorenz spanciano rispetto alla diagonale a modo loro. Ne abbiamo dato soltanto una descrizione empirica (1). Possiamo “tirare il filo”, nel modello sarà N → ∞ e risulterà G → 0. Ci avvicineremo alla perfetta uguaglianza, da molti creduta non solo equa, ma anche ottima per la società intera. Questo non è vero, salvo assunzioni irrealistiche, come è già stato mostrato nella parte I. Non è ragionevole pensare che ogni desiderio sia sempre realizzabile e che tutto ciò che facciamo implichi solo conseguenze piacevoli. L’evidenza storica mostra il contrario. Pareto notava che ogni legge nuova, nel migliore dei casi, tende a correggere difetti ed ingiustizie. Ma il difetto di oggi è la conseguenza non voluta di una legge voluta ieri. Che a sua volta, nel migliore dei casi, intendeva correggere difetti ed ingiustizie …
Conclusione
La curva di Lorenz è sempre crescente con pendenza sempre crescente, eccetto che per G = 0.
La perdita di informazione passando dalla curva di Lorenz al solo parametro G è piccola.
Ogni valore dell’indice di Gini identifica ragionevolmente una singola curva di Lorenz.
Dalla curva di Lorenz si possono derivare tanti altri indici di diseguaglianza. Ad esempio:
J = (ricchezza della frazione D più ricca) / (ricchezza della frazione D più povera)
Riducedo D, per esempio da un decile a un centile l’indice J cresce necessariamente.
I vari parametri G, J, N e la curva di Lorenz Y(X) sono in corrispondenza biunivoca.
.
.
.
8 commenti
“Ogni valore dell’indice di Gini identifica ragionevolmente una singola curva di Lorenz”: piuttosto che l’avverbio ragionevolmente, io userei, Luigi, l’avverbio praticamente. Infatti, dal punto di vista matematico, ci sono infinite curve (monotone) diverse con lo stesso G, tra cui tutti i polinomi (di ogni grado) a coefficienti positivi che soddisfano le condizioni P(0) = 0, P(1) = 1. La cardinalità di queste curve è superiore a quella del continuo.
Poi però, se si va sul “pratico”, risulterà che qualsiasi di queste infinite curve è approssimabile con quella empirica appartenente alla famiglia descritta dall’equazione (1) e avente lo stesso G.
Mi fa grande piacere una lettura attenta, così imparo qualche cosa e (forse) imparerò anche a stare più attento alle parole. Nulla in contrario per “praticamente”. Con “ragionevolmente” intendevo che l’errore medio può essere nullo e che l’errore quadratico medio non è poi eccessivo. Insomma, e che poi alcune considerazioni generali si possono trarre dal modello, mentre rimangono nascoste nelle tabelle dei dati empirici. Nessun dubbio sulla “numerosità” (in termini tecnici sulla cardinalità) delle curve col medesimo G. Quanto a “tutti i polinomi (di ogni grado) a coefficienti positivi” specificherei che sono monotoni crescenti e con pendenza crescente nell’intervallo che interessa. Il modello proposto non ha grandi pretese e non ha “padri nobili”. Ma aiuta a capire ciò che tanto urta la sensibilità: il rapporto stridente tra gli eccessi di ricchezza e di povertà. Se la torta intera, è divisa in parti uguali, allora la frazione X di popolazione si mangia l’identica frazione Y = X. Siamo sulla diagonale ed abbiamo G = 0. Poniamo ora che uno solo abbia, a torto o a ragione, una briciola più degli altri, che sono tanti. Accumulerà una grandissima ricchezza. Graficamente: se si parte con pendenza anche poco minore di 1, e si prosegue così a lungo, deve per forza esserci alla fine una pendenza molto maggiore di 1. Questo intendevo segnalare come sgradevole ma inevitabile conclusione generale. Unica eccezione G = 0. Peccato che non sia realistica. Ci pensavo visitando l’Abbazia di Morimondo. La bonifica delle terre non sarebbe avvenuta se l’Abbazia non fosse stata una forte “multinazionale”. Si scambiavano tecnologia agricola innovative.
Ben venga il praticamente! Intendevo dire che la differenza tra modello e valore empirico può avere valore medio nullo e valore quadratico medio “ragionevolmente” piccolo. Il modello non ha padri nobili ed è già tanto chiamarlo euristico, ma aiuta a trarre qualche conclusione generale altrimenti destinata a rimanere nascosta nelle tabelle dei dati empirici. Nulla da dire sulla cardinalità delle infinite curve a pari G. Quanto alla monotonicità mi piace sottolineare che Y(X) non è soltanto crescente ma ha anche derivata crescente. Anche tutti i polinomi a coefficienti positivi lo sono, per x positivo. Non credo invece che il modello possa interpolare bene tutte queste curve, ma solo quelle con la particolare simmetria che caratterizza le curve di Lorenz. Simmetria che (io credo) non deriva soltanto da questioni matematiche. Una delle conclusione generali è che grandi disuguaglianze sono inevitabili anche con G comunque piccolo (ma non nullo). Se si divide la torta in parti esattamente uguali (G = 0) e poi a torto o a ragione uno solo ottiene o si prede un parte piccola da tutti, che sono tanti, G rimane piccolo, ma lui si trova un piatto assai ricco. Graficamente: se si parte da (0;0) con pendenza minore di 1 e la si mantiene quasi fino alla fine, occorre poi una impennata per arrivare a (1;1). L’unico modo per non avere elevato rapporto tra il più ricco ed il più povero è l’impossibile uguaglianza perfetta. A questo pensavo visitando l’Abbazia di Morimondo. Bellissima, solida, da secoli. Scambiavano tecnologia agricola con Morimond. La bonifica delle terre milanesi si deve ai monaci. Grandi lavoratori, e non possedevano personalmente nulla. Ma i contadini fuori erano poveri in modo diverso.
Ottimi articoli ing. Mojoli. Una sola osservazione; lei scrive “…prima di spezzarsi si allungherà cercando di ridurre la tensione”. Non so se é esatto dire che la tensione si riduce… almeno pensando all’analogia che mi pare voglia introdurre con le dinamiche sforzo-deformazione tipiche della scienza delle costruzioni.
Per prima cosa grazie per l’attenzione di cui mi onora. Lei mi ricorda che devo stare molto attento con le parole. In effetti, usciti dalla linearità e dal campo elastico, la forza aumenta ancora verso allungamento, ma sempre meno, raggiunge il massimo, poi diminuisce, infine si ha la rottura. Possiamo dire che a quel punto la forza si azzera addirittura. Forse avrei fatto meglio a citare il coefficiente di portanza Cp di un profilo alare. Cp prima cresce linearmente verso angolo di incidenza, poi sempre meno fino al massimo e poi crolla. E’ lo stallo. Manca sostentamento, ma si salva la struttura, limitando il carico sopportato dall’ala. Lei mi porta indietro di oltre mezzo secolo, quando studiavo Scienza delle Costruzioni. Il testo era di un precedente professore (Locatelli ?) che moraleggiava paragonando un vincolo che si deforma plasticamente scaricando su altri lo sforzo a chi si sottrae al suo dovere, aumentando il carico altrui. Il prof. Grandori, che tenne il corso e mi fece l’esame, invece ribaltava la questione così: quando un carico su un elemento è eccessivo, invece di spezzarsi redistribuisce meglio lo sforzo cedendo un poco. Pensai che sarebbe meglio evitare commistioni moralistiche nel far di conto. Benvenuto il suo richiamo.
La facilità con cui passa dall’elettronica alla scienza delle costruzioni e da questa alle analisi con funzioni di distribuzione di probabilità per arrivare alla fluidodinamica denota un rigore per il dettaglio, una preparazione generalista e un amore per la conoscenza tecnica che difficilmente si trovano “contemporaneamente” nelle ultime generazioni di ingegneri (intendo ingegneri specializzati come elettronici, strutturisti, ambientali o altro…). Di nuovo complementi per gli ultimi 3 articoli.
Caro Beppino, la divisione del lavoro ha le sue esigenze, ormai tiranniche. Il guaio è che i tiranni non sono mai tanto intelligenti da fermarsi in tempo. Con vergogna propongo di leggere una nota in calce a pag. 200 di “Analisi per Adulti”.
Vorrei fare una piccola osservazione. Nei primi due post si fa riferimento all’inutilità della suddivisione di una grande ricchezza tra più persone perché questo non si trasformerebbe in investimenti. Non mi sembra corretto. Infatti prendendo l’esempio del patrimonio della multinazionale Ferrero si dice: “Se dividessimo in parti uguali il patrimonio Ferrero, a ciascuno di noi spetterebbero 377euro. Questa tredicesima dei poveri svanirebbe nel giro di un mese.” Contesto questa affermazione perché è come dire che i soldi evaporerebbero o meglio sublimerebbero. In realtà come gli economisti sanno, i soldi semplicemente avrebbero destinazioni (investimenti) diverse da quelle che potrebbe decidere la famiglia Ferrero, ma finirebbero comunque in un circuito economico, generando altri investimenti. Supponiamo che ciascuno dei destinatari usi il 50 % di quanto ricevuto semplicemente per acquistare cibo, l’industria alimentare vedrebbe arrivare la bellezza di circa 11 miliardi di euro che potrebbero essere utilizzati per investimenti industriali almeno per una parte di tale somma. Le tredicesime dei poveri, come detto con tono un po’ snob, sono fondamentali per mantenere in vita l’economia.