L’illuminato Apollo nella fucina di Vulcano (Diego Velásquez, 1630)
La natura dei condizionatori
di Giorgio Masiero
Perché lo stato è sempre più invasivo di ogni sfera personale e comunitaria
“Il supporto ai diritti dei gay è maggiore nelle classi a più elevata istruzione e a maggior reddito”, si leggeva in un sondaggio di qualche settimana fa, durante la discussione del progetto di legge Cirinnà. Lo stesso era accaduto in passato, in occasione del dibattito in parlamento di leggi che andavano a superare altri costumi antichi: come si spiega che la gente più istruita e ricca tende ad avere vedute morali più lasse? Chiamatemi tonto, ma solo recentemente ho compreso la causa, che è anche, guarda caso, la radice dell’inarrestabile espansione delle funzioni statali in Occidente, quale che sia l’ideologia politica momentaneamente al governo. La ragione ha a che fare con la natura, specificatamente col rovesciamento concettuale apportato nell’età moderna da Cartesio e corroborato dai successi della tecnica.
Per miliardi di anni la natura fu “lo spazio infinito abissale” (Pascal), perimetro e orizzonte di tutte le creature ineludibilmente soggette alle sue leggi (la necessità). La specie più ingegnosa aveva iniziato da subito a dotarsi di mezzi come il fuoco, l’aratro o la vela per catturarne i tesori sepolti, procurarsene i frutti terrestri e sfruttarne gli elementi aerei, ma sopra ogni ingegno umano la natura regnava onnipotente, madre e matrigna. Parmenide insegnava: “Conoscerai come la necessità guidando la volta celeste costringe gli astri a tenere i confini” e lo stesso Prometeo, che aveva donato agli uomini la tecnica rendendoli simili agli dei, proclamava sconsolato: “La tecnica è di gran lunga più debole della natura” (Eschilo).
L’etimo è il verbo latino nascor, nasco: la natura è qualcosa che rinasce per generazione continua e si sviluppa, essendo mortale negli individui ed immortale nelle specie. Il corrispondente greco è phyein, generare, da cui physis, natura, da cui fisica, le cose naturali. Nel libro Fisica, Aristotele descrive la natura come forma attualizzata della materia. La forma unificante, insieme alla materia sottostante, è la sorgente interna da cui nascono le attività naturali: le trasformazioni, le azioni e le reazioni di ogni singolo ente. Nel pensiero classico insomma, la natura-materia, che sia minerale, animale o umana, è sempre congiunta alla natura-forma, perché la materia è un concetto che si attualizza solo in relazione ad una forma particolare, l’attività immanente e teleologica che realizza l’individuo. È il monismo organico.
Questa concezione ha percorso tutta la storia del pensiero occidentale fino a quando uno degli inventori della scienza moderna, Cartesio, introdusse il dualismo riducendo la natura a materia inerte. Inerte non vuol dire statica, ma di per sé a riposo, priva di un’autonoma attività, che può venirle solo dall’esterno. Per Cartesio, la natura è res extensa nello spazio e nel tempo, è il mondo della quantità per contrasto col mondo della qualità; dell’inerzia, per contrasto alla res cogitans che è attiva e dà attività; di ciò che non conosce valore, per contrasto a ciò che ha e percepisce valore; delle cause efficienti per contrasto alle cause finali. Con la tecnica poi, che della nuova scienza è il frutto più prezioso, dominiamo la natura per la nostra convenienza: ne ignoriamo le cause finali (se le ha) e la trattiamo solo in termini di quantità (“analitici”, riduzionistici). Una miniera di commodity, come alla borsa di Chicago si sogna. Nella visione cartesiana comunque, l’intelletto umano (innaturale, in quanto soprannaturalmente separato dalla materia) aveva ancora un ruolo, quello di guidare il corpo a vincere i suoi istinti, così come l’intelletto divino guidava l’attività nella materia inerte per mezzo delle leggi fisiche.
Ai nostri giorni, dal dualismo cartesiano è stata espunto un termine, la res cogitans: come risultato, i contemporanei convivono con un monismo, che non è quello classico, organico e teleologico, ma puramente caotico. È il monismo materialistico. Poiché la tecno-scienza nulla può dire per metodo sulla presenza o assenza di fini in natura e, dall’altra parte, per risultato dà col dominio l’illusione di una conoscenza completa della realtà, il suo silenzio teleologico è interpretato come inesistenza di teleologia. L’assenza di evidenza è evidenza di assenza. I successi nel controllo della natura (e l’ýbris che imputa i fallimenti al fattore umano, anche quando si tratta di fluttuazioni subatomiche o terremoti o tempeste solari) regalano così tanta credibilità alla tecno-scienza, che perfino in alcune discipline umanistiche – per esempio, in psicologia – si danno tentativi comici (perché impossibili, quando i fenomeni non sono replicabili) di adattare il metodo a quello galileiano.
Il fatto è che la tecno-scienza, anche dove non ha nulla da dire, lì ancora modella la nostra immagine del mondo. Noi umani abbiamo la prima fonte delle nostre conoscenze nei 5 sensi: pensare in termini sensibili è per noi il modo più naturale, tanto che anche le cose invisibili (come l’anima, Dio e molti oggetti dello stesso mondo fisico, come spin, campi, particelle, ecc.) sono comprese solo per analogia con le cose visibili. Ciò significa che la conoscenza scientifica conforma la nostra concezione su tutto, dalla musica alla storia, dalla politica all’arte, ecc. Insomma il prestigio della tecno-scienza nel mondo moderno non le deriva solo dalla potenza delle tecnologie filiate, ma anche dall’illusione che il suo valore veritativo sia l’unico fondato e sia esaustivo.
Però, una volta relegata la res cogitans ad epifenomeno (o sottoprodotto) della res extensa, la natura si riduce al regno caotico di questa. Si spiega così perché sia considerato naturale ogni cedimento agli istinti – non importa a quale sordido stato d’infelicità conducano –, mentre l’esercizio di autocontrollo per seguire il cammino indicato dalla ragione è giudicato innaturale ed è irriso. La natura dell’uomo è la ragione, aveva insegnato Aristotele, in ciò l’uomo si distingue dalle bestie! Nella concezione postmoderna della natura-materia invece, la ragione è innaturale e l’uomo è naturale solo negando la sua ragione fino a diventare un bruto. È l’immagine materialistica di una natura senza fini – non il processo scientifico, che davanti ai fini arretra impotente! – a portare come corollario l’inesistenza della morale naturale.
La gente istruita è più liberal semplicemente perché è più imbevuta dello spirito del tempo, diffuso dalle élite condizionatrici; le quali “cercano d’incoraggiare i nostri lati più demoniaci per assicurarsi la nostra acquiescenza di fronte alle loro nefandezze” (C.S. Lewis). Le menti flessibili (“le classi ricche ed istruite” dei sondaggi) sono più disposte ad assorbire la conoscenza, ma per lo stesso principio sono anche più permeabili alla falsità.
Senza una visione teleologica della natura con cui giudicare il fine della nostra esistenza, l’etica si muove con i venti della moda, che poi vuol dire con ogni idea che passa per la testa d’un creativo. Necessariamente la nuova idea dev’essere “coraggiosa”, “trasgressiva”, cioè venire dalla ribellione contro le restrizioni poste dalla tradizione verso un qualche istinto. Ci fu un momento, non molto tempo fa, in cui l’idea rivoluzionaria fu il sesso extra-coniugale, poi venne l’aborto, poi l’unione di donne vecchie con maschi giovani, oggi la coppia omosessuale… Domani? Fatto il giro (accelerato) delle combinazioni finite, si tornerà al punto di partenza.
La concezione della natura come caos implica che solo la conoscenza (“gnósis”) posseduta dalle élite può salvare il genere umano, altrimenti languente allo stato d’imperfezione “naturale”. Il pregiudizio cartesiano spiega perché la famiglia naturale è trattata dai condizionatori come un’istituzione disordinata, richiedente il loro aggiustamento illuminato. I genitori sarebbero incapaci di crescere i figli senza l’aiuto di coloro che proclamano di pensare meglio di te e dei tuoi vicini. Le comunità – reali, di persone – sarebbero incapaci di autogovernarsi senza calpestare i diritti delle minoranze, così come definiti dai condizionatori. I molti sarebbero inadatti a dirigere le proprie vite ed abbisognerebbero dello stato-balia che lo faccia al loro posto.
L’autore delle Lettere di Berlicche e delle Cronache di Narnia descrive magistralmente il soggettivismo che si sostituisce alla morale naturale: “Quando tutto ciò che dice ‘Questo sì è bene’ è stato sfatato, quello che rimane è ‘Questo è ciò che voglio’. Il bene non può essere diviso né analizzato, perché non ha mai avuto tali pretese. l Condizionatori, di conseguenza, alla fine sono semplicemente motivati dal proprio piacere. Non sto qui parlando dell’influenza corruttrice del potere, né esprimo il timore che sotto di essa i nostri Condizionatori degenereranno. Corrotto e degenere sono parole che implicano una dottrina di valore, sono quindi prive di significato in questo contesto. Il mio punto è che coloro che si trovano al di fuori di tutti i giudizi di valore non possono avere alcun motivo per preferire uno dei loro impulsi ad un altro, tranne la forza emotiva di quell’impulso. Con la logica della loro posizione essi devono solo prendere i loro impulsi come vengono, dal caso. E il caso qui significa da ereditarietà, o dalla digestione, o dal tempo che fa, o da un’associazione di idee: di qui spuntano le ragioni dei Condizionatori. Il loro razionalismo estremo, la loro analisi scientifica delle motivazioni, li lasciano creature di comportamento totalmente irrazionale” (The Abolition of Man, 1943).
Se la natura è divenuta una commodity e la coscienza non ne fa parte, ognuno cerca di controllare il mondo esterno, esimendo sé da ogni dovere di autocontrollo. L’etica può solo essere artificiale, anzi soggettiva (etica “soggettiva”? che ossimoro per celare l’immoralità!), tanto che ci si lamenta se altri parlano di moralità oggettiva, laica s’intende, per moderare attività istintuali come l’automutilazione e il polimorfismo sessuale. Lo stato originale, del “buon selvaggio”, di ogni umano è considerato qualcosa di sacro (“intoccabile”), questo sì naturale, essendo innaturale ogni attività di autocontrollo e civiltà. Ovviamente, quando gli individui sono esentati dal dovere di contenere gli istinti, esplode il caos nella città e nessuno, ahimè, ama il caos. Però nessuno ammette una morale che ponga limiti ai suoi impulsi “naturali”. Ecco allora gl’irresponsabili individuali invocare lo stato – cioè le stesse élite da cui sono stati arati, seminati e mietuti – ad intervenire contro l’irresponsabilità generale. Nella società postmoderna, dove troppi sono prigionieri della perdita di autocontrollo, ad ogni calo di questo corrisponde l’aumento dello stato ficcanaso.
La crescita abnorme dell’invadenza delle magistrature burocratiche è l’esito della deresponsabilizzazione delle persone: in nome dei diritti soggettivi e dell’ordine pubblico che l’esercizio di quelli tende a turbare, l’autorità vera – quella non eletta, permanente e riproducentesi per cooptazione, armata fino alla facoltà di sequestrarti i beni e la libertà, preferibilmente residente in luoghi iperuranici come New York, Bruxelles o Strasburgo, lontani dal teatro – si espande ogni giorno di più nella vita privata. La burocrazia prende il controllo là dove la crescita e la maturità sono considerate innaturali, essendo gli individui educati (pardon, coltivati efficacemente dai tecnici dei condizionatori, gli “spin doctor”) ad una cultura simil-animalista dei “diritti”, senza i doveri che esigono autocontrollo.
Se l’autodisciplina fosse reintegrata come un attributo naturale della specie umana – in questo almeno riconosciuta irriducibile agli animali –, se i nostri ragazzi non fossero istruiti a restare eterni Peter Pan da cui poco ci si aspetta perché l’auto-restrizione è l’unica cosa considerata contro natura (“vietato vietare!”), non ci sarebbe bisogno di uno stato a far da balia 24 × 7 × 365 ore l’anno.
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68 commenti
Non credo esista una morale laica, comunque. Esistono laici ‘morali’ certamente, ma non possono fondare i loro comportamenti morali ed etici su nessuna delle loro convinzioni laiche. E qui ovviamente per ‘laico’ intendo qualcosa che non si fondi sulla legge naturale e, quindi, sul pensiero metafisico e religioso.
Ti contraddici, Potclean. Se esiste una morale naturale, come tu affermi di credere che esiste, quella è una morale “laica”, nel senso che è indipendente da ogni credo religioso. L’Aristotele dell’etica nicomachea è un perfetto esempio di questa laicità, squisitamente umana e universale.
Grazie, prof. Masiero, per questo articolo stupendo.
Grazie, Wil.
Concordo: la morale laica può esistere, se è la morale naturale. Non è la laicità in sé a negare un fondamento all’etica, ma il materialismo scientista. In questa concezione, dove la natura è solo materia di manipolazione, diviene (prima o poi) lecito tutto quanto è tecnicamente possibile.
Non credo ci sia contraddizione, forse solo bisogno di mettersi d’accordo sui termini. La morale naturale presuppone l’esistenza di Dio, dell’eternità dell’anima ed altre verità che non ‘necessitano’ di Rivelazione. Tutte cose che la morale ‘laica’ non avrebbe, se esistesse. A meno che non parliamo di una laicità deista o teista, il che non mi pare il caso, oggigiorno
Trovo l’articolo, o meglio la dotta riflessione semplicemente bellissima. Grazie
Grazie, Nino.
Colgo intanto uno spunto, caro Masiero… Davvero non possono esistere solo diritti e non doveri. Là dove ciò sussustesse sarebbe la barbarie.
Ancora una volta le profonde riflessioni di Giorgio mi hanno ricordato qualcosa che ho letto da Chesterton (Ciò che non va nel mondo): molte battaglie progressiste in realtà sotto sotto sono snob e aristocratiche. Alla sua epoca l’inglese faceva l’esempio di una tipica famiglia operaia dove l’uomo si rompeva la schiena in un lavoro senza prospettiva mentre la donna si occupava della casa e dei bambini, in tale situazione parlare di mancanza di parità di genere era ridicolo (già esisteva nei poveri, mancava nei ricchi).
Oggi invece giustamente ci insegnano che la donna che non desidera dei figli non è “meno donna” e va rispettata come tutte le donne; ma obbiettivamente, si possono mettere sullo stesso piano i diversi impatti che le due scelte hanno sulla vita della persona? Ed economicamente, il sistema moderno a chi rende la vita più difficile? Chi ha veramente bisogno di fare battaglie?
Ancora: tutte le politiche gay-friendly vanno anche solo a sfiorare gli interessi di chi comanda oggi (banche e multinazionali)?
Diceva sempre Chesterton che attaccare le vecchie credenze e tradizioni è facile: sono vecchie e poco seguite. Attaccare le nuove credenze è difficile perché sono giovani, forti e fresche.
Nei paesi in cui l’omosessualità era reato gli unici omosessuali ad andare in galera erano quelli poveri, le persone comuni. Era molto rato che un nobile o una persona ricca venisse accusata di sodomia (proprio per questo motivo, alcuni ritengono che il processo a O. Wilde fosse un processo politico, organizzato “dall’alto” per toglierlo di mezzo). Come al solito, i ricchi e i potenti hanno sempre fatto il comodo loro.
E riguardo le femminste, loro e molti altri ignorano che in passato esisteva il suffragio censitario, per cui gli unici che potevano votare erano quelli con un certo reddito. Gli altri, oltre a spaccarsi la schiena, dovevano pure andare in guerra, e poi non avevano nemmeno il diritto di votare per chi ce li aveva mandati. Pensare che gli uomini avessero tutti i diritti del mondo e le donne no è ridicolo.
Beh, forse Alan Turing è la classica eccezzione che conferma la regola
Come ho detto, anche Wilde fu mandato in prigione, e si pensa che il suo fu un processo politico. Può essere che anche nel caso di Turing si sia tentato di farlo fuori perché era divenuto scomodo o sapeva troppo. D’altronde la sua morte fu molto strana.
Grazie, HT.
Hai tirato fuori giustamente il riferimento a Chesterton!
Chesterton, Lewis, Tolkien, Anscombe, ecc.: è incredibile la lungimiranza, il carisma profetico di questo nucleo di intellettuali britannici credenti della prima metà del secolo scorso.
Un articolo che fornisce un’importantissima chiave di lettura di alcuni aspetti della società contemporanea, riporto un passaggio che ritengo centrale:
“La gente istruita è più liberal semplicemente perché è più imbevuta dello spirito del tempo, diffuso dalle élite condizionatrici; le quali “cercano d’incoraggiare i nostri lati più demoniaci per assicurarsi la nostra acquiescenza di fronte alle loro nefandezze” (C.S. Lewis). Le menti flessibili (“le classi ricche ed istruite” dei sondaggi) sono più disposte ad assorbire la conoscenza, ma per lo stesso principio sono anche più permeabili alla falsità.”
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Ecco ribaltate le posizioni di chi si lamentava che per la brexit i voti dei laureati avessero avuto lo stesso peso degli altri e quelli dei vecchi lo stesso peso di quelli dei giovani.
Che la cultura e la scienza possano essere usate per indottrinare non è una novità ma tendiamo a dimenticarcene.
E oltre alla cultura e alla scienza io ci metto dentro le religioni. Il triangolo è perfetto!
Che ne pensi?
L’Occidente di questo secolo è troppo secolarizzato per metterci dentro anche le religioni come strumento di indottrinamento.
Quel che pensi fa parte dell’indottrinamento. Il triangolo funziona ancora alla perfezione, a mio avviso… Alla secolarizzazione si è adeguato, qui in occidente, il clero secolare che conta: quello che conta politicamente, per intenderci, tra questi escluso naturalmente l’attuale pontefice che ha rapporti migliori coi preti operai di frontiera.
Mi illumini sull’indottrinamento attuale per via religiosa, visto che io non posso notarlo perché ci sono dentro.
Per la verita’, anche in ambito religioso, e in particolare cristiano/cattolico, si fa a gara a chi e’ piu’ “laico” (nel senso dato dall’articolo) per cui, come al solito, le dottrine di Cipriani/Gondrano poggiano sul nulla.
Si può chiamare trasformismo? Per una volta Piero ci azzecca e ha capito che c’è una chiesa che ancora va a braccetto col potere cercando compromessi solo poco tempo fa impensabili o non necessari. É la chiesa che ti fa credere alla favola dell’8 per mille.
@Piero: pensi proprio che il cristianesimo; quello attuale intendo, non certo quello tradizionalista nella quale da ‘ateo cristiano’ mi ci riconosco appieno, non svolga proprio nessun ruolo di condizionamento ?
Davide:È proprio quello che penso, basti vedere l’idolatria vera e propria nei confronti di papa Bergoglio e la stroncatura di ogni minima critica di chi osa parlare e la messa n soffitta del principio di non contraddizione dei “misericordiosi”. Ma Cipriani si riferiva evidentemente al Cristianesimo “DOC”…
Su cio concordo appieno…. non posso però far a meno di notare forti legami tra la religione ed il diritto naturale.
Ecco che Cipriani ci ha messo di mezzo la religione… meno male almeno ci siamo tolti il pensiero.
Non dirmi, Enzo, che anche a te sfugge la forza del triangolo dei controllori sociali… Scienza manipolata, cultura artefatta, religione oppiacea.
Non mi sfugge che hai una ‘fissazione’ con l’argomento, rileggiti il sotto titolo delll’articolo:
“Perché lo stato è sempre più invasivo di ogni sfera personale e comunitaria”.
che c’entra la religione?
Davvero non possiamo dire oggi che lo Stato faccia uso della stessa.
Solo ieri sera la TV di Stato ci ha proposto l’ennesimo lavaggio del cervello pseudoreligioso… La diciassettesima edizione delle gesta ed eroismi vari di San Pio. Il tutto in salsa nazional-popolare a uso e consumo degli istruiti nel senso circense evocato da Masiero.
@Cipriani:
perche’, invece “Modern Family” e tutta la robaccia telefilmesca con protagonisti eroi gay e trans che va in onda su MTV e Real Time, come la chiami?
“Solo ieri sera la TV di Stato ci ha proposto l’ennesimo lavaggio del cervello pseudoreligioso… La diciassettesima edizione delle gesta ed eroismi vari di San Pio. Il tutto in salsa nazional-popolare a uso e consumo degli istruiti nel senso circense evocato da Masiero.”
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Con questo principio non si dovrebbe trattare nessun argomento, la TV secondo te dovrebbe evitare tutto ciò che è storia e cultura (alta e popolare) e diventare solo notiziari, giochi a premi e programmi di cucina.
Ma restare in tema che ricordo è “Perché lo stato è sempre più invasivo di ogni sfera personale e comunitaria” no?
@Piero… Io la chiamo TV spazzatura.
@Enzo, quando mai per me la TV dovrebbe diventare solo quello che dici tu solo perché ho denunciato quella trasmissione che da diciassette!!! anni ci stropiccia lo scroto? Mi dai la triste sensazione di uno che vede solo nero e bianco: se uno non approva quel che approvi tu, allora per forza dev’essere a favore di quel che tu non approvi… Mah?!
A Ciprià, se la trasmissione non ti piace cambia canale!
Oppure devo pensare che ti piaccia farti “stropicciare lo scroto”… ma non lo dire in pubblico.
Ti segnalavo che non esiste solo il nero o il bianco… E tu ti sei concentrato sullo scroto stropicciato. Che non si sappia in giro.
Anch’io mi sono accorta, da molto tempo a questa parte, che sono proprio le persone più istruite, “di buone letture”, quelle meno capaci di leggere il mondo. Mia nonna di quasi 90 anni capisce cose che un laureato neanche si sognerebbe.
Purtroppo oggi anche la cultura è diventata un’arma di “distrazione” di massa.
Il cosiddetto buon senso spesso alberga nei cuori più puri, e non ha bisogno di “cultura”. Ma da qui a fare quasi un elogio dell’ignoranza, ne corre. Concordi?
Lungi da me fare l’elogio dell’ignoranza, ma quello pensavo fosse chiaro. Tra l’altro sono pure figlia di una maestra, e io stessa non sono affatto ignorante. 😉 Bisogna solo ripensare la cultura e il modello educativo.
Ciò che sicuramente contesto alla neodottrina, così ben analizzata dal prof. Masiero, è che si è indebitamente appropriata dell’attributo “laico”. Essa, infatti, fonda sul presupposto della onnicomprensività della conoscenza positiva, per cui tutto quanto esce da quest’ambito non esiste, è il nulla. In questi termini, questa dottrina poggia su un credo di fondo, un indimostrato ed indimostrabile postulato, mentre il vero laico ciò che rifugge è proprio il fondarsi teoremi su presupposti dati dogmaticamente per scontati; il vero punto di vista laico resta il celebre “so di non sapere” di Socrate. Oggi, in effetti, oltre una visione effettivamente laica, che appare, in realtà, sopita, sopraffatta ed obnubilata, si contrappongono due visione entrambe, per così dire, religiose, perché entrambe fondate su un originario atto di fede, ossia, l’esistenza o meno di un ulteriore oltre il positivo, come dire, una religione dell’essere di contro ad un’altra del non essere. Sol che quest’ultima è fra tutte le ipotesi di pensiero la più piccina, la più povera, direi del tutto ottusa. Torniamo alla bella metafora delle Colonne d’Ercole, al discorso dell’Ulisse dantesco: la religione dell’essere pone con certezza l’esistenza di una realtà ulteriore oltre quelle colonne, e dunque i suoi adepti partiranno per il viaggio che Ulisse propone; il laico non sa e non esclude nulla, dunque partirà anche lui per sapere; il religioso del non essere, invece, ha già la certezza del nulla, è pertanto inutile che egli parta, e resterà, con superiore supponenza, sordo al discorso di Ulisse: siamo giunti così, culturalmente, alla fine della molla della conoscenza (altro sono le applicazioni tecnologiche), alla morte dello stesso sentimento di coscienza.
Il Suo discorso, Nino, mi ha risuonato il discorso di papa Ratzinger a Ratisbona! Grazie, ancora.
Sarebbe possibile leggerlo ?
Provi, Davide, a digitare su Google “Ratzinger Ratisbona”, e troverà il testo del papa e tutti i più vari commenti.
E io che pensavo a questi!…
😉
ottimo articolo come sempre.
A mio avviso si confonde l’istruzione con l’arte del ragionamento; io paradossalemente ho assistito a ottimi ragionamenti da parte di persone con istruzione medio bassa. Le persone istruite il più delle volte sanno pensare molto bene quello che gli hanno detto di pensare.
Grazie, Valerio.
È chiara la Sua riflessione: saggio e istruito non sono sinonimi, e “istruiti” sono in particolare gli animali che nei circhi ripetono le azioni dettate dai domatori.
““istruiti” sono in particolare gli animali che nei circhi ripetono le azioni dettate dai domatori.”
Questa considerazione la trovo un’interessante spunto su cui riflettere, alla sua luce la scuola non dovrebbe “istruire” ma educare da “e-ducere”, cioè tirare fuori da ciascuno le sue potenzialità.
Mi permetto una correzione di tiro… La scuola non dovrebbe SOLO istruire, ma ANCHE educare…
Con una impressionante sincronia oggi è uscito un articolo con riflessioni analoghe sul sito “Il Pedante”.
Ecco l’incipit:
“A beneficio dei più pedanti, in questa terza puntata della serie “Dittatura degli intelligenti” (qui la prima e la seconda) ci piace aprire un’appendice in calce al tema trattato nel precedente capitolo, laddove si registravano l’esistenza e i moventi di una tentazione antidemocratica vieppiù diffusa: quella di escludere i cittadini meno istruiti e/o informati dalla partecipazione elettorale. Là ci eravamo lasciati con le fantasie dell’ex cronista sportivo Massimo Gramellini che, elettosi alla testa della crema intellettuale nostrana, contrapponeva i “cittadini evoluti” di cui avrebbe bisogno una vera democrazia alla “gente comune” incapace di scegliere consapevolmente.”
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Per chi volesse leggerlo tutto ecco il link:
I sofocrati di Saigon
L’ho letto, Enzo, è sì una coincidenza impressionante. Ho trovato l’articolo del Pedante complementare al mio al livello “scientifico”: mentre io ho cercato di spiegare le radici filosofiche della moderna gnosi (con l’iperplasia della burocrazia invasiva di ogni sfera) e le ragioni per cui la parte più “istruita” della società sia la più permeabile alla propaganda, il Pedante dimostra, numeri e strumenti alla mano, come si realizza quella permeabilità. Perfetto!
Ringrazio anch’io il prof. Masiero per questo sempre prezioso contributo, che porta ad un’importante delucidazione attorno al percorso filosofico, etico e gnoseologico della cultura occidentale dell’ultimo mezzo millennio, secondo le fasi: monismo teleologico (sinolo di materia e forma)–>dualismo cartesiano—>riduzionismo etico ed ontologico della cogitans nell’extensa—>assenza di teleologia e metafisica, esercizio gnostico ed elitario della politica-economia.
Ritengo quest’articolo talmente pregno e denso di significato, da reputarlo essenziale e degnissima lettura filosofica da attuarsi nelle aule liceali.
Si tratta di una questione realmente grave, la quale, sebbene sia stata con una grande profondità di coscienza trattata da pensatori come i già citati inglesi Chesterton, Tolkien e Lewis, o da moderni teologi come il papa Ratzinger, meriterebbe a mio dire un’importante sistemazione trattatistica ben definita, generale e quanto più onnicomprensiva possibile (un’opera concepibile da un forte intelletto polimatemico, critico e raziocinante, come pochi se ne vedono nell’odierna cultura specialistica della didattica e della ricerca oggigiorno).
Ritengo affatto vero e al contempo orribile il pensiero di Lewis sul progressismo edonistico ed “a-nomo” (mi si passi il termine) espresso dall’ingenua, ipocrita e talora tacitamente collaborazionistica visione espressa dal progressismo dell’acritica logica dei diritti delle classi medio-alte.
Da sempre nella storia le classi medio-alte hanno contribuito alla definizione dei motivi culturali e ideologici del proprio tempo; ciò che sconcerta è come tale operazione sia oggi atta alla razionalizzazione dell’immoralità e della disumanità, talora anche trans-umanità, parlando di ingegneria sociale (come mostrato su CS nei recenti articoli della prof. Emanuela, che in questa sede colgo di ringraziare).
Ciò che si profila è dunque la decisa negazione, inquietantemente predisposta da una mala cerchia di oligarchi lontana e sfuggente, di un ordine e di una auto-nomia dell’essere umano intesa come facoltà di controllarsi, avere coscienza e conoscenza di sé e del mondo, e quindi coincidente con la già aristotelica distintiva Ragione dell’Uomo.
E’ nel vero interessante notare come le più importanti riflessioni critiche attorno alle debolezze e ai peccati della modernità quale cultura e visione del mondo siano venute proprio dal mondo anglofono, che per contrasto ha enormemente contribuito allo sviluppo culturale, politico e sociale dell’Occidente in tale medesima direzione negli ultimi secoli (si vede che le voci “fuori dal coro” riescano ad emergere laddove l’antitesi al proprio modo di sentire risulti più forte e decisa).
Sarebbe d’interesse approfondire, oltre alla modalità di tale progressivo degrado dell’anima occidentale, le cause del medesimo a partire dall’Età Moderna (la scoperta dell’America e la ripresa dei commerci quale nuovo fondamento marxianamente strutturale di un nuovo edonismo? La Riforma, intesa sia teologicamente che materialisticamente, come spaccatura tra classicità greca, latina e cristiana e nuova civiltà nordeuropea?).
Vi sarebbe molto altro da dire; forse qualcos’altro mi verrà in mente con il progredire della discussione.
La ringrazio, Alio, per questo Suo altissimo contributo, che mentre da un lato sintetizza efficacemente e fedelmente ciò che è contenuto nel mio articolo, dall’altro lo arricchisce di ulteriori spunti delucidatori. Sono d’accordo con Lei (non è una novità!),
1) che proprio dal mondo anglosassone, che più ha marchiato e marchia la modernità, stanno venendo le opposizioni ed i germi della denuncia. Il resto del mondo, evidentemente, è colonia dell’impero o cittadella arroccata o un’orda di tribù sanguinarie;
2) sull’influsso – spiegabile marxianamente – delle ricchezze (oltre che del successo della tecnica) rese disponibili in Occidente dal colonialismo, e dalla perdita d’anima provocata dalle sue violenze, nell’immoralità contemporanea occidentale;
3) sulla spaccatura, provocata con enfasi dalla Riforma, del mondo moderno con quello classico greco-ebraico-latino.
Ci sarebbe sì tanto da meditare e da scrivere…
Non so se sbaglio troppo, ma un tempo prodromo del controllo sociale era mantenere le masse nell’ignoranza…
Oggi c’è questa tesi contraria che vorrebbe ribaltare la questione, subito fatta propria da CS, guarda caso da chi è istruito e colto…
Come si fa a ottenere la quadratura del cerchio? Per questo io, Gondrano, equino che crede in buona fede ai maiali, chiedo a voi, ignoranti e istruiti, se alla fine, anche in questo caso, non si tratti, in fondo, sempre della stessa questione, ovvero solo e banalmente di una contrapposizione tra diversi modi di considerare la vita e il suo senso.
È la “contrapposizione tra diversi modi di considerare la vita e il suo senso”: sono d’accordo, Gondrano, è esattamente ciò che ho scritto, contrapponendo la visione classica monistico-
organica della natura a quella contemporanea monistico-materialistica.
E questa è una scelta filosofica, non scientifica! Ciò che CS sfata ogni giorno è l’indottrinamento di chi invece fa passare il materialismo e la filosofia del non senso come esiti scientifici! Vuole dei nomi?
CS ha la sua concezione, greco-ebraico-cristiana, ma non l’ha mai venduta per scienza sperimentale, così come non mi risulta che l’abbia mai fatto la Chiesa.
Stavolta l’osservazione di Gondrano è interessante: siamo davvero passati dal soggiogare il popolo con l’ignoranza (come nei secoli passati si è sempre fatto) a soggiogarlo con l’istruzione? Come si quadra il cerchio?
Vede, Gondrano, per completare la risposta di Giorgio, le faccio notare che in effetti sotto sotto la “stategia di controllo sociale” non è cambiata, è diventata più fine: non si ricorre più all’ignoranza “pura” ma alla sua sorella maggiore (peggiore), la convinzione di conoscere la verità perché un Gran Tizio l’ha fornita. Credere di conoscere la verità è una forma di ignoranza, peggiore perché inconsapevole e spesso arrogante.
Faccio un esempio: “Il Medioevo era un’epoca buia”. Tutti lo dicono, l’hanno detto tanti “esperti” e quindi tutti lo ripetono; mentre in realtà è stata un epoca diversa dalle altre ma con le sue luci e le sue ombre come poteva averle l’Impero Romano, il Seicento e così via. Un ignorante DOC non saprebbe nemmeno collocarlo cronologicamente il Medioevo, mentre l’ignorante 2.0 magari sì ma un nanosecondo dopo ti tira fuori il commento critico imparato a memoria senza ragionarci ma con la stessa sicurezza con cui ricorda il numero di telefono. L’ignoranza 2.0 è peggiore della 1.0 perché un intellettuale preso a caso può peggiorarla anziché curarla. Una volta ho letto “Storia della filosofia medievale” di Luciano De Crescenzo (un autore che come narratore stimo moltissimo) dove la quarta di copertina prometteva una descrizione nuova e originale di quell’epoca, ma il testo dell’autore sin dalla prima pagina andava a confermare esattamente i luoghi comuni che conoscono tutti.
Un altro esempio e chiudo: il Big Bang coma alternativa alla Creazione l’ho sentita da parecchie persone. Un ignorante 1.0 non conosce il Big Bang, quello 2.0 ha imparato vagamente in che consiste e ricorda bene il commento scientista che lo segue. Quindi con l’ignorante 2.0 la fatica è doppia, perché PRIMA devi fargli capire che non conosce veramente cosa dice la teoria, poi gli fornisci il contenuto. L’ignoranza 1.0 è come un terreno incolto, quella 2.0 è un terreno pieno di erbacce che vanno estirpate prima di coltivarci qualcosa.
Una domanda, forse stupida, ai fisici. Ma la pretesa di onnicomprensività della conoscenza positiva non contrasta con le multi possibilità previste dalla fisica quantistica?
Salve Nino, grazie per la domanda.
Cosa intende esattamente con “multi-possibilità” della fisica quantistica? Se intende la sua natura probabilistica e il suo descrivere gli stati del sistema con sovrapposizioni di stati quantistici, la mia risposta è NO, in questo non c’è un contrasto. Non tutti conoscono e comprendono la Fisica Quantistica (forse nemmeno tutti i fisici) ma ciò che essa fornisce è comunque una forma di conoscenza. Non posso determinare per esempio lo stato di spin di un elettrone, perché per esempio è al 50% UP e al 50% DOWN ma il fatto che abbia questi due stati possibili e non altri e con quelle probabilità non è casuale né arbitrario. Faccio un esempio più semplice (più vicino al mio campo): non posso conoscere tutto quello che fa un elettrone in un metallo, ma le proprietà di un metallo le posso descrivere bene. La Fisica Quantistica ha certamente cambiato il nostro approccio al mondo materiale, MA non l’ha occultato. Il mondo resta UNO e oggettivo.
Se invece per “multi possibilità” intendesse il Multiverso, allora è un altro paio di maniche: per ora quella è solo una speculazione teorica su cui trovo inutile discutere prima che diventi qualcosa di concreto (alcuni film e telefilm di fantascienza invece stanno più avanti e la considerano reale…ma sono fantasia).
P.S.: Se non è fuori tema una domanda non è mai stupida, secondo me, proprio perché è una domanda: c’è una cosa che non so o che non ho capito, se ottengo una risposta, ho risolto la lacuna e/o il dubbio. È una cosa da persona intelligente, uno stupido non pone domande.
L’onnicomprensività, Nino, cozza ancor prima con la logica. Nessun sistema logico formale, in particolare nessuna teoria matematica o scientifica, può esprimere giudizi su di sé. Una tale teoria “coerente e completa”, che spieghi se stessa, i propri metodi, parametri e condizioni di validità, ridurrebbe – dicono i logici – il livello metateorico a quello teorico, così violando un teorema fondamentale della logica (Tarski, 1936).
Perché lo Stato è sempre più invasivo… ?
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Una risposta che piacerà a molti qui è: perché si stanno preparando a farci diventare materialisti, atei, asserviti al gender (praticamente tutti omosessuali), abortisti e, soprattutto, una generazione di beoti che si beveranno tutto quel che il potere vorrà farci bere.
Per fortuna l’abbiamo capito e ci potremo porre una bella pezza sopra.
Scusate il paradosso (magari non tanto per qualcuno) e la semplificazione da equide, ma quando ce vo’ ce vo’.
“una generazione di beoti che si beveranno tutto quel che il potere vorrà farci bere.”
Tranquillo, ci sono già riusciti,si tratta solo di consolidare.
Comunque se vuoi stare in compagnia di quelli che pensano che quello che si legge sui giornali sia la verità oggettiva non si capisce cosa ci fai in compagnia di gente come noi.
Quanti sono i giornali, Enzo? Li vedi omologati? Prova a leggere per esempio il Giornale, poi il Manifesto, magari un po’ di Avvenire…. Solo per rimanere in ambito di quotidiani. E dimmi, in tutta onestà, se davvero temi un’uniformità di vedute (un piano strategico?) che possa spaventarci… Mi spaventano di più le sale gioco, le sigarette leggere, la pubblicità da mulino bianco… Abbiamo in casa un settimanale che traduce il meglio della stampa internazionale, non sarà magari della tua parte politica prediletta, ma non puoi spacciare la favoletta dell’informazione omologata, pena essere tu stesso dalla parte di coloro che spacciano falsità.
Pensare che Il Giornale, il Manifesto e Avvenire (su Avvenire poi scoppio a ridere…) dicano cose fuori dal coro signfica non vedere che sono diverse voci dello stesso coro.
Certo, le pubblicità sono negative ma questo è tutto un altro discorso.
Diciamo così, Enzo: il grande fratello che ci controlla tutti ha ritagliato per ciascuno un ruolo sotto controllo. Tu stesso, in fondo, credi di essere uno fuori del coro, ma invece fai parte piena del gioco di ruolo che ci vede tutti protagonisti e controllati. Ti lasciano credere che sei uno che smaschera l’esistenza del grande coro, quando in realtà fai tu stesso parte di quel coro… Ti piace come lettura fantascientifica alla 1984?
OK HTAGLIATO, ciò è per la materia già connotata e definita, ma, preciso, l’interrogativo che mi è sorto questa notte che non potevo dormire per il caldo, ripensando all’elegante sistematica del prof. Masiero, riguarda l’origine, il prima, il momento dell’inizio, quando il quanto schizza e si materializza dal vuoto quantistico. Questo momento di rapporto ho l’impressione che proceda piuttosto secondo l’idea di potenza ed atto di Aristotele, con tutto quanto ne viene, che secondo l’ipotesi cartesiana. Mi scuso se arrischio ancora, da semplice curioso ignorante in materia, ma HTAGLIATO mi ricorda che cercare di capire non è mai sconveniente, dunque mi perdonerete certamente per eventuali enormità. Grazie per la Vs. interlocuzione.
” l’origine, il prima, il momento dell’inizio, quando il quanto schizza e si materializza dal vuoto quantistico”.
L’idea contenuta in questa frase va chiarito che è stata messa in giro da diversi divulgatori ma è ambigua, sostanzialmente sbagliata perché fuorviante (ovviamente Nino non ne ha colpa).
Il “vuoto quantistico” non è detto che sia stato l’origine dell’universo, anche perché esso è già un qualcosa di fisico, di esistente, con leggi sue e quindi a sua volta richiederebbe un’origine.
Volendo potrebbe essere spiegato come passaggio potenza-atto, ma è una speculazione che può essere applicata a TUTTI i fenomeni fisici attualmente noti (anche quelli più banali) perché la spiegazione aristotelico-tomista del moto è di carattere molto generale.
In breve, il vuoto quantistico lo si può interpretare come “pura materia” oppure no (anche se con una definizione MOLTO generica di materia, come successe una volta quando ne parlai con un certo Flavio). L’importante è non confondere ciò che dice veramente la fisica con le interpretazioni filosofiche che possiamo costruirci sopra.
Ma l’invasività dello Stato si ritrova in tantissimi campi. Pensate solo all’UE e a tutte le cose che ci vengono imposte perché “ce lo chiede l’Europa”. Che so, la misura delle vongole, la quantità di latte o di arance da produrre, o le materie prime da utilizzare negli alimenti.
Perché succede? Forse perché si vuole impedire un reale progresso dell’essere umano e quindi ci devono mettere i bastoni tra le ruote. Se ogni paese avesse continuato a gestirsi le risorse naturali da solo, magari l’economia ne avrebbe giovato.
E forse questa invasività sta aumentando perché ora l’uomo si sente più pronto a ragionare con la sua testa, e quindi si deve in tutti i modi impedirgli di ragionare, fin da quando è piccolo.
Se proprio volessimo dirla giusta, senza condizionamenti, la misura delle vongole è stata liberalizzata proprio dall’UE… Con buona pace di coloro che ora possono non rispettare la taglia delle più piccole, che avrebbe garantito la riproduzione del mollusco.
Interessante e condivisibile l’articolo del prof. Masiero e anche molti commenti. Tuttavia la mia posizione è che gli “istruiti” possono non avere ragione e non avere soluzioni che funzionano, ma gli “ignoranti” ne hanno ancora meno. Nell’articolo, molto equilibrato, non c’è certo quell'”elogio dell’ignoranza” che sta andando di moda da qualche decennio e che io trovo ormai piuttosto stucchevole perché diventato un luogo comune o un riflesso condizionato di molti commentatori di professione (usato solo quando serve a elogiare o comunque a provare a rendere meno indecente agli occhi di tutti la fazione per cui si parteggia). Gli “ignoranti” nel frattempo sono stati spesso messi in condizione di dimostrare che avevano soluzioni e che davvero avevano ragione, ma puntualmente hanno fallito, perché con un occhio solo, e magari pure miope, si vede male, ma non per questo bisogna farsi guidare da chi è del tutto “non vedente”… 🙂
Tra l’altro non bisogna cadere nella trappola degli “istruiti” che inneggiano all’ignoranza come porto sicuro dai condizionamenti. Come segnalavo ieri, si correrebbe il rischio di cadere dalla padella alla brace.
Grazie, Muggeridge.
L’istruzione si deve sempre preferire all’ignoranza, ovviamente; ma essa va sempre tenuta distinta dalla sapienza, che è capacità di formulare giudizi di valore. Forse, ancor peggio dell’ignorante che sa di esserlo, c’è l’erudito del tipo “scientista”, che ritiene di assoggettare i giudizi sui trascendentali, in particolare sul giusto e sul bello, nonché sulla totalità del vero, al metodo scientifico. Il primo infatti può ancora imparare, il secondo no.
Certo, lo scientismo è il vero problema, perché è dogmatico, ossia parte dalle vere o presunte verità scientifiche per giudicare il mondo intero (si vedano le affermazioni sulla questione omosessuale). Però vanno distinti i condizionamenti dall’educazione e dall’istruzione vera e propria. In un certo senso l’uomo per restare h. sapiens ha assoluta necessità che gli venga trasmesso l’immenso bagaglio culturale (contrapposto a istintivo, innato,, secondo il mito, duro a morire e deleterio del “buon selvaggio) accumulato dalla specie nei millenni. Sopra, in alcuni commenti, si è messa in croce come al solito la Chiesa, ma sarebbe un impoverimento non trasmettere questa cultura a un popolo come il nostro che è sopravvissuto sin qui sopratutto grazie a essa. Poi va anche detto che tra tutti i “condizionatori” la Chiesa è quello che rappresenta la maggiore, se non l’unica, opposizione al dominio degli altri, ossia è uno strumento per salvarci dai condizionamenti cattivi, essendo semmai un condizionamento buono, utile e necessario per la salvezza, non solo dell’anima.
Però si deve chiarire che tipo di istruzione, perchè quella scolastica a me sembra più un livellamento della coscienza, un indottrinamento a ideologie; non viene promosso lo spirito critico, la capacità di ragionamento. Io personalemente non ho mai assistito ad una lezione in cui mi venissero dati degli strumenti per poter ragionare (per me ragionare non è un atto automatico ma un grandissimo sforzo) solo nozioni. La capacità di ragionare la puoi acquisire collateralmente alla tua carriera scolastica e poi universitaria, e questo è molto triste.
Infine per me l’ignoranza è un bene se chi lo è sa di essere ignorante.