Ideato da Massimo Ippolito, industriale esperto in meccatronica, il KiteGen è un modo alternativo di generare energia tramite la forza del vento (da “kite”, cioè “aquilone” e “gen”, “generator”). Invece delle pale eoliche che arrivano al più a 130 metri di altezza e che possono essere collocate solo in regioni in cui il vento soffia in modo relativamente costante, il KitGen usa il meccanismo mostrato in figura per poter raggiungere il vento troposferico presente a 800m (la troposfera è la parte di atmosfera dove avvengono i fenomeni meteorologici, spessa dagli 8 ai 18km), molto più potente e costante in tutte le regioni. Prima di scendere nei dettagli, ripercorriamo brevemente la storia di questo progetto tutto italiano.
L’idea e la relativa realizzazione dei primi brevetti nacquero nel 2003 mentre nel 2005 si realizzò un primo prototipo da 30 kW da bassa quota e nel 2007 un altro prototipo di pari potenza ma a 800 metri di quota. Tra il 2007 e il 2010 il progetto ricevette vari riconoscimenti per le sue capacità innovative e tra il 2010 e il 2012 si realizzò un altro prototipo da 3MW. Intanto nel 2011 nasce la Kitegen Venture, la società finalizzata all’introduzione del KiteGen nel mondo del mercato: nel 2013 approdò in Medio Oriente e in Nord Africa e nel 2015 si è avviato tale lavoro anche in Canada.
Più avanti riferirò altri dettagli sulle vicende del KiteGen, ma ora godiamoci meglio l’aspetto tecnico-scientifico.
A differenza di altre soluzioni al problema energetico che si appoggiano su fenomeni fisici a dir poco dubbi e di sicuro tenuti nell’ombra, l’idea centrale del KiteGen è semplice e sfrutta dati noti: la potenza specifica del vento viene calcolata in W/m² ed è uguale a ½ ρ v³ (dove ρ è la densità dell’aria in kg/m³ e v è la velocità del vento in m/s). Alle quote delle pale eoliche il vento soffia in media a 4,3 m/s mentre a 800m soffia a 7,2, ma per la formula appena vista la potenza, crescendo col cubo della velocità, è molto maggiore nel secondo caso. Per poter “catturare” tale sorgente di energia Massimo Ippolito si è ispirato al kitesurf, la variante del surf in cui si fa uso anche di una specie di aquilone per dirigere i propri movimenti. Nel caso del KiteGen però il moto indotto dal vento viene sfruttato per azionare una bobina e le stime energetiche promesse sono le seguenti (http://www.kitegen.com/pagine/faq_ita.html):
Si stima che una centrale da 100 MW possa produrre circa 500 GWh di energia elettrica all’anno. Per esemplificare, questo è la produzione media di energia elettrica per circa 86’000 abitanti in Europa nell’anno 2003.
Volendo essere molto pragmatici, quanto costerebbe alla fine al consumatore?
L’energia prodotta da una centrale da 100 MW è stimata avere un costo totale di produzione inferiore a 0,03 € per kWh, più basso di quello oggi ottenibile tramite i combustibili fossili. Costi ancora migliori sono attesi da centrali di maggiore dimensioni e potenza.
Le centrali di maggiore energia e potenza sono per esempio quelle che nel progetto sono caratterizzate da una struttura ad anello (dal diametro di 1000 metri circa) come si può vedere nel seguente video a partire dal minuto 6:36
Ogni bobina della versione relativamente più semplice del KiteGen è azionata durante una fase in cui l’aquilone sale di quota finché non si esaurisce la lunghezza della fune che lo governa (i primi 100 metri di quota vengono percorsi grazie a dei grossi ventilatori ma poi subito inizia la salita tramite il vento naturale). Terminata la fune, il kite viene tirato da un lato per sottrarsi al vento e ridiscendere a 300 metri di altezza (questa procedura consuma solo una piccola parte dell’energia prodotta), quindi il ciclo ricomincia.
Una considerazione banale ma legittima può essere il pericolo che cavi così alti possano essere colpiti da un fulmine: il rischio c’è, ma essi non sono fatti di metallo ma di un particolare polimero estremamente resistente, per cui si ha un materiale isolante.
Il vero problema è dato dal fatto che i venti di alta quota non sono solo più intensi ma anche più variabili per quanto riguarda la loro direzione (nel senso che le variazioni sono più brusche proprio perché il vento è più forte). Per gestire in modo vantaggioso tali variazioni il movimento a forma di 8 della figura di sopra viene manipolato da un programma al computer molto sofisticato basato su risposte ad alta frequenza (60 segnali al secondo) e tempi di reazione ad una nuova direzione dell’ordine del millesimo di secondo. Gli algoritmi atti a questo arduo compito sono realizzati dalla società Sequoia Automation. In passato, in Italia, è stato proprio l’aspetto informatico a mettere in luce il KiteGen più che quello energetico.
Se si ascolta per intero il video di Superquark, tra i dettagli non scientifici della vicenda è presente quello della lentezza dei finanziamenti, in questo caso per il prototipo di cui si parlò nel 2010 questi sono arrivati ben sei anni dopo l’averli vinti! Perché la strada di quest’ingegnosa fonte alternativa è stata così lunga? Complotti? Molto probabilmente per ragioni più prosaiche ma facilmente verificabili. In primis la realizzazione pratica del KiteGen, per i motivi finora esposti, ha dovuto attendere i giusti software e la necessaria preparazione tecnico-scientifica che questo progetto richiedeva.
Ci sono stati però veri e propri oppositori, curiosamente trasversali per quanto riguarda il livello culturale.
Un prototipo che andava costruito a Berzano S. Pietro, in provincia di Asti (Piemonte) non ha mai visto la luce perché le famiglie si sono opposte a causa, a quanto pare, della paura che gli aquiloni potessero cadere in testa a qualcuno; ma anche la Forestale era intervenuta lamentandosi che i lavori per il KiteGen stessero provocando l’abbattimento di troppi alberi.
Ad un livello più elevato, il progetto è stato indirettamente messo in discussione da uno studio del Max Planck Institute che dubita dell’idea in sé dello sfruttamento del vento troposferico. Massimo Ippolito (eseguendo un lavoro alla Enzo Pennetta, fatemelo dire) risponde argomentando sia sul piano metodologico sia scientifico alle obiezioni del Max Planck.
Sul piano metodologico Massimo Ippolito ci fa notare per esempio che:
Chi è abituato a leggere pubblicazioni scientifiche resterà sicuramente sorpreso dallo stesso titolo del paper, “Jet stream wind power as a renewable energy resource: little power, big impacts” che ne preannuncia lo spirito inspiegabilmente aggressivo.
Sul piano scientifico l’obiezione più interessante, a mio avviso, è la seguente:
Cito infatti dalla loro pubblicazione: “Our estimate for maximum sustainable extraction of kinetic energy from jet stream is 7.5 TW” (“La nostra stima per la massima e sostenibile estrazione di energia cinetica dal jet stream è di 7,5 TeraWatt”). Tuttavia tale pur pessimistico limite di 7.5 TeraWatt, della nobile e preziosa energia elettrica, è di gran lunga superiore all’intero fabbisogno umano primario!
Fortunatamente per il KiteGen il futuro appare positivo, infatti per il 2016 la KiteGen Venture punta all’internazionalizzazione del progetto, cioè l’apertura dell’azienda verso i mercati esteri e la valutazione dell’apertura di nuove succursali, oltre che l’avvio dei lavori per la creazione della prima farm operativa.
Tornando all’anno corrente, in Italia, una tiepida buona notizia è rappresentata dalla risoluzione parlamentare del 2 Aprile, la quale propone iniziative in favore del riconoscimento dello sfruttamento del vento troposferico come fonte di energia rinnovabile. La risoluzione ha per primo firmatario Ivan Della Valle (Movimento 5 Stelle) e il suo destinatario è il viceministro Claudio De Vincenti.
Devo far notare però la struttura a scatole cinesi (è una risoluzione su un impegno su iniziative sul riconoscimento di una cosa) e il fatto che il viceministro dovrà prima verificare se si può far inserire eventuali incentivi per tale progetto in quelli già previsti per il normale eolico, cioè se si può evitare un finanziamento a parte, in pratica.
In sintesi, la fisica è nota, i materiali esistono, il progetto pure, il prototipo anche, ma credo che valga ancora quanto detto nel 2012 da Il Sole 24 Ore:
Il limite vero, però, potrebbe essere quello dei finanziamenti da attrarre. «Noi siamo stati dei veri pionieri, anche se ormai abbiamo acquisito un robusto bagaglio di competenze», sostiene Ippolito, «e questo sistema può davvero superare i vincoli che limitano le altre forme di energie rinnovabili. Ma c’è bisogno di crederci e di investirci, per farlo crescere come merita».
È stato chiaro per voi il contenuto di questo articolo? Se la risposta è sì, vi faccio i miei complimenti perché nell’articolo in cui Massimo Ippolito risponde al Max Planck Institute ho riscoperto questo studio del linguista Tullio De Mauro: viene detto (notizia tragica) che il 71% della popolazione italiana non sa comprendere un testo italiano di media difficoltà (anche se magari lo sa leggere, tale circostanza è infatti detta anche analfabetismo di ritorno, si veda anche Analfabetismo funzionale. Complimenti ancora quindi a voi che appartenete a quella minoranza piccola ma forte, come lo può essere un’idea che abbia avuto una banalissima fonte di ispirazione ma che può farci sognare ad alta quota.
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28 commenti
Geniale!!! Se tutto quadra e i costi sono quelli dichiarati io dico che è solo questione di tempo. Complimenti a Max, davvero! Queste sono cose che entusiasmano e a quelli che hanno il timore che l’aquilone (impropriamente detto) cada in testa a qualcuno risponderei che le tecnologie adottate scongiurano il problema. Sperem
Chiarito che non è il “nostro” Max, i complimente restano tutti per l’altro Massimo, che visto nel video facevo assai fatica a vedere come un gendarme antigender del livello del nostro.
Non vorrei aprire un OT, ma la domanda sorge spontanea: ci vuole un certo fisico o titolo di studio per essere antigender?
Non credo proprio, la mia è stata solo una sensazione di pelle, sai di quelle che ti pare di essere in sintonia con una certa persona? Mi son detto, strano che uno così sia bigottone, e che scriva certe cose… Non mi sono sbagliato, visto che certe cose le scrive l’altro, il Max de noantri, che ormai conosciamo così bene da non identificarlo con una certa tipologia di persona che mi pareva tutto, ma non gendarme antigender…
Bigottone?
A parte l’OT che sporca questo bellissimo articolo, mi sembra che la scusa del bigottismo nasconda una difesa degli sfruttatori delle donne povere e dei mercanti di bambini, questo è il ruolo che ti stai ritagliando Cipriani.
Se va bene a te…
Menti sapendo di mentire, Enzo. Tu sai bene a cosa mi riferisco col termine bigottone, e sai benissimo che non difendo l’indifendibile, in quanto ho già esposto chiaramente come la penso riguardo a uteri in affitto e mercificazione di indifesi… Se ho sporcato per così poco, credo che manchi il senso della misura qui. Forse per questo tanti sono passati e si sono stufati? Forse si, soprattutto se penso che le violenze verbali dei tuoi, Simon in primis, passano sempre senza troppi richiami… Ma non mi meraviglia, questa è terra di bigottoni, anche se non sempre, e i non bigotti subiscono selezione naturale… Amen
Giuseppe, dimmi cosa c’entrava tirare fuori quell’argomento in questo post, la vera fissazione la mostri tu, oltre ad uno strabismo che ti porta a vedere l’aspetto sessuale del gender e ad ignorare sistematicamente le ricadute, che sono quello che a noi interessa.
Per il resto mi sembra che ai suoi tempi anche Leonetto non ci andasse tanto per il sottile, ci si a chi vuole esserci.
A domanda spontanea di Htagliato, che potevo ignorare dal momento che era provocatoria, ho risposto com’è nelle mie corde… A te chiedevo solo di rimanere sul pezzo, cioè sulle mie posizioni nette riguardo all’argomento utero in affitto, ma ho preteso troppo evidentemente. Sul Leonetto, e sul suo stile, stenderei un velo pietoso. Lo spero felice a pescare e a meditare, come vorrei facesse il buon Simon, che solo perchè si nasconde sotto un nick name si permette di dire certe cose. Altro che maroni!
No Giuseppe, l’argomento l’hai introdotto tu, rileggiti gli interventi, htagliato ti ha solo risposto.
Visto che sei certosino, bigottone l’ho introdotto in seconda battuta, nella risposta ad Htagliato. Nell’intro polemica mi limitavo a gendarmer antigender, e mi sarei fermato, se non ci fosse stato il desiderio di polemizzare OT da parte del tuo pupillo. Visto che quando vuoi sai essere attento e precisino come una che lavora a maglia, dimmi intanto, se non ti costa darmi troppo ragione, se è vero o non è vero che sull’utero in affitto la penso come voi. Tutto il resto, lo ammetto, è sterile polemica, ma non è che voi vi tiriate indietro… Altro amen
Quindi secondo te “gendarmer antigender” doveva passare senza neanche un commentino?
Ammettere che sei tu che hai sempre in testa stà cosa no?
Ed ammettere che, aspetto ben più importante, la penso come voi, manco?
Dai, diciamo che le rispettive ideologie ci fanno scontrare su questioni come queste… Gendarmer l’ho mutuato dalle famose sentinelle che odiano le sedie, sempre in campo paramilitare siamo, no? Rilassiamoci tutti, che tra poco è Natale e dobbiamo essere più buoni.
Un gigantesco e rumorosissimo applauso per Max. Complimenti!
Un’idea semplicemente geniale! Ben altro che il fumo della COP21, anche se, speriamo, un effetto della COP21 dovrebbe essere quello di indurre gli adeguati investimenti a favore di tale idea!
Bello.
Sarebbe interessante specificare se la kitegen sta collaborando con qualche pesce grosso o sta nuotando sola nel burrascoso mare dell’industria energetica..
Giusto per farsi un idea sui tempi
Ciao,
Scusate se intervengo. Solo per chiarire che non sono io l’industriale esperto in meccatronica. Mi chiamo come lui, son di Torino come lui. Ma i punti di contatto finiscono qui. mi unisco ai C omplimenti rivolti a Massimo Ippolito (l’altro).
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Io ho equivocato. In effetti però non mi tornava la biografia di Max (quella che recitava “Sopravvissuto ad un’infanzia..” ecc, tra l’altro non più disponibile) con quella di industriale meccatronico. Non c’ho badato troppo e ho sbagliato. All’inventore i complimenti restano e a Max lo stesso applauso uguale uguale per tutto il resto.
Salve,
mi complimento con il signor Massimo Ippolito, e rendo anche grazie ad htagliato per questo interessante articolo. E’ riuscito quasi ad entusiasmarmi (è un gran complimento: difatti, per il mio pessimismo, sono abbastanza indifferente e diffidente al riguardo delle energie rinnovabili).
Pur essendone abbastanza ignorante, mi piace molto non solo la tecnologia in sé (però non a livello banale e materialistico, della serie cellulari ed altri apparecchij infernali) ma soprattutto il senso della continuità fra avanzamento teorico ed applicazione.
Abbastanza inquietante la chiusa sul l’analfabetismo di ritorno degli italiani. Io ne ho le prove tutti i giorni, uh…
Sono lieto di averla (quasi) entusiasmato, nell’articolo non ho nascosto quello che ho provato nell’approfondire questa invenzione, anche se dobbiamo ancora aspettare, la politica è lenta.
Bell’articolo!
Grazie, Koala!
Stimolato dalla notizia, ho cercato di capire meglio e ho approfondito… A distanza di anni dal seme iniziale l’idea ha prodotto ancora nulla. Da un certo punto di vista spiace, perché se le premesse sono oneste e i calcoli certi dovrebbe trattarsi di una bella intuizione e di una scoperta applicabile su larga scala.
Cosa sta capitando, invece?
Questo potrebbe essere uno spunto per un secondo articolo che approfondisca i termini del discorso, magari una bella intervista all’ingegner Ippolito, un secondo articolo che non sia solo promozionale, ma che spieghi con vero spirito critico, per domande e risposte, quelli che sono i limiti applicativi che finora hanno impedito che anche un solo impianto Kitegen sia già in opera.
Vedremo in futuro cosa possiamo fare.
incuriosiva anche me questo aspetto poi ho letto la risposta, questa che segue è solo una frase che è stata postata sembra proprio da Ippolito in una lunga lettera nella mailing list di reteenergie che è o dice di essere socia di KiteGen.
<>
AVVISO TECNICO PER LEO:
Quando in un commento qualcosa viene scritto dentro <> purtroppo WordPress lo fa sparire, meglio usare ” “
eccolo:
“Queste sono le promesse già validate dell’eolico troposferico, però siamo in presenza di un ostacolo iniziale che consiste nel dover agganciare il naturale processo di apprendimento tecnologico senza poter contare sul supporto di una tariffa incentivante tanto meno di supporti pubblici all’innovazione quindi le macchine per avere un futuro devono nascere già competitive con le fonti fossili, ed il prezzo industriale dell’energia elettrica.
Questo è uno dei motivi che ci ha portato a progettare ali e macchine adeguate allo scopo con la potenza nominale di 3 MW ed abbandonare il perfezionamento di quelle da 40kW.
Se si avesse avuto la speranza di ottenere anche solo un supporto in conto energia anche per pochi anni, già le prime piccole macchine ancora allo stadio di ricerca se prodotte in più esemplari garantivano introiti a sufficienza per mantenere il processo evolutivo ed industriale, ma questo ci è stato purtroppo negato in quanto atipici nello scenario delle rinnovabili.”
Ringrazio HT per l’approfondimento. Seguo il progetto Kitegen da vari anni e da vari anni resto sempre della mia idea originaria, ovvero che la tecnica “andata e ritorno” messa a punto dall’inventore (Massimo Ippolito) potrebbe avere un utilizzo molto ma molto più efficace e con ritorno economico maggiore nell’acqua e non nell’aria (a parità di superficie e velocità del flusso fra le forze in gioco c’é una enorme differenza tenuto conto del maggior peso specifico dell’acqua). Mi vien da pensare, ad esempio, ad applicazioni lungo canali di scarico artificiali montani o in determinati ambienti acquatici come lo stretto di Messina.
In ogni caso auguro ogni bene ad Ippolito se non altro per il coraggio dimostrato a buttarsi su un progetto con grandi prospettive ma anche con grandi incognite.