Il 18 luglio è stato pubblicato su Scientific American un articolo dal titolo “15 Answers to Creationist Nonsense“, un pezzo che già dal titolo è fuorviante in quanto gli argomenti trattati non sono obiezioni a favore del creazionismo.
Proposizione critica N°2 e relativa risposta di Le Scienze:
La selezione naturale si basa su un ragionamento circolare: i più forti sono quelli che sopravvivono, e quelli che sopravvivono sono considerati più adatti.
“La sopravvivenza del più adatto” è un modo colloquiale per descrivere la selezione naturale, ma una descrizione più tecnica parla di percentuali differenziate di sopravvivenza e riproduzione. Invece di etichettare le specie come più o meno adatte, insomma, si può descrivere in che modo è più probabile lasciare molti figli in determinate circostanze. Mettete su un isola ricca di semi una coppia di fringuelli dal becco piccolo, che impiegano poco tempo ad allevare i pulcini, e una copia di fringuelli dal becco grosso, che li alleva più a lungo. Nel giro di poche generazioni i fringuelli “più veloci” possono controllare più risorse alimentari. Anche se quelli dai becchi grandi schiacciano più facilmente i semi, il vantaggio è annullato dall’allevamento più lento. In uno studio pionieristico sui fringuelli delle isole Galapagos, Peter R. Grant della Princeton University ha osservato questo tipo di cambiamenti nelle popolazioni naturali.La chiave è che il fitness adattativo può essere definito senza fare riferimento alla sopravvivenza: i becchi grandi sono più adatti a frantumare semi, indipendentemente dal fatto che in determinate circostanze quel tratto abbia un valore di sopravvivenza.
La risposta data all’obiezione che la selezione naturale sia un ragionamento circolare è nella sostituzione della locuzione ‘sopravvivenza del più adatto’ con ‘sopravvivenza di chi lascia più figli’.
A questo si potrebbe obiettare che chi lascia più figli innanzitutto deve essere adatto all’ambiente, tanto da arrivare all’età della riproduzione, e solo poi potrà fare molti figli, e le due cose insieme possono essere definite come le caratteristiche di chi è più adatto a lasciare dei discendenti. Insomma, fare molti figli è un modo per essere ‘adatti’ ad avere discendenti, la spiegazione data non risolve quindi il problema: la selezione naturale, è tautologica o no?
Al riguardo inizialmente Karl Popper (nel 1976) affermava:
…the theory of natural selection is not a testable scientific theory, but a metaphysical research programme; . . . [Popper, 1976, p. 151]
(…la teoria della selezione naturale non è una teoria scientifica testabile, ma un programma di ricerca metafisico…)
La selezione naturale veniva definita non testabile, ma successivamente, però, cambiò idea:
I have changed my mind about the testability and logical status of the theory of natural selection; and I am glad to have an opportunity to make a recantation. . . . [p. 345]
The theory of natural selection may be so formulated that it is far from tautological. In this case it is not only testable, but it turns out to be not strictly universally true. There seem to be exceptions, as with so many biological theories; and considering the random character of the variations on which natural selection operates, the occurrence of exceptions is not surprising. [p. 346]
(Ho cambiato idea sulla testabilità e sullo stato logico della teoria della selezione naturale; e sono lieto di avere avuto la possibilità di fare una ritrattazione…
La teoria della selezione naturale può essere così formulata che è lontana dall’essere tautologica. In questo caso non solo è testabile, ma viene fuori che che non è neanche universalmente vera. Sembra che esistano eccezioni, così come in molte teorie bioogiche; e considerando i caratteri casuali delle variazioni su cui la selezione opera, il verificarsi di eccezioni non sorprende.)
In che senso la selezione naturale è stata poi ritenuta non tautologica e testabile? Rifacendoci all’esempio riportato da Le Scienze, la selezione può essere soggetta ad una predizione, in questo caso su quale sarà, fra le due, la specie di fringuello che sopravviverà: a sopravvivere sarà quello che unirà la combinazione migliore tra forma del becco più adatta e velocità di allevamento della prole. E su questo è possibile fare delle previsioni riguardo chi abbia il mix più efficace.
Appurato in che modo la selezione naturale può essere testata, a quali conclusioni porterebbe una tale verifica?
L’efficacia della selezione naturale non implica che essa conduca all’evoluzione. Al riguardo basta ricordare che il concetto di selezione naturale fu proposto per la prima volta da Edward Blyth tra il 1835 e il 1837, ma nella sua concezione si trattava di un’agente stabilizzante che, eliminando i discendenti con modifiche, avrebbe ricondotto la specie alle caratteristiche originali. Questo fenomeno è noto come selezione stabilizzante:
L’esistenza, e la testabilità del fenomeno della selezione naturale non quindi è in sé una prova che essa sia necessariamente legata all’evoluzione, anzi, per Blyth era legata alla stabilizzazione delle specie esistenti.
La possibilità che la selezione produca evoluzione è legata alle selezioni definite direzionali:
Come si vede dalla figura, solo con la pressione selettiva su una delle due code si può avere uno spostamento che conduca ad un esito evolutivo. Ma in realtà la figura sopra riportata contiene un errore, infatti la parte della curva che supera i limiti della popolazione iniziale (quella oltre la linea rossa) non dovrebbe essere presente:
Affinché la parte oltre la linea rossa possa esistere devono essere apparsi dei nuovi caratteri, ma questa comparsa la selezione non la può spiegare. Il caso più conosciuto di selezione direzionale che però non conduce all’evoluzione è quello della farfalla Biston betularia, che però viene erroneamente presentata come caso di evoluzione:
Anche compiendo il passaggio operato da Popper, arriviamo quindi alla conclusione che la selezione naturale può intervenire solo dopo che nuovi caratteri siano apparsi, cioè affinché la selezione produca evoluzione è necessario che siano comparsi dei nuovi caratteri, in assenza di essi non esiste evoluzione.
In conclusione, la selezione in assenza di nuovi caratteri porta alla stabilizzazione di una specie o alla sua estinzione, in nessun caso all’evoluzione.
La testabilità della selezione non è dunque un argomento a favore della teoria darwiniana più di quanto non lo sia a favore della fissità delle specie.
Siamo di fatto ancora fermi a quanto affermava a fine ottocento lo zoologo Theodor Eimer:
…Theodor Eimer evidenziava il fatto che la selezione naturale non spiega l’origine delle nuove caratteristiche, limitandosi invece a spiegare come esse si affermino; concludeva infine affermando che prima che qualcosa possa essere selezionato deve innanzitutto esistere: «Il principio di utilità di Darwin non spiega l’origine prima delle nuove proprietà. Esso spiega soltanto e anche parzialmente l’accrescersi e l’affermarsi di queste proprietà. Prima che alcunché sia utile, occorre innanzitutto che esista»
Da Inchiesta sul darwinismo, pag. 97
Il nucleo di una teoria dell’evoluzione è l’origine dei nuovi caratteri, non la selezione naturale.
E la contestazione della rilevanza di quest’ultima, non ha nulla a che vedere con il creazionismo.
Collegamento alla prima parte: http://www.enzopennetta.it/2015/09/quindici-risposte-al-non-senso-darwinista-1/
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153 commenti
Mi sembra al contrario piuttosto semplice verificare l’ipotesi Darwinista di mutazioni casuali.
La definizione di mutazioni casuali e’ che sono indipendenti dalla fitness.
Come si fa vedere nella figura (b) delle farfalle, se l’origine della mutazione e’ indipendente dalla fitness si avra’ una gaussiana simmetrica. Altrimenti una distribuzione asimmetrica in cui si tende verso la migliore fitness.
Basta approntare una simulazione semplicissima per ottienere una distribuzione teorica di popolazione mutata da confrontare coi dati sperimentali.
Sarebbe curioso vedere le predizioni di speciazione parapratica e simpatrica un eventuale modello determinista.
In un paio di wekeend piovoso una simulazione cosi’ semplice la si programma…
Buongiorno Do, le mutazioni casuali sono verificabili e verificate nella microevoluzione, ma non è di questo che ci stiamo occupando, riguardo alla macroevoluzione non solo non sono mai state osservate mutazioni con nascita di nuovi caratteri, ma il loro verificarsi si scontra contro una probabilità proibitiva.
Il modello da lei proposto di una popolazione mutata scavalca la fase critica dell’origine dei nuovi caratteri. Come vede siamo ancora fermi a quello che diceva Theodor Eimer…
Buongiorno a voi!
“Riguardo alla macroevoluzione non solo non sono mai state osservate mutazioni con nascita di nuovi caratteri.”
Come no: esistono in natura diverse specie.
Ammesso e non concesso che non si sia osservata la speciazione nel mentre avvenga (non lo so francamente, mi fido ma la letteratura in merito e’ veramente vasta), e’ comunque possibile fare confronti fra teoria ed esperimento analizzando i dati che ora abbiamo a disposizione.
Ad esempio e’ ovvio che gli uccelli delle galapagos si siano evoluti per una speciazione a seguito di isolamento. Ergo, la distribuzione di popolazione e’ piuttosto indipendente dal meccanismo sottostante la speciazione.
Tuttavia ad esempio esisteranno farfalle dell’amazzonia che si sono speciate nello stesso habitat per deriva genetica, per quella che viene definita speciazione simpatrica.
La frequenza delle speciazioni simpatriche, e le popolazioni associate alle diverse specie, e’ sicuramente strettamente correlata al meccanismo di speciazione in questi casi.
Cioe’: supponiamo che la speciazione fra le diverse farfalle avvenga in seguito ad accumulazione di piccole mutazioni casuali, seguita dalla selezione naturale. La distribuzione rispetto a N generazioni, per questi processi e’, rispetto alla fitness, una gaussiana simmetrica. Ergo avremo che solo un’accumulazione di diverse parti della coda della gaussiana, dopo N^N ‘generazioni determina una speciazione simpatrica, ed e’ possibile calibrare quindi una frequenza con cui questo accade.
Supponiamo di contrasto che la speciazione avviene con un meccanismo diverso, a piacere. Magari Lamarckiano, magari qualcosa che non mi viene in mente. Ma essendo un meccanismo scientifico e pure deterministico (o parzialmente tale), ha una certa probabilita’ di avvenire o avviene entro certe condizioni.
A questo punto, la distribuzione delle popolazioni a seguito di N generazioni sara’ diversa da una gaussiana simmetrica, sara’ una gaussiana distorta, fino a una funzione a gradino…
Dopo aver eseguito questa cosa per le farfalle dell’amazzonia e magari averle usate per “calibrare” la frequenza dei due processi, prendiamo altri casi di speciazione simpatrica, chesso’ i vermi dello Utah o i moscerini canadesi.
E’ una cosa perfettamente matematica a questo punto: abbiamo due modelli, che eseguono differenti predizioni numeriche, rispetto a popolazioni gia’ in atto e vediamo qual’e’ piu’ conforme ai dati di distribuzione delle diverse specie che sono gia’ state speciate chissa’quantotempofa ma di cui oggi abbiamo distribuzione di popolazione.
E’ una cosa, almeno in termini di critica cosi’ feroce, veramente semplice. Ci ho messo di piu’ a descriverla in questo post che a scrivere un programma in C++ che simuli la cosa e stabilisca le distribuzioni di diverse popolazioni dopo N generazioni e il numero di specie differenziate nella stessa nicchia ecologica.
Non so se i dati sperimentali poi siano affidabili, ma il programma da attuare per una “critica scientifica” e’ piuttosto cristallino.
Come dice il mio nick, mutuando dal grande Yoda: Do, or do not. 😉
PS: come si fanno diversi paragrafi?
Do, mi sembra di capire (non sono certo di aver ben interpretato la sua lunga esposizione) che le simulazioni che proponi servano a verificare se la selezione possa effettivamente spostare le caratteristiche di una specie fino a farla evolvere, ma questo è quanto ho già mostrato con la selezione direzionale, ma sarebbe la stessa cosa per una divergente, e ripeto che non è questo il problema.
Il problema è che le mutazioni non allungano le code della gaussiana, se non a livello di microevoluzione.
Dico solo che e’ facilmente possibile testare ipotesi sull’origine delle mutazioni, tanto di micro, quanto di macroevoluzione, dato che a diverse ipotesi corrisponderanno diversi risultati nel numero e qualita’ delle specie presenti che e’ possibile prevedere con una trattazione simulata.
A quel punto e’ possibile confrontare tale trattazione simulata coi dati sperimentali disponibili.
Quindi le diverse ipotesi sull’origine della speciazione sono facilmente falsificabili, una volta che uno costruisce una matematica e una simulazione sufficientemente robusta.
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Secondo il Darwinismo attualmente non si puo’ prevedere “quando” emergera’ una nuova specie, ne’ “come”, ma “quante” nuove specie emergono, con quale varieta’, in certe condizioni si’. (e questo non la rende poco scientifica, allo stesso modo in cui la termodinamica non puo’ prevedere “quando e quale” particella di gas si depositera’ sul film, ma puo’ prevedere quante, date le condizioni).
Secondo la teoria Pennetta mi pare di capire sia possibile, anche se ancora da sviluppare, il “quando” e il “come”, ma tanto vale iniziare a confrontare il “quanto”…
Quindi, supponiamo che costruisco un simulatore di evoluzione. Il meccanismo che determina la deriva dei caratteri nei simulatori e’ “casuale”, cioe’ non dipende dalla fitness ne’ e’ direzionabile da altri fattori esterni.
Una funzione random gaussiana simmetrica per la generazione dei nuovi caratteri.
Quale sarebbe l’equazione da inserire anziche’ un numero random?
Avete fatto questa prova?
Prof. Pennetta la seguo da tempo oramai pur intervenendo di rado. Una cosa che non ho mai capito è la differenza riportata tra micro-macro evoluzione. Voglio dire lo vedo anch’io che la vita esiste in molteplici forme e varietà e che se accettiamo l’assioma di fondo di un universo logicamente organizzato e conoscibile, allora tale ordine deve anche riflettersi nel fenomeno vita al pari della nucleosintesi stellare di cui diceva il prof. Masiero nell’articolo precedente.
Se cioè accetto una spiegazione di un fenomeno in piccolo non vedo perchè rifiutarla in grande. Prevengo una obiezione ad esempio che la relatività funzioni solo “in grande” ossia che fenomeni relativistici diventino rilevanti solo a velocità prossime a c; ma ciò è un chiaro fraintendimento, la relatività funziona anche alla velocità cui viaggia l’automobile solo che la fisica newtoniana la approssima più che egregiamente, cioè sul piano pratico non c’è alcuna differenza utile.
Resta tuttavia sbagliato pensare oggi che esista una forza di gravità così come Newton la descrisse, bisognerebbe pensare che non sia una forza che mi attira bensì che sia la curvatura dello spazio a schiacciarmi letteralmente, poi all’atto pratico torno a dire la posizione è intercambiabile.
Similmente se accetto una microevoluzione mi pare di essere obbligato ad accettare anche il fratello maggiore. traggo spunto dai miei studi: se ceteris paribus riconosco che un polimorfismo in un trasportatore ABC (che sono trasportatori per xenobiotici) è responsabile della velocità con cui farmaco raggiunge una concentrazione ematica, ad esempio, e che al genotipo 1 corrisponde un metabolizzatore rapido al genotipo 2 uno lento e al genotipo 3 un knock-out che si avvelena perchè non riesce a eliminare il farmaco; e che tali caratteri si generano da mutazione casuali a carico del o degli esoni per ABC bè io ho a mio modesto avviso un nuovo carattere; ciò perchè posso in un setting adatto stimare la diversità statisticamente significativa di quel marker indiretto che è la concentrazione ematica del farmaco correlata alla diversità di carattere nel supposto gene o pool di geni per ABC, mi pare abbastanza solida e come metodologia e come prova del meccanismo.
Chiaro che se come nuovo carattere pretendo che mi spuntino tre paia d’ali come i serafini, bè ho scarse speranze.
Quindi tutto sto panegirico per chiedere perchè stabilire una differenza micro-macro? Sulla base di cosa stabiliamo tale differenza?
A me pare che il rifiuto debba essere totale, oppure totale debba essere l’accettazione, non riesco a ravvisare il senso di dire fin qui sì da qui in poi no.
Ecco non riesco a trovare risposta perciò chiedo numi.
Non ho capito niente dei polimorfismi, ma appunto questo e’ l’altro punto.
Ammesso e non concesso che l’equazione Pennetta (ammesso che esista) nella simulazione definita sopra restituisca dei risultati buoni. C’e’ un passo epistemologico nel dover considerare un nuovo processo. O si riesce a far emergere questo nuovo processo dalla scala inferiore, altrimenti deve dare dei risultati veramente insperabilmente migliori, o predirre cose che non sono intrinsecamente predicibili in altre teorie, per dire che “funziona veramente cosi’ e la micro-teoria e’ sbagliata!”.
Ad esempio in ingegneria e’ ovvio che si fanno teorie specifiche per problemi specifici, teorie efficaci che vengono da FIT globali e che non si riconducono banalmente alla meccanica newtoniana o alla idrodinamica… Pero’ e’ ovvio che questi FIT globali non rappresentano il vero processo fondamentale, che e’ Navier-Stokes, e’ solo che dato che le equazioni di Navier-Stokes sono un casino allora usiamo delle parametrizzazioni che prendano in input caratteristiche fenomenologiche globali (angolo di attacco, spessore…etc…) anziche’ risolvere l’equazioni perche’ risolvere le equazioni sarebbe costoso, e non raggiungerebbe un miglior risultato perche’ anche col miglior computer del mondo si devono introdurre approssimazioni e si e’ in balia rumore numerico.
Pero’ nessun ingegnere viene a dire ai Fisici che la teoria idrodinamica e’ sbagliata perche’ la parametrizzazione del profilo alare a cubic splines ottiene risultati migliori di un risolutore Navier-Stokes su reticolo.
Allora l’esempio sui polimorfismi l’ho scelto proprio per il prof. dati i suoi studi, cmq l’ho semplificato ai minimi termini per renderlo più accessibile a tutti. Quanto al tuo apragone con Navier-Stokes dici esattamente la stesa cosa che dico io su relatività e fisica newtoniana, nella vita di ogni giorno usi una semplificazione che ti dà il risultato migliore costo/beneficio e sono d’accordo, però formalmente il calcolo “esatto” è quello che passa per le equazioni di Navier-Stokes, infatti se vai a scavare tra il metodo che praticamente usi e le equazioni di Navier-Stokes c’è accordo, il che è chiaro non sorprende poichè parametrizzi a partire da quelle.
Nel caso dell’evoluzione micro-macro invece no! Per come l’ho capita io si dice: a livello micro Darwin cioè mutazione casuale e selezione funziona, a livello macro No! Ma allora delle due l’una o non funziona nè in piccolo nè in grande o se funziona in piccolo posso tuttalpiù asserire che non so come passare in grande ma la strada resta quella tracciata in piccolo.
Esatto, il metodo parametrizzato. Pero’ attenzione, non e’ sempre parametrizzato a partire da Navier-Stokes. Al contrario non tutti sono sempre derivabile da esse: ci sono sistemi con pessime condizioni al contorno (ad esempio l’interno di un motore a combustione, ha una forma strana!), il che non e’ molto simpatico nei confronti delle equazioni differenziali. Pero’ qualsiasi parametrizzazione di ordine superiore ci si puo’ inventare, concorda filosoficamente con N-S.
A meno di non fornire della potenzialita’ predittiva che, anche filosoficamente, non e’ presente in N-S.
Per lo stesso motivo un eventuale teoria della macro-evoluzione, dovrebbe obbligatoriamente concordare con la teoria della micro-evoluzione in quanto e’ la natura epistemologica delle teorie efficaci.
A meno di non essere piu’ predittiva di quest’ultima, e neppure piu’ predittiva in termini quantitativi (predirre meglio la distribuzione delle popolazioni) ma proprio qualitativi: predirre caratteristiche che nella teoria della micro-evoluzione non sono contemplate come predicibili, ad esempio come e quando avverra’ una mutazione.
Ok praticamente siamo d’accordo che è necessaria coerenza a tutti i livelli il che non dovrebbe stupire alcuno.
Andreax, l’errore riguardo questo argomento è concettuale ed è nel ritenere che la microevoluzione abbia realmente qualcosa a che vedere con la macroevoluzione, ma probabilmente sarebbe più giusto non chiamarla nemmeno evoluzione.
Quella che viene chiamata microevoluzione è infatti una serie di modifiche casuali che introducono un “fruscio” nel segnale dell’informazione al’interno di una stessa specie, quindi che evoluzione è?
Se ad esempio ho una registrazione su un DVD e questo viene rigato e fruscia cosa faccio, dico che si è evoluto?
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L’evoluzione vera invece è seguente alla nascita di intere nuove funzioni o organi: il mio DVD adesso ha una scena diversa o una scena in più…
Spero di essere stato chiaro.
Ok quindi la cosiddetta “microevoluzione” per lei non è evoluzione darwiniana, anzi non è evoluzione proprio per niente; perchè se ritiene questo c’è coerenza.
C’è da dire però che esistono fenomeni che non depongono esattamente a favore dell’asserzione di cui sopra, ossia che la mutazione distrugga l’informazione e non ne generi di nuova, è tutto da dimostrare. Ad esempio è arcinoto che le infezioni nosocomiali sono difficili da debellare proprio perchè i batteri in questione hanno una spiccata resistenza ai betalattamici tant’è che si è spesso costretti “a ricorre ai triari” e diamo la vancomicina o associazione.
Allora la domanda diventa tale resistenza come viene fuori?
@Andreax,
la resistenza agli antibiotici non è un carattere nuovo e per un semplice motivo.
Se infatti la popoloazione iniziale non avesse già una piccola percentuale di resistenti all’antibiotico ne risulterebbe totalmente eliminata e quindi una popolazione estinta non si evolve (lapalissiano).
La resistenza agli antibiotici è solo un esempio di selezione naturale con riduzione di variabilità genetica, non di evoluzione.
Prof. in parte sono d’accordo e sapevo mi avrebbe risposto così, ma allora le chiedo se questo implica logicamente il credere che esistano batteri resistenti agli antibiotici dalla notte dei tempi, da milioni di milioni di anni, da ben prima della scoperta della penicillina nonchè della comparsa di Penicilium stesso.
Cioè se non sia tutto già semplicemente scritto.
Mi occupo di informatica fin dal 1970 e quando si cominciò a parlare di ‘algoritmi genetici’ feci parecchie prove non perché mi interessasse l’evoluzione ma perché volevo vedere se si poteva migliorare la soluzione di alcuni problemi (ad esempio quello detto ‘ del commesso viaggiatore’). Si tratta di problemi nei quali si possono trovare e valutare moltissime soluzioni ma è difficile trovare la migliore. Si trattava quindi di partire da alcune soluzioni a caso ed ‘accoppiare i geni’ di quelle migliori ottenendo una nuova generazione su cui ripetere il procedimento. Dopo vari tentativi ho smesso perché l’evoluzione era minima e non portava ad individuare la soluzione migliore od almeno una molto buona.
Grazie Andrea.
Oggi gli algoritmi genetici sono molto migliorati, e sono efficientissimi e utilizzati in moltissime applicazioni.
Questo è ottenuto da un amatore con un progetto opensource molto semplice che spiega passo passo: https://www.youtube.com/watch?v=qv6UVOQ0F44
Famosa è l’ultimo progresso di Google che ha creato un algoritmo genetico capace di giocare a dozzine di giochi “classici” a livelli di abilità pari o superiori all’uomo senza alcun hardcoding.
http://www.nature.com/news/game-playing-software-holds-lessons-for-neuroscience-1.16979
Però c’entra relativamente con l’evoluzione. Nel senso è ovvio che gli algoritmi genetici sono generalmente tarati sul problema da tenere in considerazione e generamente la sopravvivenza è posta rispetto a un requisito rigido mentre in evoluzione chi viene selezionato dipende dall’habitat che si forma anche sempre a causa dell’evoluzione. E’ un problema genetico autoconsistente.
Però da un algoritmo genetico semplice si potrebbe generalmente costruire e usare come base per rispondere alla mia domanda.
PS: un altro mio commento è stato posto in moderazione… credevo fosse scaduto il tempo, ma vedo altri postare…
Non sono biologo/fisico/etc quindi mi scuserete se i termini che userò non saranno quelli squisitamente tecnici. La selezione naturale non è il “motore” dell’evoluzione ma potrebbe essere che incanali le caratteristiche genetiche verso una direzione nel senso che affina sempre più una parte/organo/morfologia dell’animale sommando le caratteristiche genetiche in quella parte/organo/morfologia? Non parlo di finalismo ma di una sorta di Lamarckismo. Questo renderebbe la selezione un componente attivo dell’evoluzione? Grazie.
In questo senso si, la selezione naturale diventerebbe un componente attivo del processo evolutivo. Considera che molte delle attuali ipotesi neolamarchiane sono legate al processo di selezione naturale, molto più di alcune posizioni neodarwiniste di interpretazione gouldiana, che danno al potere della selezione un valore decisamente più limitato. In questo caso viene dato più risalto a processi come la contingenza storica e la speciazione allopatrica.
Qualsiasi cosa faccia la selezione naturale (incanalare, stabilizzare, diversificare eccetera) lo può fare su ciò che già c’è, per cui il primo passo per qualsiasi tipo di variazione dei caratteri non deve essere attribuito ad essa, di conseguenza, NON è un componente attivo.
@Htagliato
Domanda: La selezione è attiva nel senso che costringe i caratteri a lavorare in un range sempre più stretto “costringendo” o “favorendo” così la variazione dei caratteri in maniera utile ad un aumento di fitness. Un po’ come trovare una soluzione (senza saperlo) andando per esclusione?
Mi scusi per il ritardo, ho avuto da fare in questi giorni.
Ciò che causa la variazione dei caratteri, ripeto, non c’entra con la selezione naturale, essa conferma oppure no un carattere quando la mutazione è già avvenuta. L’analogia che usa, inoltre, è di tipo finalistico, come se gli agenti mutageni fossero consapevoli dei caratteri che sono stati bocciati dalla selezione; non si sorprenda, però, i documentari sono i primi ad usare un linguaggio finalistico pur riferendosi al darwinismo.
Non posso che ribadire quanto detto da htagliato, e ancora una volta, siamo al punto di cui parlava Eimer: Prima che alcunché sia utile, occorre innanzitutto che esista.
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Riguardo al lamarckismo in esso la selezione naturale sarebbe comunque una componente naoga a quella del darwinismo in quanto il lmarckismo prevede come fattore fondamentale la presenza di una tendenza innata al progresso, il che esclude che le mutazioni possano essere casuali.
Come vediamo il vero cuore del problema non è la selezione ma l’origine dei nuovi caratteri.
Enzo, ma nel caso delle più recenti ipotesi lamarkiane (e con queste intendo tutte quelle ipotesi evoluzionistiche che mettono al primo posto processi di auto organizzazione), la selezione naturale non è l’agente principale che spinge i sistemi viventi verso l’auto organizzazione? Le mutazioni in questo caso non sono ovviamente “casuali”, nel senso di contingenti rispetto alle necessità ambientali, ma al contrario l’organismo evolve, seppur in base a meccanismi innati non meglio chiariti, in base a precise pressioni esterne. Non è anche questa selezione naturale?
Acquarius, se ammettiamo che esistano “meccanismi innati non meglio chiariti, in base a precise pressioni esterne”, cosa sulla quale potrebbe essere interessante lavorare, siamo comunque in una fase pre-intervento della selezione e quindi come possiamo dire che siano parte della selezione?
Un principio scientifico sta in “principio”, cioè non è ricavabile né dimostrabile. Esso non deve neanche essere evidente: pensiamo al principio d’inerzia (che è stato intuito solo 400 anni fa), o al principio di minima azione che, pur essendo il più potente principio scientifico che io conosca, non riuscirei a spiegare ad un liceale dell’ultimo anno in meno di due ore.
Un principio scientifico vale per le predizioni corroborate che può fare. Tutto qua.
Vorrei chiedere, pacatamente e umilmente, da ignorante di biologia, ad un ricercatore in biologia che ci legga 2 cose:
1) di enunciare il principio della selezione naturale, in parole semplici comprensibili da uno studente delle medie;
2) di comunicare una predizione, corroborata empiricamente, dello stesso principio.
Grazie in anticipo.
Facciamo finta che sia vero che “la selezione in assenza di nuovi caratteri porta alla stabilizzazione di una specie o alla sua estinzione, in nessun caso all’evoluzione”. Quindi, ne deduce lei, dimostrare che la selezione è testabile scientificamente, non c’entra nulla con la teoria dell’evoluzione.
Lei ha preso un singolo caso — selezione in assenza di nuovi tratti — per dire che dimostrare la selezione non dimostra anche l’evoluzione.
Cherry picking.
Perché i nuovi caratteri, derivanti dalle variazioni all’interno di una popolazione, esistono. In loro presenza la selezione porta all’evoluzione, come lei stesso ha dimostrato. Del resto lo stesso Popper, nella riga successiva a quella da lei citata, parla chiaramente di “variations on which natural selection operates”, quindi si stava chiaramente riferendo alla selezione in presenza di nuovi tratti.
Chiudo con alcune considerazioni:
– a quanto pare non ha più nulla da ridire (finalmente) sulla presunta tautologia della selezione naturale, visto che ne riconosce la testabilità;
– già che cita Popper, le suggerisco un’altra sua frase interessante, che segue di due righe quella da lei già riportata e che dimostra come, secondo lui, la selezione naturale è responsabile dell’evoluzione: “Yet in every particular case [the theory of natural selection] is a challenging research program to show how far natural selection can possibly be held responsible for the evolution of a particular organ or behavioral program”;
– il titolo dell’articolo de Le Scienze non è fuorviante, perché i creazionisti (come pure lei, prima di questo ultimo suo post) hanno sempre usato quello della tautologia come argomento contro la teoria dell’evoluzione;
– il nucleo della teoria dell’evoluzione è la discendenza con modificazioni da un antenato comune. Dire che il suo nucleo è l’origine dei nuovi caratteri è un trucco retorico per spostare il problema e poter poi dire “ecco, la teoria non funziona”.
Si potrebbe intendere la selezione come un catalizzatore dell’evoluzione? Grazie.
In che senso catalizzatore?
Premetto che stasera parto e sarò via fino a lunedì, e non so quanto tempo (e connessione) avrò per rispondere. Se non rispondo, quindi, non è per mancanza di argomenti 😉
Qualcosa che agevola la speciazione. Lo spiega meglio ACQUARIUS in un commento sopra: http://www.enzopennetta.it/2015/10/quindici-risposte-al-non-senso-darwinista-2/#comment-41393
Provi a guardare i link che ho messo in un commento più in basso, dovrebbero dare alcune spiegazioni di base (il terzo è un po’ più tosto).
Greylines, devo contraddirla, nessun “Cherry picking”, sembra che la maggior parte degli intervenuti qui non riesca a leggere la frase di Eimer, ma che fate la saltate a piè pari?
Il punto centrale del discorso sulla selezione è proprio che essa può avere un ruolo solo una volta che sia comparso qualcosa di nuovo da sottoporre al vaglio della selezione stessa.
La selezione ha lo stesso ruolo di una gara automobilistica nello stabilire la macchina migliore, ma i darwinisti sembrano dire che è la gara stessa la principale causa della produzione delle macchine e che esse in definitiva possano giungere sula linea dipartenza dopo essersi assemblate per caso, parafrasando il noto paragone di Fred Hoyle.
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La selezione più che tautologica è quindi inadeguata quando intesa come modo per spiegare l’origine dei nuovi caratteri in quanto essa agisce una volta che essi si siano formati, e al riguardo mi trovo a dover ancora una volta fare inoltre presente che il neodarwinismo funziona per la microevoluzine ma è del tutto insoddisfacente per spiegare la macroevoluzione.
Spostare l’attenzione sulla selezione naturale è poco più che un modo per concentrare l’attenzione su una parte del tutto marginale della questione: come si formano i nuovi caratteri, organi, funzioni ecc… da sottoporre alla selezione?
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L’articolo di Le Scienze è fuorviante, come buona parte della polemica contro i creazionisti, in quanto usato per far passare il concetto che le uniche obiezioni siano da parte creazionista e quindi liquidarle con una “reductio ad hitlerum”, come avrebbe detto Leo Strauss.
Mi piace molto il paragone delle macchine da corsa.
E’ molto facile stabilire se le macchine da corsa siano state assemblate a caso e poi evolute in base a chi vince la gara:
E’ possibile, specialmente guardando allo stato attuale delle cose semplicemente ai risultati della gara e alla fisiologia della macchina, che le modifiche siano casuali: d’altronde da una generazione all’altra cambia poco (per me che non sono appassionato almeno) e mi sembra che le auto non infrangano i record ogni anno.
Per verificare quale meccanismo evolutivo interessa le auto da gara, basta vedere quante generazioni di macchine servono per passare da un mucchio di ingranaggi che smuove pochi cm per volta, ai bolidi velocissimi di oggi.
Poi magari, una volta che si e’ stabilita l’efficienza del processo per la F1, confrontare in Gran Turismo. Se il margine di miglioramento per generazione e’ di tipologia simile in entrambi i casi, nonostante una selezione e habitat diverso, significa che c’e’ una progettualita’, altrimenti no.
E’ possibile di nuovo usare i computer per una simulazione, nel caso di ingranaggi casuali:
https://www.youtube.com/watch?v=GOFws_hhZs8
Con le automobili (ma anche con gli esseri viventi) siamo alla situazione che c’e’ verso la fine della serie di 4 video: la struttura e’ efficiente e stabilita.
Ora dato che non servono centinaia di generazioni di migliaia di automobili per guadagnare pochi punti percentuale di una macchina gia’ perfezionata, come alla fine del 4o video, si puo’ concludere che la magnitudine e’ incompatibile con una modifica casuale, e quindi che le auto sono progettate.
Ora possiamo adottare lo stesso ragionamento con la biologia, e, anche solo confrontando il fenotipo a cui abbiamo accesso ma non il meccanismo diretto, possiamo facilmente inferire almeno se la generazione di qualche caratteristica e’ stocasticamente indipendente dalla fitness, o meno.
Pero’ confrontando numeri con numeri, non parole con parole.
Allora, riassumiamo.
– L’articolo de Le Scienze parla dell’argomento della tautologia, dimostrando che è sbagliato. Cosa di cui si era convinto anche Popper, come lei giustamente riporta, e della quale mi par di capire si sia finalmente convinto anche lei.
Bene, procediamo.
– Si passa a parlare della testabilità della selezione naturale e lei sostiene che in assenza di nuovi caratteri la selezione non produce evoluzione. Facciamo finta che sia vero… e quindi? I nuovi caratteri esistono e quando lavora su di essi la selezione porta all’evoluzione. E anche questo lei lo ha confermato.
– In pratica, lei sta spostando il punto della questione da “la selezione naturale è testabile?” a “non importa perché tanto la teoria non spiega i nuovi caratteri”. E qui entra in gioco la frase di Eimer, che ho letto ma che, appunto, svia il discorso.
La selezione è tautologica? No, e su questo finalmente siamo tutti d’accordo.
La selezione è testabile? Sì, e in presenza di variazioni porta all’evoluzione.
Lei e Htagliato vi state fissando sull’origine dei nuovi caratteri ma, come ho già scritto, il nucleo della teoria dell’evoluzione è la discendenza con modificazioni da un antenato comune.
PS: il paragone con le macchine da corsa è molto fuorviante perché le macchine sono un prodotto ingegneristico (e comunque può essere che certi loro tratti “casuali”, cioè non pianificati dai progettisti, risultino più vantaggiosi) con uno scopo ben preciso.
E gli ingegnieri meccanici/elettronici che mettono mano alle auto?Non servono?
il nucleo della teoria dell’evoluzione è la discendenza con modificazioni da un antenato comune
Perfetto. Domanda: ontologicamente che razza di sostanza doveva possedere per partecipazione l’antenato comune?
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Provo a rispondermi.
Doveva avere nel suo atto d’essere, quanto meno potenzialmente, tutti gli atti d’essere di tutte le specie successive, uomo compreso.
Io capisco che una teoria scientifica contemporanea (statuto che riconosco al neodarwinismo) non possa fare altro che parlare in termini quantitativi (cioè in termini minimi) della realtà, ma un assunto simile non è facile da pensare in termini qualitativi.
Intendiamoci, non che sia impossibile, anzi. Ma per giustificarlo metafisicamente, c’è poco da fare, a me pare necessario sviluppare una dottrina di potenza/atto legata alle 4 cause aristoteliche. E una dottrina simile sapete dove va a finire…
Quindi da una teoria metafisica stai provando a negare una teoria scientifica verificata.
Strano che non sia il contrario, dato che e’ la filosofia a dover descrivere la realta’, e non viceversa la realta’ a doversi piegare alla metafisica.
Grazie per aver dimostrato, se ce ne fosse bisogno, uno dei grossi punti deboli dell’aristotelismo:
Una teoria filosofica che vorrebbe che non esistesse evoluzione (che e’ un fatto), altrimenti organismi unicellulari primitivi devono avere in sostanza pure l’uomo (che rende strampalato il concetto di sostanza)…
D’altronde il buon greco ancora a uovo e galline stava pensando, mica che l’uovo potesse essere di dinosauro…
@DO-OR-DO-NOT
ad un comune uomo della strada come me il commento di MINSTREL sembra cogliere nel segno, altrimenti dovremmo pensare ai nuovi caratteri come qualcosa di completamente nuovo che prima non c’era, un salto paragonabile forse al dilemma “perchè c’è qualcosa invece che niente” ma andare avanti a “miracoli” non mi pare scientifico.
Non ci siamo.
Io non sto provando a negare nulla, anzi!
Sto solo chiedendo su quale fondamenti metafisici NECESSARI è possibile basare l’assunto iniziale che, a detta di un esperto, è il fondamento della teoria dell’evoluzione.
Mi spiego.
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Distinguiamo due macrocasi:
1 – è possibile fare metafisica?
O la metafisca è possibile e quindi è necessaria per la comprensione del reale umanamente comprensibile nella sua interezza oppure non è possibile.
Io sono, come la maggioranza dei filosofi contemporanei, sulla possibilità che essa esista, sia fondata e quindi sia necessaria. Lei no? Ottimo. Lasciando perdere il continentalismo postkantiano, oramai bell’e defunto, a chi si richiama? Al Derrida, contradditorio oltre ogni dire?
2 – Qualsiasi assunto è metafisicamente fondato?
Posto che la metafisica sia necessaria (caso 1), i fondamenti di un assunto (che serva ad una teoria scientifica o meno) sono possibili – al di là della metafisica che si voglia seguire e che io, nel mio esempio di risposta, ho forzato su una parvenza di tomismo – oppure non sono possibili?
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Con le risposte alle due domande sopra riportate abbiamo quindi la struttura della risposta che ho richiesto.
Sono possibili? Allora la teoria è anche fondata metafisicamente ed epistemologicamente.
Per ora non è fondabile ontologicamente? Allora, nonostante la teoria SCIENTIFICAMENTE “funzioni”, essa non è adeguada al reale in quanto tale in quanto non risponde alla logica del reale.
E non ci si scappa. “Ma funziona!” Ottimo, continuate ad usarla finché funziona, ma non pensiate di descrivere chissà che!
Pensa che una teoria scientifica descriva PERFETTAMENTE il reale in quanto tale? O crede invece che una teoria scientifica descriva in modo necessariamente incompleto e parziale soltanto la parte di reale che è quantizzabile per astrazione?
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Detto questo personalmente ritengo che sia possibile dare una risposta metafisica a tale nucleo scientifico, quindi l’evoluzione è fondabile metafisicamente cioè ha assunti non completamente privi di senso (!). Ma trovare una risposta ritengo sia possibile SOLO attraverso l’uso della metafisica aristotelico-tomista, con tutte le sue conseguenze per molti infauste (teleologia e causa incausata in primis).
C’è altro modo per pensare l’ontologia di tale antenato comune? Bello! Spiegate, please! Da qui, guarda caso, la mia domandina.
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E’ possibilissimo che un biologo non se li sia mai chiesta. Io, che di biologia fine a sé stessa mi frega poco più del nulla parmenideo, è l’unica cosa che mi domando.
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Infine mi pare che forse non abbia ben presente cosa si intenda per sostanza e atto/potenza. Tali “dottrine” (uso il termine volentieri, anche se in questo periodo storico può far inca#*re di bbrutto) permettono di esplicare (e quindi fondare) in maniera perfetta (e rispondente al principio di non contraddizione) anche la fisica quantistica, si figuri se si fanno problemi a imbastire un discorso simile.
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Mi chiedo infine perché il suo stupore implicito. L’unicellulare primitivo DEVE necessariamente contenere sostanzialmente, qualitativamente, un uomo SE da quel modo d’essere l’uomo è nato per evoluzione. Non ci si scappa. E questa è LOGICA. Ma come?! Io le rispondo che di primo acchito mi sovviene che tale essere unicellulare deve necessariamente contenere IN POTENZA la sostanzialità di tutte le specie. E parlare di potenza è aristotelismo fatto e finito. Lei hai un altro modo per giustificare logicamente e ontologicamente tale ovvietà? Se si, come? E rieccoci di nuovo alla mia domandina che, forse, conteneva un poco di più rispetto al semplice “demoliamo l’evoluzione che ci sta tanto sulle scatole mostrando come Aristotele è figo”.
Buona giornata!
“Se si, come?”
Mai sentito parlare di proprieta’ emergenti?
Non e’ che l’atomo di Ferro contiene in potenza il metallo Ferro. E ancor meno contiene in potenza tutti i composti che sono fattibili col Ferro.
Le stesse proprieta’ di durezza, lucenza…etc… non hanno il minimo senso.
Anche perche’ lo stesso atomo di Ferro puo’ essere usato per colorare del vetro trasparente, per fare del Ferro dolce che si graffia con una chiave, dell’Acciaio durissimo, per finire nell’emoglobina e fornirci di ossigeno…etc…
Le proprieta’ dell’atomo di Ferro non hanno niente a che vedere con niente di tutto questo (ok, tranne l’emoglobina, la sua affinita’ chimica all’ossigeno e’ una proprieta’ atomica, ma ormai l’ho scritto :P), perche’ le proprieta’ che il gruppo di atomi avra’, dipendono dal gruppo di atomi stesso, e dal circondario in cui e’ immerso!
Quindi beh, possiamo slavare la definizione di “potenza” e dire che un semplice atomo di Ferro (o di carbonio) ha tutte queste infinite proprieta’, ma allora non e’ che la “potenza” e’ qualcosa di cosi’ difficile e raro e importante. Se un Atomo di Ferro ha letteralmente infinite proprieta’ (poi anche l’uso e’ una proprieta’, perche’ il Metallo ferro puo’ essere sedia, puo’ essere spada, puo’ essere corona…etc…), il primo organismo unicellulare puo’ anche averle senza grossi problemi… Perche’ a questo punto la “potenza” e’ qualcosa che, per definizione, tanto aumenta piu’ si va in piccolo e in elementare.
Possiamo adottare un pensiero “magico” che le proprieta’ sono inserite dall’esterno con una bacchetta magica che le crea.
Oppure possiamo ammettere che le proprieta’ dell’atomo di Ferro contribuiscono, ma non definiscono, le proprieta’ del composto di cui quell’atomo fara’ parte che avra’ proprieta’ nuove che nessun atomo, preso singolarmente, ha.
Similmente per le infinite proprieta’ dell’atomo di Carbonio.
E similmente per i viventi…
Forse possiamo anche dire, Do, con Galileo, che certe proprietà le spiega la scienza (“gli accidenti” matematizzabili) e certe proprietà sfuggono alla scienza (“le essenze”).
Per es., come mai la “proprietà emergente”, come la chiami tu, del gin piace a me e non a mia moglie?! o come mai ad alcuni piace il rosso e ad altri (tra cui i tori) no?
Wil, sicuramente ci sono cose che ancora sfuggono alla scienza.
Che questo sia dominio della scienza dipende dalla cosa specifica.
A volte non e’ proprio dominio, a volte e’ ancora da stabilire se lo e’, altre volte si’.
Ad esempio il Gin piace a te e non a tua moglie si potrebbe essere tentati di attribuirlo fuori dal regime scientifico, ma con gli ultimi sviluppi delle functional MRI con una scansione del cervello alcuni scienziati molto bravi riescono a capire se ti sta piacendo il Gin o meno, e cosa differisce il pattern cerebrale di tua moglie dal tuo mentre sorseggia il Gin, quindi (parte) del motivo scientifico sul perche’ a te piace e a lei no.
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Comunque questo e’ mostruosamente OT, la cosa e’ che il motivo per cui dalle cose semplici come gli atomi, si costruiscano cose complesse e con proprieta’ completamente diverse, come una lega metallica, e’ prettamente scientifico e per niente misterioso.
E altresi’ lo e’ analogamente come da cose semplici come gli organismi monocellulari si passi a organismi piu’ complessi. E’ complicato, e ci sono ancora delle cose da chiarire scientificamente, ma non c’e’ necessita’ di supporre alcuna informazione che compare magicamente o che viene posta da fuori, esattamente come non c’e’ nessuna informazione misticamente posta da fuori per formare un atomo di Ferro partendo dall’idrogeno nelle stelle, un Minerale Ferroso partendo dagli atomi di Ferro…etc…
Poi se uno si diverte nell’inventarsi proprieta’ da dare alle cose, le deve far conseguire cio’ che la realta’ e’, non far conseguire la realta’ a partire dai suoi nomi preferiti.
Quindi se uno vuole definire la “potenza” come quella cosa che una entita’ deve avere per formare un suo derivato, e’ ovvio che gli oggetti piu’ elementari possibili devono avere piu’ potenza possibile, non solo a livello biologico, ma meccanico, atomico, particellare, e perfino culturale (qual’e’ la potenza di un colore? dal colore posso creare i quadri, non viceversa. Quindi il colore deve avere il quadro in potenza. La nota deve avere la melodia in potenza. E quindi la canzone mononota e’ la piu’ figa del mondo dato che va alla purezza dell’essenza musicale :P)…etc…
La sua risposta è tutto tranne che metafisica purtroppo.
In primis pensa implitamente che le essenze di qualsiasi cosa siano composte soltanto da atomi quando l’atomo non è che il risultato di una descrizione scientifica del reale quantificabile e pertanto non può descrivere perfettamente il reale di quella essenza in quanto tale.
Secondo: la “proprietà emergente” è un’ulteriore assioma nato in seno alla sistematica dell’800 che va vagliato dalla logica e dall’ontologia qualora se ne ravvisi la necessità di esistenza (macrocaso 1).
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Inoltre, è il caso di ricordarlo, se è vero che lo studio dei sistemi complessi ha messo in luce l’emergenza di proprietà non riducibili ai costituenti studiati dai sistemi stessi, è altrettanto chiaro che tale situazione non è estendibile ad ogni ente e in ogni contesto e quindi è impossibile pretendere una spiegazione ontologica (la quale, per definizione, è universale/integrale) esaustiva da tale assetto.
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Infine a me pare ci sia, tornado al primo punto trattato in questo commento, una sopravvalutazione dei cosidetti “costituenti”, i quali necessariamente devono essere descritti in una visione integrale con le caratteristiche qualitative eliminate, per metodo, dalla scienza contemporanea (eliminate anche dalla neuroscienza che spesso si fa neuromania…). Inoltre mi chiedo se non possa esistere anche una sopravvalutazione di questo schema argomentativo della “Proprietà emergente” (perché questo è, nulla più!) poiché mi pare che implicitamente esso derivi da una impostazione sganciata completamente dall’indagine qualitativa, questo perché se è vero che senza organizzazione di molecole, un organismo cessa di essere quell’organismo, è altrettanto vero che l’ontologia di tali molecole non è assolutamente paragonabile a ciò che può descrivere la scienza matematizzata e pertanto non è possibile fare un simile riduzionismo senza incorrere a palesi sopravvalutazioni, sia di metodo che di risultati.
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Detto questo rimando ad una risposta che comincia ad essere metafisica, guarda caso di un tomista con i contromarroni:
“Modern science is creeping up on formal causes by vague references to “emergent properties” and “self-organizing systems.” And by the concept of “[w]holistic” analysis. The whole has properties that cannot be inferred from the parts.
Yes, exactly. And they use language like “emergence” because they can’t break themselves out of the modern, reductionist, “bottom up” way of thinking of nature. The “emergence” language seems rhetorically to concede that the “lower” levels are somehow more real; and that in turn makes all the “emergence” stuff sound spooky.
The key, though, is to see that the very idea that the “lower” levels are “more real” is an illusion. None of the levels is more real than the others. But until one returns to the richer metaphysical apparatus of the Scholastics, one will lack the conceptual resources to express the point in a way that doesn’t seem obscurantist, or “dualistic,” or in some other way to halfway concede reductionism while halfway taking it back at the same time.
As I said in a comment over at Victor Reppert’s blog: In general, it is a mistake to try to understand hylemorphism by analogy with the standard contemporary options. For the contemporary options are all variations on the truncated and anti-Aristotelian metaphysics of the early modern thinkers. Aristotelianism says there are four irreducible modes of causality — formal, material, final, and efficient. The moderns rejected formal and final causes and radically redefined the other two, and all the standard positions familiar in contemporary philosophy — materialism in all its flavors, substance dualism, property dualism, idealism, etc. — tend to take for granted this basic anti-Aristotelian and simplified modern conception of causality. Hence when people try to understand hylemorphism by comparing it to various contemporary views — “Is it a kind of functionalism?” “Is it a kind of supervenience?” “Is it a kind of non-reductive physicalism?” etc. — they are badly missing the point. The A-T hylemorphist rejects the basic conception of the natural world that underlie all those views. It says “A pox on all the modern metaphysical houses — materialist, Cartesian, idealist, and all variations thereof.” http://edwardfeser.blogspot.com/2011/01/against-neurobabble.html?showComment=1295657437784#c6085339383418855322
E anche qui:
http://pellegrininellaverita.com/2014/12/16/edward-feser-progressiva-dematerializzazione/
“l’atomo non è che il risultato di una descrizione scientifica”
A quindi oltre all’evoluzione non esiste neppure l’atomo?
‘namo bbene, proprio bbene!
“rimando ad una risposta che comincia ad essere metafisica”
E chissenefrega? sono venuto su un sito che si chiama “critica scientifica”, per discutere di falsificabilita’ dell’ipotesi di modifiche stocastiche rispetto a quella di modifiche deterministiche.
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Se avessi voluto una discussione metafisica andavo su “metafisica today”.
Gli atomi esistono, e le proprieta’ di molte cose (ad esempio la durezza del Ferro come metallo), sono perfettamente calcolabili a partire da essi, in una prospettiva emergente. Quindi il mio discorso e’ perfettamente valido.
Il suo amico che parla di “proprieta’ emergenti” come rifugio deduco non sappia cosa sia un potenziale di Fock.
I protoni hanno il Ferro (atomo) in potenza (assieme agli altri 3000 isotopi), e il Ferro (atomo) ha il Ferro (metallo) in potenza (assieme agli altri milioni di composti ferrosi), e questi passaggi non sono solo filosoficamente assonanti o inferiti, ma proprio calcolati, quindi c’e’ poco da parlare di rifugio.
E’ cosi’.
Quindi la potenza, almeno in quel caso, “aumenta” tanto piu’ si va sul piccolo ed elementare e diminuisce tanto piu’ ci si specializza, non mi sembra una cosa su cui sindacare a questo punto una volta definita la potenza come ti vuoi.
Poi beh, se si vuole, pur di salvare i propri pregiudizi, negare che gli atomi esistono, mi sembra una critica (poco) scientifica piuttosto radicale.
Si puo’ sempre negare che il Ferro sia fatto di Atomi, e gli Atomi di protoni ed elettroni… Questo non ti rende nel giusto, ne’ vagamente in contatto con la realta’.
Penso anch’io che la fiducia di Do sul dominio della scienza sia molto ingenua. L’MRI, che conosco bene, dà solo delle correlazioni (al momento, generiche e molto dubbie) tra fenomeni elettromagnetici nel cervello e situazioni generali raccontate dai pazienti. Resta il fatto – un muro insuperabile da ogni scienza futura – che la corrente elettrica misurata dal neurologo è una cosa, e il gusto che io provo a bere gin è un’altra, del tutto diversa!
Amen will.
Per il resto mi chiedo quanto scrivo male… Ho forse detto che gli atomi non esistono in modo assoluto oppure che gli atomi intesi per astrazione scientifica non sono che il risultato di una descrizione scientifica del reale quantificabile e pertanto non può descrivere perfettamente il reale di quella essenza in quanto tale?
Lascio questi link, ovviamente se interessa. Del resto quel che scopre la scienza in sè poco tante ad una metafisica correttamente intesa.
http://pellegrininellaverita.com/2014/08/30/metafisica-for-dummies-lezione-2-sullattivita-scientifica
http://pellegrininellaverita.com/2014/09/08/metafisica-for-dummies-lezione-3-sullattivita-scientifica-ii/
Greylines, a mio parere, ma non solo mio, il nocciolo della questione è proprio quel «I nuovi caratteri esistono e quando lavora su di essi la selezione porta all’evoluzione.» I nuovi caratteri esistono ? E da dove spuntano fuori quei nuovi caratteri ?
Il paragone con le auto è più che azzeccato invece.
In un commento sotto ho postato alcuni link sull’origine dei nuovi caratteri. Per quanto riguarda il paragone con le auto, è azzeccato solo se lei crede che gli esseri viventi siano stati progettati con uno scopo, proprio come le auto.
E si ritorna alla teleologia.
Toglierla però non è così facile, e non lo si può fare in sede scientifica…
http://www.enzopennetta.it/2013/11/teleologia-una-guida-allacquisto/
Minstrel ma sai leggere?
La teleologia vale per le Formula 1.
Per la biologia ha fornito 3 libri di spiegazione assolutamente non teleologica.
Quindi prima leggi quelli, poi posta altro.
@Greylines
“il paragone con le auto, è azzeccato solo se lei crede che gli esseri viventi siano stati progettati con uno scopo, proprio come le auto.”
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Quindi, a parte che Hoyle non ci capiva niente, sulla cosa non ci hanno capito niente generazioni di scienziati che non hanno ritenuto di fare la sua obiezione.
Cosa cambia riguardo la selezione se una cosa è stata progettata o no?
La sua risposta sembra rivelare che lei non crede che la complessità possa derivare dal caso ma solo da un progetto. Cosa fa mi diventa creazionista?
@ Do,
Beh, prima di parlare di teleologia per qualcosa che non sia formula 1, bisogna dimostrare che quel qualcosa non generi da mutazioni stocasticamente simmetriche.
Dimostrazione fattibile ma che non vedo da nessuna parte.
Chiarisco meglio Do, non dico che ci sia teleologia nell’evoluzione, ma che il fatto che esista nella F1 non invalida il discorso sulla selezione naturale che ho fatto nel paragone.
Ripeto che la mia intenzione è affermare che il vero problema di come si vince un GP non è nel fare la gara, ma nel capire come si arriva ad avere una vettura.
Immagina un po’ che qualcuno si presenti alla Ferrari e dica: “So come vincere una gara di F1… basta arrivare primi” Questo al momento è quello che dice il neodarwinismo.
Permettimi, Enzo. Un paio di palle.
E’ quello che dico anche io, un paio di palle che la spiegazione dell’evoluzione è nella selezione naturale…
La selezione naturale, Enzo, è un attore/fattore dell’evoluzione. Sapresti immaginare evoluzione senza selezione naturale?
Parafrasando il tuo esempio molto fuorviante, il neodarwinismo non dice: so come avviene l’evoluzione, basta la selezione naturale. Mi spiace, ma non dice questo.
La teleologia è dominio filosofico, non c’entra niente il finalismo o il progetto di stampo lamarckiano della biologia! Leggete anche i miei di link a volte. 🙂
Giuseppe,
non so immaginare l’evoluzione senza un’origine credibile per i nuovi caratteri, in assenza di questa la selezione è una parola vuota.
Il darwinismo non dice ‘basta la selezione’ ma poi insieme alla selezione propone un mito irrazionale, e allora si comporta esattamente come uno che dicesse: per vincere basta arrivare primi, la vettura ci mettiamo davanti ai box in una giornata con un tornado (paragone di Hoyle) e alla fine compare da sola.
Ti sembra serio?
@Greylines, io ho da sempre puntato l’attenzione sull’origine dei nuovi caratteri e non sulla selezione, chiunque può verificarlo andando a leggersi i vecchi articoli, quindi niente di nuovo.
Che la selezione naturale sia tautologica o no, non è quello il problema della teoria darwiniana, ma l’origine casuale dei nuovi caratteri lo evidenziavo sin dai primissimi articoli, come ad esempio “La scalata al “monte improbabile” del giugno 2011.
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Il fatto che le auto siano un prodotto ingegneristico non dovrebbe essere influente (fra l’altro nessuno ha mosso ad Hoyle questa obiezioone), non è infatti importante se parliamo di selezione.
Se invece parliamo della comparsa di nuovi caratteri il paragone rende bene l’idea di come sia difficile pensare ad un’evoluzione per tentativi ciechi dalle biciclette alle F1.
Pensabile o non pensabile, e’ necessario quantificarla.
Anche le multidimensioni di una equazione differenziale non sono pensabili, ma quando si quantificano sono piuttosto semplici da gestire.
Come mostra il video che ho postato in Link, non e’ cosi’ impossibile perfino costruire “una formula 1 dalle biciclette”, in quello spazio virtuale da una generazione casuale che si muoveva in media 0m e al massimo 1m, si e’ passati in “soli” 300 mila tentativi a un cosino che corre a 1m al secondo.
In altri spazi simulativi partendo dalle regoline di “The Game of Life” e generando casualmente pattern, si e’ riusciti a costruire cose estremamente complesse (e non ultimo, un replicatore autoconsistente!), sono state necessarie “solo” un mare di generazioni!
E come fai, Do, a quantificare le cose non quantificabili?
Gia, da dove nascono i nuovi caratteri? Le risposte in campo sembrano essere le seguenti:
1) Selezione Naturale (Darwin)
2) Caso (Monod)
3) Non lo sappiamo (Pennetta)
4) Lo so ma non te lo dico (Greylines)
Francesco, grazie per questo intervento!
Sto ridendo da 5 minuti e immagino che anche Greylines dovrebbe trovarlo divertente… 😀 😀 😀
Grazie per aver alleggerito la discussione, ce n’era bisogno.
Detto ciò, il punto 1 è un po’ sbagliato, il punto 3 è preoccupante (perché un biologo dovrebbe sapere come nascono i nuovi caratteri) e il punto 4, eccolo qui:
http://evolution.berkeley.edu/evolibrary/article/evo_17
https://www.blackwellpublishing.com/ridley/tutorials/Natural_selection_and_variation14.asp
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK22012/
Greylines, e questa sarebbe la spiegazione dell’origine dei nuovi caratteri?
“Mutations are changes in the DNA. A single mutation can have a large effect, but in many cases, evolutionary change is based on the accumulation of many mutations.”.
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Qualche esempio verificato? Nessuno. (E’ una credenza)
Probabilità matematica? Prossima allo zero. (E’ irrazionale crederlo)
E questa sarebbe la scienza che dovrei insegnare agli studenti?
Semplicemente non è scienza, e la cosa preoccupante sono tutti quei biologi che affermano di sapere come nascono i nuovi caratteri ritenendo che la risposta sia in una irrazionale credenza.
@Pennetta
Non ci sono esempi verificati di nuovi tratti che emergono da accumulo di mutazioni, quando invece la letteratura scientifica ne è piena?
Ah già, dimenticavo, ogni volta che si cita uno di questi innumerevoli esempi lei dice “ah ma quella non è vera evoluzione”.
No. True. Scotsman.
Lei non ammetterebbe l’evoluzione neanche se le avvenisse sotto il naso.
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@Muggeridge
Il primo documento è sintetico apposta, ma di informazioni sul tema, in tutti e tre, ce n’è a sufficienza. Se le si vuole vedere, è chiaro.
Scusa Greylines io sto cercando di giungere ad una mia personale sintesi la domanda scomoda che pongo a te è come rispondi all’obiezione matematica che ritengo la più valida; giacchè guarda con i tempi mi pare proprio non ci stiate?
@Greylynes, noto una sua passione per le locuzioni precostituite anglosassoni (frasi fatte inglesi), tipo straw man, cherry picking, no true scotsman… se cè ancora qualcos’altro mi prendo una matita e un taccuino… 🙂
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A parte gli scherzi, dei tratti che lei potrà riportare come nuovi caratteri ne abbiamo partlato chissà quante volte (l’esperimento di Lenski immagino, ma se vuole può citare ancora un esempio per i lettori), e se non sono nuovi caratteri ma perdita di funzione non se la prenda con il sottoscritto o con il pvero scozzese falso ma con i risultati sperimentali.
L’ultima frase è invece un attacco ad personam che rivela solo stizza.
@Andreax
Io non ho ancora capito il senso dell’obiezione matematica, me lo può spiegare? Perché calcolare la probabilità che singole mutazioni casuali diano origine a una proteina complessa non dimostra nulla, visto che tale calcolo non tiene conto di una miriade di altri fattori. Si legga, per esempio, quello che scrivono Stuart Newmann e Gerd Muller sul ruolo giocato dai tratti fisico-strutturali (cose che dovrebbero piacere a Masiero) nell’origine della multicellularità.
@Pennetta
Che non siano nuovi tratti ma perdite di funzione è un’opinione sua che nessun ricercatore in biologia condivide, quindi eviti di tirare in ballo i risultati sperimentali, che sono proprio quelli a darle torto.
Per quanto riguarda le locuzioni non ha proprio nulla da imparare, sono fallacie logiche cui lei ricorre spesso e volentieri 😉
@Greylines,
semplicemente i ricercatori non si sono posti la domanda se la mutazione fosse una perdita di funzione o no, ma solo se fosse una mutazione con conseguenze fenotipiche funzionali, quindi una nuova funzione.
Che poi le mutazioni dell’esperimento di Lenski non si possano definire evoluzione, e neanche inizio di una macroevoluzione, lo dice lo stesso Lenski:
” postdoc Zachary Blount is currently studying whether the refinement of that new function is leading to changes that would qualify the citrate users as a new, or incipient, species.”
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https://telliamedrevisited.wordpress.com/2013/11/14/fifty-thousand-squared/
Senta prof. Pennetta io le vorrei rinnovare l’invito a fare una sorta di manifesto di quel che è ritenuto e non ritenuto giusto o che non si semplicemente non si sà.
Hai ragione Andreax, al momento sto indaffarato col libro che mi tiene occupato ogni momento libero, però la cosa va fatta.
Il terzo documento, quello “difficile”, parla di meccanismi che dovrebbero essere noti in chi ha un minimo approfondito sulla genetica (magari delle popolazioni, anche solo con il nostro Cavalli Sforza). Il primo documento sintetizza tutto egregiamente, ma alla fine quando affronta “The big issues”, le grandi problematiche irrisolte, elenca tra queste proprio: “How does evolution produce new and complex features?” a cui fa seguito una paginetta stiracchiata in cui si annaspa non poco con gli scarni tentativi di spiegazione (giusto, altrimenti perché sarebbe “problematica” la questione…?).
Quindi siamo daccapo, non sappiamo come l’evoluzione produca nuovi e complessi caratteri.
Rilancio l’osservazione di Muggeridge:
” “How does evolution produce new and complex features?” a cui fa seguito una paginetta stiracchiata in cui si annaspa non poco con gli scarni tentativi di spiegazione (giusto, altrimenti perché sarebbe “problematica” la questione…?).
Quindi siamo daccapo, non sappiamo come l’evoluzione produca nuovi e complessi caratteri.”
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E allora, se Greylines segnala un documento che termina così, cioè dice che sbaglio e poi riporta uno studio che dice le stesse cose che dico io, ma allora di cosa stiamo parlando?
Teniamo per piacere – tutti noi! – separati teleologia da scienza. Il determinismo della scienza – anche quando lo chiamiamo “caso” per nostra ignoranza della catena delle cause materiali o per determinismo caotico troppo sensibile alle condizioni al contorno – non ha niente da dire sul fine per cui le cose, che funzionano come funzionano, sono come sono. Non c’è nessun contrasto logico tra teleologia e determinismo: il contrasto è solo sul metodo, perché la scienza esclude a priori la teleologia, la filosofia no. Chi salta da un argomento all’altro invade campi diversi, quello scientifico e quello filosofico.
Ogni filosofia (anche) deterministica è teleologica, in quanto ciò che determina ogni cosa è il suo fine (la “forma”). Il determinista che non si occupa d’intelligenza lo fa solo in quanto non è interessato a dare una ragione della determinazione. Chi però definisce se stesso “determinista” aggiungendo di negare l’intelligenza è solo una persona che rifiuta di rispondere alla domanda di come le cose sono determinate come sono. E se risponde “per caso” (che qui non è ignoranza o determinismo caotico, ma diventa negazione di causa), cade nella metafisica.
Giusto, ma per essere teleologico un processo deve essere deterministico o almeno non neutro, per definizione.
Se e’ deterministico e’ diverso da neutralmente stocastico (dato che la parola “caso” non piace, mi ero gia’ astenuto dal’usarla non so come mai la tirate in ballo proprio quando non piace la stocastica), e puo’ essere quantificato l’effetto.
Altrimenti il processo di selezione puo’ essere ugualmente teleologico, in quanto e’ deterministico e non stocastico-simmetrico, ma non e’ la cosa che mi preme in quanto questo non e’, effettivamente, ambito scientifico.
Ma dato che si sostiene, con pretesa scientifica, che il processo di mutazione non e’ stocasticamente simmetrico (e non ho capito bene cosa potrebbe essere in cambio), vorrei una quantificazione di tale assunto perfettamente ragionevole scientificamente, e quindi perfettamente verificabile.
“E come fai, Do, a quantificare le cose non quantificabili?”
Ma il numero di generazioni che sono necessarie per passare da A a B, il numero di individui della popolazione A e il numero di individui alla popolazione B, e’ quantificabile! Sono perfino quantita’ intere quindi non sono solo quantificabili ma proprio “contabili”! (c’e’ una grande differenza in matematica)
Ora non spostiamo il discorso sulla metafisica e lo scibile umano, si stava parlando, mi risulta, della circolarita’ dell’argomento di selezione naturale e della possibilita’ che le mutazioni non siano indipendenti dalla fitness.
Questo e’ perfettamente quantificabile, come ho scritto fin dall’inizio e questo bisognerebbe chiedere a chi scrive (e chi commenta) di dimostrare per tenere fede al nome del sito… mica la metafisica e il gusto del Gin.
Greylines ha postato 3 libri/fonti in cui riporta la cosa, a volte anche quantificata: nella tabella 24-9 del terzo link si stabilisce un rate di mutazione e poi si eseguono calcoli per verificare tali assunti (e si eseguono per la diffusione di diverse popolazioni… ora il paper e’ lungo e complicato e non l’ho letto)
C’e’ una cosa simile per questa fantastica teoria di mutazioni deterministiche? Se si’, dove? Se no, a che diritto si critica il Darwinismo (che e’ quantificabile) senza avere in mano una quantificazione?
Su una cosa ti do ragione, Do, che l’argomento è OT rispetto a quello dell’articolo.
Però sei stato tu a tirare, fuori, per primo, parole – per me senza senso (scientifico) come proprietà emergente, potenza, ecc., e che servono solo a nascondere il fatto che la scienza ha un dominio limitato, quello galileiano delle proprietà matematizzabili, cioè dei quanta! Invece ci sono a questo mondo anche i qualia, come il mio personalissimo gusto del gin, su cui la scienza non ha nulla da dire, se non forse, domani, di stabilire un collegamento con un fenomeno elettromagnetico nel mio cervello… Ma restano cmq due cose diverse, o no?
Messo in chiaro questo, torniamo pure al darwinismo e alla scienza.
“proprietà emergente” ha perfettamente senso in scienza, ad esempio la viscosita’ di un fluido e’ una “proprieta’ emergente” dei legami di Van der Waals fra le molecole (che anche generano altre proprieta’ emergenti e vere e proprie strutture per altri solidi, e’ impressionante quanta complessita’ si possa generare, e spiegare, con un oggetto cosi’ semplice come una forza di Van der Waals) e la solidita’ del Ferro metallico e’ una “proprieta’ emergente” del termine di Fock derivante dal principio di Pauli per una interazione Coulombiana.
Si parla da decenni di “proprieta’ emergenti” in ambito scientifico, considerarle solo come un rifugio filosofico senza fondamenti e’ la visione di un folle… un po’ come considerare che gli atomi non esistono… Se sei interessato puoi reperire qualche lavoro di Ilya Prigogine, ha scritto una bellissima (e scientificissima) Nobel Lecture proprio su quello di cui stiamo discutendo sotto la luce della termodinamica!
In quanto a “potenza” non sono stato certo io a incominciare, quanto piuttosto rispondevo a chi sosteneva di aver scoperto la soluzione del paradosso dell’informazione partendo (e finendo) dalla metafisica aristotelica.
È molto originale da parte tua, Do, chiamare emergenti tutte le proprietà della fisica, dalla viscosità al ferromagnetismo! Ai miei tempi, in fisica, esse erano semplicemente i risultati, proprietà appunto, delle forze intermolecolari o di fenomeni ben noti di fisica dello stato solido.
Quando parlo di pseudo scienza dell’emergenza, io mi riferisco ai fenomeni “complessi”, in particolare a quelli biologici, per es. al mio piacere nel gustare il gin e che alcuni crederebbero di spiegare cavandosela con l’emergenza di uno stato cerebrale.
Non e’ affatto originale, prova a leggere quello che ti ho suggerito, ad esempio. (comunque non e’ il ferromagnetismo a cui mi riferisco, ma la solidita’ del metallo. I metalli sono solidi per il principio di Pauli. Se non sbaglio il ferromagnetismo anche c’entra col principio di Pauli ma deriva da una proprieta’ della funzione di partizione che puo’ indurre il ferromagnetismo, o il paramagnetismo detto appunto di Pauli, per tale ragione non credo siano proprieta’ emergenti quanto piuttosto statistiche, ma potrei sbagliarmi).
Viene definito emergente una proprieta’ che deriva da considerazioni microscopiche ma che non puo’ essere divisa nelle componenti microscopiche. Insomma ogni via a senso unico che genera proprieta’ che non sono presenti negli elementi che la compongono ma che sono calcolabili a partire da essi e come frutto delle interrelazioni. Quelle che ho descritto lo sono (come ho detto, la durezza o la viscosita’ non sono proprieta’ che un singolo atomo o molecola ha, quindi non puoi dividere un metallo per trovare un “quanto” di durezza).
Non sono “tutte le proprieta’ della fisica” (ad esempio la carica di un oggetto, non lo e’) ma sono molte e non e’ una cosa originale ma e’ piuttosto universalmente riconosciuto, a meno che non si studia in libri di due secoli fa.
Se tutto fosse un semplice “risultato” allora la fisica non spiegherebbe niente, o spiegherebbe tutto senza capire niente, ma non e’ cosi’…
E’ proprio perche’ e’ un processo cosi’ universale che da qualcuno crede sia estendibile all’infinito…
magari lo e’ e han ragione loro, magari no e hai ragione tu… al momento e’ solo speculazione e a me non interessa la speculazione fine a se stessa perche’ sono un tipo pratico.
PS: se ti interessa la viscosita’ qui ne parla come proprieta’ emergente molecolare fino ai risvolti piu’ pratici
https://books.google.fi/books?id=I-PuBgAAQBAJ&pg=PA815&lpg=PA815&dq=viscosity+emergent+property&source=bl&ots=_VD5PDfIcb&sig=kH7tJzIhWhcfrURTn3o9jER_A_w&hl=it&sa=X&sqi=2&ved=0CDsQ6AEwA2oVChMIkvizpsyhyAIVyYYsCh0ePwSe#v=onepage&q=viscosity&f=false
E tu prova a leggere Feser è vedrai che c’è un qui pro quo immane su sta storia e la metafisica tomista risolve tutto con grande eleganza, very sexy. Anzi too hot!
Il resto la si chiami anche follia, avviseremo 3/4 di accademia analitica che si dice essenzialista e il resto dei filosofi della scienza che tengono conto del problema dei qualia.
Insomma… Qui il tema è la selezione naturale come parte indispensabile dell’evoluzione. Su questo non ci piove: non ci sarebbe evoluzione alcuna senza selezione naturale, che è un attore importante da non relegare poi così in basso e nemmeno da indicare, pena l’essere tacciati di malafede, come il totem dei neodarwinisti. Quando mai?
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Il problema, come spesso accade quando si vuol buttarla in “caciara” da tavola alta, è che qui la si butta in metafisica (ultima spiaggia di chi vorrebbe leggere finalismo antropico persino sui rotoli della carta igienica), in tutte le salse, purtroppo. Da respingere come OT.
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Per restare dunque in tema. Altre parole chiave della discussione:
– micro e macroevoluzione
– emergenza di nuovi caratteri
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E sui nuovi caratteri… che ne dite dell’opera dell’uomo che negli organismo geneticamente modificati li introduce artificialmente a iosa secondo meccanismi collaudati?
Con tutta la tecnologia contemporanea non riusciamo che a fare anche noi della microevoluzione (in attesa di trovargli un nome più adatto…), non esiste barba di laboratorio in grado di aggiungere un paio di zampe supplementari e funzionanti ad un insetto ad esempio, però dobbiamo credere che a furia di mutazioni casuali si possa fare.
Il punto è questo, io mi rifiuto di essere un credente dell’evoluzione!
Sono un materialista e voglio qualcosa di convincente.
Beh, immaginavo, Enzo, che per convincere te bisognasse essere concreti, ma non credevo proprio che per convincerti della macroevoluzione occorresse presentartela in un esperimento da laboratorio in diretta con apparizione di nuovi arti e altre diavolerie… Dai, Enzo, rimaniamo seri.
Appunto, Cipriani, l’uomo modifica intenzionalmente, da essere intelligente, gli organismi che vuole modificare con meccanismi da lui collaudati, qui invece si vorrebbe capire come questi nuovi caratteri sorgano non intenzionalmente e senza l’opera di alcuna intelligenza e con meccanismi non collaudati da alcuno…
La buttavo lì, da profano… Se il meccanismo è noto e attuato dall’uomo, non può essere lo stesso meccanismo che avviene spontaneamente in natura? Chi ci illumina?
La cosa più bella di tutte le discussioni su CS è che nessuno, per quanto si impegni, riesce a convincere nessun’altro a cambiare la propria idea di un millimetro… 🙂
Giusta osservazione ML, il fenomeno è tipico però di tutti i dibattiti.
Non credo che nessuno dei contendenti cambi idea in un dibattito, il vero soggetto interessato sono quelli che non hanno ancora un’idea precisa al riguardo, quelli che in politica si chiamano gli ‘indecisi’, ed è per questo motivo che si prendono la briga di venire a commentare e a dire la loro anche i darwinisti.
Sì, credo anch’io che l’obiettivo dei darwinisti che frequentano il sito, siano essi dichiarati o sotto mentite spoglie, sia il proselitismo. E’ come se avessero paura che ogni dubbio sull’evoluzione sia una minaccia all’intero impianto del metodo scientifico, mentre questa è forse l’unica cosa che mi sento di escludere. Poi, sul piano filosofico, credere che siamo frutto del caso piuttosto che di leggi naturali talmente impersonali e indifferenti che potrebbero benissimo non essere frutto di un autore, insomma, non mi fa una gran differenza. Sempre di vuoto esistenziale si tratta.
Io, per me, non cerco proseliti… Nel mio piccolo, molto piccolo, ho sempre il piacere di vedere come il confronto possa creare ricchezza, ben conscio che l’ideologia ci colpisce tutti e che chi di ideologia ferisce di ideologia perisce… Basta leggere la tua chiosa sul vuoto esistenziale appannaggio degli altri, quelli come te hanno solo il pieno esistenziale, eh? Ma sul piano filosofico… Mah!?
Cioe’ fammi capire.
Secondo te, solo perche’ chiedo numeri, sarei un darwinista sotto mentite spoglie che viene a fare proseliti, perche’ ho paura? O_o
Dopo la ciaciara filosofica abbiamo la ciaciara del complotto?
Il partecipare a discussioni come queste da parte di chi ha una sua posizione forte è un modo per non lasciare campo libero al versante opposto, in questo non trovo niente di sorprendente.
Perché se non perdere tempo e faticare a scrivere interventi?
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Anche un blog tematico è basato su questo, occupare uno spazio in cui si contestano determinate affermazioni che altrimenti passerebbero per oggettive e accettate in modo unanime.
Se poi questo porta alla fine ad un allargamento del consenso, se vogliamo chiamiamolo proselitismo, non ci vedo niente di male.
E se qualcuno della parte opposta interviene per contrastare questa possibilità non ci vedo nessun complotto.
Tutto a posto…
Caro Mentelibera,
invece e’ piuttosto facile convincermi, pero’ in effetti non con le discussioni ma coi numeri 😉
Il motivo per cui sono finito qua e’ perche’ ho cercato “critiche al Darwinismo”. Il motivo per cui ho cercato “critiche al Darwinismo” e’ perche’ un risolutore di equazioni di Navier-Stokes potrebbe essere adattato per risolvere equazione di evoluzione delle popolazioni, nel caso in cui fossero deterministe (e quindi fosse possibile definire una corrente di popolazione variabile da parametri) ed e’ in effetti quello che si fa in chimica (per modellizzare la separazione di gas):
– Si modellizza la popolazione del gas (animale)
– Si stabilisce un criterio di iniezione (riproduzione)
– Si sottopone il gas a un criterio di selezione, solitamente centrifuga (pressione evolutiva)
– e si osserva l’evoluzione del sistema.
Ora qualcuno, se avesse veramente pensato in modo scientifico a proposito delle evoluzioni, deve pur averci pensato…
Riprendo volentieri alcuni interventi/considerazioni rimasti, mi pare, inascoltati…
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Scriveva DO-OR-DO-NOT “Secondo il Darwinismo attualmente non si puo’ prevedere “quando” emergera’ una nuova specie, ne’ “come”, ma “quante” nuove specie emergono, con quale varieta’, in certe condizioni si’. (e questo non la rende poco scientifica, allo stesso modo in cui la termodinamica non puo’ prevedere “quando e quale” particella di gas si depositera’ sul film, ma puo’ prevedere quante, date le condizioni).
Secondo la teoria Pennetta mi pare di capire sia possibile, anche se ancora da sviluppare, il “quando” e il “come”, ma tanto vale iniziare a confrontare il “quanto”…
Quindi, supponiamo che costruisco un simulatore di evoluzione. Il meccanismo che determina la deriva dei caratteri nei simulatori e’ “casuale”, cioe’ non dipende dalla fitness ne’ e’ direzionabile da altri fattori esterni.
Una funzione random gaussiana simmetrica per la generazione dei nuovi caratteri.
Quale sarebbe l’equazione da inserire anziche’ un numero random?
Avete fatto questa prova?”
E ancora lui: “Ora non spostiamo il discorso sulla metafisica e lo scibile umano, si stava parlando, mi risulta, della circolarita’ dell’argomento di selezione naturale e della possibilita’ che le mutazioni non siano indipendenti dalla fitness.
Questo e’ perfettamente quantificabile, come ho scritto fin dall’inizio e questo bisognerebbe chiedere a chi scrive (e chi commenta) di dimostrare per tenere fede al nome del sito… mica la metafisica e il gusto del Gin.”
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Vi pregherei di evitare metafisiche OT e pure tomismi sexy.
Grazie mille Giuseppe.
Purtroppo mi sembra sfugga che, come giustamente detto, la scienza si occupa di quantita’, eppure di numeri che supportino la quantificazione delle proprie tesi non ne ho trovato neanche uno, andando indietro e indietro (fra l’altro non posso commentare, c’e’ un time-out?)…
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“Il punto è questo, io mi rifiuto di essere un credente dell’evoluzione!”
Non bisogna proprio essere “credenti”, non sta nello spirito scientifico!
Bisogna solo leggere le prove quantitative che motivano considerando la diffusione delle specie e dei caratteri ereditari. Possono convincere o meno.
Nel caso in cui ci si e’ convinto, da scienziati, non si e’ affatto “credenti”, perche’ si hanno prove quantitative considerabili sufficienti. Un po’ come non si e’ “credenti” del funzionamento della portanza rispetto al profilo alare, semmai “convinti” dalle prove e teorie che uno ha studiato.
Nel caso in cui non ci si convinca, allora, da scienziati, bisognerebbe rimanere agnostici e non convinti, e’ legittimissimo.
Tuttavia finche’ una quantificazione precisa ci convinca del contrario non e’ possibile, da scienziati, prendere una posizione avversa e sostenere come fatti, ipotesi che non si e’ ancora proceduti a quantificare!
Altrimenti non si e’ scienziati, ma “credenti” del contrario, e, almeno finche’ si tratta di tematiche relative alla scienza quantificabile, essere “credenti” e’ incompatibile con l’essere scienziati.
A voi interessano i dettagli dei mattoni rotti di una casa. A me interessa innanzitutto se la casa che descrivete implicitamente dibattendo sui mattoni rotti ha senso che esista.
Sarò il solito porco, ma direi che è più sexy sapere di accapigliarsi su qualcosa di esistente che su una costruzione alla Escher, per altro pretendendo sia la casa senza se e senza ma.
Ad ognuno i propri gusti. Se i miei interventi fanno solo confusione mi trattengo, se invece mostrano la confusione di molti continuo, e a manetta.
A meno che, ovviamente, Cipriani sia diventato amministratore di CS e lo stia chiedendo in modalità moderatore ON.
“sapere di accapigliarsi su qualcosa di esistente” per sapere se e’ esistente come vuoi tu, devi quantificarla, dato che puoi, e confrontare coi dati sperimentali.
Altrimenti si potrebbe fare una dotta discussione metafisica sul Flogisto, o sugli umori medicinali, o, dato che ti piace tanto, sulle sostanze aristoteliche che permettono alle nuvole di fluttuare e ai sassi no per affinita’ con la sostanza terrestre e mandare in pensione il principio di archimede, gia’ che ci siamo.
Oppure facciamo una discussione dottissima sul secondo principio della dinamica senza mai calcolare un cavolo, e disputiamo se e’ esistente oppure no, senza mai capirlo veramente perche’ ci rifiutiamo di calcolare un piano inclinato e verificare se funziona oppure no.
Nello specifico, tu con il ciarlare filosofico non stai minimamente facendo differenza fra la selezione naturale, e la mutazione, che qua e’ il punto centrale della questione, puramente quantificabile e quindi puramente scientifica.
Non ti rendi conto che se il nocciolo della questione fosse completamente capovolto, sia che le mutazioni siano neutre sia che siano lamarckiane. Il tuo discorso non sarebbe toccato da una virgola, perche’ comunque la selezione non e’ neutra!
Mostri solo la tua di confusione fra i diversi piani della discussione
La selezione non è neutra che significa? Chi decide se una cosa è neutra? Chi definisce “neutro”? Chi stabilisce tale nozione?! E in base a cosa decide se è “neutra” o meno? Per definire se un ente sia neutro o meno serve un altro con cui paragonarlo e quindi stabilirlo come “neutro”. E con cosa si paragona? Con qualcosa che esiste? Ma esiste perché si misura oppure stiamo parlando di enti ideali? Mi definisca la nozione di “neutro”!
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Interessante inoltre la sua prima affermazione che lascio passare solo perché mi rendo conto che sta scrivendo sotto un moto di stizza (mi sbaglierò eh).
Scrivere infatti “per sapere se e’ esistente come vuoi tu, devi quantificarla, dato che puoi” significa implicitamente (anche con l’aggiunta di quel “dato che puoi”, nulla cambia) definire “esistente” solo ciò che è soggetto a quantificazione scientifica. Immagino dunque che lei abbia misurato in un qualche modo la sua stizza per poterla definire realmente esistente, ma esattamente per come la sta sentendo ora. E_SAT_TA_MEN_TE.
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Non le sembra che il suo entusiamo per la scienza contemporanea, unita alla stizza esistente perché astratta matematicamente e misurata, la stiano pericolosamente avvicinando allo “scientismo”?
Niente paura, arriviamo noi, i supereroi della non contraddizione! Tenga:
http://pellegrininellaverita.com/2015/09/07/saggio-di-apologetica-per-luomo-contemporaneo-contro-lo-scientismo-ed-il-relativismo-01/
http://pellegrininellaverita.com/2015/09/08/saggio-di-apologetica-per-luomo-contemporaneo-contro-lo-scientismo-ed-il-relativismo-02/
http://pellegrininellaverita.com/2015/09/11/incontro-a-gesu-saggio-di-apologetica-cristiana-contro-lo-scientismo-ed-il-relativismo-03/
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D’altra parte, e qui chiudo, il mio scrivere “accapigliarsi su qualcosa di esistente” significa esattamente questo: ma quello di cui state parlando è logicamente e ontologicamente ammissibile o è – appunto – contradditorio? Da qui la mia domanda a mio avviso completamente IT, che resta tuttora inevasa.
Ribadisco che forse ha dei problemi di lettura.
“per sapere se e’ esistente come vuoi tu, devi quantificarla, dato che puoi” significa implicitamente (anche con l’aggiunta di quel “dato che puoi”, nulla cambia) definire “esistente” solo ciò che è soggetto a quantificazione scientifica”
Il “dato che puoi” cambia tutto. ammesso e non concesso che ci siano cose quantificabili, e cose non quantificabili, le cose quantificabili per capire se esistono vanno quantificate.
Chiedersi se “Esiste una Pecora nel tuo recinto?” e’ diverso dal chiedersi “E’ possibile che esista un recinto in cui dentro esiste una pecora?”.
L’unico modo per rispondere alla domanda, e’ andare nel tuo recinto, e contare le pecore. PUNTO.
La filosofia non ha alcuna rilevanza nello stabilire quante pecore esistono nel tuo recinto.
Quindi, dato che la faccenda in questione e’ sostanzialmente “Quante pecore esistono nel recinto chiamato Terra? Quanti mufloni? Quante pecore e mufloni ho sulla carta?” la filosofia non c’entra un fico secco!
Puo’ centrare nell’interrogarsi sul soggetto contante, puo’ centrare nell’interrogarsi se abbia senso contare le pecore, puo’ centrare nell’interrogarsi se le pecore esistano per un motivo.
Ma non per stabilire quante siano le pecore nel fottuto recinto!
Puoi sederti in salotto e pensare filosofia finche’ ti pare, ma non saprai mai quante pecore ci sono in questo momento nel tuo recinto finche’ non alzi il culo, vai al pascolo, e le conti!
E’ chiaro?
Non sono i massimi sistemi della vita, l’universo e tutto quanto, in quanto scienziati siamo i moderni pastori, che contano le pecore e le confrontano con le tacche che hanno sul bastone. Punto.
E in tal senso la risposta alla domanda e’ ovvia:
“La selezione non è neutra che significa?”
Studia un po’ di cazzo di biologia, conta le pecore, e capisci cosa sia una gaussia e cosa sia il taglio della gaussiana. Perche’ si tratta di contare pecore.
Se esiste un lupo, che mi mangia una pecora, ora ho una pecora in meno, e devo cancellare una tacca al bastone.
Punto.
Che tu poi puoi chiederti perche’ esistano i lupi, perche’ io come fattore devo essere costretto a costruire recinti e allevare cani, e perche’ la natura non e’ benigna e non mi da delle pecore che si costudiscono da sole e dei lupi che mangiano erba, non fa del problema di contare le pecore e del dimensionare recinti e contare i lupi diverso.
Io non sto parlando del Perche’, non sto parlando di tutto questo, io sto parlando del SE.
E SE un lupo mi ha mangiato una pecora, di nuovo non lo capisco in pantofole filosofeggiando e bevendo vino, ma di nuovo alzando il culo, andando al recinto, e contando di nuovo le pecore e di nuovo confrontandole con le tacche sul mio bastone!
Che vita di merda che abbiamo noi pastori neh? Meglio fare il filosofo? Beh senza dubbio c’e’ a chi piace… pero’ c’e’ a chi piace anche sporcarsi le mani facendo il pastore.
Io appartengo a quest’ultimi, tu ai primi, nessuno problema, una volta che tu non pretendi di risolvere i miei problemi coi lupi, interrogandoti se i lupi esistono o meno!
Solo un appunto: le cose quantificabili per capire se esistono vanno quantificate a me pare significhi dare al numero che li quantificano una essenza di realtà. E’ possibile?
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“confrontando i risultati della deduzione matematica coi dati dell’esperienza [lo scienziato] vede che esse coincidono. Ma ricordiamoci che così io scienziato ha in mano solo una buccia della realtà, un ”vestito di idee” come dice Husserl (Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologte. «Husserliana» VI, Hagg, Nijhoff, 1954 Pagg- 5 e ss.) e ogni volta che verifica sperimentalmente una legge non fa altro che provare alla natura questo vestito di idee.
Le prove vanno bene perchè le prime misure del vestito sono state prese sulla persona, ossia, per uscir di metafora, dall’esperienza, e perchè i rapporti che hanno valore per la stoffa del vestito, ossia per l’aspetto quantitativo, hanno valore anche per la natura. È un po’ come se la persona a cui facciamo un vestito avesse il potere di far ripercuotere nella stoffa i cambiamenti che avvengono in lei, E ciò avviene perchè l’aspetto quantitativo considerato dalla scienza non è una stoffa venuta dal di fuori, come nel caso del vestito, ma è un elemento di quella stessa realtà concreta che è percepita sensibilmente.
Vanni Rovighi, Sofia. Elementi di Filosofia 1 – Logica. La Scuola. Brescia. 1964. Pagg. 35
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Da questa citazione evinciamo una importantissima conclusione: Il reale precede qualsiasi esperienza che dello stesso possiamo avere e la sua esistenza è la prima esperienza propria di questo reale da parte dell’uomo. Questa prima esperienza di esistenza del reale fonda la logica del reale in quanto tale, logica basata sui principi propri dell’essere in quanto tale: non contraddizione/identità. Cioè: quel che stiamo osservando come qualcosa che “ha l’essere” è una realtà di cui faccio esperienza che è e non può non essere. Senza questa logica primaria è impossibile dire che qualcosa “esista” e dunque, rimanendo nell’immagine della Rovighi, “vestire” come si vuole questo esistente.
Altre info: http://pellegrininellaverita.com/2015/01/14/il-necessario-per-un-minimo-pratico-2/
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Comunque eh… Toccato sul vivo? Niente paura, un bicchiere di Gran Masetto del 2007 e passa tutto. Levo l’ancora, buon lavoro!
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PS: il neutro inteso come dice lei non mi pare sia una nozione filosofica. Ottimo, bisogna dirlo però quando si parla di finalismo che sfocia nella teleologia e altre menate. Che è un pò quello che sto dicendo da fin troppo tempo. Ciao!
” Comunque eh… Toccato sul vivo?”
No, stufato davvero, ma sembra che ce l’abbiamo fatta ad arrivare al consesso che ” il neutro inteso come dice lei non mi pare sia una nozione filosofica. Ottimo, bisogna dirlo però quando si parla di finalismo che sfocia nella teleologia e altre menate.”.
No, non lo e’.
Ed e’ dall’inizio che lo dico.
E’ solo contare le pecore e i mufloni, giorno dopo giorno, e stabilire giorno dopo giorno se ho piu’ pecore di mulfoni, o viceversa e cercare di predire quante pecore e quanti mufloni avro’ domani, perche’
1- ci ho da andare al mercato.
2- le domande filosofiche, che lascio volentieri ad altri, che si chiedono perche’ e percome nel mio recinto ci stanno piu’ mufloni, non hanno senso se ci stanno piu’ pecore.
La filosofia telematica la lascio ad altri, io mi rifiuto senza “un bicchiere di Gran Masetto del 2007”. 😛
io mi rifiuto senza “un bicchiere di Gran Masetto del 2007″.
questa si è un’ottima filosofia! 😉
Parentesi filosofica:
“problema dei qualia”, il problema dei qualia non c’entra assolutamente nulla con quello che stiamo discutendo. Se c’e’ a chi piace risolvere problemi filosofici con dell’omeopatia di scienza e “prendere in prestito” termini come “proprieta’ emergenti”, non ci si puo’ fare niente ma non e’ quello di cui stiamo parlando.
Come ho detto a Wil, c’e’ a chi piace estendere cio’ che e’ indubbiamente una proprieta’ della materia ed una proprieta’ scientifica, a ente filosofico astratto e astraibile ed estendibile a “tuttoquanto”, ma non e’ affare della discussione.
Esistono gli atomi. Esistono i metalli duri (e i liquidi). Cosa determina che lo stesso atomo possa far parte di un liquido, di un vetro, di un metallo? Il problema e’ puramente scientifico, ed e’ spiegato piuttosto bene nei termini della fisica dei materiali.
Se uno vuole fare filosofia sopra, deve tenere conto di quello che e’ la realta’, e cioe’ che gli atomi esistono e che gli stessi atomi possono formare composti diversi.
e il fatto che “vedrai che c’è un qui pro quo immane su sta storia e la metafisica tomista risolve tutto con grande eleganza, very sexy”, non mi interessa granche’ e specialmente non e’ messo in discussione.
Come ho detto sono un tipo pratico che ci siano infinite versioni filosofiche e qualcuna si migliore di altre non mi interessa, e specialmente non mi interessa in questo momento.
“La teleologia è dominio filosofico, non c’entra niente il finalismo o il progetto di stampo lamarckiano della biologia!”
Da un lato e’ vero, dall’altro no. Cioe’ la teleologia e’ dominio filosofico, pero’ la teleologia per essere filosoficamente sostenibile, deve avere un’ancora di realta’.
Esattamente come una filosofia non puo’ ignorare l’esistenza degli atomi, una filosofia che proietti della telelologia ad un processo, deve assicurarsi che tale processo non sia neutro. Altrimenti e’ come attribuire una direzione a un vettore (freccia) di lunghezza 0!
Lei non ha letto la lettura di epistemologia minima che le consigliavo. Capisco che è scritta malamente, ma qualcosina rimane comunque.
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Anche solo la nozione che una scienza, qualsiasi, non studia l’ente che è implicito alla sua attività (che funge appunto fondamento), ma SOLO gli aspetti dell’ente che prende in considerazione. Cioè la scienza non studia direttamente il qualcosa, ma studia qualcosa IN QUANTO qualcosa d’altro (ad esempio IN QUANTO matematizzabile)!
Lei mi pare compia il classio errore di scambiare l’oggetto della scienza (cioè il contenuto formalmente considerato dall’indagine) col soggetto del reale (cioè ciò che è sottoposto ad indagine e funge da fondamento).
Nessuno qui dichiara che “gli atomi non esistono”, bensì che lei probabilmente ha una visione troppo entusiasta di quel che la scienza fisica può permettersi di descrivere del reale, il quale – lo ricordo anche se è una banalità farlo – ha qualia dappertutto, anche nei campi diversi da quelli del cosidetto mind/body problem (ovviamente problem per tutti tranne, eh già, per il tomismo).
Buona chiacchierata “scientifica”.
” Buona chiacchierata “scientifica”.”
Una chiaccherata scientifica e’ quello che mi aspetto da un sito chiamato critica scientifica, che fin’ora non mi ha fornito un solo numero su una quantita’ scientifica e quantificabile e perfino contabile, pero’ un sacco di pipponi filosofici sui qualia che non c’entrano assolutamente nulla.
“Lei mi pare compia il classio errore di scambiare l’oggetto della scienza”
Io, in questo sito, ho interesse esclusivamente nell’oggetto della scienza e nel contare popolazioni e mutazioni.
O ha un contributo da apportare a tale oggetto che si riduce a contare le popolazioni, oppure le hanno gia’ detto che e’ OT, impedendo la discussione dell’oggetto scientifico, e la cosa disturba non solo me a quanto pare.
Filosoficamente uno puo’ farsi tanti pipponi pure sul contare, ma gratta gratta uno conta sulla carta, poi conta nella realta’, e vede se le due cose combaciano, nel modo piu’ ingenuo e naturale fin dalla notte dei tempi.
Adorabile.
Il nuovo sport nazionale, dopo l’allenatore della squadra del cuore e il Presidente del sistema solare, è fare il mod non richiesto su CS? 😀
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Dai, ha ragione. Volete parlare di numeretti, è giusto chiedere i numeretti! Smetto le mie domande. La finisco qui anche perchè lei ha la straordinaria facoltà di trasformarmi in un troll attraverso una evoluzione priva di finalismo dovuto al caso di averla incontrata su questi lidi. 😉 O forse… ero già un troll in potenza? Va a finire che ha ragione l’aristotelismo!
Sono personalmente certo infine che dal vivo le offrirei un bicchiere di Bricco dell’Uccellone senza alcun problema. E dopo quello io divento un matematico e lei uno spiritualista orientale. Ahaha
Discorso Scientifico:
Ora, che questo processo chiamato della generazione dei caratteri, sia neutro o meno, e’ materia puramente scientifica. E’ materia nei fatti e nei processi ancora in discussione, nessuno lo nega, quasi niente in scienza e’ completamente e assolutamente spiegato (forse la QED? Ma dato il recente puzzle del protone forse manco quello… non lo so).
Tuttavia se questa cosa “è una teoria scientifica testabile” non e’ piu’ motivo di discussione filosofica perche’ puo’ essere testata paragonando simulazioni al computer con dati reali, come ho scritto fin dall’inizio e come ha fornito Greylines.
Ora, prima di criticare un certo processo nei dettagli, bisogna vedere se c’e’ spazio nel quadro generale affinche’ la critica sia minimamente sensata.
Prima di dire “Il processo di generazione caratteri non puo’ essere neutro”, bisogna fare un calcolo e verificare statistica se e quanto e come questo processo di generazione caratteri possa essere non neutro rispetto a condizioni a piacere.
Prima di pensare alle manovre da fare per parcheggiare, bisogna assicurarsi dove sia il parcheggio.
Non si possono sbrodolare centinaia di articoli e parole su supposti processi, su mancanze negli individuali dettagli della generazione caratteri che “potrebbero indicare” quello che ci piace a noi nell’immagine generale, quando nell’immagine generale non c’e’ spazio per quello che ci piace.
Sarebbe come criticare sindacare su singoli punti di un quadro puntillista, perche’ noi crediamo per qualche ragione che il quadro anziche’ di canottieri, ritragga un cannoniere. Ho guardato discussioni passate e leggo solo “Vedi, questo punto lascia spazio perche’ ci sia un cannoniere… questo punto secondo me deve essere grigio anziche’ rosso”…etc…
Che va benissimo, ma solo quando si e’ fatto uno scientificissimo passo indietro e stabilito con la cruda osservazione che l’immagine non e’ di un canottiere ma di un cannoniere, o che almeno la questione e’ aperta a differenti modellizzazioni.
Ma alla fine, se questa e’ una critica scientifica, dove sta l’immagine generale scientifica? Posso capire la metafisica e quello che vuoi, ma qua ci si fa chiamare Professori di Biologia e Scienze, non di Filosofia, e il sito si chiama “Critica Scientifica” non “critica metafisica”.
Quindi qual’e’ il passaggio scientifico, d’insieme, che sancisca che il Darwinismo non spieghi bene, quantitativamente e scientificamente, lo sviluppo delle specie sulla Terra? La simulazione che dimostri che ci sia spazio, nella popolazione delle specie, quantitativamente e scientificamente, per un processo che non sia stocasticamente neutro.
Se non c’e’ credo che difficilmente si stia parlando di scienza.
@ DO-OR-DO-NOT
Vorrei proporLe la seguente simulazione.
– Lei è (come è vero) un darwinista. Io invece sono (come molti che frequentano questo blog) un evoluzionista fisico-strutturalista, perché mi appare più ragionevole ipotizzare che l’evoluzione biologica interspecifica sia avvenuta – anziché per trials&errors e selezione naturale – attraverso precisi meccanismi fisici ancora ignoti e tutti da scoprire.
– Io e Lei lavoriamo fianco a fianco in un laboratorio biochimico.
Che cosa avvantaggia Lei rispetto a me nelle nostre ricerche? quali principi La mettono nella condizione privilegiata di scoprire un’applicazione rispetto a me?
Iniziamo a rispondere alla mia di domanda.
Perche’ se io e lei lavoriamo fianco a fianco in un laboratorio per realizzare una simulazione per prevedere la diffusione di un certo gene all’interno di una popolazione di batteri.
– Se la mia simulazione che suppone un meccanismo di mutazione gaussiano simmetrico rispecchia la popolazioni come si sono evolute fino ad oggi.
– Se la sua con una ancora da rivelare formula “evoluzionista fisico-strutturalista” no
Quando andiamo dal nostro capo con le nostre previsioni dei dati per domani, lei non fa una bella fine.
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Ma e’ ancora piu’ di base a questo punto la domanda, dato che la risposta si continua a schivarla, diventa piu’ di base: in base a cosa si definirebbe “un evoluzionista fisico-strutturalista” se non ha neanche un numero sottomano?
PS: io non sono un bel niente, sono solo uno che ha sottomano un po’ di equazioni a derivate parziali. Al contrario mi piacerebbe molto avere una formula determinista anziche’ stocastica, perche’ in tal caso l’equazione differenziale ha soluzione unica.
Mi scusi, ma non ho capito. Questo per la prima parte. Forse mi può dare un caso concreto di predizione darwiniana corroborata, comprensibile da un normale contribuente come me.
Per la seconda parte, a) i miei numeri sottomano sono quelli dell’implausibilità di una formazione casuale di un solo batterio nei tempi fisici, b) l’equazione differenziale ha soluzione unica per date condizioni al contorno e quando non sia troppo sensibile a queste. Che non è il nostro caso.
Io, DO, ho moltissimo rispetto per la teoria delle probabilità e per la statistica, proprio per questo non sono darwiniano, ma trovo più ragionevole pensare che oltre alla stocastica (che sempre gioca in questo universo fisico), abbia giocato qualche altro meccanismo fisico. E siamo in tanti: http://www.thethirdwayofevolution.com/
“i miei numeri sottomano sono quelli dell’implausibilità di una formazione casuale di un solo batterio nei tempi fisici”
Se questa frase riguarda alla generazione della vita, non c’entra con la teoria dell’evoluzione, che strettamente non si occupa di come il primo organismo si sia formato. In ogni caso, dubbi per quella parte non giustificano i dubbi per la seconda parte di cui stiamo discutendo ora.
Questo articolo ha come argomento non la generazione della vita, ma se le mutazioni siano simmetriche rispetto alla fitness o meno. Sopra le figure parlano chiaro, le gaussiane sono tutte simmetriche rispetto alla fitness, e poi la selezione puo’ essere non simmetrica e quindi indirizzare un mutamento verso una miglior fitness.
Mi pare di capire che non siete d’accordo su questo specifico argomento, sostenendo che pure le mutazioni non sono indipendenti dalla fitness ma direzionate. In base a quali numeri sostenete cio’?
Se quella stessa frase riguarda che i numeri che portano dagli organismi unicellulari (i batteri sono gia’ evoluti) agli animali non sono compatibili con quelli gia’ espressi, vorrei vedere questi numeri.
b) “per date condizioni al contorno e quando non sia troppo sensibile a queste” vero, l’ho detto anch’io proprio all’inizio della discussione. Per quello esistono teorie efficaci.
Infatti per simulare una evoluzione serve un sistema simulativo tipo “monte-carlo”, e’ sembra molto difficile ma in realta’ e’ piuttosto banale e comunque del tutto fattibile per ottenere i numeri.
Professore di cosa?
Grazie della risposta, Do.
1) Nel mio gioco di simulazione, non mi riferivo a quanto trattato specificatamente in questo articolo, ma in generale al darwinismo.
2) Come ho detto, nessuno mette in discussione l’importanza della statistica nello studio dei fenomeni (direi di tutti, anche quelli che più dipendono da scelte “intelligenti”: io la applico tutti i giorni in finanza). Solo si sostiene qui che essa non è sufficiente, come vorrebbe il darwinismo, a spiegare l’evoluzione biologica.
3) L’abiogenesi è stata un esempio da me citato d’implausibilità stocastica come causa esclusiva di un fenomeno. Ma nel link che Le ho fornito nel precedente commento Lei troverà tutta una serie di altri motivi che riguardano l’insufficienza del darwinismo (come stocastica + selezione naturale e basta), a giudizio di molti scienziati, anche di spiegare l’evoluzione interspecifica.
4) Un mio ridotto cv è in testa ai miei articoli. E il Suo?
1) Criticare “in generale al darwinismo”, prendendo un singolo aspetto che la teoria dell’evoluzione (evoluzione DEI viventi, mica AI viventi) manco affronta mi sembra piuttosto pittoresco.
2) Di nuovo se c’e’ un meccanismo di mutazione che non sia indipendente dalla fitness, e’ possibile dimostrarlo computazionalmente. Dov’e’ questa computazione?
3) Il link fornito non mi soddisfa, c’e’ tanta roba e non e’ preciso, si critica di tutto, da memorie ereditate (?) a epigenetica (che non mi pare in contrasto con la teoria dell’evoluzione, difficilmente potrebbe spiegare la generazione di nuovi caratteri fenoticipi macroscopici).
Insomma non ci ho trovato niente che sia vagamente simile a un minimo requisito per sostenere scientificamente che le mutazioni non siano indotte stocasticamente in modo indipendente dalle altre condizioni del soggetto e neutralmente rispetto all’ambiente in cui vive.
Ci sono alcune parole sul DNA-transfer orizzontale, ma a parte che mi sembra una cosa piuttosto mainstream oramai (tipo che mi sembra di averlo letto su Le Scienze 10 anni fa) di nuovo non ho trovato quantificazioni, ma anche se fossero non vedo come potrebbero non essere mutazioni imprevedibili tanto positive quanto negative.
Quindi sarebbe un effetto che contribuisce alla quantita’ di rumore stocastico (larghezza), ma non alla qualita’ (skewness).
Ci sono tanti effetti noti, dai raggi cosmici ai corrosivi chimici, dalla temperatura…etc…
Ma di nuovo, la scoperta o l’aggiustamento dell’influenza dei raggi cosmici (mettiamo) non indebolisce di un filo la teoria dell’evoluzione, dato che si muove all’interno di essa, dato che non produce una percepibile modifica alla neutralita’ delle mutazioni o alla stocasticita’.
La differenza e’ che, come infatti facciamo da decenni, possiamo simulare raggi cosmici con raggi gamma e agevolare mutazioni.
4) Non avevo notato scrivesse per qua, l’ho chiesto giusto per sapere se parlassi con qualcuno dal background piu’ o meno scientifico. Il mio cv lo tengo per me se non dispiace, non sono venuto a cercar marito 😛
3) Che il link contenente la critica al darwinismo non “soddisfi” Lei, Do, o soddisfi me, ha poca importanza se non a dimostrare il fatto che si può essere scienziati di valore, in particolare biologi evoluzionisti, senza essere darwinisti. A me interessava ribadire solo ciò, ai dettagli non essendo interessato.
Capisco… Ipse dixit…
Quindi in sostanza non ha dei numeri per criticare, ma critica comunque sostenendo cose (che le mutazioni non sono neutre) senza averne la prova in quello che e’ definibile come un puro pre-giudizio.
Le sembra un atteggiamento scientifico?
Assolutamente no, Do!
Io non sono un tuttologo e, in cose delle scienze che non pratico (tra queste la biologia evolutiva), mi affido – sempre con dubbio – a chi ne sa più di me. E se, come nel caso del darwinismo, ci sono scienziati che la pensano in maniera molto diversa, scelgo le teorie che mi sembrano più ragionevoli o almeno meno irragionevoli. Sempre ricordando che le teorie scientifiche non sono mai vere (dimostrate), ma possono essere solo falsificate. Tutto qua.
Felice di averLa incontrata.
A questo punto, Masiero, parrebbe traslucido che lei abbraccia la teoria che non c’è. Di chi si fida? Qual’è lo scienziato antidarwinista che la ispira, quello meno irragionevole?
Appare lucido, lucidissimo, Cipriani, che mi affido alla “Terza via”, almeno per chi ha letto il mio commento delle 13.18, dove ho indicato esplicitamente – indicando il sito e i lavori – la compagnia degli studiosi che sento più vicini e delle loro ipotesi.
Ho letto la presentazione di Terza Via…
Se nel manifesto ci fosse un barlume, o solo un luccichio, di “teoria alternativa” a illuminarci non sarebbe male.
Forse perchè i Suoi abiti Prof.Masiero odorano di incenso e questo non è consentito….mentre per quello che mi riguarda entro e esco da laboratori dove si fa effettivamente Scienza senza nessuna discriminazione….anche se i miei abiti oltre che di incenso odorano anche di altri profumi….forse sarà perchè nella mia Firenze sopravvive la “Tolleranza Rinascimentale”….
Non odorano più d’incenso dai tempi in cui facevo il chierichetto, Stò!
Ha casa tengo una raccolta di bastoncini d’incenso e nell’ultimo viaggio nei Monasteri Greci ho acquistato una certa quantità di favoloso incenso.
Speriamo che veramente non esista in questa paese la discriminazione ideologica per chi “ancora crede in Dio”,anche nei Laboratori dove si fa effettivamente Scienza(fortunatamente che io sappia non è presente questa forma di discriminazione nei Laboratori di Fisica..).
Sarebbe interessante (sarei curioso di) conoscere il parere di chi segue CS senza mai intervenire…
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Per esempio, c’è qualcuno che ha voglia di far conoscere l’idea che si è fatto, in seguito al dibattito, sulla selezione naturale.
Ovvero:
1) s’è capito o meno qual è la valenza reale (il peso) che il neodarwinismo dà alla stessa?
Oppure:
2) si dà per scontato (o s’è capito) che, come sostiene Pennetta, la selezione naturale è ritenuta dai neodarwinisti (assieme al solito caso=lotteria) l’unica artefice dell’evoluzione?
1 – no
2 – mi sembra confermato che per un neodarwinista l’evoluzione sia: stratificazione di mutazioni genetiche “casuali” sfrondate dalla selezione.
Insomma, praticamente un neodarwinismo fermo a Monod… Enzo s’ingrasserà.
1) più che altro bisognerebbe chiedere quale valenza il “terzaviismo” dà alla stessa, e quale dà invece alle mutazioni e in che misura quantitativa.
L’ho chiesto anch’io alle 16:33 più sopra.
beh, sulla selezione naturale non mi sembra che le posizioni divergano molto. la selezione, appunto, seleziona (stabilizzando, favorendo certe popolazioni rispetto ad altre, eliminandone altre) caratteri fenotipici correlati in primis (ma non soltanto, mi sembra di capire) al genotipo. l’altra questione è molto più confusa. è chiaro che Pennetta sostiene che esistano delle leggi (ignote ad oggi) che guidano l’evoluzione (che non significa che indirizzano l’evoluzione), come la legge di gravitazione ecc ecc guidano i movimenti degli astri, mentre i darwinisti, beh, ecco devo dire che la loro posizione è più indecifrabile, paradossalmente. si oscilla fra mutazioni “stocasticamente neutre”, che quindi in effetti fanno pensare al caso nel senso ordinario del termine, all’introduzione (lo fa anche Pievani, l’ho letto recentemente) di una serie di principi o regole o leggi (non saprei bene come definirle) che accompagnano l’evoluzione stessa. E in tal caso non capisco più tanto bene dove sia il motivo del contendere. poi il significato di queste “regolarità” (ecco, mi sembra che le chiami così) ognuno lo vede come crede (da nessun senso al massimo senso, come d’altronde già accade per le certe, o perlomeno certamente esistenti, leggi fisiche). poi, è chiaro, il dibattito è acceso, anche nei toni. come se si parlasse di politica. d’altronde noto come i “dibattiti” su petrarca siano molto meno accesi di quelli su leopardi. eppure stante il fatto che si ha meno materale su petrarca che su leopardi dovrebbe essere logicamente il contrario (minor margine per l’interpretazione). questo fa capire quanto pesi l”ideologia” (leopardi diciamo che viene molto tirato per la giacchetta).
Dato che Cipriani ha iniziato con le domande, pure io ne approfitto.
“è chiaro che Pennetta sostiene che esistano delle leggi (ignote ad oggi) che guidano l’evoluzione”
Ma il COME lo sostenga, cioè senza prove e senza aver cercato di confrontare questa sua idea coi numeri, a te non fa caldo ne freddo?
“la loro posizione è più indecifrabile, paradossalmente”
come mai indecifrabile?
Mi sembra che sia chiaro che esistano delle cause, quindi se si vuole capire la frequenza di mutazione bisogna sapere tali cause (ad esempio il quantitativo di radiazioni e di agenti chimici).
Tuttavia la frequenza può aumentare o diminuire in base a cause esterne, ma il risultato è pur sempre neutro rispetto alla causa: se un raggio gamma ha generato la mutazione, l’animale non sarà più resistente ai raggi gamma. Se l’animale vive in un ambiente umido, l’animale ha tante probabilità di mutare per resistere all’umidità, quante per fiaccarsi in ambiente umido…e così via…
Questa ipotesi può essere testata, e mi pare che nella letteratura si faccia abbastanza e che il risultato confermi questa ipotesi.
Ho chiesto se è stata testata l’ipotesi opposta, ma a quanto pare viene difficile dare una singola referenza a un calcolo, quindi si crede allegramente basandosi sul nulla, si scrivono vagonate di post e pure libri mi pare (!) piuttosto che fare un serio lavoro scientifico e andare a cercarsi referenze (o a crearsele, se le referenze mancano, il calcolo è veramente semplice per professori e gente che fa simulazioni in finanza e consiglia lo stato!)…
Se Si riferisce a me, Do, Le ribadisco che il mio rifiuto (attuale) del darwinismo non deriva da questioni di fede (ci sono darwinisti credenti come Ayala e non darwinisti non credenti come Nagel), ma puramente razionali. Ho fatto i “calcoli”, semplicissimi, e Lei li potrà trovare nei miei articoli in questo blog ed anche su altre riviste. Potrebbe cominciare con “La vita è fisica” (Parti I, II e III).
Io sono apertissimo a cambiare idea. Aspetto da un darwinista una predizione che sia stata empiricamente controllata e corroborata (una sola, semplice semplice, che anche un ignorante in biologia come me possa capire), come deve esserci secondo la mia definizione di scienza.
La sua fissazione su questo punto, caro Masiero, è pari alla sua preparazione in molti campi, anche se prendo atto che non è un tuttologo e che, per esempio, di allevamento di canarini non sa quasi nulla… Battute a parte, considerando che la sintesi estesa vive di un dibattito interno importante e apertissimo (http://pikaia.eu/come-evolve-la-teoria-dellevoluzione-una-pluralita-di-pattern-esplicativi/), credo che la sua richiesta (in base alla sua definizione di scienza) sia una questione che vale una punta di spillo in un fienaio (parere mio, naturalmente, e magari la sua osservazionerichiesta sarà la tomba del neodarwinismo).
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Una predizione banalissima, ma che considererei tale: il povero e vituperato Darwin aveva previsto, solo osservando la particolare forma della corolla di un fiore, che doveva esistere un insetto dalla forma altrettanto particolare per consentirne la riproduzione… Si chiama impollinazione entomofila e, guarda caso, quell’insetto esisteva davvero. Lei come la chiama questa? Botta di culo?
E cosa c’entra questa (ovvia, banale, se fossi un cacciatore di farfalle forse ci avrei pensato anch’io davanti a cotanto fiore) predizione di Darwin – se c’è un fiore dalla forma particolarissima “ci deve essere un insetto dalla forma altrettanto particolare che lo impollini” – col darwinismo?! Come dire che se io sono nato, vuol dire che ho una madre…
Non ha veramente altro di meglio, Cipriani?! Lei in questo modo veramente svilisce il darwinismo…
Il darwinismo è molto, molto più ambizioso. Come ci ha spiegato Greylines qualche giorno fa, esso è l’ipotesi che tutte le specie si siano evolute, puramente per variazioni stocastiche e selezione naturale, da un unico antenato, presumibilmente una specie di batterio.
Forza, qualcosa di meglio!
Direi piuttosto che a svilire il darwinismo, banalizzandolo oltremodo, è più bravo lei, caro Masiero… Io mi adeguavo alla richiesta, a quella punta di spillo che vorrebbe presuntuosamente e ingenuamente demolirlo…
L’ipotesi dell’antenato comune è in fondo la stessa che abbraccia lei, mi pare, attraverso una Terza Via non ben definita. Siamo qua ad aspettare che si “evolva” qualcosa di concreto, qualche bella immaginazione di quello che può essere accaduto davvero, che non sia creazionismo e che non sia teoria dell’evoluzione di matrice darwiniana.
Forza, qualcosa di meglio!
Cipriani dice:
“Una predizione banalissima, ma che considererei tale: il povero e vituperato Darwin aveva previsto, solo osservando la particolare forma della corolla di un fiore, che doveva esistere un insetto dalla forma altrettanto particolare per consentirne la riproduzione… Si chiama impollinazione entomofila e, guarda caso, quell’insetto esisteva davvero. Lei come la chiama questa? Botta di culo?”
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Io dico che la stessa predizione poteva farla meglio un creazionista: che senso avrebbe creare un fiore dalla forma particolare se non fosse stato creato anche un impollinatore adatto?
Secondo le mutazioni casuali invece potrebbe esistere un forma particolare per solo effetto del caso.
Che ne dici di trovare un altro esempio che questo mi sembra deboluccio? 😉
Vedi, Enzo, che ti fossilizzi (vi fossilizzate) sempre sul dettaglio? Già ho spiegato a Masiero il tono della mia contrapposizione alla sua (solita) domanda.
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Per me, profano dei profani, in un caso semplice come questo entra in ballo la selezione naturale, guarda un po!, con buona pace di chi la teme e la relega a banalità. Un bel rapporto interspecifico tra mondo vegetale e mondo animale.
Un po’ come nel caso dei tartufi simbionti o delle leguminose che fissano l’azoto con l’aiuto di batteri… Qui il caso, è il caso di dirlo, c’entra un fico secco, anche se ti fa comodo tirarlo ancora in ballo per banalizzare il concetto.
Calcoli che non riguardano punti che l’evoluzione affronta, e il punto in discussione in questo artcolo.
Cioè anche ammesso che ci sia qualche buco nell’evoluzione AI viventi (che l’evoluzione da molecole a amminoacidi e da questi alle prime forme di vita sia da studiare con la biochimica e associati, e non con mutazioni evoluzionistiche mi pare un assunto della comunità scientifica tutta quanta, mica una terza via alternativa!), non c’entra NULLA con l’evoluzione DEI viventi.
E nel caso dell’evoluzione DEI viventi lei sta credendo qualcosa senza averne la minima prova, o almeno la prova se la tiene per se.
Che ne direbbe, Do, se usassimo un tono reciprocamente meno saccente? Io apprezzo la Sua cultura da cui mi aspetto d’imparare molto, forse anche Lei può imparare qlc da me.
Ora sono occupato, replicherò nel merito nel pomeriggio.
Ecco… direi che sarebbe l’ideale. Io per primo, almeno a livello di parola scritta, risulterò spesso saccente, lo so. E mi dispiace. Stemperare i toni, essere aperti al nuovo, confrontarsi pacatamente, rispettare l’altro in ogni caso… Tutto bello, e se ci arrivasse qui su CS davvero il sito diventerebbe una perla rara.
Ma come si fa?
A cominciare da noi stessi.
E un plauso al caro Masiero per questo bagno di umiltà che fa parte dello scibile umano più di qualsiasi scibile effettivo…
Professore e Professori !Bene la conversazione ma parafasandro “I bambini ci guardano” in “Le persone ci seguono….e ci guardano..leggendo…”e senza la pretesa di un vincitore……
Do afferma:
“Mi sembra che sia chiaro che esistano delle cause, quindi se si vuole capire la frequenza di mutazione bisogna sapere tali cause (ad esempio il quantitativo di radiazioni e di agenti chimici).
Tuttavia la frequenza può aumentare o diminuire in base a cause esterne, ma il risultato è pur sempre neutro rispetto alla causa: se un raggio gamma ha generato la mutazione, l’animale non sarà più resistente ai raggi gamma. Se l’animale vive in un ambiente umido, l’animale ha tante probabilità di mutare per resistere all’umidità, quante per fiaccarsi in ambiente umido…e così via…
Questa ipotesi può essere testata, e mi pare che nella letteratura si faccia abbastanza e che il risultato confermi questa ipotesi.”
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LA frequenza delle mutazioni può aumentare fino a rendere la SM razionale?
Vediamo un po’….
La solo emoglobina, per fare un caso tra le 100.000 proteine umane, ha 146 amminoacidi, per capire l’assurdità della SN le riporto un pezzo di uno dei primi articoli pubblicati su CS:
“Espresso in base dieci tale numero (le combinazioni dell’emoglobina) corrisponde a circa 10^190. Al riguardo Dawkins afferma: “La fortuna che si richiederebbe per ottenere questo risultato è inimmaginabile.” e non si può che essere d’accordo con questa considerazione.
Per renderci conto della “fortuna” che bisognerebbe avere, possiamo fare il seguente calcolo: quanti secondi sono passati dall’inizio dell’universo e, nell’assolutamente ipotetico caso in cui potessimo tentare una combinazione al secondo (ammettendo l’ipotesi che nessuna combinazione sia uscita casualmente due volte), quante combinazioni avremmo potuto provare sinora ?
Moltiplicando: i 3600 secondi contenuti in un’ora per le 24 ore del giorno, per i 366 giorni circa di un anno (per eccesso), per i 14 miliardi di anni passati dal Big Bang, risultano trascorsi, (arrotondando ancora per eccesso), 10^18 secondi dall’inizio dell’universo.
Nell’ipotesi che dalla nascita dell’universo si fosse potuta provare una combinazione al secondo (questa ottimistica supposizione propone una velocità talmente elevata da essere del tutto irreale, incompatibile con l’assunto della prima frase “Il darwinismo è una teoria di processi cumulativi così lenti da richiedere, per completarsi, da migliaia a milioni di decenni”), per sapere quante combinazioni dovremmo ancora tentare prima di esaurirle tutte dovremmo sottrarre dalle combinazioni totali 10^190 la quantità di quelle provate 10^18.
Il risultato visibile sulla calcolatrice sarebbe ancora 10^190 in quanto la sottrazione avrebbe solo intaccato in modo impercettibile la quantità iniziale e il display non riuscirebbe visualizzare la differenza. Il numero resterebbero quindi ancora 10^190 combinazioni da provare, il che, sempre ad una combinazione al secondo, richiederebbe un tempo pari a poco più di 10^172 volte l’età dell’universo.
Anche ipotizzando che esistano diverse combinazioni di 146 aminoacidi, equivalenti dal punto di vista funzionale, la questione non cambia di molto, infatti ammettendo che ad esempio esistano 1000 tipi varianti di emoglobina, e tutti ugualmente funzionanti, la probabilità di trovarne uno “migliora” di 10^3 portando le combinazioni da provare a “solo” 10^187.
Come suggerisce Dawkins di superare questa difficoltà ? Dawkins ricorre al concetto di selezione cumulativa, il suo ragionamento è il seguente: “Nella selezione cumulativa, invece, esse (le entità selezionate) «si riproducono» , o in qualche altro modo i risultati di un processo di cernita vengono sottoposti ad un altro processo di cernita…”
Il concetto di selezione cumulativa, che poi sarebbe realizzata dalla selezione naturale, viene chiarito con il seguente esempio:
Se una scimmia dovesse battere casualmente a macchina la frase di Shakespeare “Methinks it is like a weasel” (“O forse somiglia a una donnola”), essendo la frase composta da 28 caratteri, ed essendo l’alfabeto inglese composto da 27 lettere, le possibili combinazioni di 27 lettere in una frase di 28 lettere (compresi gli spazi) sarebbero espresse da: 2728.
A questo punto Dawkins inserisce un computer che “seleziona” frasi mutanti che più si avvicinino alla frase originale: “Il computer esamina le frasi mutanti nonsense, la “progenie” della frase originaria, e sceglie quella che, per quanto poco, assomiglia di più alla frase bersaglio…”
Per poter completare la frase in un numero ragionevole di tentativi lo scienziato inglese introduce quella che definisce una “frase bersaglio” e un computer che conosce in anticipo la frase che deve essere composta, il che inserisce il finalismo nella teoria.
L’unico modo per evitare il finalismo è quello di ammettere che le frasi debbano essere scelte mediante la selezione naturale, ma il fatto che le frasi intermedie siano dallo stesso Dawkins definite “nonsense” esclude che esse possano essere premiate dalla selezione naturale.
Ecco la contraddizione di Dawkins: si parte da un “il processo cieco, inconscio, automatico” e per renderlo possibile nei dodici miliardi di anni dall’origine dell’universo si finisce per postulare un “computer” e una “frase bersaglio” che negano il processo cieco da cui si era partiti.
Se invece si volesse mantenere un processo cieco, si dovrebbe ipotizzare un’età dell’universo del tutto incompatibile con quella stimata dalla comunità scientifica.
In matematica quando si parte da un assunto e questo conduce ad una contraddizione, si giunge alla conclusione che l’assunto iniziale era errato. Questo procedimento viene detto “dimostrazione per assurdo”.
La vita dell’universo è troppo breve per poter ammettere che abbia potuto verificarsi una dinamica neodarwiniana per la quale i circa 14 miliardi di anni stimati dagli astronomi sono insufficienti, esattamente come lo sono i 12.000 dei fondamentalisti creazionisti: credere che le circa centomila proteine del corpo umano siano state prodotte e assemblate casualmente in un ecosistema complesso nel corso della vita dell’universo richiede un atto di fede superiore a quello dei creazionisti stessi.”
“La solo emoglobina, per fare un caso tra le 100.000 proteine umane, ha 146 amminoacidi, per capire l’assurdità della SN le riporto un pezzo di uno dei primi articoli pubblicati su CS”
E di nuovo, cosa c’entra un’aspetto puramente combinatorio con tutto ciò?
Semmai questo ragionamento ha senso per il primissimo organismo vivente, ma la formazione del primissimo organismo vivente non è affare che riguarda l’evoluzione DEI viventi.
Mica l’emoglobina si deve formare dal nulla già pronta, e mutazioni indipendenti dalla fitness, unite a una selezione che, proprio come mostrato nelle figure sopra, può generare una migrazione della popolazione verso una specifica funzione, non sono decisamente comparabili con una combinazione a caso di molecole!
E’ proprio il contrario che sostiene la teoria dell’evoluzione! E adottando i numeri in una teoria più sensibile vengono piuttosto compatibili con una serie di fenomeni, come ha mostrato greylines nei suoi tre link (l’articolo “difficile” prevede molto bene la speciazione e un po’ meno bene ma comunque con differenza di un fattore 2 perfettamente compatibile con le meccaniche sociali umane che un modello che suppone un mixing perfetto non tiene ovviamente in considerazione, la diffusione di geni africani nella popolazione americana a seguito dell’importazione di schiavi).
Decisamente non c’è una discrepanza di 100 ordini di grandezza fra dati sperimentali e modello una volta che il modello è veramente un modello evolutivo e non una cosa che non c’entra niente!
Ho chiesto se avete dei numeri riguardo a quello che affermate in questo articolo: l’adozione di una probabilità di mutazione non simmetrica, non dei numeri a caso riguardo a quello che affermate in altri articoli!
Trascorse 5 ore e tutto tace…
Avevamo promesso di essere più buoni e pazienti, Cipriani. Io sono stato purtroppo occupato fino ad ora in altre questioni.
Dunque, Do, eccomi qui.
In “La vita è fisica” ci sono a) le motivazioni epistemologiche della nostra critica al darwinismo (e al creazionismo), b) l’ipotesi strutturalista del campo elettromagnetico come driver (dell’ordine) dei cicli biochimici e riduttore (del peso abnorme) dei processi stocastici e c) le prime predizioni corroborate (o “calcoli”) dello stesso campo e.m.
Con c) noi abbiamo delle predizioni quantitative corroborate: che cosa ha da offrire il darwinismo (Le chiedo per la terza volta)? Che poi una teoria pretenda di spiegare l’evoluzione biologica, non avendo nulla da dire sulla “prima” evoluzione biotica, quella dall’inanimato all’animato, Lei non lo trova strano alla luce dell’improbabilità estrema dell’abiogenesi casuale nei tempi fisici, che obbliga altrimenti (v. Koonin) a salvarsi nella metafisica del multiverso e, soprattutto, alla luce del fatto che quei meccanismi che hanno originato l’abiogenesi non possono non aver operato anche nell’evoluzione interspecifica successiva?!
Lei è un graditissimo nuovo ospite di questo sito, ma noi non possiamo ogni volta cominciare da zero: io L’avevo invitata a “cominciare” da “La vita è fisica”, ma non certo a finire lì con le letture delle nostre idee. Così, mentre aspetto da Lei una predizione darwiniana corroborata, alla Sua domanda su che cosa ci fa credere – in base ai “calcoli” – che la stocastica da sola (con l’aiuto post hoc della selezione naturale) non possa aver guidato, in appena 3,5 mld d’anni l’evoluzione biologica, La rinvio ai calcoli di Shapiro o di Jablonka, in parte da me volgarizzati in “Il programma sublime”.
Buona domenica.
Restano poche ore, per molte cose… Chiaro che non si può ri-raccontare tutto, altrettanto chiaro che questo post morirà senza aver maturato le sue potenzialità… Mannaggia alle regole (che vanno assolutamente rispettate)!
Può postare, Dott Masiero, il sunto di quegli articoli?
L’elenco per punti dell’ipotesi (ho scritto ipotesi per chi avesse voglia di saltarmi al collo dicendomi il mondo accademico bla bla) fisico-strutturalistica? Vorrei sapere dagli altri commentatori se riterrebbero utile e interessante indirizzare qualche studio/ricerca sempre più approfondita in codesta direzione.
Grazie
PS Cipriani, lei ha ragione! troppo poco tempo…
Quello che Lei chiede, PaoloS, è una cosa molto intelligente: una specie di rubrica FAQ, dove i nostri lettori possano trovare sintetizzate le idee della redazione CS con riguardo ai principali temi, soprattutto a quelli che ricorrono più frequentemente.
Credo che ci sia l’intenzione di farlo, ma non conosco i tempi, perché qui tutti abbiamo un sacco d’impegni.
So che l’intenzione c’è, Enzo farebbe carte false per riuscirci. Sarebbe oro per tutti, davvero un modo intelligente per evitare troppe ripetizioni e avere scorciatoie di ragionamento buone per tutti, anche per la stessa CS che stroncherebbe i denigratori che fanno finta di non sapere alcuni punti fermi fondamentali e chiarissimi per gli utenti di lunga data.
Al pari sarebbe eccezionale anche un glossario sintetico dei principali termini scientifici adottati.
Solo un sogno? Tempo al tempo. CS è cresciuta tantissimo, oso dire anche per merito dei soliti contestatori ormai di famiglia…
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Buona serata a tutti
Grazie Dott Masiero. Una rubrica FAQ sarebbe perfetta e tutti quegli ampliamenti di storia, storiografia, arte, musica, ecc. pure.
Speriamo! Io faccio il tifo per Storia!
Ad essere sincero intendevo però di postare, nel senso di fare un copia incolla, quei 7 punti che riassumono La Vita è Fisica proprio qui e ora nei commenti. Però è tardi ormai.
Magari nel prossimo articolo sul darwinismo #3.
Grazie ancora e Buona serata.
@ Masiero e Do or do not
Mi pare di capire che “Do or do not” si lamenti che il sito non si occupi propriamente di critica scientifica poichè non entra nello specifico di una critica propriamente tecnica alla teoria.
Sinceramente trovo sia impossibile criticare in un blog una teoria scientifica in modo tecnico, poichè ogni aspetto anche marginale della stessa richiederebbe sia spazio che competenze specifiche notevoli, oltre a dati sperimentali o simulazioni eseguite personalmente da chi muove la critica.
Penso che il sito si occupi specialmente di criticare le interpretazioni che alcuni deducono dalla teoria stessa, e presentare voci discordanti.
Riguardo poi al fatto che si cade nelle filosofia, questo è inevitabile, anche perchè una teoria scientifica di per se non ha, senza che le si dia una qualche interpretazione, alcuna ricaduta sul senso della vita di chichessia, e quindi, visto che il dibattito scalda tanto gli animi, è evidente che le motivazioni siano diverse e non puramente scientifiche.
A Do or do not volevo però porre alcune domande.
Se devo considerare se un fenomeno sia o meno casuale, guarderò le leggi che lo governano, e fino a prova contraria, qualunque fenomeno in questo universo, è governato dalle leggi della fisica e a proposito di queste rimando al bel articolo precedentemente scritto da Masiero “Le costanti intriganti”.
E’ lapalissiano che se cerco una plausibile domanda di senso, se mi interessa pormi tale domanda, guarderò alla struttura dell’universo, poichè il singolo fenomeno che si sviluppa nello stesso, poniamo l’evoluzione dei viventi, da quella è comandato, e non viceversa.
L’abiogenesi non è un problema così peregrino, non le pare. Se non si risolve plausibilmente quello, da dove si parte per “l’evoluzione dei viventi”?
Lei scrive “gausiana simmetrica” nell’intervento del “2 ottobre 2015 12:56”, lei conosce distribuzioni gausiane non simmetriche?
Vabbè, ma una distribuzione simmetrica dipende anche quanto è “stretta”.
Infine, l’evoluzione riavolgendo il nastro, poteva essere diversa da come è stata?
Se sì, come fa a dimostrarlo?
Sono d’accordo, Lutman.
Critica Scientifica vuol dire, secondo me:
1) critica della scienza, nel senso dell’epistemologia: che cos’è la scienza? qual è il suo dominio? qual è il suo rapporto con la realtà, la verità, ecc.
2) critica della scienza, nel senso scientifico: separare le ipotesi non corroborate (per es. la teoria delle stringhe) da quelle corroborate (la relatività generale); separare quelle non corroborabili (e quindi in definitiva, non scientifiche, come il multiverso), da quelle non ancora corroborate, ma potenzialmente corroborabili (come l’esistenza di vita aliena); separare le interpretazioni (come quella di Copenaghen) dalle teorie (la meccanica quantistica);
3) debunking: denunciare la falsa informazione scientifica, o gli interessi economici, ideologici, politici, ecc., che si possono nascondere dietro la scienza;
4) informazione scientifica: informare sulle più importanti scoperte e applicazioni tecnologiche;
5) interdisciplinarità: rispetto ai limiti della specializzazione corrente, dare risalto ai problemi che richiedono soluzioni interdisciplinari e alle ricerche multidisciplinari;
6) infine, poiché non c’è solo la scienza sperimentale, o naturale, ma ci sono anche le scienze umane: contenere anche bei articoli di filosofia, storia, storiografia, arte, musica, ecc.