“La persistenza della memoria” (Salvador Dalì, 1931)
di Giorgio Masiero
Dall’assoluto al relativo, dal relativo all’illusorio: l’escalation nella degradazione del tempo da parte della speculazione matematico-fisica
Ricorre quest’anno il centenario della teoria della relatività generale, il (secondo) capolavoro di Einstein, dove la gravità è ridotta a geometria, cosicché i moti celesti sono spiegati come effetti inerziali della curvatura locale dello spazio-tempo. Anche in questo caso però, com’è sempre accaduto nella storia della scienza naturale, la scoperta ha originato più nuove domande delle risposte che è riuscita a fornire. Facciamo un passo indietro, di 1.500 anni.
Non sarà mai apprezzata abbastanza la ricerca originale (psicologica, filosofica, metafisica e religiosa) sulla natura del tempo che Sant’Agostino fece nelle sue “Confessioni” (398 d.C.), un libro il cui soggetto è l’uomo integrale, indagato dall’autore attraverso un’innovazione letteraria, l’introspezione. “Gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime dei fiumi, la circonferenza dell’Oceano, le orbite degli astri, mentre trascurano se stessi”: le “Confessioni” sono il primo caso di Bildungsroman, intercalato da digressioni sul linguaggio, la relatività delle leggi civili, la memoria, la fragilità umana e… il tempo. Montaigne e Proust avrebbero seguito le orme.
Il tempo reale, scopre Agostino scavando dentro di sé, anche se è convenzionalmente misurato da un giro del Sole, è un vissuto dell’anima. Il tempo è una cosa concreta, intimamente connessa all’esperienza presente, passata e futura di ognuno. Il futuro non c’è ancora, ma c’è nell’anima l’attesa delle cose future. Il passato non c’è più, ma c’è nell’anima la memoria delle cose passate. Il presente ha la durata di un istante, ma perdura nell’anima l’attenzione alle cose presenti. Il tempo esperito diviene così un eterno presente, perché il passato è in realtà il presente del passato (presente nella memoria di ciò che è stato), mentre il futuro è il presente del futuro (presente nella speranza o nel timore di ciò che sarà). In accordo con la Bibbia, Agostino formula una concezione lineare del tempo e inventa il concetto di storia: il tempo ha avuto inizio con la creazione e terminerà col giudizio universale. Tutto ciò che accade dall’inizio del tempo alla sua fine, cioè la storia cosmica e umana, è unico ed irripetibile.
Nella metafisica dei teologi arabi del Kalam (IX-XII secolo), i mutakallimun, la speculazione sul tempo fisico – quella grandezza che si misura con strumenti dedicati – fece passi ulteriori. Non esiste uno spazio separato dal tempo, ma un’unione reale in cui la dimensione temporale è connessa alle 3 spaziali; né lo spazio-tempo è assoluto, ma le sue estensioni sono relative all’osservatore: “Non c’è nessuna differenza tra l’estensione temporale che, rispetto ad uno di noi, distingue il prima dal poi, e l’estensione spaziale che, rispetto ad uno di noi, divide il sopra dal sotto” (Al Ghazali, “Incoerenza dei filosofi”). In assenza di corpi materiali né lo spazio, che ne indica la superficie limitante e le distanze reciproche, né il tempo che ne descrive lo stato di moto hanno senso: “Il tempo è la durata in cui un corpo è a riposo o in moto: se il corpo è privato di questi stati cessa di esistere e anche il tempo cessa di esistere. […] Corpo e tempo coesistono” (Ibn Hazm, “Dettagliato esame critico”). Spazio, tempo, corpi e moto sono nel Kalam 4 concetti correlati.
Distinguendolo dalla durata degli stati mentali (“aevum”) e della vita divina (“aeternitas”), la Scolastica cristiana avrebbe condiviso le concezioni dei mutakallimun sul tempo fisico (“tempus”): “Nello stesso modo che non c’è uno spazio reale fuori dell’universo e possiamo tuttavia immaginarlo, così prima dell’inizio del mondo non c’era un tempo, benché possiamo immaginarlo” (Tommaso, “De potentia”). “Si dice che le cose furono create all’inizio del tempo, non perché l’inizio del tempo sia misura dell’atto creativo, ma perché il cielo e la terra sono stati creati insieme al tempo” (“Summa Theologiae”).
L’orologio di Jacopo Dondi a Padova
Chi ha detto che la scienza moderna nacque nel XVII secolo? Se consideriamo il tempo fisico, la scoperta più importante avvenne in pieno Medio Evo, nel XIII secolo, e fu un’autentica rivoluzione: la creazione di orologi meccanici. Questi, installati prima nei conventi benedettini e progressivamente in torri e campanili di tutt’Europa, scandivano, per la prima volta al mondo in forma affidabile e continuativa, il tempo del lavoro nelle campagne e nei laboratori artigianali e il tempo del riposo e della preghiera, le stagioni della potatura, della semina e della raccolta, ecc., ecc. L’introduzione del bilanciere e dello scappamento portò alla costruzione di macchine che segnavano (e scoccavano ai quattro venti con sistemi sonori sincronizzati) l’ora e le sue frazioni, il giorno, il mese, la costellazione, la fase lunare. In figura è ritratto il primo orologio astronomico (Padova, 1344), tuttora funzionante. Nella metà della figura riguardante l’ingranaggio, si distinguono la parte destra dedicata a misurare il tempo (con lo scappamento e il bilanciere) e la parte sinistra dedicata a battere i botti.Il giorno solare (medio) di questi orologi – e la sua frazione 1/86.400, chiamata secondo – sono stati fino al 1956 l’unità ufficiale del tempo in fisica. Oggi, con l’introduzione di orologi atomici, il secondo è definito come 9.192.631.770 periodi di una particolare transizione di livello del Cesio 133.
Guidato da un’asimmetria presente nelle equazioni di Maxwell (1864) e dall’invarianza della velocità della luce emersa nell’esperimento di Michelson e Morley (1887), con un paio di geniali intuizioni Einstein trovò tra il 1905 e il 1915 le equazioni che correlano quantitativamente le 4 grandezze che i mutakallimun avevano unito metafisicamente. Nella relatività generale lo spazio-tempo è un fluido 4-dimensionale che ospita la materia e i campi (le forze della natura) e interagisce con essi, modificandoli ed essendone modificato. Lo spazio-tempo ha, per le masse e le energie che lo popolano, la stessa realtà che ha il mare per le navi che lo solcano: il mare si allarga, si stringe, s’incurva, avvolge la nave, la può spostare ed anche rovesciare. Viceversa la nave sposta l’acqua, fa cambiare la forma alla superficie del fluido, modifica le onde e ne crea di nuove. Se nei pressi c’è un altro natante, gli spostamenti, provocati dalla prima nave all’acqua immediatamente circostante, vengono trasmessi attraverso le onde fino all’acqua che circonda il natante e ne disturbano il movimento. È così, in definitiva, che il Sole attrae la Terra (e viceversa); che la Luna muove le maree sulla Terra (e viceversa, la Terra trattiene intorno a sé la Luna); che roteano reciprocamente le galassie nell’universo. La massa del Sole modifica lo spazio-tempo del sistema solare, incurvandolo, e le increspature eteree si trasmettono come onde alle zone di spazio-tempo vicine, che si trasmettono a quelle più in là…, fino ad arrivare (alla velocità della luce) alle zone di spazio-tempo vicine a ciascun pianeta: questo ne risente incurvandosi verso il Sole e così correggendo alla Keplero la sua traiettoria altrimenti rettilinea. Non c’è nella gravitazione quell’azione istantanea a distanza che Newton congetturò senza potersela spiegare. La relatività generale:
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descrive con maggior precisione della gravitazione newtoniana il moto degli astri;
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non solo: sorprendendo il suo stesso autore, diede origine ad una nuova scienza sperimentale, la cosmologia scientifica, a partire dalla predizione dell’espansione dell’universo fino ai buchi neri;
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ancora: insegnò l’importanza della geometria e della simmetria in fisica, in uno schema che sarebbe stato più volte replicato fruttuosamente in altri rami, dal modello standard alla cristallografia.
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Ma c’è un ma: la relatività generale non si combina con la descrizione della materia ai livelli atomico e subatomico offerta dalla fisica quantistica.
La gravità non è quantizzata, né è soggetta al principio d’indeterminazione: la discrepanza nel suo comportamento rispetto agli altri tre campi causa contraddizioni matematiche che i fisici teorici cercano da molti anni di risolvere, ancora senza successo, in una super-teoria unificata. La debolezza del campo gravitazionale rispetto agli altri campi rende praticamente impossibile misurare eventuali effetti quantistici della gravità, cosicché non ci sono dati sperimentali a guidare la ricerca teorica verso la nuova teoria unificata. Rilevare un “gravitone” – l’ipotetica particella del campo gravitazionale quantizzato – richiederebbe un acceleratore delle dimensioni della Via Lattea o un rivelatore della massa del pianeta Giove. Allora ai fisici non resta che dedicarsi alla fantasia matematica, formulando sistemi formali coerenti, estremamente astratti – come la teoria delle stringhe, la gravità asintoticamente libera, ecc. – che però corrono il rischio di non avere alcun rapporto con la fenomenologia. “Finché non vedrò una predizione controllabile, io non ci credo” (Brian Greene, superesperto in stringhe). Se non ci crede, almeno vi si diletta e ci vive.
L’occasione di scoprire il santo Graal della “Teoria del Tutto” (dove “Tutto” è evidentemente un po’ esagerato) risulta troppo ghiotta per non scatenare una corsa verso cieli sempre più alti tra i fisici con propensioni astrattiste. Sono stati così inventati anche modelli di funzionamento della natura nei quali la contraddizione matematica tra la relatività e i quanti viene eliminata al prezzo d’introdurre una contraddizione nuova ancora più grave per la scienza sperimentale: quella con l’esperienza! Secondo uno di questi modelli, per es., il tempo non esiste. Il tempo sarebbe un’illusione. Così,
– dopo il monumento al tempo (e allo spazio) eretto da Newton nel 1687, per il quale l’uno (e l’altro) sono due contenitori eterni, assoluti, incorruttibili (perché indipendenti dalle vicende trasformative della materia) e reciprocamente indifferenti;
– dopo l’ingiuria al monumento portata da Einstein nel 1905 con la relativizzazione del tempo della relatività speciale, che eliminando la simultaneità per gli osservatori in moto relativo, ha mostrato (contro la concezione di Newton, ma compatibilmente con quella della metafisica medievale) la dipendenza di passato, presente e futuro dall’osservatore;
ora, nel “modello della gravità quantistica a loop” di Carlo Rovelli, Lee Smolin ed altri, il monumento viene definitivamente demolito con la sparizione completa del tempo, al livello fondamentale. A questo livello basilare esisterebbero solo “atomi di spazio” e l’universo con la sua storia non sarebbe altro che un modo in cui i granuli spaziali si dispongono.
Evidentemente l’atomismo è un totem duro da abbandonare: perché dovrebbero essere questi enti senza tempo l’ultimo livello, con tutto quello che resterebbe ancora là fuori, da spiegare, oltre il “Tutto”? Il fatto è che il livello più fondamentale possibile dell’esperienza, perché questo sì irriducibile e indivisibile, quello sotto il quale semplicemente ogni esperimento e ogni scienza scompaiono, è la coscienza. La coscienza è la facoltà umana di volere, scegliere, intuire e ragionare – persino necessaria per organizzare un esperimento di fisica –. E, come ha spiegato Agostino e ciascuno intende per introspezione personale, la coscienza si dipana nel tempo. Qualcuno sa immaginare un esperimento con cui corroborare la speculazione di un ente senza il tempo?
Forse il primo a saperlo inconsciamente è lo stesso Rovelli quando, postulando che “La realtà non è come ci appare”, fa una petizione metafisica in supplenza di una controllabilità empirica as usual in scienza.
La verità è che, lungi dall’essere il tempo un’illusione, la stessa relatività einsteiniana del tempo (e dello spazio), com’è solitamente veicolata nella divulgazione, si rivela spazzatura all’esame condotto da una prospettiva più seria, quella della fisica corroborata e stabilita.Se il tempo fosse completamente relativo, che senso avrebbe assegnare un’età (di circa 14 miliardi di anni) all’universo come fanno i cosmologi? o una grandezza (di circa 14 miliardi di anni luce)? o una velocità alla nostra galassia come fanno gli astronomi? Ecc., ecc., con tutte le altre tabelle di tempi, distanze e velocità che popolano gli atlanti astronomici della Nasa.
L’età dell’universo è misurata dall’istante del “Bang” e il sistema di riferimento è quello in cui la radiazione cosmica di fondo (CMBR) è isotropa, cioè non spostata verso il rosso, né verso il violetto in una qualsiasi direzione. Rispetto a questo sistema di riferimento, che ha un senso oggettivo, e quindi assoluto nella cosmologia scientifica, anche la velocità della nostra galassia acquista senso. Tutte le misure – di età, grandezza, velocità – diventano altrettanto assolute rispetto al sistema della CMBR, ovvero alla “creazione” nel ristretto significato scientifico del termine, s’intende.
Ovviamente, per un sistema fisico “isolato” (da tutto il contesto dell’universo) non esiste un riferimento assoluto, e ciò proprio perché per costruzione non c’è nulla fuori di un tal sistema fisico, ideale e immaginario! Quando studia la materia “isolata”, la fisica trascura a priori un inizio e un confine assoluti, l’orizzonte coincidendo necessariamente con il laboratorio dell’osservatore/sperimentatore. Ciò, come abbiamo visto sopra, lo sapeva già la metafisica altomedievale e parlare di uno spazio-tempo assoluto non avrebbe per lo studio di un sistema isolato maggior significato di voler preferire nella geografia terrestre la longitudine misurata dal meridiano di Roma o di Pechino piuttosto che da quello di Greenwich. Ma l’asse terrestre è un fatto, e quindi l’equatore, i paralleli e la latitudine non sono concetti relativi in geografia terrestre; allo stesso modo, la radiazione cosmica di fondo è un fatto, e quindi il suo sistema di riferimento ha a livello cosmologico un significato assoluto.
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28 commenti
Complimenti Giorgio….ma quanto fa ‘pensatore scettico e dotato di una superiore visione del mondo’ affermare pensoso che ‘il tempo non esiste’. Nella mia rozzezza ho usato questa espressione da ragazzo ma solo per captatio benevolentiae (diciamo così) con le ragazze con cui volevo fare il cascamorto, ma la frase era sempre seguita da un riferimento preciso ‘..quando sono vicino a te’ e quindi perfettamente in linea con la filosofia medievale. Grazie a te ho capito ancora meglio come mai le ‘teorie del tutto’ tendono a essere delle ‘sole’, e questa smania di andare contro all’esperienza umana e parlare troppo di assoluto (quando ogni misura sensata è relativa) è uno dei segni inequivocabili della sola incipiente….Però, essendo meno cinici, questo mi fa capire come mai il libro di Rovelli, che a me non è piaciuto molto, sia piaciuto a molte persone (spesso non credenti) che vi hanno trovato un surrogato di fede ‘di pensiero assoluto’ appunto.
Questo perché ha una idea tutta sua di “teoria del tutto”. Magari, studiare un po’ di Fisica vera senza fermarsi ai testi divulgativi, non farebbe male…
Ecco come un premio Nobel della fisica smonta da par suo QUALSIASI teoria del tutto:
http://www.pnas.org/content/97/1/28.full
e indica dove sono le cose veramente interessanti (sempre che lo scopo non sia rimorchiare beninteso):
http://www.pnas.org/content/97/1/32.short
(Entrambi gli articoli sono brevi, semplici e succosi, vi consiglio vivamente di leggerli)
Caro Alessandro, c’è in giro un’intera generazione di giovani tecnici che non sanno distinguere la scienza dalla fiction, la matematica dalla fisica, la metafisica dalla biologia ecc., ecc. Questi costituiscono oggi la più seria minaccia alla scienza. Altro che National Geographic.
Tornare a Galileo… e all’apostolo Tommaso: “Se non vedo con i miei occhi e non tocco con le mie mani, non ci credo”.
Hai ragione Giorgio, non sai che mi tocca vedere, ad esempio la gran parte dei biologi che negano il fatto evidente che un test funziona perchè predice quello che deve prevedere SPERIMENTALMENTE (la risposta è ‘ma questa è statistica non biologia !’), e continuano a preferire test del tutto fallaci solo perchè ‘ne conosciamo il meccanismo’ (sic !)
Se c’è un motivo perchè perdo ‘il sonno e la fantasia’ andando qui e là a fare corsi di statistica applicata in giro per l’Italia è proprio per cercare di evitare la catastrofe anche se ogni tanto mi sento come il bambino olandese che cercava di turare la falla della diga con il pollice.
Ricordi Chesterton, Alessandro?
Ben tornato, Giuseppe.
Giuliani, come Lei e me, ha senz’altro gli strumenti matematici per capire le “teorie del Tutto” leggendosele direttamente nei testi scientifici. Ma a che pro perdere tempo, se uno non è interessato più di tanto? In questo caso ci si affida a “esperti” di fiducia.
Greene e Lei magari ci vivono sull’elaborazione di queste teorie, ma io – come Greene – aspetto di vedere predizioni controllabili e applicazioni. Nel frattempo, come molti fisici di mestiere, osservo che la terminologia usata per questo genere di ricerche (teorie del Tutto) è ingannevole: non solo perché il “Tutto” è molto più largo, ma anche perché si rischiano incongruenze logiche, come ho spiegato in altra sede: una teoria del Tutto dovrebbe anche spiegare se stessa, i propri parametri e le condizioni limite riducendo, come dicono i logici, il livello metateorico al livello teorico. Ma così, violerebbe il teorema fondamentale di Tarski. Non sarebbe “più scientifico” parlare di integrazione di modelli deduttivi del mondo fisico non contraddittori dal punto di vista meta-teorico, o più semplicemente di programmi di conoscenza globali delle teorie di base?
Una visione un po’ naif della gravità a loop a dire il vero…
Niente affatto, Giuseppe. Come teoria matematica, chapeau! Ma per il resto, la vedo dura in termini di corroborazione sperimentale…
Grazie Giorgio.
Non so se ti è capitato di leggere questo post di Simon dedicato proprio al tempo, scritto dopo suggestioni venute da un tuo vecchio articolo:
http://pellegrininellaverita.com/2015/01/02/o-tempora-o-mores/
E’ un post volutamente provocatorio e in linea con la sua visione epistemologica che già qui accennò grazie al post che CS ospitò qualche mese fa.
Secondo me potrebbe piacerti o quanto meno aprire un fronte di disputa di un certo livello. 😉
Ciao!
No, non avevo letto, Minstrel, l’articolo di Simon. E’ semplicemente meraviglioso, molto più profondo del mio sul piano epistemologico e metafisico. Consiglio tutti i lettori di CS di leggerlo.
Come è paradossale l’involuzione in corso della (vecchia) scienza in mito e della metafisica in (nuova) scienza. Non è un caso se ormai Tommaso e la sua metafisica sono ridivenuti attuali e i loro principali estimatori provengono … dalla filosofia analitica! Né è casuale che ormai, a cane di guardia della (vera) scienza, la finanza – che vuol vedere i frutti – vada rimpiazzando gli atenei, custodi del mito.
Mi hai fatto venire voglia di scriverci qualcosa…
Grazie a te e a Simon.
Ricordando i miei trascorsi di sconsiderato indiano metropolitano dopo la lettura del bellissimo pezzo di Simon mi è venuto alla mente un consolante pensiero su questi stregoni ‘UNA RISATA LI SEPPELLIRA’
Buongiorno,
chiedo Loro di perdonare la mia ignoranza, ma ho l’impressione che l’articolo, pur arguto, dell’utente Simon de Cyrene, suggerito dall’utente Minstrel, confonda un poco la scienza sperimentale in sé con i suoi presupposti ideologici, e non vorrei in alcun modo errare. Con la venuta del relativismo e della complessità nella scienza e nella filosofia del pensiero nello scorso secolo, anatomizzare e definire queste ultime in linea reciproca risulta oggi processo molto poco banale e reso tanto più difficoltoso dal fatto per cui mai, fino ad oggi, si è intuitivamente percepita la profonda articolazione dei piani di essere e pensiero, e mai questa ha generato un conflitto, nei sistemi filosofici contemporanei, tra complessità e profondità degli stessi, almeno a mio dire.
La Relatività ha offerto ampio dibattito sia sul piano filosofico (il quale è sovente, a mio dire, alimentato da fraintendimenti, almeno fra i non periti come me) che su quello scientifico (rammento ad es. il prof. U. Bartocci, al riguardo), tuttavia mi sovviene il dubbio di (ri)stabilire un criterio di legittimità della critica alle teorie scientifiche capace di discernere razionalmente dato sperimentale, interpretazione ed ideologizzazione.
Nel caso di Simon de Cyrene, in quale misura il mutamento della concezione del tempo si partisce sui piani sperimentale (data-driven?), interpretativo, ideologico e logico a metafisico? Come comunicano questi piani fra loro, in linea di una filosofia sia oggettiva che soggettiva, quale quella tomistica?
Chiedo pazienza, per l’eventuale idiozia delle mie considerazioni.
Caro Alio, Lei ha posto una serie di questioni tutt’altro che banali. Altro che “idiozia”! Esse sono al cuore del dibattito epistemologico, anche in seguito ad una deriva autoreferenziale di gran parte della “produzione” scientifica, fatta a quintalate di carta e senza qualità.
Io lascio, com’è giusto, di rispondere più approfonditamente a Simon de Cyrene, se vorrà farlo. Non senza prometterLe che sulle questioni da Lei sollevate, CS interverrà e interverrà e interverrà di continuo. Si aspetti anche nei prossimi giorni un articolo importante…
Di recente però Lee Smolin si è ricreduto sul tempo.
Nei suoi ultimi due libri ” Time Reborn: From the Crisis in Physics to the Future of the Universe.” e “The Singular Universe and the Reality of Time: A Proposal in Natural Philosophy ” argomenta (anche assieme ad un filosofo nell’ultimo libro) che il tempo è reale (e anche che non esistono multiversi anche se pure lui sosteneva l’idea in passato).
Diciamo che Smolin è (o era almeno) un sostenitore della “evoluzione cosmica” e si è reso conto che tale idea non avrebbe senso senza l’esistenza del tempo dove questa evoluzione possa prendere atto.
Smolin quindi ha di recente ha cambiato opinione a 180 gradi per quanto riguarda sia il tempo che i multiversi
Smolin è un campione di contraddizioni, nella sua impossibile metafisica di salvare il realismo con lo scientismo. Cambierà ancora opinione, è giovane.
C’e’ una scena gustosa nel film Il Nome della Rosa, in cui due gruppi di religiosi si accaniscono a decidere se Gesu’ era proprietario delle proprie vesti. Oh, certo dal si’ o no ne conseguono considerazioni vastamente diverse. Ma nessuno dei due gruppi ipotizza minimamente che magari Gesu’ non e’ esistito (almeno cosi’ come raccontato). Ma questo, APPARENTEMENTE, nulla toglie alla certezza delle conclusioni dei 2 gruppi.
Non e’ che abbiamo fatto molto progressi, da certi punti di vista: ancora qui a prendere delle idee, elevarle a verita’ e lanciarsi in speculazioni che riguardano TUTTO tranne le assunzioni sottostanti, che pare sia proibito mettere in discussione.
E allora AMEN, che devo dire. Lo scopo dei due gruppi a me e’ chiaro, deviare i pensieri su uno specifico aspetto del dibattito, per salvare dalle critiche l’intera baracca che non puo’ essere criticata.
Aspettando UNO DICO UNO SOLO di articolo che abbia coraggio di investigare altre teorie. Ma questo non succedera’. Buona serata a tutti i preti.
Forse non Le è ancora chiaro, Fabio (ma mi corregga, se sbaglio), che qui non ci sono “preti”, perché qui nessuno assegna valore di verità a nessuna teoria scientifica. Quindi quando si riporta una teoria scientifica, lo si fa – da parte mia, almeno – con lo stesso spirito libero con cui si riporterebbe un riassunto dell’Iliade o dell’Eneide.
La verità è un pesce troppo grosso per la scienza sperimentale, persino per le teorie più corroborate.
Tanto meno qui si assegna, non dico verità, ma nemmeno un minimo di serietà scientifica a quelle teorie del tutto, come quelle criticate in questo articolo, che negano l’esistenza del tempo, che è una certezza appena uno abbia il tempo di chiudere gli occhi e pensare un secondo.
Se ci sono teorie scientifiche che secondo Lei meriterebbero di essere conosciute, poiché qui nessuno ha niente da nascondere o da temere, perché non ci scrive un bel articolo per CS?
Ma a livello biologico ed evolutivo il tempo non sarebbe un’evidenza proprio perché esistono meccanismi genetici che agiscono in base al tempo ?
Oltre ai geni circadiani (Clock genes), sono legati al tempo i vari geni che portano allo sviluppo, alla senescenza e alla fine anche alla morte di un organismo. Quindi se il tempo scandisce l’esistenza degli organismi viventi significa perlomeno che questi si sono avvalsi di un’entità esistente, così come si sono avvalsi della materia organica esistente per realizzarsi.
Questi don Ferrante postmoderni, Muggeridge, non arrivano al punto di negare l’esistenza del tempo nei sistemi con molte particelle (quali i sistemi viventi, e ancor prima l’universo materiale con la sua storia); ma la negano al livello da loro supposto fondamentale, quello delle particelle più elementari possibili per così dire, che sarebbero puri granuli di spazio. Dalle “fluttuazioni” (casuali, naturalmente) di questi granuli senza tempo emergerebbero, ad un livello successivo, il tempo e le particelle subatomiche osservabili.
Siamo nel puro campo matematico, a priori sperimentalmente incontrollabile. Non è nemmeno metafisica, in quanto è fondata sul nulla.
Grazie prof. Masiero per la precisazione, pensavo infatti che costoro andassero in qualche modo in soccorso delle filosofie di tipo eleatico, alla Severino per intenderci, per le quali il tempo (il divenire) sarebbe un’illusione dovuta probabilmente alla nostra modalità di percezione, in pratica alla nostra coscienza.
Perché ho l’impressione che si parli di aria fritta?
@ Giuseppe Cipriani
Lei che cosa intende per aria fritta?
E che cosa per lei non è aria fritta?
Domande come queste sono aria fritta!
Prof. Masiero, mi potrebbe dare in poche parole una definizione scientifica di tempo? Mi hanno impressionato le intuizioni dei teologi arabi. Grazie.
Grazie, Anna.
In fisica, il tempo è definito in modo che i moti periodici naturali siano rappresentabili nella forma matematica più semplice possibile.
Così, in prima approssimazione si definisce “giorno” il tempo da un mezzogiorno (=picco del Sole) all’altro. E il “secondo” è la sua 86.400 parte.
Poi, in seconda approssimazione, …
Buongiorno professore.
Non ho ben inteso il punto quando riporta che secondo s. Agostino la coscienza si dipana nel tempo.
Potrebbe essere corretto affermare che il tempo esiste perché esistono i fenomeni fisici che sono correlati da un rapporto di causa-effetto ?
E che la nostra coscienza, avvertendo tali consequenzialità (interne anche ai nostri stessi corpi materiali) avverta “lo scorrere del tempo” ?
Bisogna prima di tutto capire una cosa, Parolini, che l’ambizione di questi fisici teorici è di andare al livello fondamentale della realtà, al nucleo della cipolla, oltre il quale non c’è nient’altro, alla “causa prima naturale” potremmo quasi dire. All’essere pura esistenza senza essenza, prendendo in prestito la metafisica.
Ora, siamo ancora nel campo della fisica sperimentale, chiedo io?
Primo, com’è possibile controllare l’esistenza di questi ipotizzati granuli di spazio fuori dal tempo?
Secondo, come sarebbe emerso il tempo ad un livello successivo?
Terzo, ma il più importante, perché questi granuli dovrebbero essere irriducibili ed indivisibili (e non un altro strato di cipolla), se l’introspezione (che tutti sperimentiamo) ci rivela che l’ultimo vero strato irriducibile ed indivisibile è la coscienza?