Cosa hanno detto veramente le ricerche sui rapporti tra genetica e omosessualità?
Dopo tante interpretazioni lette sui media, CS ha voluto ascoltare direttamente le dichiarazioni di un protagonista della ricerca scientifica.
Sono passati più di due anni da quando abbiamo dedicato un articolo alla ricerca sulla correlazione tra genetica ed omosessualità, l’articolo intitolato “Omosessualità: nessuna prova che sia di origine genetica” ha suscitato un interesse testimoniato da migliaia di letture. Nell’articolo si parlava della ricerca condotta dal Prof. Andrea Camperio Ciani di Etologia e Psicologia Evolutiva presso il Dipartimento di Psicologia Generale presso l’Università di Padova. La ricerca aveva avuto come editor il Prof. Giuseppe Novelli, di genetica medica presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Roma “Tor Vergata”, che aveva però subito pubblicato un articolo su Le Scienze nel quale invitava alla cautela verso le conclusioni dello studio di Camperio Ciani.
A due anni di distanza le ricerche del Prof. Camperio Ciani sono proseguite e CS ha voluto aggiornare i lettori sullo stato delle stesse rivolgendosi direttamente a lui. Ne è scaturita la seguente intervista nella quale si intende riportare fedelmente il risultato delle ricerche stesse senza soffermarsi sulle inevitabili implicazioni socio-politiche che un argomento di questo tipo potrebbe generare. Più che di un’intervista vera e propria fatta di domande e risposte, si è trattato di un cordiale e interessantissimo colloquio di oltre un’ora nel quale si sono affrontati in un clima amichevole numerosi argomenti e del quale, per uniformarci allo standard delle interviste pubblicate su CS, ho dovuto ricavare solo i passaggi più strettamente attinenti all’argomento trattato nell’articolo di CS del 2013.
Con l’occasione ringrazio il Prof. Camperio Ciani per la grande disponibilità dimostrata mettendo a disposizione il proprio tempo per una corretta divulgazione scientifica.
Buonasera Prof. Camperio Ciani, so che lei si occupa da 15 anni dello studio del rapporto tra omosessualità e genetica, cosa possiamo dire sulla questione dei geni dell’omosessualità a due anni dalla pubblicazione del suo studio?
Nel 2008 era già stato proposto un modello matematico di come avrebbero dovuto agire i geni dell’omosessualità, nel suo intervento il Prof. Novelli ha cercato di smentire i risultati del nostro studio, adesso (nel settembre 2014 ndr) il Prof Sanders ha pubblicato su Psychological Medicine della Cambridge University Press, un articolo che riportando i risultati ottenuti dallo studio effettuato su 400 coppie di gemelli omosessuali conferma quanto noi avevamo già detto, e che cioè è stata riscontrata una regione della mappa genetica del cromosoma X denominata Xq28 sul cromosoma sessuale X comune a tutti i soggetti omosessuali. La situazione è esattamente come avevamo previsto, e cioè è emerso un meccanismo multigenico, infatti è stato scoperto da Sanders un altro fattore nell’autosoma 8, se si fosse trattato di un meccanismo unigenico si sarebbe andati incontro ad un fenomeno di estinzione o di fissazione.
La presenza di questo gene significa che nel momento che un individuo ne è portatore svilupperà necessariamente un comportamento omosessuale?
Su questo punto siamo stati sempre chiari: l’omosessualità non è determinata geneticamente ma influenzata.
Su questa influenza genetica si è riproposto quello che viene definito il “paradosso darwiniano”, ci può spiegare di cosa si tratta?
Se un gene esercita un’influenza, anche parziale, questo basta a sollevare una problematica evoluzionistica. Francisco Ayala afferma che basterebbe una riduzione della fecondità del solo 10% per portare ad estinzione una linea nel giro di 10 generazioni. Quindi il fatto che gli omosessuali storicamente si siano (anche per rispettare le convenzioni sociali ndr) riprodotti, anche se in modo molto minore, questo non basterebbe a giustificare che la loro linea non si sia estinta.
Torniamo alla questione della determinazione genetica e dell’influenza ambientale, c’è qualche dato che chiarisca maggiormente questo aspetto?
Quello che emerge è il fatto che l’esperienza ambientale denominata “shared environment” ha poca o nulla influenza sull’emergere dell’omosessualità, volendo fare una ripartizione potremmo dire che un 40% circa viene determinato geneticamente e un altro 40% circa dal “non shared environment”, cioè dalle esperienze soggettive. Questo dato emerge dallo studio di gemelli omozigotici che condividono genetica e ambiente di crescita. La “penetranza” dei geni, cioè quanto essi “obblighino”, non può essere molto elevata, altrimenti ad esempio non si spiegherebbero casi di omosessualità tardiva.
Nei vostri studi emerge qualche differenza tra l’omosessualità maschile e femminile?
Nel caso dell’omosessualità femminile potremmo parlare di una situazione “fluida”, nel caso maschile invece è più “dicotomica”, le tipologie omosessuale e bisessuale sono due fenotipi di uno stesso genotipo, come dicevamo una parte rilevante la giocano le esperienze ambientali. Quando si eseguono studi come il nostro, trovare persone che si definiscono bisessuali è difficile, o si collocano tra gli eterosessuali o tra gli omosessuali. La figura del maschio bisessuale è presente maggiormente a livello mediatico che non a livello sociologico.
Cosa hanno trovato riguardo questi argomenti gli studi di Sanders recentemente pubblicati?
Sanders era partito con l’intento di smentire le nostre ricerche affermando che si trattava solo di un modello che non avrebbe retto alla prova sperimentale. Poi, quando contrariamente alle aspettative hanno trovato i riscontri hanno cambiato parere prendendosi il merito!
Immagino che lei abbia segnalato la cosa…
Sì, ho contattato John (Sanders ndr) e gli ho fatto notare che il modello elaborato da Giovanni Zanzotto, Paolo Cermelli e il sottoscritto era giusto. Ma non ho ricevuto alcuna risposta. Quel che rimane è il fatto che il nostro modello è stato confermato dai riscontri e che quindi non è solo una speculazione teorica.
Nel suo studio afferma che il paradosso darwiniano si risolve per via del fatto che le zie dei maschi omosessuali sono più fertili della media compensando la ridotta fertilità dei primi. Questa conclusione è confermata?
Sì, questi dati sono confermati, dal punto di vista evoluzionistico la presenza di geni che influenzano l’omosessualità maschile compensano la ridotta fertilità con quella aumentata delle femmine della linea materna, le portatrici della regione della mappa genetica del cromosoma X denominata Xq28.
Un’ultima considerazione per i nostri lettori?
Sì, le nostre ricerche vengono effettuate senza disporre di particolari finanziamenti, a differenza del lavoro di Sanders che invece può fare affidamento su grandi risorse.
Eppure voi siete giunti prima di loro a trovare questi risultati.
Proprio così, è la prova che nella ricerca scientifica si può fare ancora molto con carta, penna e idee.
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24 commenti
Buona Domenica,
sono curioso di sapere in che modo i geni influenzerebbero l’omosessualità: che cosa regolano/ codificano?
Ciao, nella nostra conversazione telefonica ho chiesto anch’io la stessa cosa perché sono interessato a conoscere il meccanismo d’azione, la risposta è stata che per fare questo tipo di ricerca i costi sarebbero elevati e se ci fossero sarebbe più urgente indirizzarli verso altre necessità.
Nel caso specifico la porzione Xq28 contiene molti geni fra cui uno che provoca la sindrome di Hunter, una malattia degenerativa letale che uccide solo i maschi nei primi anni di vita dopo sofferenze inaudite.
Da parte mia posso pensare che dal punto di vista di uno che si occupa di psicologia sia sufficiente sapere quanto ci sia di innato e quanto di acquisito senza conoscere l’esatto meccanismo di azione.
Grazie della risposta, prof., ora scusi l’OT: potrebbe darmi una sua opinione sull’ultima e-mail che le ho inviato (sempre tramite un’e-mail)? Grazie.
Ok 🙂
Ha accennato a quali siano le esperienze soggettive che facilitano o inibiscono l’omosessualità?
Ha citato studi che se ne occupano in modo attendibile?
Grazie, buona domenica.
Nella conversazione non sono stati fatti casi specifici, da quanto ho capito quello che emerge è che sono singoli episodi nella vita della persona a poter determinare una svolta nell’una o nell’altra direzione.
Alla relazione con i genitori non sembra dare la grande importanza che molti le attribuiscono?
Su questo sarebbe meglio sentire lui, la suddivisione tra esperienze condivise e non condivise ha colpito anche me.
Come potremmo però non includere un rapporto negativo con un genitore tra le esperienze individuali?
Comunque il dato a mio parere importante da tenere presente è che la “penetranza” del gene non può essere elevata,si tratta di un fattore che ‘facilita’ determinate scelte, e quindi un ruolo rilevante lo rivestono le esperienze dell’individuo.
Lo stesso Camperio Ciani ci tiene a che non venga impiegata l’espressione “gene dell’omosessualità”.
“inclinant sed non necessitant” , come si diceva degli astri una volta…
Certo, parlando di comportamento umano le cose si complicano non poco. Anzi parecchio.
Anche se è stato citato tante volte in questo blog…torna alla memoria il film GATTACA : il protagonista è predisposto geneticamente a violenza, malattia cardiaca, infelicità (i genitori vengono guardati con perplessità per averlo messo al mondo)…e poi è l’unico che riesce a realizzarsi, aiuta e si preoccupa per il suo alter ego (“progettato” per il successo ma che non riuscirà mai ad essere felice) e risulta essere innocente (il colpevole dell’omicidio, in una sequenza memorabile, dice “Non c’è un’unghia di violenza nel mio corpo”).
Scusate, non so se sono in OT
Niente OT direi, anzi intervento interessante LG, come sai sono appassionato di Gattaca!
Caro Enzo
se però si rimane alla statistica (di fatto le associazioni questo sono e le nostre conoscenze del lehame fra comportamento mente e cervello non ci permettono neanche di ipotizzare un meccanismo) ciò che possiamo dire dell’ omosessualità è ciò che possiamo dire praticamente per ogni cosa ( tranne un pugno di malattie genetiche quasi tutte molto rare) un vago agitare di mani che sottemdono il nostro essere un sinolo di anima e corpo. Niente è solo anima (aa secondo dei gusti psiche inconscio libera scelta. .) Niente è solo organico e l’al’ambiente influenza entrambi gli aspetti.
Il tuo parere Alessandro, in quanto esperto di elaborazione statistica, è quello che aspettavo di più.
Mi sembra che sia stato importante sapere cosa effettivamente dicono e cosa non dicono le ricerche sull’argomento, e il fatto che in fondo si sia confermato che niente è predeterminato geneticamente e che esistono solo “inclinazioni” che possiamo sviluppare in diversi modi, mi sembra un dato interessante e a mio parere positivo.
In quest’occasione ho volutamente separato la presentazione dei dati da qualsiasi considerazione etica e sociale.
Come diceva il grande GKC una volta che un pensiero ha attraversato l’uomo diventa inutilizzabile per la ricerca scientifica e il desiderio di braciole di maiale diventa mistico come il desiderio di paradiso.
Il bello è che qualsiasi ricerca su caratteri complessi ci rimanda indietro questo inestricabile connubio di piani che sfugge sia al determinismo genetico che al determinismo ambientale e con la statistica al massimo arriviamo a considerazioni di tipo popolazionistico. Anche se il perfido aforisma che dice che la statistica è come il bikini che mostra tutto tranne l’essenziale è affascinante tuttavia io non sarei così drastico. Per cui se sicuramente il destino non è scritto nei geni è altresi vero che noi ci portiamo dentro un retaggio che mescola cultura e idee di generazione in generazione e ugualmente folle è chi affermi che bisogna sbarazzarsene e chi invece voglia con ciò negare la libertà di ogni individuo unico e irripetibile.
Mi sembra che in definitiva le cose restino come prima, forse il fatto più positivo è che per bocca di un ricercatore possiamo ancora una volta dire che riguardo ai comportamenti umani non hanno senso le affermazioni del tipo “trovato il gene” di questo o quel comportamento.
Per il resto rimane il fatto che per fare dei figli servono sempre un maschio e una femmina, cambia qualcosa sulle posizioni rispetto al matrimonio omosessuale?
A me sembra di no.
Io non ci capisco niente di evoluzione, Enzo, però mi pare che gli scienziati italiani e americani ci consegnino anche un altro risultato importantissimo, oltre a quello “nullo” da te evidenziato: ovvero che la zia dell’omosessuale è più feconda della zia dell’etero, cosicché la selezione naturale è salva e, con essa, il darwinismo – che è ciò che ci sta più a cuore.
Effettivamente l’interesse da parte di molti intorno a queste ricerche verteva sulla possibile confutazione del darwinismo, infatti se ne era occupato anche Pikaia:
http://pikaia.eu/omosessualita-maschile-zie-e-nonne-materne-piu-feconde-salvano-lestinzione/
Adesso che il paradosso dell’omosessualità è stato trovato compatibile con la selezione naturale si sentono più tranquilli.
Non riesco a credere che seriamente qualcuno si era fatto tutto questo film su elementi cosi esili nuances sottilissime lievi tendenze statistiche.
Se queste sono le evidenze e le prove di cui si parla questa è chiacchera da ombrellone non scienza e un grande ripasso di statistica e ancor più di senso comune è urgente
Secondo te è quindi da ridiscutere in generale il modo in cui vengono condotte le ricerche sull’influenza genetica quando si parla di comportamento?
In un bellissimo articolo lo statistico John Ioannidis fa una disamina quantitativa (metanalisi) del destino nel tempo di vari claims riguardanti l’l’influenza di questo o quel gene su differenti stati comportamentali e patologici osservando quello che lui chiama ‘proteus effect’ effetto Proteo’.
Come il dio greco Proteo l’evidenza statistica in termini di incidenza differenziale legata a un certo genotipo (OR odds ratio) cambia forma nel tempo per cui un primo articolo mostra una netta evidenza (OR molto maggiore di 1) per poi arrivare alla completa irrilevanza passando addirittura per studi che mostrano l’effetto opposto.
Questo è esattamente quello che ci aspettiamo in presenza di causazioni multifattoriali e bias di pubblicazione ( gli studi che non mostrano alcuna significatività non vengono pubblicati).
Insomma è abbastanza inutile andare a caccia di singoli geni per fenomeni complessi.
Immagino che a maggior ragione se il carattere influenzato è multigenico le cose si complicano ulteriormente.
In ogni caso le ricadute pratiche di una ricerca di geni per fattori di ogni tipo si rivelano difficili, pensiamo alla predisposizione al cancro (vedi Angelina Jolie che si mastectomizzata preventivamente), si viene poi ad accertare che si tratta di un intervento irrazionale perché i geni non hanno un’alta penetranza.
Infine mi sembra che per una specie di eterogenesi dei fini la ricerca sui geni stia portando ad ignorarli.
Pingback: Omosessualità VS Evoluzionismo: se si nasce gay, perché i gay non si sono estinti? | Lo Sai
Segnalo anche questo interessante articolo, anche se non prettamente legato alla genetica http://radiospada.org/2013/09/lomosessualita-e-innata/
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nemmeno l’eterosessualità è innata, figuriamoci l’omosessualità … Sono emozioni (scientificamente parlando) che si formano nel cervello della persona durante il suo vivere e possono anche cambiare negli anni sempre per dei motivi. Qui ho riportato tutte le maggiori ricerche scienfiche che mostrano come anche la mentalità sociale può influenzare gli orientamenti. Le statistiche mostrano anche che le dinamiche famigliari non corrette o i traumi come abusi sessuali, sono la maggior causa di emozioni omosessuali nelle persone. http://alidavismara1.blogspot.ch/2013/07/ricerche-scientifiche-che-confermano.html