Interattoma
The Multiverse Handbook
Una piccola guida al multiverso – Parte I
Non c’è dubbio che il fenomeno “vita” (in particolare “vita autocosciente”) si differenzi da ogni altro fenomeno che si verifica spontaneamente nell’universo. È una pura e semplice questione di complessità, non c’è bisogno di fare ricorso a misteriose concezioni vitalistiche. Osserviamo che con il termine “complessità” si intende, generalmente, ciò che caratterizza un sistema costituito da diverse parti che interagiscono tra loro in molteplici modi (il fisico Neil F. Johnson ha sintetizzato argutamente il concetto così: “In due si è in compagnia, in tre si fa una folla”). Lasciamo pure da parte la questione della quantificazione del grado di complessità, anche perché al riguardo non esiste ancora un consenso generale. Tuttavia, è senz’altro possibile definire un ampio spettro di misure di complessità specifiche; e il più delle volte il semplice conteggio delle interconnessioni basta a fornire una stima approssimata del livello di complessità di un sistema.
Negli organismi viventi la complessità si manifesta a varie scale, dalla molecolare alla organica. Si pensi, per esempio, all’insieme delle interazioni tra le proteine di una cellula, il cosiddetto interattoma. Ecco, il numero delle interazioni teoricamente possibili per il lievito della birra (Saccharomyces cerevisiae) si attesta sullo strabiliante ordine di grandezza di 10 alla 79 000 000 000. (L’interattoma funzionale effettivamente osservato ha invece una dimensione dell’ordine di 10 alla quarta). Per non parlare poi del caso del cervello umano, in cui a livello macroscopico si osserva un connettoma (vale a dire, una mappa delle connessioni neurali) con una dimensione dell’ordine di 10 elevato alla quattordicesima.
In definitiva, una rappresentazione sufficientemente completa del comportamento degli oggetti biologici (vale a dire una “mappa” in uno spazio astratto opportunamente definito) richiede una quantità di informazione elevatissima, di molti ordini di grandezza superiore a quella della maggior parte degli oggetti non-biologici.
Per farsi un’idea – certo approssimativa – della distanza abissale tra vita e non-vita basta riflettere sul caso dei gas, la cui “mappa” può essere ristretta al piano cartesiano pressione-volume, e il cui comportamento fisico può essere descritto in modo pienamente soddisfacente dalla traiettoria di un punto in tale piano. Non è dunque necessario conoscere ad ogni istante posizione e velocità di tutte le particelle che compongono un aggregato gassoso di materia per sapere come esso si comporterà macroscopicamente in presenza di certe condizioni al contorno. Il livello di complessità, insomma, è minimo. Non altrettanto si può dire degli oggetti biologici, come abbiamo visto prima: la quantità di informazione richiesta per disegnarne la “mappa” in un opportuno spazio astratto può tendere praticamente all’infinito.
In presenza di organismi dotati di cervelli evoluti, poi, dobbiamo aggiungere alla pura complessità di sistema una caratteristica del tutto peculiare: vale a dire, la capacità che tali aggregati di materia hanno di produrre modelli della realtà esterna, ovvero rappresentazioni astratte di altri sistemi complessi e delle loro relazioni. In pratica si tratta di oggetti che mostrano – per così dire – una complessità del secondo ordine: sono sistemi complessi in grado di rappresentare la complessità.
Credo che sulla considerazione che esiste un divario profondissimo tra vita e non-vita si possa essere tutti d’accordo – qualunque sia la nostra concezione metafisica di fondo. Pertanto, nel seguito della discussione considererò come punto di partenza condiviso questo schizzo della
STORIA DEL MONDO
- Circa trecentomila anni dopo la singolarità iniziale la materia si è separata dalla radiazione, “condensandosi” in galassie, stelle e pianeti.
- In (almeno) un oscuro angolo dell’universo una minuscola parte di questa materia ha subito una lunga serie di trasformazioni, manifestatesi in una successione di sistemi di complessità crescente.
- Alla fine, tali mutamenti hanno condotto alla comparsa di una struttura dotata di complessità del secondo ordine (il cervello umano).
Il raccontino sarebbe banale, se non fosse per il fatto che la regola generale per le trasformazioni che avvengono spontaneamente nell’universo è di procedere nel verso della diminuzione della complessità, ovvero di un aumento dell’entropia (a meno che, naturalmente, non siano presenti – nei sistemi aperti come quelli biologici – fenomeni anti-entropici).
Considerando che la parte di gran lunga preponderante della massa dell’universo esiste in forma non-biologica, appare dunque ragionevole l’osservazione che la vita sia un fenomeno speciale – e tuttavia, allo stesso tempo, un fenomeno che è “di casa” nell’universo. In termini un po’ più rigorosi, si deve ammettere che nell’universo esistono le condizioni (iniziali e/o contingenti) che permettono lo sviluppo del genere di complessità caratteristico della vita, e in particolare della vita autocosciente. (Per inciso, la distinzione tra “condizioni iniziali” e “condizioni contingenti” corrisponde più o meno alla distinzione tra un’ontologia strettamente deterministica e una in cui si ammette un grado più o meno elevato di indeterminatezza – o, se vogliamo, di “libertà” – nell’evoluzione fisica dell’universo. Lasceremo la questione in sospeso).
Bisogna riconoscere che questa considerazione può sembrare a prima vista scontata, quasi superflua; invece apre la strada a una serie di domande capitali, che – come vedremo – sfiorano la speculazione metafisica:
DOMANDE SULLA VITA NELL’UNIVERSO
- La vita autocosciente si è sviluppata solo sulla Terra, oppure esistono altre civiltà tecnologiche simili alla nostra?
- Esiste un solo pianeta su cui è comparsa la vita, oppure ve ne sono molti?
- Sono possibili forme di vita diverse da quella basata sul carbonio e sull’acqua?
- Sono possibili forme di vita non collegate alla materia allo stato solido e liquido?
- Quanto è sensibile il fenomeno “vita” alle condizioni iniziali e/o contingenti dell’universo?
Le prime tre domande (DV1-DV3) potrebbero anche ricevere risposta dalla ricerca scientifica in un futuro più o meno lontano. Per quanto riguarda la quarta (DV4), appare molto improbabile che possano esistere strutture organizzate complesse, durature, nella materia allo stato gassoso o di plasma.
Per la domanda DV5, invece, parrebbe già esserci una risposta sorprendentemente circostanziata, derivante dalle attuali conoscenze della fisica. In pratica, se si ammette che la vita può comparire solo in presenza di materia fortemente aggregata, e in sistemi aperti in cui siano persistenti per lungo tempo flussi di energia che producano localmente una diminuzione dell’entropia (per intendersi, solo in sistemi planetari orbitanti intorno a stelle)… ebbene, allora la risposta alla domanda DV5 è semplice: “Estremamente sensibile”.
Vedremo di capire perché nella prossima Parte.
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33 commenti
“Nell’universo esistono le condizioni (iniziali e/o contingenti) che permettono lo sviluppo del genere di complessità caratteristico della vita, e in particolare della vita autocosciente”, hai scritto, Michele. Io scinderei, per questioni didattiche, questa frase in due.
Una prima affermazione, con solo le condizioni iniziali dell’Universo, togliendo ‘e/o contingenti’, è UN FATTO; è tanto vera da apparire quasi banale, si chiama Principio antropico (debole) ed è un principio della fisica capace di predizioni corroborabili (per es., la sintesi del carbonio).
Una seconda affermazione aggiunge l’aggettivo ‘contingenti’ a ‘iniziali’: questa non è un fatto, ma UN’ASSUNZIONE, quella di molti universi con diverse condizioni iniziali. E’ l’assunzione del multiverso. Un’assunzione scientifica, che però resta in attesa di corroborazione. Anzi, prima, è in attesa di una qualche predizione controllabile, ammesso che sia possibile controllare nel nostro Universo una predizione riguardante anche e necessariamente universi “paralleli” al nostro.
Certo, Giorgio! Riguardo all’ “e/o” contingenti ho lasciato il discorso volutamente in sospeso, per ora: richiede infatti un approfondimento che va ben al di là dell’obiettivo che mi proponevo con questo “manualetto” introduttivo sul multiverso.
Comunque del PA si parlerà nella prossima parte!
La prima e seconda domanda sulla vita dell’Universo dubito possano ricevere una risposta…
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1) da quando l’Uomo é in grado di valutare i “segnali” in arrivo dallo spazio intorno al nostro sistema solare (oramai sono passati vari decenni) niente di “sensato” o “coerente” é arrivato. Nel corrispondente “paraggio” spazio temporale o non c’é alcunché di “vivo” o, nella migliore delle ipotesi, non c’é forma di vita intelligente con sviluppo tecnologico anche mininale tale da far ipotizzare la concretizzazione di un indiretto “ciao, sono qui…. come state?”;
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2) la civiltà umana quanto ancora andrà avanti? 10, 100, 1000, 10000, 100000 anni? Anche ipotizzando valori beneauguranti siamo comunque su ordini di grandezza tali da ipotizzare assai improbabile l’avverarsi di “incontri” diretti voluti/cercati (attraverso viaggi) o anche solo indiretti (segnali coerenti);
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3) mi par di capire che lo sviluppo della vita organica, ed in particolare della vita organica “autocosciente”, rappresenta una singolarità, caratterizzabile attraverso parametri tali da far attendibilmente ipotizzare che l’accadimento di pari singolarità in altri paraggi spazio-temporali nel medesimo tempo sia assai improbabile.
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Non é che siamo inesorabilmente soli?
Soli! Io lo spero ardentemente, dal momento che anche soli riusciamo a combinare dei gran casini… Figurarsi se dovessimo confrontarci oltre che con noi stessi anche con alieni!
Per ora le teorie relative ai multi-versi hanno solo uno statuto di fantascienza matematica nella misura in cui non sono ancora falsificabili.
Se penso al gorgoglio di miriadi bollicine di universi, immediatamente e ovviamente, penso a comportamenti da trattare con strumenti statistici e, a questo punto, non vedo, a priori ovviamente, nessuna ragione perché gli “universi” che passerebbero la barriera di Planck non sarebbero solo quelli che hanno la possibilità di massimizzare il più rapidamente possibile la produzione della loro entropia.
In altre parole, in questa fanta-fisica bisognerebbe già dimostrare che sia possibile avere due o più , o infiniti massimi possibili di produzione di entropia per ogni specifico universo e non una soluzione unica: non so se qualche studio al soggetto è stato fatto, ma se si potesse darmi qualche referenza, mi interesserebbe.
Grazie per l’articolo.
In Pace
Caro Simon,
sul rapporto tra ergodicità dei modelli di multiverso e freccia del tempo (quindi tra statistica dell’ensemble ed entropia iniziale dell’universo) ci sono fin troppi lavori – a dimostrazione del fatto che tutto è, almeno per ora, altamente teorico. Uno che avevo trovato interessante era questo, di Holman e Mersini-Houghton: http://arxiv.org/PS_cache/hep-th/pdf/0512/0512070v2.pdf , in cui si dimostra la comparsa di paradossi nelle teorie inflazionarie — derivanti dal fatto che sono richiesti contemporaneamente l’ergodicità dell’ensemble, la possibilità di inflazione su larga scala (cioè l’esistenza di universi “grandi” come il nostro) e l’emergenza di una freccia termodinamica del tempo (ovvero una bassa entropia iniziale).
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D’altra parte, la Mersini-Houghton crede in una sorta di multiverso quantistico, basato sulla teoria delle stringhe, in cui i vari universi sono “entangled”; e sostiene che la prova sperimentale dell’entanglement sia data dal cosiddetto “Cold Spot” nel fondo di radiazione cosmica (http://en.wikipedia.org/wiki/CMB_cold_spot). Pare, tuttavia, che il “Cold Spot” possa essere solo un artefatto derivante dall’analisi dei dati (http://arxiv.org/pdf/0908.3988v2.pdf)…
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Nell’ultima parte di questo piccolo manuale dirò comunque qualcosa di più su cosa ha da dire la fisica sulla congettura del multiverso.
Un caro saluto.
Va riconosciuto che Felice Romani e Gaetano Donizetti avevano genialmente anticipato, già nel 1832, la questione del multiverso:
“Udite, udite, o rustici;
attenti, non fiatate.
Io già suppongo e immagino
che al par di me sappiate
ch’io sono quel gran medico
dottore enciclopedico
chiamato Dulcamara
la cui virtù preclara
e i portenti infiniti
son noti all’Universo
e … e … in altri siti!”
(L’Elisir d’Amore, I atto, Cavatina di Dulcamara)
🙂
OT – Fa particolare piacere trovare qualcuno che apprezza l’opera!
Ciao Michele,
Quando leggo qs cose mi sento un bambino che apre un regalo.
Parlavi di quello che è successo 300 mila anni dopo la singolarità.
Si può dire qualcosa di quella radiazione? Di che lunghezza d’onda parliamo? Se son domande senza senso? Che tipo di radiazione parliamo? Si ha qualcosa di preciso? Considerando la velocità della radiazione, posso asserire con approssimazione che è più o meno nota la dimensione dell’universo dopo quei 300mila anni.
Come vedi, grande ignoranza in qs campo? Ma non sai che liberazione , almeno poter fare queste domande!
Grazie in anticipo!
Se non hai la pazienza, Max, di leggere il “mattone” cui ti ha rinviato Michele, pensa alle onde elettromagnetiche che oscillano nel tuo forno a microonde, ad una frequenza qualche centinaio di volte maggiore!
Ok, allora niente luce prima della formazione della materia? Ariscusate l’ignoranza..
Ma no, non volevo certo mollare un mattone a Max! 🙂 E’ che le domande che ha posto sono cruciali per la cosmologia moderna, e avrei avuto piacere di rispondere nel modo più completo possibile… non potendolo però fare personalmente, per mancanza di tempo, l’ho indirizzato ad una voce di Wikipedia che (come avevo avuto già modo di constatare) è abbastanza informativa e aggiornata.
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Ad ogni modo, provo ora ad aggiungere qualche piccola considerazione per dare un’idea più “concreta” di quello che è il CMB.
Dunque, tre minuti dopo il Big Bang l’universo aveva una temperatura di circa un miliardo di gradi centigradi. In quelle condizioni, la luce non poteva viaggiare liberamente. Appena la temperatura scese sotto circa tremila gradi, 380.000 anni dopo il Big Bang, ci fu la separazione tra radiazione e materia – l’immensa nube di gas caldo che costituiva l’universo primordiale divenne cioè trasparente. Ora, noi vediamo ancora oggi quella luce… solo che la sua lunghezza d’onda è aumentata enormemente, a causa dell’espansione cosmica, passando da circa un millesimo di millimetro ad un millimetro (vale a dire, ad una lunghezza d’onda nel range delle microonde, appunto). E’ il famoso red-shift cosmologico – in tutto e per tutto equiparabile all’effetto Doppler sonoro, per cui l’altezza (frequenza) di una sorgente che si allontana velocemente da noi risulta più grave (la lunghezza d’onda, cioè, è maggiore) rispetto alla stessa sorgente ferma.
Questa “luce” del Big Bang può dunque essere “vista” solo dalle antenne radio, e in effetti fu osservata per la prima volta appena si ebbero a disposizione antenne sufficientemente grandi da poter essere usate in astronomia (1964, Penzias e Wilson).
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Stavolta spero di essere stato un po’ più comprensibile!
Grazie Michele,
tu mi ingolosisci! E un a risposta tira un’altra domanda. Ma come può esserci una temperatura senza materia? Un’altra mia lacuna da riempire. poi ti lascio in pace.
GRAZIE !
Hai mai messo un dito, Max, dentro un forno a microonde? Hai mai preso la solana in spiaggia? e faresti volentieri i raggi X ogni giorno?!
Come sei “materialista”….
ok, inteso come energia che incontra la materia e ottengo temperatura. giusto?
Ecco, Giorgio ha espresso il concetto in modo magnificamente eloquente!
Il fatto è che, alla fine dei conti, materia ed energia non sono proprio tanto distinte — come insegna nonno Einstein (E=mc^2).
In particolare nei primissimi istanti di vita dell’universo vi era solo una specie di “zuppa” di fotoni di altissima energia che continuamente decadevano in coppie di particella-antiparticella (ovvero materia-antimateria), e viceversa materia ed antimateria continuavano ad annichilarsi in fotoni.
Essendoci un piccolissimo eccesso di materia, appena la temperatura (vale a dire, in soldoni, la densità di energia, cioè il numero di fotoni per unità di volume) scese al di sotto di un certo valore a causa dell’espansione dell’universo, ciò che rimase fu appunto un residuo di materia e un sacco di radiazione — e questa radiazione, ulteriormente “raffreddata” come dicevamo nella risposta precedente, costituisce il fondo cosmico a microonde (CMB). Il po’ di materia rimasto, invece, è andato a formare le galassie, le stelle, i pianeti… e infine noi!
Sai, più o meno tutte le inferenze che si fanno sul multiverso vengono dall’analisi delle componenti spaziali di quella radiazione (il CMB, Cosmic Microwave Background)… su Wikipedia in inglese qualcosa di interessante si trova: http://en.m.wikipedia.org/wiki/Cosmic_microwave_background
Si parla tanto di Darwin come rivoluzionario, ma se c’è qualcosa di scientificamente rivoluzionario che è accaduto a quei tempi e che ha cambiato il mondo è la scoperta dell’elettromagnetismo e le equazioni di Maxwell che ne hanno descritto le leggi. Da allora, per le ricadute tecnologiche, viviamo in un altro mondo che i nostri avi non potevano nemmeno lontanamente immaginare, si pensi solo alle comunicazioni con le informazioni (immagini, suoni, filmati etc) scambiate ovunque alla velocità della luce e quindi in tempo reale.
Sino ad allora, per i materialisti, era reale solo quello che si toccava e si vedeva , ma la vista umana copre una fascia davvero minima dello spettro elettromagnetico, l’epoca moderna ha in pratica moltiplicato il reale. Eppure questa lezione scientifica non è servita agli scientisti e ai materialisti per aprirsi al dubbio che ci potrebbe essere ancora molto di più da scoprire rispetto a quanto attualmente riusciamo a conoscere, a misurare e anche a utilizzare andando ben oltre i limiti dei nostri sensi.
E i computer, la stessa fisica atomica e subatomica, ecc., ecc. Già, Muggeridge, le Sue considerazioni sono illuminanti e rivoluzionarie,… da quanto sono “ovvie”, perché sono proprio quei miracoli che abbiamo sotto il naso, che noi non vediamo!
Ma forse Maxwell non merita nessuna menzione, nessuna celebrazione, perché era un devoto cristiano. Mentre a un naturalista dalla cui teoria non è nata nessuna applicazione (attento, Masiero, a citare Dulbecco in completezza, se non qualcuno ti accusa di cherry picking: “Il darwinismo ha portato importanti apporti alla cultura di oggi, ma se devo pensare ad un solo apporto scientifico non riesco a trovarne uno” Domanda: «Possono esserci oggi buoni biologi e buoni medici, senza lo studio della teoria dell’evoluzione?». Dulbecco: «Di certo si possono apprendere tutti gli elementi per la conoscenza dell’uomo e degli altri esseri viventi anche senza studiare Darwin», Repubblica, 23 aprile 2004), ecco a Darwin, solo perché era agnostico, si elevano altari!
Mi piace la citazione dei sistemi aperti, come fa Bertalanffy. Sarebbe bello un approfondimento, di questo caso sempre poco sviscerato a mia opinione.
Saltando a pie’ pari l’intero discorso sul Big Bang che non condivido, focalizzerei su un paio di cose interessanti:
1) personalmente, provare a supporre che siamo gli unici, nati pero’ dal caso, mi pare un assurdo. Ipotizzare che un intero Universo dia luogo ESATTAMENTE ad UNA ED UNA SOLA forma di vita intelligente mi pare un vincolo difficile da rispettare. Come avevo gia’ espresso, il mio “timore” e’ che la vita nasca in una “cellula uovo” di dimensioni praticamente inesplorabili. Un po’ come un seme in terra, ha bisogno del suo spazio vitale.
2) un dubbio circa la resilenza (o sensibilita’) della vita: e’ certo una domanda difficile: da una parte la vita sembra dotata di uno spirito di colonizzazione indomabile. Dall’altra troviamo che, in un pianeta traboccante di vita, essa sembra snobbare il deserto dell’Acatama. Veramente a me stupisce anche che la vegetazione scompaia, sulle montagne. Da questi ultimi due punti di vista verrebbe da dire che la vita e’ estremamente schizzinosa. Pero’ da tutti gli altri punti di vista no. Questo mi lascia una profonda indecisione.
Caro Fabio,
non so se l’ha già letto: sul collegamento tra sistemi e aperti e vita abbiamo qui su CS un bell’articolo di Giorgio Masiero (http://www.enzopennetta.it/2012/10/per-una-nuova-biologia-coerente-con-il-secondo-principio-della-termodinamica/), che ho anche citato en passant nel testo a proposito dei flussi anti-entropici.
Riguardo agli altri aspetti del fenomeno vita che lei ha evidenziato, effettivamente non si può che provare stupore.
Sì, la vita sembra davvero essere qualcosa di fragile e meraviglioso, eternamente sospesa com’è sull’abisso della distruzione — ma, allo stesso tempo, sempre capace di trovare nuove risorse e di prosperare nelle situazioni più ardue.
Chissà se siamo davvero soli nell’immensità dello spazio, dunque! Per ora la domanda è scientificamente indecidibile, a mio avviso: non sappiamo abbastanza (anzi, direi meglio: non sappiamo quasi nulla) sull’abiogenesi terrestre per poter stimare in modo nemmeno vagamente approssimato una distribuzione di probabilità sensata della diffusione della vita nell’universo. D’altro canto, come dicevo nel testo, il nostro cosmo è un posto realmente molto accogliente per la vita… quindi, chissà? Per quanto ne sappiamo oggi, lo spazio potrebbe pullulare di civiltà extraterrestri, comunque molto distanziate tra di loro, oppure essere assolutamente poco abitato da “persone interessanti”. Personalmente tendo a propendere per la seconda ipotesi (mi intriga l’ipotesi detta “Terra rara” di Ward e Brownlee – http://en.wikipedia.org/wiki/Rare_Earth_hypothesis); ma questa è naturalmente una convinzione a cui non avrei problemi a rinunciare, se esistessero convincenti indicazioni scientifiche del contrario!
Una curiosità, se mi posso permettere: come mai non condivide il discorso sul Big Bang?
Un saluto cordiale
No, devo ammettere che non l’ho ancora letto. Questo sito contiene praticamente tutto 🙂 devo dire!
Ho provato a leggere la pagina su terre rare, ma velocemente e non ho ben capito. Pero’ mi ha fatto venire in mente una cosa importante, specie per chi ad esempio si ostina ad usare l’equazione di Drake. A quanto mi risulta, nonostante migliaia di exopianeti scovati, non riusciamo a trovare un sistema solare come il nostro. E questo e’ solo un esempio di quanto sia sbagliato fare delle statistiche su argomenti che non si conoscono assolutamente.
Non condivido il discorso sul Big Bang perche’ la ritengo solo una delle ipotesi possibili, che peraltro ha seri problemi, senza starli ad elencare. E se invece l’Universo ed il tempo fossero infiniti, ma veramente?
Temo, Fabio, che OGNI teoria scientifica è “solo una di tante ipotesi possibili” e che OGNI teoria scientifica “ha seri problemi” con un sacco di evidenze sperimentali che non combaciano. Ma in questo consiste appunto la scienza empirica. E se, per fare un esempio, i fisici a suo tempo non avessero preso in considerazione la teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell, per le due questioni da lei citate, saremmo senza telecomunicazioni, computer, internet, ecc., ecc.
In generale, se ci aspettassimo dalla scienza empirica quel livello di esclusività e di verità che Lei pretende saremmo probabilmente ancora all’età della pietra.
Così io mi tengo stretto il Big Bang perché, tra le altre cose, mi ha dato il gps in auto. A Lei no?
No, non e’ stato il Big Bang e’ stata la relativita’ generale, casomai. E il discorso sulle temporanea fallacia e’ semplice: finche’ c’e’ fallacia non si spacci una teoria per affidabile, altrimenti si fanno solo dei bond della scienza futura.
Onestamente, non La capisco, Fabio. Non esistono teorie scientifiche affidabili al 100%, tutte hanno un’affidabilità parziale, locale, provvisoria, che permette applicazioni localmente affidabili. Il progresso della tecnica scandisce il progresso delle teorie scientifiche. Siamo passati dalle lanternine al cinema muto a quello sonoro… all’alta definizione 3D…
Ammesso che con la sola Relatività generale si possa sviluppare il gps, Le risulta che la relatività generale sia a-f-f-i-d-a-b-i-l-e secondo il Suo standard?
“E se invece l’Universo ed il tempo fossero infiniti, ma veramente?”
Sembrerebbe che non sia posssibile Sig. fabio:
http://www.uccronline.it/2012/02/04/contrordine-prof-hawking-luniverso-ha-avuto-un-inizio-ma-non-sappiamo-come/
Ah se lo dicono loro, allora e’ vero. Ehmmmmm. Dunque chiariamo: attualmente l’Universo NON e’ omogeneo (dati Planck Collaboration), c’e’ necessita di Inflattivita’ per coprire l’ennesima falsificazione (seguita da dark matter, dark energy, falsificazioni elevate a teoria) ma questa ha solo raggiunto una conferma subito smentita (ho dovuto aggiungerla io stesso alla pagina di Wiki, da ridere). No anzi non voglio fare l’elenco, chi ci vuol credere e’ libero (tanto fare l’elenco delle falsificazioni non ha mai cambiato una virgola) quindi taglio corto: dire che non e’ possibile non e’ vero. Casomai, non mi sfugge, non so che accidente di modelli si potrebbero usare nel caso infinito. Rimane che non si vuol degnare di uno sguardo la possibilita’ di un universo infinito. Evvabbe’, parleremo di qualcosa d’altro.
Faccio invece un esempio: le particelle WIMP. del tutto teoriche, si sono supposte delle proprieta’ (ripeto, supposte) e si e’ supposto che magari al centro delle galassie si accentrino le WIMP. Supponendo poi che si annichilino rilasciando energia, supponendo che non ci siano altri cause a generare energia dal centro delle galassie, allora se si trovasse questa energia dal centro delle galassie, questo appoggerebbe l’esistenza delle WIMP. Gia’, appoggerebbe. Peccato che s’e’ tentato di rivendere invece il discorso come “se troviamo questa energia, e’ una CONFERMA delle WIMP”. Devo spiegare che tutto il castello di idee e’ veramente ridicolo, e vorrei precisare che sto parlando delle massime teste d’uovo, non della divulgazione? O e’ chiaro cosi’? Peccato, perche’ si dovrebbe discutere dell’aberrazione del ragionamento, invece ci sara’ il vuoto cosmico.
A casa mia questo balordo tentativo delle WIMP sarebbe un giocare d’azzardo con la fortuna, altro che verifica. La mia linea e’ evitare questi argomenti con chi non li vuole ascoltare, come ormai succede da Penzias-Wilson in poi. Lecito, ma nessuno me la puo’ vendere come scienza. Anzi al solito mi stupisco di come mai questo, che non e’ altro che neopositivismo (mischiato ad un bel po’ di misticismo) non venga rilevato come ridicolo. C’erano teorie ben piu’ precise, circa la predizione, ma no, Penzias-Wilson al primo colpo. E dopo tanti colpi di falsificazione? Lo stesso, Penzias-Wilson piu’ un bond sulle future scoperte. RIdicolo e’ dire poco.
Comunque, averlo detto non cambia assolutamente nulla, ed e’ per questo che posso aver scritto con un tono un po’ polemico e me ne scuso ma contro i muri di gomma cosi’ mi viene. Non ho intenzione di proseguire, ho risposto a Michele sulla sua curiosita’, so che non serve a nulla, pace. Tra l’altro, tornando piu’ in tema e ricollegandoci alla sperimentazione, anche l’aver trovato che il Sistema Solare attualmente (secondo i nostri modelli) risulta essere rarissimo (o unico), non ha cambiato di una virgola alcuna discussione.
Invece io volevo proporre cose tipo: ah, davvero? Se l’Universo non e’ in espansione allora dovrebbe collassare, anche nel caso infinito? E VERSO DOVE, DOVE, DOVE? Roba da non credere. Appunto.
Il metodo scientifico è “positivistico”, cioè operativo, per definizione. Il positivismo è scambiare la tecnoscienza per una fonte di verità (quando invece è solo di parziale predittività), e per giunta l’unica, come fa Hawking per es., che si dichiara positivista
Le domande che Lei si pone, Fabio, che anch’io mi pongo, non riguardano la tecnoscienza (e quindi neanche il modello del Big Bang), ma la filosofia e in particolare la metafisica. Il Big Bang non dice nulla sull’età dell’universo e nemmeno sulla sua estensione non osservabile. Se ha letto l’articolo propostole da Lucio, che ho scritto 3 anni fa, chiudevo con la risposta di S. Tommaso a quelle domande sull’estensione e l’eternità del mondo: è solo questione di fede !
Il metodo scientifico positivista? Allora se domani piove, io sono Dio. Da qualche parte, domani, sono Dio. Forse non ci intendiamo sulle parole? Ma anche oggi e’ arrivato il momento per troncare sul Big Bang, come al solito non e’ possibile ipotizzare nulla, amen. Poi pero’ vorrei non mi si chiedesse perche’ mai eccetera (senza cattiveria, Michele 😉 ). Ho scritto fiumi di problemi e sono una piccola parte, ma nulla, il Big Bang splende. Non in mio nome.
Figuriamoci, Fabio, non ho visto nessuna cattiveria! 🙂
Comunque mi interessava sapere il motivo di quel suo inciso sul Big Bang, ma non certo per stigmatizzarlo! Come ha notato, il prof. Masiero ha sottolineato che bisogna chiarirsi bene sull’epistemologia, ma che nessuno scienziato (o amante della scienza galileiana) dovrebbe preoccuparsi se una teoria o un modello scientifico dovessero cadere– a fronte di nuovi dati sperimentali o migliori spiegazioni.
E dunque, sul modello del Big Bang ed infinità/eternità o meno dell’universo: diciamo che sul secondo punto (a mio parere, eh! ) pende tutta una serie di difficoltà legate ad un infinito attuale — condivise con la congettura del multiverso — cui accenneremo nelle prossime Parti (forse più estesamente in futuri articoli); riguardo al primo punto, invece, mi pare di ricordare che non siano proprio pochi i cosmologi scettici su quel modello — a partire dallo stesso Hoyle. Certo, rimane da spiegare il fenomeno del red-shift cosmologico: se non dipendesse da un effetto Doppler relativistico, vale a dire se non conseguisse dall’espansione dello spazio-tempo, bisognerebbe ipotizzare altri meccanismi fisici che lo spieghino. Per quanto ricordo (qualche annetto fa avevo indagato un po’ su questo tema) si tratterebbe però di una faccenda grossa: insomma, si richiederebbe niente di meno che un cambiamento di paradigma sulla stessa relatività generale. Naturalmente potrei ricordare male; ad ogni modo, si tratterebbe sicuramente di rovesciare un’interpretazione di consenso generale — di certo non un’operazione facile (come sappiamo bene noi di CS, relativamente ad altri ambiti scientifici)!
Interessante questo Blog sul Multiverso,
La Fisica Teorica è molto affascinante ma ammetto di non conoscere molto in merito, nonostante una laurea in Ingnegneria e qualche esame di Fisica
Chiedevo questo: il Multiverso potrebbe essere una delle possibilità derivanti dalla M-Theory di cui uno dei principali artefici è il fisico Edward Witten?
Sì, in effetti una versione della Teoria delle Stringhe prevede una forma “ridotta” di multiverso – vale a dire, non costituita da un numero infinito di universi, ma “solo” da 10 alla 500. E’ la cosiddetta interpretazione del “landscape”, che per ora tuttavia rimane molto controversa e altamente speculativa. Nelle prossime parti, comunque, dirò qualcosa di più sul collegamento tra la fisica fondamentale e la congettura del multiverso.