Passano quasi completamente sotto silenzio, ma sono in corso una serie di movimenti sull’Artico.
E sono movimenti che non promettono niente di buono.
Che l’azione di Greenpeace contro la piattaforma petrolifera della Gazprom non avesse molto a che vedere con l’ecologia e molto con l’economia e la geopolitica era stato segnalato su CS in “Si scrive “Greenpeace” si legge “Greenwar”. Prima parte.” e in “La guerra di Greenpeace. Seconda parte.“, adesso la tensione in aumento nella zona è stata confermata da un’azione insolitamente intraprendente da parte del Canada che ha deciso di rivendicare una vasta zona dell’artico consegnando una richiesta preliminare all’ONU.
La notizia non è di poco conto, ma come accade di frequente sui media non è facile che episodi che dovrebbero far scattare l’attenzione di analisti politici e militari abbiano un adeguato spazio. L’inizio ufficiale di questa nuova fase potrebbe essere individuato nel 2001, quando la Russia fece richiesta all’ONU di estendere il limite delle acque territoriali oltre le 200 miglia in virtù dell’estensione dello zoccolo continentale, la risposta è stata un invito a fare ulteriori accertamenti in seguito ai quali fu stabilito che la cosiddetta ‘cresta di Limontsov’, arriva fino al polo. E così nel 2007, con un’operazione di forte impatto mediatico, venne piantata dai russi una bandierina sul fondo del mare, proprio in corrispondenza del polo, per rivendicarne la sovranità:
Ma la vera escalation si è avuta negli ultimi mesi, quando la Russia ha deciso di ripristinare una presenza militare permanente nella zona con una flotta che vede in primo piano l’incrociatore nucleare Pietro il Grande, come segnalato in questo articolo del 15 Settembre “Russian military resumes permanent Arctic presence“, una data che cadeva in piena crisi siriana e quindi in un momento di alta tensione militare con l’Occidente. La risposta USA veniva annunciata in un articolo del 22 Novembre “US military set to increase presence in ‘melting’ Arctic“.
Il 4 Dicembre il Vice Primo Ministro Dmitry Rogozin, dichiara che la zona è di vitale importanza per la Russia che ne rivendica la sovranità proprio in virtù del fatto che l’estensione dello zoccolo continentale le conferirebbe l’autorità secondo le leggi internazionali “Battle for Arctic key for Russia’s sovereignty – Rogozin“.
Ed è in questo contesto che il 9 Dicembre il Canada si inserisce con la richiesta di ampliare la propria zona di autorità sull’Artico, come segnalato dall’AGI: Il Canada rivendica il Polo Nord, e’ corsa alle risorse dell’Artico.
Contemporaneamente, il 10 Dicembre lo stesso Putin ordina di incrementare ulteriormente la presenza militare russa ripristinando basi abbandonate e dislocando ulteriori mezzi “Putin orders Arctic military build-up in 2014“.
L’incrociatore lanciamissili “Pyotr Veliky”
Che la situazione stia evolvendo verso un confronto sempre più aperto è stato dichiarato con un articolo ospitato su Russia Today dall’eloquente titolo “Global Arctic wars already started” che inizia con le seguenti parole:
Today’s globalized geopolitical grand chessboard often plays out in interestingly complex and roundabout ways. Such is the case of the on-going tug of war between the US, UK and EU on the one hand, and Russia and its allies on the other.
Il confronto quindi è ormai in atto: USA, Gran Bretagna e EU da una parte, la Russia e i suoi alleati dall’altra.
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