John Kerry e i mastini del Global Warming

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L’opinione pubblica è sempre più dubbiosa sul riscaldamento globale ma i sostenitori della teoria rilanciano con l’ultimo rapporto dell’IPCC.

 

E i toni si fanno sempre più forti e anche minacciosi, sono i mastini del Global Warming.

 

 Come segnalato recentemente (vedi CS-La battaglia mediatica sul Global Warming è ormai persa: le mosse che hanno deciso lo scontro) si assiste ad un calo dell’attenzione dell’opinione pubblica, e probabilmente ad un calo della credibilità, nei confronti del Global Warming Antropico (AGW).

L’attesissimo rapporto dell’IPCC ha dato lo spunto per una rinnovata ondata di allarmi che hanno puntualmente trovato spazio sui media, ad esempio il Corriere della Sera titolava “Clima: global warming, la colpa è umana al 95%“.

Come però si sa, uno dei modi in cui la scienza può ingannare è quello di pubblicizzare i risultati anziché il modo in cui sono stati ottenuti, e allora ecco un interessantissimo articolo del meteorologo Guido Guidi che su Climate Monitor ci spiega come vengono preparati i rapporti dell’IPCC:

Il modo in cui opera il panel in sintesi è il seguente.

Una volta formati i gruppi di lavoro (in maniera antimeritocratica, cioè niente meritocrazia ma rappresentatività geografica e di genere!), si procede in 3 stadi per la stesura finale dei report.

-Nel primo stadio ci lavorano sopra solamente gli esperti, non di clima ovviamente, ma delle singole discipline che confluiscono nei vari report. Tale fase dura circa 8 settimane, minimo 6, ma noi per i nostri conti consideriamo 8 piene.

-La seconda fase vede uniti per l’ulteriore revisione dei lavori scientifici, gli esperti e i rappresentanti governativi. La seconda fase prevede la durata minima di 8 settimane (e si, è proprio cosi! Quando la politica entra in scena la fase di correzione della politica sulla scienza può durare più della prima fase, mai di meno!).

-In fine la terza ed ultima fase, quella della preparazione dei famosi Summaries for Policy Makers e di ogni altro tipo di sintesi o relazione finale, partecipano solamente i rappresentanti governativi.

Ricapitoliamo prima lavorano le persone di scienza, poi le persone di scienza insieme ai rappresentati governativi delle oltre 120 nazioni partecipanti, ed infine quest’ultimi sono gli unici che partecipano alla stesura delle parti di sintesi, cioè quelle che poi vanno a finire su tutti i media. Tutti si immaginano i resoconti come esclusivamente scientifici, ma in realtà gli “esperti” (non selezionati meritocraticamente come abbiamo visto) dei vari settori disciplinari iniziano il lavoro, per venire poi estromessi man mano che le fasi di stesura procedono. In pratica ogni parola che sta scritta sui report deve passare per approvazione politica.

Forse ad alcuni tutto ciò potrà sembrare non troppo scandaloso, ma provate ad immaginare il nostro caro Newton che si mette a negoziare la teoria della gravitazione coi politici, che magari gli dicono che la variazione d’intensità dell’attrazione col reciproco del quadrato della distanza non va bene, meglio accordasi con un reciproco della distanza semplice prima di mandare alle stampe la teoria.

Ecco, ora forse vi apparirà una cosa tanto stupida e demenziale che nemmeno nei peggiori film comici potrà essere rappresentata, infatti a tali assurdità si arriva solo all’IPCC.

 

 Ecco dunque che il rapporto dell’IPCC è più un documento politico che scientifico ed ecco perché un politico come il Segretario di Stato degli USA John Kerry si trova nei panni di uno dei più infervorati sostenitori del rapporto stesso, come leggiamo sul Corriere della Sera nell’articolo citato:

Il segretario di Stato americano John Kerry ha sollecitato forti azioni di contenimento dell’impatto dell’uomo sull’ambiente, dopo aver ricevuto rapporto dell’Ipcc. «Questo è l’ennesimo campanello d’allarme: quelli che negano la scienza o trovano scuse all’azione stanno giocando col fuoco», ha affermato Kerry, «il costo dell’inazione va oltre a ogni altra cosa che qualsiasi essere dotato di coscienza o senso comune dovrebbe essere disposto a contemplare».

 John Kerry sostiene l’urgenza di un’azione contro le emissioni di CO2 con la stessa veemenza con cui fino a qualche giorno fa sosteneva la necessità di bombardare la Siria, e forse con le stesse deboli prove a sostegno.

Curioso destino quello degli USA di essere in prima fila per la lotta alle emissioni di CO2 ma senza voler firmare il Protocollo di Kyoto, con chi se la prende Kerry? Sono forse solo gli altri a dover rinunciare all’industrializzazione per garantire il mantenimento dello status quo? Sono i paesi sottosviluppati ad essere condannati a non industrializzarsi mai come sostenuto dai rappresentanti di ben 130 paesi rappresentati dal gruppo del G77?

Ma, come Le Monde ha riportato, gli altri paesi africani non si allineano dietro il sig Zenawi né riconoscono il diritto dell’Unione africana di parlare per loro. Sono invece, in fila dietro il G77 e il suo portavoce a Copenaghen, ferocemente anti-europeo, il Sudenese diplomatico Lumumba Di-Aping, che nel denunciare l’accordo finale ha gettato in un riferimento all’Olocausto, dicendo che l’accordo finale è stato: “una soluzione basata su valori, gli stessi valori che secondo la nostra opinione hanno avviato sei milioni di persone in Europa nelle fornaci.

“I paesi ricchi del nord, ha detto, hanno “chiesto all’Africa di firmare un patto suicida, un patto di incenerimento, al fine di mantenere il predominio economico di alcuni paesi.”

The Economist “Winners and losers in Copenhagen”

 

Ma che la propaganda sia in azione sul tema dell’AGW è una delle poche cose certe, e infatti sul Corriere della Sera troviamo un altro articolo, che come il primo è firmato da Paolo Virtuani, dal titolo “Il rapporto sul clima tra fatti e propaganda” nel quale leggiamo:

Sono bastate poche anticipazioni parziali del rapporto AR5 (Fifth Assessment Report) che sarà diffuso ufficialmente venerdì dall’Ipcc (Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici), e i dati sull’estensione 2013 del ghiaccio marino artico che è aumentato dal minimo record dell’anno scorso, per scatenare (soprattutto nei Paesi anglosassoni, Usa e Australia in testa) i negazionisti del riscaldamento globale e gli ecoscettici sulle cause umane dei cambiamenti climatici. 

 

Il termine infamante di “negazionista” che non ha altro uso se non nella propaganda (l’articolista pensa a sé quando parla di propaganda?), è la premessa alla rinuncia ad affrontare le ragioni di chi la pensa diversamente e così l’articolo si sviluppa in uno snocciolare dati che in sé non dicono nulla sulle responsabilità umane delle temperature registrate, e quindi sull’AGW.

L’articolo poi termina riferendo le parole del discutibilissimo presidente dell’IPCC, Rajendra K. Pachauri, anche conosciuto come Mr. 1.000 $ per via del costo delle camere d’albergo in cui ama soggiornare e che è stato al centro dell’attenzione di articoli di giornale che ne segnalavano gli intrecci di interesse:

Rajendra K. Pachauri, presidente dell’Ipcc, è intervenuto nel dibattito affermando che «saranno fornite informazioni scientifiche precise e siamo certi che le persone razionali nei governi e in tutto il mondo potranno vedere nel merito il lavoro che è stato fatto e perché è il caso di intraprendere un’azione per il clima. La decisione finale sulla missione dell’Ipcc e sul futuro dei successivi rapporti sul clima spetta ai governi».

Poi ovviamente si è sempre liberi di dire che gli 800 tra i massimi esperti di clima radunati a Stoccolma per mettere a punto la versione definita di AR5 sono al soldo di qualche Spectre che vuole tappezzare il pianeta di pannelli solari e pale eoliche e intende trasformarci tutti in vegani e che la fase attuale può essere semplicemente spiegata con i cicli di Milankovic.

Fa lo spiritoso Virtuani, ma abbiamo visto che il rapporto è stato messo a punto dagli esperti del clima solo nella fase iniziale, il resto è opera della politica, non c’è bisogno di scomodare la Spectre, basta documentarsi un po’ cosa che a un giornalista non guasterebbe fare.

Un’azione a favore dell’allarme climatico parte anche sulla stampa specializzata e così capita che su Le Scienze si trovino articoli come “L’IPCC conferma: stiamo cambiando il clima del pianeta” nel quale oltre alle stesse argomentazioni che si sono lette un po’ ovunque si trovano tre preziosissime righe conclusive che dicono:

 E non è finita qui. Il prossimo anno verranno pubblicati altri due rapporti dell’IPCC. Uno dedicato agli impatti, all’adattamento e alla vulnerabilità dei sistemi ambientali e sociali rispetto al cambiamento climatico. L’altro alle strategie di mitigazione.

Il clima quindi è e sarà sempre più una questione anche politica.

Così si conclude l’articolo su Le Scienze: “Il clima quindi è e sarà sempre più una questione anche politica.“.

Finalmente un po’ di verità.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

25 commenti

  1. Rispettabile sig Pennetta
    complimenti per il sito.
    Una modesta riflessione sulla diagnosi degli scienziati dell’Ipcc sul rapporto pianeta e clima:
    Il documento anteriore (2007) affermava che la differenza fra l’elevazione minima stimata (1,1) e la massima (6,4), della temperatura, era il 482%. Il nuovo documento, molto più preciso come dichiarano, determina l’elevazione minima di 0,3, e la massima di 4,8-una variazione pari a il 1500 %. Dicono che il modello matematico è diventato più preciso e ha costretto ad un abbassamento nei valori minimi e massimi. Ma la differenza fra questi valori è aumentata stupidamente (il 482% al 1500%). Dev’essere l’unico modello matematico al mondo che aumentando lo spazio d’incertezze, rivendica lo status quo di “modello più preciso”.
    Secondo il testo del 2007, la Terra soffriva di un riscaldamento lineare negli ultimi 50 anni, alzando di 0,13 gradi Celsius per decenni. Nel periodo 1989-2012, i riscaldamento globale è di 0,05 gradi celsius in 10 anni. I dati sono dell’Ipcc. È necessario rendersi consapevoli che hanno sopravalutato le previsione del 160% (da 0,05 a 0,13). Il nuovo documento, come si vede, andrà ad aumentare le certezze di questi scienziati (il 95% di possibilità che il riscaldamento sia colpa umana), ma ampliando la misura del presagio.
    Siccome questo modello si chiama matematico, mi sembra che la matematica sia importante. Non sono un riferimento per la contestazione scientifica come può essere Richard S.Lindzen (professore del MIT), ma di logica mi nutro. Credo che dopo aver sostituito in “cambiamenti climatici” la definizione dell’argomento studiato, questi scienziati hanno risuscitato il “riscaldamento globale” perché quest’ultimo sveglia, nell’immaginario, timore e paure e facilitano l’afflusso di risorse economiche. Una specie di cinismo accademico.

    Silvio Morais D’Amico

    • Gentilissimo Sig. Morais D’Amico,
      la ringrazio innanzitutto per le parole di sostegno al lavoro che si cerca di portare aventi sul sito.
      Aggiungo che trovo molto interessanti e giuste le sue osservazioni, sembrerebbe proprio che dietro una dichiarata maggiore precisione si debba invece constatare un’allargamento del margine d’errore possibile.
      Quel 95% di certezza stride con tanta approssimazione.
      Il termine “cambiamenti climatici” effettivamente era più cauto ma meno efficace, scegliere di puntare sul global warming espone alla più evidente verifica dei fatti.
      Penso che qualcuno non dorma sonni del tutto tranquilli pensandoci, vedremo cosa diranno i termometri nei prossimi anni, come dire, il bello del metodo sperimentale…

  2. Segnalo che oggi, ad Unomattina in famiglia su Raiuno, il meteorologo Colonnello Laurenzi ha detto che negli ultimi quindici anni la temperatura media terrestre è calata, i ghiacci dell’Antartide sono cresciuti e quelli dell’Artide nell’ultimo anno non sono calati. Resosi conto di aver trasgredito gli ordini di scuderia si è affrettato a precisare che però i grandi soloni non demordono e prevedono che per il 2030 si circolerà in barca al Polo Nord. Insomma, non ci sono santi, il Global Warming è un “dogma” che va ricordato al grande pubblico a dispetto di qualsiasi dato contrario.

    • Se ha detto questo il colonnello ha detto diverse inesattezze.

      1) engli ultimi 15 anni le T medie globali non sono calate, ma al massimo c’è un aumento poco significativo. Prendere il 1998 come anno di riferimento ha l’obiettivo ovvio di “scegliersi” il trend che piu piace. Ma la significatività di un trend non viene stabilita per gusto…

      2) i ghiacci natartici marini sono cresciuti, non quelli terrestri che, al contrario, stanno subendo un processo di fusione. E l’Antertide è pur sempre un continente, finoa prova contraria, ma a giudicare da alcuni interventi sembra essere un oceani di ghiaccio

      3) I ghiacci dell’Artico nell’ultimo anno non sono calati, cosa avvenuta diverse volte negli ultimi trent’anni…Cosa che, ci si dimentica di aggiungere, non ha impedito una perdita di oltre il 30% del ghiaccio marino artico e un trend di evidente diminuzione dello stesso. Aspettarsi che ogni anno sia peggiore del precedente dimostra una quantomeno scarsa comprensione di cosa sia un sistema complesso.

      • @Geoscience,
        di certo negli ultimi 15 anni la temperatura ha smesso di crescere, chissà, forse è questo che ha detto il col Laurenzi, bisognerebbe vedere la registrazione.

        1) Come riferito da D’Amico riguardo all’intervallo 1998-2012, se qualcuno ha scelto il trend “che più gli piace” è stato in modo autolesionistico l’IPCC che nel documento segnalato scrive:
        “The long-term climate model simulations show a trend in global-mean surface temperature from 1951 to 2012 that agrees with the observed trend (very high confidence). There are, however, differences between simulated and observed trends over periods as short as 10 to 15 years (e.g., 1998 to 2012). {9.4, Box 9.2}”

        2) Riguardo ai ghiacci antartici le cose sembrerebbero stare in modo un po’ diverso da quanto da lei indicato, esiste uno studio pubblicato su Nature e riportato su Climate Monitor che in sintesi afferma quanto segue:
        “La Penisola Antartica è la porzione di Antartide meno isolata dal resto del contesto climatico, ed è anche quella dove è stato riscontrato sia un aumento delle temperature medie, sia una significativa riduzione dei ghiacci, contro il resto del continente che non ha subito variazioni della temperatura e che sta vedendo un continuo aumento dell’estensione del ghiaccio marino.”

        Solo la penisola antartica dunque ha subito una riduzione dei ghiacci, ma si tratta di una dinamica particolare e non di un fenomeno generalizzato.

        3) I ghiacci dell’Artico erano dati per completamente scomparsi da qualcuno della NASA per il 2012, come riportato su National Geographic.
        Possiamo ammetterlo che le previsioni riguardo l’AGW erano errate?

        • 1) quello che dice IPCC riguardo trend corti l’ho gia riportato in un altro commento. Riporto nuovamente:

          In addition to robust multi-decadal warming, global mean surface temperature exhibits
          substantial decadal and interannual variability (see Figure SPM.1). Due to natural variability,
          trends based on short records are very sensitive to the beginning and end dates and do not in
          general reflect long-term climate trends. As one example, the rate of warming over the past 15
          years (1998–2012; 0.05 [–0.05 to +0.15] °C per decade), which begins with a strong El Niño, is
          smaller than the rate calculated since 1951 (1951–2012; 0.12 [0.08 to 0.14] °C per decade)5

          2) quella da lei riportata NON è la sintesi dello studio, ma un parere dell’articolista, se legge bene. Del resto i dati sui ghiacci antartici terrestri parlano chiaro:

          http://www.ess.uci.edu/researchgrp/velicogna/files/slide2.jpg

          Non è vero che fonde solo la Penisola antartica, ma i processi di fusione riguardano ormai anche parte delle zone a ovest cosi come l’aumento delle T_

          http://www.nature.com/nature/journal/v457/n7228/covers/

          http://www.nature.com/ngeo/journal/v6/n2/full/ngeo1671.html

          http://www.nature.com/ngeo/journal/v6/n2/full/ngeo1717.html

          3)no…il fatto che uno scienziato possa aver previsto questo (in barba a qualunque previsione seria) non vuol dire che le previsioni AGW sono errate, è una semplificazione che non tiene conto delle reali previsioni. Se lei vede il IV rapporto cosa diceva sui ghiacci artici e, in generale, quanto si prevedeva fino a metà dello scorso decennio per il ghiaccio artico, capirà come le previsioni erano state, al massimo, troppo caute. Il ghiaccio marino artico sta fondendo a ritmi maggiori di quelli previsti all’epoca. E non basta un anno di recupero per evidenziare un cambiamento di un trend consolidato in trent’anni e che ha visto un minimo record giusto un anno fa.

          • 1) La variabilità legata alle decadi comincia forse ad essere un po’ lunga e ad essere legata ad un quindicennio, vedremo cosa succederà nei prossimi anni. Certamente non è stata un’iniziativa originale di Laurenzi tirare in ballo dati su questo ultimo periodo dato che anche l’IPCC comunque ne parla.
            Del resto le frasi conclusive di Laurenzi, che sono state riportate, sembrano rispecchiare una certa prudenza nel proporre i dati in questione, proprio come fa l’IPCC.

            2) Non dispongo dello studio integrale di Nature, dovrei domandare al Col Guidi se si tratta di sue conclusioni o se sono state ricavate dallo studio segnalato. Va comunque detto che l’assottigliamento dei ghiacci continentali (nella penisola ma eventualmente anche in zone più estese) è accompagnato da un’aumento di quelli marini, e che comunque questo mal si concilia con una dinamica da “Riscaldamento globale”, se infatti andiamo a vedere le temperature registrare, al di là di quel che fanno i ghiacci, non si vede alcun Global Warming nell’Antartico.

            3) Sul trend dei ghiacci artici non resta che aspettare. Il bello del metodo sperimentale…

  3. @silvio d’amico

    appunto e dice esattamente quanto detto da me precedentemente, proprio in risposta a questo tipo di commenti. Dal summary:

    In addition to robust multi-decadal warming, global mean surface temperature exhibits
    substantial decadal and interannual variability (see Figure SPM.1). Due to natural variability,
    trends based on short records are very sensitive to the beginning and end dates and do not in
    general reflect long-term climate trends. As one example, the rate of warming over the past 15
    years (1998–2012; 0.05 [–0.05 to +0.15] °C per decade), which begins with a strong El Niño, is
    smaller than the rate calculated since 1951 (1951–2012; 0.12 [0.08 to 0.14] °C per decade)5.

    • Appunto: un divario immenso..
      Mio parere è che non si tratta di una revisione, ma, si un’ammissione di errore, e la furbizia del testo è intenzionale. Fa passare come un errore metodico l’enorme differenza fra i fatti e le predizione. In un modello dove il “zero virgola qualcosa” può rappresentare la fine del mondo, è necessario rilevare che loro avevano sopravvalutato le estimative di molto.
      Considerevole “geoscience”, gli chiedo di scusarmi se per caso sbaglio con la grammatica italiana. Non è la mia lingua madre ma… l’adoro.

      • silvio il mio appuinto non era sulle proiezioni in se, dove il discorso è molto piu complesso. Le ho fatto un appunto piu semplice rispetto alla definizione di trend climatico e all’argomentazione, priva di validità statistica, per cui dal 1998 al 2013 il riscaldamento è minore del previsto. E il motivo gliel’ho speigato precedentemente ed è riportato anche da IPCC.

  4. @pennetta

    1) ma infatti quello che contesto non è tanto l’interrogarsi su i motivi di un apparente nel breve periodo, perchè fa parte del progresso delle conoscenze scientifiche. L’errore sta nell’attribuire a quei quindici anni un significato statistico. Ovvero di parlare di trend. E casualmente di partire dal 1998, quando se solo spostassimo indietro di due o tre anni l’intervallo, il riscaldamento sarebbe subito più marcato a conferma di quanto detto precedentemente.

    2) nel complesso le T antartiche sembrano in leggero aumento, questo perchè se la zona ovest si riscalda, quella est (piu estesa) mostra un leggero raffreddamento. E’ difficile capire al meglio il trend delle T antartiche (i dati satellitari offorno un quadro parziale per l’antartico e sempre e cmq leggermente diverso dai dati a terra). Le pubblicazioni da me riportate evidenziano il riscaldamento registrato nelle stazioni poste nella parte ovest.
    Ma del resto un comportamento diverso da parte dell’Antartide era previsto già un paio di decenni fa, dove, anzi, si pensava che quel continente non avrebbe subito gli effetti del GW (con conseguente contributo all’aumento del livello del mare) ancora per molto tempo. Quello che sta emergendo negli ultimi anni è che alcune zone sono invece già interessate dal GW. E questo è molto importante non tanto per le T antartiche, quanto per il livello del mare, che sta aumentando a velocità maggiori di quelle previste dal IV rapporto IPCC (tant’è che le proiezioni sono state riviste al rialzo).

    3) per i ghiacci artici, cosi come per quelunque fenomeno, piu si aspetta meglio se ne comprendono le dinamihce, ovvio. Ma ad oggi abbiamo un trend di misurazioni dirette satellitari di ben 34 anni, piu delle ricostruzioni che vanno fino ad inizio secolo e alcune fino a piu di mille anni fa, che mostrano come l’artico sta subendo inequivocabilmente un processo di fusione e non abbiamo nessun elemento concreto (che non è non certo un recupero annuale, dato che di recuperi cosi ce ne sono stati diversi in questi 34 anni) che ci possa far pensare a un’inversione del trend.

    • 1) Sono d’accordo che non si possa parlare di trend, l’unica cosa che si può dire è che le previsioni formulate dall’IPCC non sono state rispettate e questo dovrebbe indurre ad una certa prudenza. Invece, come mostrato in questo articolo, si continua a parlare in toni perentori.

      2)Anche sull’Antartide le cose non sono così univoche, va a finire che si può mostrare di tutto in base agli studi a cui si fa riferimento. Anche in questo caso non dovrebbero esserci affermazioni come quella di Kerry.

      3) Ancora una volta abbiamo un trend e una pausa che non si sa bene come inserire nella teoria generale, e ancora una volta ci dovrebbe essere cautela.

      In conclusione né noi né l’IPCC può dire con certezza cosa accadrà nei prossimi anni, e ancor meno se il GW è AGW, e quindi la politica non dovrebbe entrare in modo deciso a condizionare lo sviluppo dei paesi poveri e legiferare su costose iniziative in quelli sviluppati.

      • 1) neanche questo è proprio vero. Ad oggi la curva delle T è al livello dell’intervallo inferiore del range di incertezza dei modelli del IV rapporto. Ora essendo modelli di lungo periodo è nota la loro difficoltà a riprodurre variazioni sul breve. Su qeusto si sta lavorando, considerando anche le nuove evidenze sugli scambi di calore oceanici, gli aerosol antropici e le migliori conoscenze delle ENSO.

        2) ma i dati sono quelli. I satelliti mostrano nel complesso un leggero riscaldamento, cosi come evidenziano le stazioni a terra. La fusione del ghiaccio terrestre antartico è un dato di fatto evidenziato dalle misure satellitari.

        3) nell’artico ad oggi non c’è alcuna pausa nel processo di fusione. Un anno non è in alcun modo identificabile come una pausa.

        “In conclusione né noi né l’IPCC può dire con certezza cosa accadrà nei prossimi anni”
        assolutamente, la certezza assoluta non fa parte del mondo scientifico.

        “e quindi la politica non dovrebbe entrare in modo deciso a condizionare lo sviluppo dei paesi poveri e legiferare su costose iniziative in quelli sviluppati.”

        Questo è la posizione delle accademie delle scienze dei paesi africani…proprio i paesi piu poveri sono i piu accaniti sostenitori di interventi in difesa del clima:

        http://www.interacademies.net/File.aspx?id=4825

        • 1) Proprio perché la curva delle temperature è sul margine inferiore del range di incertezza sarà davvero molto difficile che le previsioni fatte sul lungo periodo possano essere rispettate.

          Con un grafico di questo tipo possiamo già dire che al 90% le previsioni erano errate. Ma se vuole possiamo aspettare lo sforamento vero e proprio, potrebbe non volerci molto.

          2) Nella sua risposta manca un elemento fondamentale, quella “A” che posta davanti a Global Warming indica l’Uomo come causa del riscaldamento.
          Che in Antartide le temperature possano subire delle variazioni (che comunque sono di segno opposto in base a dove prendiamo le misure) non implica che siano le emissioni di CO2 la causa.

          3) Lo stesso vale per la situazione all’Artico, che sia in atto un riscaldamento sul lungo periodo lo dicono i termometri, non lo nega nessuno, ma quale dei dati da lei forniti indica nelle attività umane la causa?

          E proprio perché già nella scienza (in quella del clima in particolare) la certezza assoluta non esiste, come si fanno a indire conferenze che affrontano a livello politico la situazione come se invece questa certezza assoluta esistesse?

          Come ho già detto il gruppo dei G77 ha dichiarato inequivocabilmente cosa ne pensa delle politiche conseguenti all’ipotesi dell’AGW.
          Il documento da lei segnalato non è a supporto dell’AGW ma fondamentalmente per il finanziamento della ricerca e dell’istruzione nei paesi poveri.
          Gli interventi sollecitati sono sulle opere da realizzare, non sulla riduzione delle emissioni di CO2, in pratica la stessa cosa che dice il prof. Zichichi che di certo non è un sostenitore dell’AGW.

          • 1) non capisco come una curva delle T sul limite inferiore nella prima decade di proiezioni, debba suggerire che al 90% sforerà la proiezione al 2050 o al 2100. Francamente mi sfugge il passaggio..

            2-3) si ma infatti discutevo dei semplici dati…quelli relativi alle T, alla fusione dei ghiacci e al livello del mare. Quelli sono difficilmente contestabili. Sul ruolo della “A” ne possiamo parlare, ma non era l’oggetto specifico della discussione

            4) il documento delle accademie delle scienze africane dice chiaramente (e sostanzialmente ne accetta le conclusioni):

            “A consensus, based on current evidence, now exists within
            the global scientific community that human activities are
            the main source of climate change and that the burning
            of fossil fuels is largely responsible for driving this change”

            Non mettono minimamente in discussione il tuolo antropico, ma fanno un passo avanti. Si concentrano sulle soluzioni. Parliamo dei massimi rappresentanti scientifici per l’Africa.

            A questi si aggiungono le prese di posizione di altre accademie delle scienze, comprese quelle dei paesi in via di sviluppo come Cina,Messico e India che parlano chiaramente di AGW:
            http://www.nationalacademies.org/includes/G8+5energy-climate09.pdf

            Insomma questi paesi la pensano un attimo diversamente su quali sono i reali rischi…

  5. Con la premessa che il mio interesse non è puramente polemico (gratuito), vorrei chiedere ai signori Pennetta e geoscience un parere su James Lovelock e principalmente su quest’intervista dell’anno scorso alla NBCnews. Ricordate di lui e la sua “Gaia” Theory?

    http://worldnews.nbcnews.com/_news/2012/04/23/11144098-gaia-scientist-james-lovelock-i-was-alarmist-about-climate-change

    Considerate come un piccolo diversivo, una pausa, nell’intelligente confronto, che seguo, fra due che conoscono l’argomento che discutono.

    Un saluto

    • sicuramente il parere di Lovelock è un parere autorevole, se non altro per il suo contributo in chimica nelle rileazioni dei CFC e nell’affinamento del problema del buco dell’ozono negli anni ’70.

      Pesonalmente non ho mai seguito le sue opinioni sul tema climate change, nè prima quando era allarmista ne dopo. Semplicemente perchè non è un esperto in senso stretto. Quella che esprime è pur sempre un’opinione, ,a la sua storia scientifica suggerisce di tenerla sempre e comunque in considerazione.

  6. Grazie….
    Trascrivo certe parole (in quell’intervista) che toccano il mio punto di vista sul problema. La mia parallasse cognitiva..

    As “an independent and a loner,” he said he did not mind saying “All right, I made a mistake.” He claimed a university or government scientist might fear an admission of a mistake would lead to the loss of funding.

  7. @Geoscience
    “1) non capisco come una curva delle T sul limite inferiore nella prima decade di proiezioni, debba suggerire che al 90% sforerà la proiezione al 2050 o al 2100. Francamente mi sfugge il passaggio..”

    1) Le spiego meglio. Se una previsione che si spinge fino al 2100 dimostra una deviazione che tende a sforare dai valori previsti già nel primo 10% del percorso, quale grado di fiducia possiamo attribuire al fatto che nel restante 90% del percorso si reinserisca nella zona della previsione?
    Normalmente un errore se posto all’inizio tende ad essere amplificato nel proseguimento, non ad essere riassorbito.
    Come scoperto da Edward Norton Lorenz, proprio elaborando un modello matematico dell’atmosfera terrestre, piccole variazioni nelle condizioni iniziali producono grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.
    E il modello dell’IPCC mostra una deviazione rispetto alle condizioni previste, non nascondiamoci dietro un dito dicendo che la linea delle condizioni attuali è ancora dentro la zona della previsione…

    “2-3) si ma infatti discutevo dei semplici dati…quelli relativi alle T, alla fusione dei ghiacci e al livello del mare. Quelli sono difficilmente contestabili. Sul ruolo della “A” ne possiamo parlare, ma non era l’oggetto specifico della discussione”

    2-3) Forse non mi sono espresso bene, la “A”, cioè il fatto che le attività umane siano la causa del riscaldamento terrestre è l’oggetto della discussione. Se infatti non sono le emissioni di CO2 a causare i cambiamenti diventa inutile attuare provvedimenti come il Protocollo di Kyoto e ci si concentra sulle opere, proprio come suggerito nell’incontro di Erice da me segnalato.

    “4) il documento delle accademie delle scienze africane dice chiaramente (e sostanzialmente ne accetta le conclusioni):

    “A consensus, based on current evidence, now exists within
    the global scientific community that human activities are
    the main source of climate change and that the burning
    of fossil fuels is largely responsible for driving this change”

    Non mettono minimamente in discussione il tuolo antropico, ma fanno un passo avanti. Si concentrano sulle soluzioni. Parliamo dei massimi rappresentanti scientifici per l’Africa.”

    4) Il documento delle Accademie delle scienze africane non fa minimamente cenno alla riduzione delle emissioni di CO2.
    Pur allineandosi alla spiegazione dell’AGW nel passaggio da lei indicato, nelle soluzioni si pone nella stessa posizione del sopra citato convegno di Erice. A questo punto che il riscaldamento sia AGW o solo GW non fa differenza.
    Si tratta di un documento che dimostra come ai paesi africani interessino le opere di ingegneria e i finanziamenti alla ricerca, e non interessino invece affatto le riduzioni di CO2 che tanto (a parole) sembrano interessare agli USA di Kerry.

    “A questi si aggiungono le prese di posizione di altre accademie delle scienze, comprese quelle dei paesi in via di sviluppo come Cina,Messico e India che parlano chiaramente di AGW:
    http://www.nationalacademies.org/includes/G8+5energy-climate09.pdf

    Insomma questi paesi la pensano un attimo diversamente su quali sono i reali rischi…”

    Il documento linkato è del 2009, in occasione della conferenza di Copenhagen, prima dello scandalo Climategate che come abbiamo visto ha segnato uno spartiacque riguardo al consenso sull’AGW.
    Il documento del G77, che ricordo rappresenta ben 130 nazioni, critica aspramente le politiche di riduzione delle emissioni di CO2 è invece riferito alla conclusione della conferenza.
    Darei più peso a quest’ultimo.

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