Ad oltre un secolo di distanza viene presentato un caso analogo a quello della Biston betularia, solo un po’ rivisto e corretto.
Siamo infatti caduti dalle farfalle agli scarafaggi.
Del resto i tempi sono quel che sono….
Ebbene sì, sembrerebbe proprio che la bandiera del darwinismo debba essere salvata dagli scarafaggi, il riferimento è ad una notizia che ha suscitato subito gli entusiasmi dell’ocasapiens che nell’impeto di comunicare la cosa è finita col paragonare i darwinisti alle blatte titolando “Blatte – Creazionisti: 1 a 0“. Contenti loro…
Comunque l’intenzione era quella di mostrare un presunto caso di evoluzione darwiniana avvenuto in una popolazione di blatte che sembrerebbe aver evoluto la capacità di evitare i cibi dal gusto dolce. Il fatto è che per migliorare l’efficacia dei veleni per scarafaggi, da tempo gli insetticidi sono stati mescolati con zuccheri che li rendono più appetitosi, adesso invece l’accorgimento ha perso efficacia perché gi insetti non sono più attratti dal gusto dolce e preferiscono i grassi.
Lo studio ha attirato l’attenzione di molti media, per lo più statunitensi a dir la verità, ma si sospetta che il motivo di tanta attenzione non sia nella rilevanza scientifica della scoperta ma nel fatto che in certi paesi il problema degli scarafaggi è molto sentito e quindi la notizia che bisogna cambiare insetticida interessa in modo particolare il pubblico.
Purtroppo infatti l’oca di Repubblica fa molta confusione tra selezione naturale ed evoluzione (in ciò a dir la verità è in ampia compagnia), e quindi ha pensato che l’affermarsi di una popolazione con il gusto alterato fosse un caso di evoluzione.
Lo studio originale intitolato “Changes in Taste Neurons Support the Emergence of an Adaptive Behavior in Cockroaches” e pubblicato su Science, ammette che non tutto è chiaro al riguardo:
Anche se sono stati compiuti grandi progressi nella nostra comprensione del funzionamento dei chemiosensori, soprattutto negli insetti, il cambiamento dei sistemi dei chemiosensori in risposta alla rapida evoluzione degli ambienti rimane in gran parte sconosciuto.
Questa frase posta proprio all’inizio della pubblicazione getta da subito un forte dubbio sul fatto che si possa parlare di un caso di evoluzione e non di adattamento. Interessante è anche un altro passaggio dello studio:
I risultati suggeriscono che negli scarafaggi di tipo selvatico, il glucosio e i suoi composti sono riconosciuti da recettori strutturalmente e strettamente sintonizzati su recettori GRN (sugar–gustatory receptor neurons), suscitando un comportamento appetitivo.
In scarafaggi GA (con avversione al glucosio), per contro, l’espressione di un recettore sintonizzato in modo più ampio, o di più recettori strettamente sintonizzati, possono contribuire alla vasta accettazione di glucosio e relativi composti da parte dei recettori amaro-GRN, inducendo un comportamento di avversione.
Il differente comportamento è dunque dovuto ad una minore sintonizzazione o specializzazione dei recettori che finiscono così col mandare un segnale più confuso.
Quando e come sia apparsa questa caratteristica ovviamente non è dato saperlo, potrebbe benissimo essere stata presente in una piccola percentuale della popolazione iniziale, e allora saremmo di fronte ad un classico caso di selezione e non di evoluzione, come ipotizzato sul Washington Post:
The glucose aversion may have arisen in an individual cockroach in response to bait. Or it may have already been present in just a few individuals when the arrival of the bait suddenly gave them an advantage for surviving and reproducing.
Potremmo dunque dire di essere in presenza di un caso di evoluzione solo se prendessimo per buona la definizione di evoluzione di orwelliana ispirazione che afferma esserci evoluzione quando vi è un cambiamento di frequenza allelica in una popolazione, e non quando si è in presenza di nuovi caratteri e nuova informazione.
L’alternativa è che potrebbe anche trattarsi di un difetto genetico che ha fatto perdere precisione ai recettori, quindi saremmo in presenza di un ennesimo danno da mutazione.
A ben vedere, per i darwinisti à la Coyaud, nella presunta evoluzione degli scarafaggi non c’è niente che abbia a che fare con l’evoluzione ipotizzata dalla Sintesi Moderna nelle sue varie versioni. A parte l’ovvietà della selezione naturale…
Niente evoluzione dunque, purtroppo per loro gli restano solo gli scarafaggi.
.
.
12 commenti
Salve a tutti, dal momento che la lunga discussione su questo post http://www.enzopennetta.it/2013/05/levolvibilita-le-rondini-di-chernobyl-e-il-cicap/ si è conclusa, entra in vigore il mio nuovo nickname, che mi distingue dall’altro Massimo che mi aveva preceduto.
Insomma, mi pare di capire che come sempre quello che manca è la nuova informazione.
Effettivamente, io ho insistito tanto su E.coli Long Term Experiment mentre in verità si tratta solo di un “ritaglio” di una vecchia proteina.
Se riuscissi a trovare un esempio di singola mutazione o piccolo insieme di mutazioni che ha dato vita ad una nuova proteina con una nuova funzione che ha permesso all’organismo di conquistare nuove nicchie ecologiche, sarebbe sufficiente?
In caso contrario vorrei mi si spiegasse quale osservazione potrebbe ritenersi sufficiente.
Un singolo caso di evoluzione con i meccanismi della MS costituirebbe una singola corroborazione. Un primo passo.
La scientificità della MS richiederebbe il verificarsi di numerose corroborazioni e l’individuazione di un criterio di falsificabilità che sappiamo invece essere mancante.
Avevo deciso di entrare nel merito dell’approfondimento filosofico, dopo tanta superficialità in merito, e dopo aver realizzato un discorso ricco e articolato, la sorte mi ha ripagato con un errore di rete che mi ha fatto perdere il testo. Con molto rammarico rinuncio a questo, almeno per ora, e scrivo solo due righe sul meccanismo mutazione-selezione.
Mi è parso di capire che qui non si mette in dubbio la possibilità che una mutazione vantaggiosa possa diffondersi nella popolazione poichè selezionata positivamente, ma si mette in dubbio che nei casi finora osservati si fosse in presenza di nuova informazione. Per questo motivo mi propongo di cercare esempi sperimentali più adegui, ma per ora mi viene in mente un’osservazione di senso comune. La diversificazione delle razze del canis familiaris è stata documentata, possiamo davvero affermare che tutti i caratteri che osserviamo in questa specie fossero impliciti nel genoma del canis lupus?
Ecco un primo esempio, abbastanza vecchio. La semplice inserzione di un timina, mutazione ragionevolmente casuale, ha permesso ad un ceppo di flavobacterium di metabolizzare alcuni sottoprodotti del nylon con un nuovo enzima, conquistando una nuova nicchia ecologica che non esisteva prima del 1935. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC345072/pdf/pnas00609-0153.pdf
Del nylon ne avevamo già parlato come del flaviobaterum,comprendo che esistano diversissimi clichès neodarwiniani,però non è che vanno tirati fuori tutti uno dopo l’altro.Probabilmente non avrà trovato dove se ne è parlato.vabbeh.La sostanza è sempre la solita tanto Massimo.Siamo sempre al solito punto.
Nel caso del nylonase assistiamo a un fenomeno di informazione presa in prestito,di una capacità di riprogrammazione adattativa di alcune specie,con molti punti a comune con varie forme di microevoluzione batterica…
Il gene mutato che permette ai batteri di metabolizzare nylon è su un piccolo anello di DNA scambiabile,in tutti i casi comunque non potrebbe comunque portare novità.
Niente a che fare con certi meccanismi,ma bensì con i soliti e più volte ricordati,meccanismi microevolutivi.
Questo è anche un esempio di una perdita specifica dell’enzima originale. È come danneggiare l’interno di un blocco di una serratura in modo che le chiavi più e disparate possano ora sbloccarlo…
E’ per molti veris analogo al caso dell’E.Coli o altri,..
P.S.
Ti rispondo ora Massimo, ma più per ‘fortuna’ che altro, nei prossimi giorni non avrò gran disponibilità e possibilità di rispondere a commenti,quindi se non risponderò non sarà perchè non sappia o non voglia farlo..
Se il gene mutato può essere scambiato con un plasmide o no cosa cambia?
Poi si parla di perdita dell’enzima originale, ma ce n’è uno nuovo con una funzione del tutto inedita, perché non considerarlo nuova informazione? Non mi pare che questo enzima fosse già presente ma attivo in altre condizioni, come in parte era il caso di E.coli.
Sul fatto che si tratti di microevoluzione è ovvio, osservare una macroevoluzione in pochi decenni sarebbe contro il neodarwinismo. Il dibattito qui è su ciò che si può considerare nuovo, inedito.
Anche gli uccelli rispetto ai rettili hanno molte ossa fuse insieme, dal punto di vista dell’informazione si può dire che è diminuita, ma come abbiamo visto non è questo il punto, il punto è la nuova informazione. Perché una microevoluzione da lupo a chiwawa è concettualmente distinta dalla macrevoluzione da dinosauri ad uccelli?
Non mi pronuncio sulla nascita di organi del tutto inediti, senza cooptazioni o exattamenti evidenti, ma queste sono grandi eccezioni, per ora accontentiamoci di escludere questi casi da ciò che si può spiegare con mutazione e selezione.
Gli elementi di Dna mobile sono una cosa molto particolare e dei quali in verità non si sa troppo sulla funzione e sulle capacità.E fra l’altro gli autori dello studio sul nylonase si espressero così:
“so extensive an amino acid sequence divergence is not expected to occur in so short a time span- ie 40 years or thereabout”
Bisognerebbe distinguere fra mutazione vera e propria,ovvero cambiamento accidentale e cambiamento deliberato dovuto a particolari capacità di una data specie.
I batteri possono riarrangiare l loro dna e scambiarlo..si riitrova in vai esempi fra gli organismi unicellulari.
Sarebbe opportuno quindi comunque indagare meglio in tal senso,comunque nel caso del nylonase i fatti lasciano pensare più a qualcosa nelle capacità del batterio che non latro.Ma anche non fosse il risultato non cambia.
Uno scambio di informazione scambia cose che esistono già,fra l’altro in questo caso avviene proprio nel modo opportuno a monte di molti inutili o dannosi.
Un adattamento come in questi casi è sempre col ‘modus’ per cui si ottiene una specializzazione particolare pagando uno scotto.Ed in nessun modo è immaginabile che con questi meccanismi anche in milioni,miliardi di anni si possa arrivare ad una nuova specie perché sarebbero sempre riarrangiamenti,scambi di informazioni etc etc..che non permettono di uscire dalla forma,ma semplicemente di variarla,pur drasticamente magari ma sempre comunque solo di variarla.
Della serie:
http://www.newscientist.com/article/dn16834-five-classic-examples-of-gene-evolution.html?full=true
“Perché una microevoluzione da lupo a chiwawa è concettualmente distinta dalla macrevoluzione da dinosauri ad uccelli?”
Già dovrebbe essere chiaro che microevoluzione e macroevoluzione sono nettamente su due piani diversi,le sono state proposte anche peer review in merito, e che l’una non possa solo per scala temporale dar origine all’altra,quindi veramente non ci torniamo su..
Per il resto…ma se ancora il suo livello è questo Massimo,io fossi in lei veramente farei un passo indietro ed uno di lato…A parte che lupo e chihuahua sono della stessa specie(il chihuahua è un lupo) in tutte le classificazioni tassonomiche,sono cioè ‘varietà’ differenti di una stessa specie ‘genetica’;da un qualsiasi uccello ,dallo struzzo,al pollo,al rallo,al cormorano,al pappagallo a un qualsiasi rettile c’è una sostanziale differenziazione nella forma e non una semplice varianza, espressione di lunghi periodi di tempo di variazioni…Non ci sono variazioni esprimibili in accumuli di processi di ibridazioni, speciazioni, incroci, chimere, mutazioni intra-specie (robertsonian fusion, tandem fusion etc..), trasposizioni,adattamenti all’ambiente propri di certe specie (metaprogrammazione, borrowed information), endogenizzazione, simbiosi,deriva genetica,processi Innovazione – Amplificazione – Divergenza,processi Potenziamento – Attualizzazione – Perfezionamento etc… ossia di meccanismi e processi microevolutivi che accumulandosi ,sommandosi,ripetendosi non possono uscire dalla ‘forma’di una specie. Tenga conto che tutti i discorsi che riguardano cosa si sarebbe trasformato di un rettile in cosa di un uccello e similaria e soprattutto come sono solo ipotesi non supportate da nulla ..se non dal paradigma stesso.
P.S:
Fra l’altro sulla scia di quanto si diceva qua:
http://www.enzopennetta.it/2012/11/escherichia-coli-e-vera-evoluzione-seconda-parte/
e qua
http://www.enzopennetta.it/2012/11/neodarwinismo-la-montagna-non-partorisce-neanche-un-topolino/
Si tenga conto che meccanismi come quello del nylonase ribaltati su organismi multicellulari porterebbero alla formazione di cellule cancerose che veramente direi con difficoltà si possano definire evoluzione,benchè di fatto lo facciano e ciò fa pensare..
“ossia di meccanismi e processi microevolutivi che accumulandosi ,sommandosi,ripetendosi non possono uscire dalla ‘forma’di una specie.”
E’ esattamente questo che non comprendo. Cos’è questa ‘forma’?? Da un pesce a una salamandra parlerei anche io di nuove forme, perché vi sono organi nuovi, ma tra un dinosauro teropode e un uccello vi è solo un riarrangiamento su larga scala. Riarrangiamento che, se per assurdo fosse osservato in laboratorio in un esperimento di decine di milioni di anni, potrebbe benissimo essere etichettato come perdita di informazione. Già vi sento: “Mancano tutte le vertebre caudali, le osse sono diventate cave e quindi hanno subìto un danno, i denti fusi nel becco sono come un set di candele fuse nel fuoco, quindi è una perdita di informazione ecc.. ecc..”
Deve proprio definire che cos’è questa ‘forma’, e perché sarebbe necessariamente fissa secondo i meccanismi neodarwiniani (ricordando che l’evo-devo fa ora parte del neodarwinismo).
Mi è stato presentato uno studio che sembra una prima corroborazione dell’ipotesi di fissità se non per intervento di meccanismi sconosciuti, ma servirebbe qualche argomento in più, anche perché ho sollevato qualche obiezione sulle conclusioni tratte dal paper e finché non avrò smentita mi rimarrà il dubbio.
“Si tenga conto che meccanismi come quello del nylonase ribaltati su organismi multicellulari porterebbero alla formazione di cellule cancerose che veramente direi con difficoltà si possano definire evoluzione,benchè di fatto lo facciano e ciò fa pensare..”
Secondo me l’analogia non sta in piedi, è chiaro che in un organismo pluricellulare se una cellula subisce una mutazione indipendentemente dalle altre non potrà mai essere un vantaggio per l’organizzazione complessiva, l’unica opzione è il cancro.
Riguardo il flavobacterium, io avevo letto che la mutazione era stata provocata da un’inserzione di un singolo nucleotide T, per questo l’ho portato come esempio lampante di mutazione totalmente spiegabile dal caso.
“Tenga conto che tutti i discorsi che riguardano cosa si sarebbe trasformato di un rettile in cosa di un uccello e similaria e soprattutto come sono solo ipotesi non supportate da nulla ..se non dal paradigma stesso.”
Che la ricostruzione degli eventi non sia mai certa si sa, ma da qui a sostenere che siano ipotesi non supportate da nulla passano 150 anni. Abbiamo l’embriologia, abbiamo la paleontologia, e a proposito, giusto due giorni fa è uscito uno studio su una scoperta paleontologica che arricchisce il quadro. Lascio qui il link di un paleontologo, visto che si reclama giustamente la presenza di veri intenditori, almeno ci si fa un’idea di quanti siano i fatti a restringere il campo delle ipotesi. http://theropoda.blogspot.it/2013/05/aurornis-xui-nuova-luce-sullorigine.html