Su La Stampa è comparso l’articolo “Giordano Bruno, l’intelligenza al rogo”
Dal titolo si direbbe che il rogo a Campo dei Fiori abbia bruciato l’intelligenza
Dalla lettura dell’articolo emerge invece il ritratto di un personaggio francamente sopravvalutato
L’articolo “Giordano Bruno, l’intelligenza al rogo” pubblicato su La Stampa il 10 settembre, praticamente in occasione dell’inizio dell’anno scolastico, offre l’occasione di parlare una figura che verrà incontrata da centinaia di migliaia di studenti e che andrà a costituire per loro un riferimento più mitologico che reale.
La mitologia legata alla figura di un Giordano Bruno grande filosofo-scienziato perseguitato per le sue idee scientifiche, sembra non risparmiare neanche lo stesso giornalista de La Stampa che infatti impiega un titolo “politically correct” per un articolo che nel contenuto ridimensiona il personaggio giungendo addirittura ad essere impietoso verso la figura del nolano.
L’articolo prende spunto dal lavoro di Owen Gingerich, professore di storia dell’astronomia all’Università di Harvard, che ha cercato per il mondo tutte le copie superstiti del libro “De revolutionibus orbium coelestium” di Copernico che nel 1543 gettò le basi per l’affermazione del sistema eliocentrico. Nel corso di questa ricerca Gingerich si è imbattuto in una copia del libro conservata nella magnifica Biblioteca Casanatense a Roma.
La Biblioteca Casanatense
Quel che il professore di Harward ha trovato non è stata qualche clamorosa dichiarazione contenuta in un documento nascosto tra le pagine del libro, o un’illuminante annotazione scritta da Bruno a margine del testo, niente di tutto questo. Gingerich non ha trovato nulla.
Eppure proprio questo nulla è qualcosa di fortemente significativo: il libro di Giordano Bruno sembra proprio che non sia mai stato letto:
A sentire Gingerich, che l’ha avuta tra le mani, la copia del “De revolutionibus” appartenuta a Bruno non reca “nessuna traccia del fatto che (egli) avesse realmente letto il libro” benché su di essa compaia una sua vistosa firma, con tanto di grazie e fronzoli.
Conclude sbrigativamente Gingerich, “Bruno era stato accusato di eresia per tutta una serie di idee eterodosse, tra cui la pluralità dei mondi, ma per quanto riguarda le teorie di Copernico sembrava quanto meno male informato (…)
In ogni caso il suo copernicanesimo non fu una delle cause principali della sua condanna.”.
Proprio come il libro di certi studenti svogliati che a fine anno è intonso come appena acquistato, così la copia del De revolutionibus di Bruno appare comprata e messa lì, nessuna traccia di una lettura avida di un grande filosofo e scienziato, nessun segno del passaggio di uno studioso che voleva conoscere il testo che stava cambiando la visione del mondo.
E proprio come uno studente svogliato, Bruno, secondo Gingerich, non ne sapeva molto della teoria copernicana “per quanto riguarda le teorie di Copernico sembrava quanto meno male informato“.
Era questo il grande scienziato e filosofo?
Ma quel che è ancora più importante, è che il prof. Gingerich poi fa giustizia di quello che è il principe dei luoghi comuni sula vicenda Bruno: “In ogni caso il suo copernicanesimo non fu una delle cause principali della sua condanna“. Sarebbe ora di smettere d’insegnare che Bruno fu condannato per la sua adesione alla teoria copernicana (non solo perché a quanto pare non la conosceva neanche bene), ma soprattutto perché come abbiamo visto la teoria venne resa pubblica con il libro stampato nel 1543 e nessuno si era mai sognato di vietarne la diffusione, tanto che proprio Bruno ne aveva potuto acquistare tranquillamente una copia.
Nel 1600 la teoria copernicana non era vietata, perché mai dunque Giordano Bruno avrebbe dovuto essere incriminato di professarla?
I motivi del processo e della condanna di Giordano Bruno sono da ricercare nella sua attività politica (sulla quale non ci soffermeremo in questo spazio) continuare quindi a diffondere e, peggio ancora, insegnare la versione dello scienziato perseguitato per via del sostegno alla teoria copernicana è veramente come mettere l’ “intelligenza al rogo”, nel senso di rinunciare ad impiegarla per capire come andarono veramente le cose.
4 commenti
Bruno, dopo otto anni di processo durante il quale aveva menato il can per l’aia con giudici fin troppo accondiscendenti, fu condannato per un fatto gravissimo rivelato sua sponte da fra Celestino da Verona, che fu, per la sua gravità, secretato dal Papa in persona. Quindi la vera ragione della condanna non si saprà mai, non furono le sue tesi contrarie alla dottrina cattolica che aveva abiurato, ma altro. Non furono le sue idee ma un fatto rimasto sconosciuto. Fra Celestino venne bruciato sul rogo prima di lui per essere stato complice del Bruno.
Già,purtroppo non sapremo mai cosa confessò Fra Celestino.
Va comunque ricordato che Bruno in quanto monaco, con la sua dottrina impregnata di magia, il rifiuto della tradizione e l’azione politica contro lo Stato Pontificio, era assimilabile ad un militare che tradisce la bandiera e, dopo essere passato al nemico, viene condannato per alto tradimento.
Il sistema solare non c’entra proprio niente…
Per sette lunghi anni lo si scongiurò di rientrare nell’ovile. Il suo processo, reso interminabile dalle sue abiure e controabiure, fu quanto di più giuridicamente corretto si potesse trovare a quel tempo. Il triste epilogo lo conosciamo. Ciò che lo rovinò fu una presunzione e un’arroganza proporzionate a un’intelligenza e a una memoria eccezionali, ma insufficienti a prevalere sugli odi che provocava. Ci si dovrebbe chiedere perché sia stato dichiarato “persona non gradita”, praticamente da tutti i paesi europei e sia tornato, alla fine, proprio in Italia per ottenere un’udienza dal Papa.
Già, ma qualcuno ha avvertito Augias che va in giro a proporre questo mago e truffatore come fosse stato un grande scienziato?