Corriere della Sera: siamo più intelligenti dei nostri antenati?!?

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La Scuola di Atene. L’opera ritrae un gruppo di stupidissimi ateniesi dipinti da un po’ meno stupido rinascimentale.

“Siamo più intelligenti dei nostri antenati”, ma il solo fatto di fare un’affermazione del genere solleva già dei dubbi…

 

La bella notizia è in uno studio riportato da Giulio Giorello nell’articolo “Perché siamo diventati molto più intelligenti rispetto ai nostri antenati” pubblicato sul Corriere della Sera del 23 settembre. Quindi non solo saremmo più intelligenti dei nostri antenati, ma “molto” più intelligenti.

Oggi constatiamo che negli Stati Uniti, e pure in Europa, le valutazioni del QI danno risultati che sono in media superiori a quelli ottenuti nella prima metà del Novecento…

Ricorda l’esperto James R. Flynn, in un articolo apparso sabato nel Wall Street Journal , che quando chiedevano a suo padre che cosa mai avessero in comune cani e lepri lui era pronto a rispondere «Niente: i cani sono fatti per cacciare le lepri!».

Oggi un ragazzino delle elementari saprebbe subito rispondere che lepri e cani sono entrambi dei mammiferi e così passerebbe il test del Quoziente d’intelligenza (QI). 

Ma andando a leggere cosa veramente afferma lo studio di James R. Flynn, ricercatore presso la University of Otago , New Zealand, l’intelligenza con i test non c’entra del tutto, infatti l’unica cosa che potremmo affermare è che le due risposte evidenziano solo una differente analisi della questione, che la seconda risposta corrisponde ad una istruzione più avanzata e non ad una maggiore intelligenza.

Ma, spingendoci oltre, personalmente potrei trovare più intelligente la prima risposta che non la seconda. Se infatti dovessi scommettere sulle possibilità di sopravvivenza nella natura di uno dei due, vedrei favorito l’antenato.

Ricordiamo che i test d’intelligenza sono un argomento molto controverso, il grande Stephen Jay Gould dedicò un libro alla confutazione del determinismo biologico dell’intelligenza: “Intelligenza e pregiudizio“.

Nel libro di Gould si ricorda come uno degli alfieri della quantificazione dell’intelligenza sia stato il padre dell’eugenetica Francis Galton, e viene inoltre ricordato come le misurazioni del QI negli USA del primo ’900 fossero utilizzate per escludere buona parte degli immigrati dal sud Europa in quanto geneticamente inferiori.

La situazione è efficacemente descritta nel film Nuovomondo, nel cui finale gli immigrati italiani sono sottoposti a test d’intelligenza che oltretutto non certificano l’intelligenza ma solo l’aderenza del soggetto alla mentalità di chi ha preparato il test:

Vorremmo che gli scienziati dimostrassero davvero più intelligenza dei loro antenati che inventarono i test d’intelligenza, e anziché celebrarne i successi ne denunciassero la “stupidità”.

 

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

10 commenti

  1. Confondere l’intelligenza con la cultura è segno di scarsa intelligenza 😉

    Scherzi a parte, questa confusione tra intelligenza e nozioni che si hanno può forse nascere dall’idea che se uno ha una certa cultura, allora capisce molte nozioni che ha in mente. Però bisogna vedere che tipo di nozioni ha, perché fino a dire che un cane e una lepre sono due mammiferi non ci vuole un’aquila.

  2. “test d’intelligenza che oltretutto non certificano l’intelligenza ma solo l’aderenza del soggetto alla mentalità di chi ha preparato il test”

    detta cosi’ prof sembra quasi che ci abbia voluto dire qualcosa…

    attraverso il test non si ricerca una fulgida intelligenza ma un particolare tipo di mentalita’.

  3. Buongiorno prof.

    vedo che lei, la domenica mattina, legge avidamente il Corriere della Sera. Succede anche a me e mio padre; solo che, dal momento che lui monopolizza il Corsera, io sono costretto a ripiegare sull’inserto culturale del Sole 24 Ore. E mentre lui esclamava emozionato: “il QI è raddoppiato in 100 anni!!!”, io mi concentravo su un articolo di Gilberto Corbellini, nostra vecchia conoscenza, che trattava delle metodologie da adottare per impostare CORRETTAMENTE una mostra sull’evoluzione della specie umana.

    Articolo interessante, dove emerge l’ardente fuoco missionario dell’articolista, il quale sostiene, più o meno, che i visitatori di un museo devono essere trattati grossomodo come quel povero contadino del sud Italia, ed indottrinati al materialismo. Spero che lei possa leggerlo. In ogni caso ne riparlerò quando torneremo sull’argomento evoluzione 🙂 .

    • Ciao Daphnos,
      leggo spesso il sito del Corriere, del resto è il maggiore quotidiano d’Italia e di quello che viene scritto lì bisogna in ogni caso tenere conto.

      Ho provato a cercare se in rete si poteva trovare ma non ci sono riuscito, non è che mi potresti scrivere il titolo così vedo se ci riesco?

      • Allora: ho cercato su internet, ma non mi pare che sia stato pubblicato. Qualora avvenga in futuro, è datato 23/09/2012 e si intitola: “Le trappole da evitare per capire l’evoluzione – istruzioni cognitive per i visitatori”.

        In pratica, Corbellini racconta come, al termine delle mostre su Homo Sapiens, ai visitatori vengono poste delle ‘domande di comprensione’ su ciò che hanno appena visto (una specie di analisi del testo di terza elementare). Le risposte vengono classificate secondo tre categorie: RNI, ragionamento naturalista informato, dove il visitatore esprime, anche se con poche conoscenze, concetti evoluzionisti “corretti”; RNP, ragionamento naturalista da principianti, in cui, faticosamente, emerge qualche concetto; RC, ragionamento creazionista (orrore!), in cui si invoca un intervento da lassù. Se la percentuale di RC raggiunge livelli troppo alti, scatta un campanello d’allarme che impone una riunione d’urgenza tra i dirigenti del museo per riorganizzare la visita in modo da innalzare il livello di RNI.

        Sapere di essere trattato così, come un bambino da indottrinare, sarebbe un motivo più che sufficiente per disertare quei luoghi. Solo che è più forte di me; non riesco a star lontano dai musei. Però, se arrivassero i corbelliniani a farmi domande, non penso che riuscirei a trattenermi dall’esclamare “ma come? non sapete che il mondo è vecchio solo 6000 anni?!”.

        • Ancora non ho trovato l’articolo sul sito del Sole 24 ore, sarebbe interessante parlarne, mi sembra proprio un esempio di letteratura “sovietica”, ma senza una fonte ufficiale non è possibile.

          Aspettiamo ancora, magari potrebbe essere visibile tra qualche giorno.

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