Informazione scientifica, forse ci vorrebbe un “V” day…

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Gli animali hanno una moralità? Secondo quanto emerso in un convegno ad Erice sembrerebbe di sì… (Nella foto un esempio di cane ritenuto “immorale” dai suoi simili)

In questi giorni viene pubblicizzato un Master in comunicazione della scienza.

 

Nei giorni in cui vengono annunciate inondazioni di New York nell’anno 2300, in cui si ritoccano le cifre sull’influenza A, e in cui si annuncia il sorpasso della scimmia sull’uomo, aggiungiamo anche una conferenza sull’evoluzione della moralità .

 

Emerge con evidenza che nel corso di comunicazione della scienza manca ciò di cui ci sarebbe maggiormente bisogno: un corso di critica della scienza.

 

La riflessione sulla comunicazione della scienza prende spunto dalla Terza edizione Master MaCSIS (Master in Comunicazione della Scienza e dell’Innovazione Sostenibile) organizzato dall’Università della Bicocca. Scorrendo il programma del corso però ci si accorge che in definitiva si tratta non tanto della divulgazione della scienza, che sarebbe un’opera meritoria, ma di marketing della scienza, di come cioè diffondere nel modo più efficace e acritico quello che giunge dalle varie fonti.

Ma, come già anticipato, quella che invece manca è la formazione ad una mentalità critica, l’educazione ad un vero giornalismo che non somigli ad una stampa di regime incapace di denunciare quello che non va, ma capace invece di sostenere la vera ricerca e la vera scienza.

Questo periodo sembra quanto mai adatto a tale genere di riflessioni, dopo aver infatti visto la deformazione dei modelli matematici per far saltare fuori le previsioni che interessano, dopo aver letto di scimmie che sarebbero candidate a raggiungerci prima o poi, possiamo completare la rassegna nientemeno che con un convegno tenuto ad Erice sull’evoluzione della moralità e della coscienza umana “The Evolution of Morality: The Biology and Philosophy of Human Conscience“. L’evento è stato ampiamente pubblicizzato sul sito Pikaia che adesso rimanda anche ad un link che ne “racconta l’esperienza” in un sito intitolato “This wiew of life“:

Per raccontare l’esperienza, corredato di testimonianze multimediali, è stato pubblicato l’articolo “Evolution and Morality: The Biology and Philosophy of Human Conscience” sul portale “This View of Life”.

Andiamo dunque a vedere cosa dice il sito indicato sul convegno:

Nuove scoperte nel campo delle neuroscienze, psicologia, primatologia, economia comportamentale, e l’antropologia, ci hanno riportato alla posizione originale darwiniana, cioè che la moralità è un continuo con gli gli istinti sociali degli animali. Si scopre che la nostra specie è più altruista e cooperativa di quanto fosse stato assunto, che ha una intuitivo approccio ai dilemmi morali (in contrapposizione a quello puramente cerebrale), e che anche altri mammiferi mostrano segni di empatia e di altre tendenze in materia assunte a sostegno di una moralità.

Queste tendenze non definiscono la moralità, e non sono sufficienti per arrivare ad un consenso ragionato riguardante il bene e il male, ma senza questa antica prosocialità, la morale come la conosciamo noi potrebbe non essere possibile. “

 

Manco a dirlo Darwin aveva ragione. Gli animali mostrano una “prosocialità“, cioè una tendenza ad aiutare gli altri, e quindi, seppur con un po’ di prudenza, con un salto tipico delle “Just so story” darwiniane, si passa dalla cooperazione alla moralità che è ben altra cosa:

moralità s. f. [dal lat. tardo moralĭtas -atis]. –

1. Qualità, condizione di ciò che è conforme a principî morali

Enc. Treccani

 

La moralità è dunque l’attenersi o meno a dei principi morali, cosa da cui consegue un “giudizio” di bene o male da parte degli altri. Di tutto questo negli esempi citati non si intravede neanche in lontananza la minima traccia. Per rendersene conto basta visionare il video linkato:

 

Ebbene due elefanti cooperano per ottenere un fine, ma non c’è motivo di ritenere che uno dei due stia pensando “però, questo vicino a me è proprio un bravo pachiderma…“.

Come già detto in questi giorni, la sensazione è che non riuscendo a mostrare la vicinanza degli animali all’uomo, si stia cercando di dimostrare la vicinanza dell’uomo agli animali sminuendo e negando quanto di grande e incommensurabile esiste nell’animo umano, qualcosa che secoli di letteratura, arte e filosofia hanno sempre mostrato.

Quindi, a quanto pare, nel Master in comunicazione della scienza non si parlerà di tutte queste “magagne” della ricerca e della comunicazione, guai a mettere in discussione la sacralità della “scienza”.

Come dunque si diceva nel titolo, ci vorrebbe allora un “V day” dedicato a certi scienziati e divulgatori.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

23 commenti

  1. Ripeta con me, prof.:
    E’ una cosa pazzesca!!!” (con accento ligure) tenendo pollice ed indice racchiusi a mo’ di cerchio e vibrando la suddetta mano in su e in giu’ e muovendosi a destra e a sinistra sul palco.
    😀

  2. Enzo..a certa divulgazione scientifica gli si potrebbe dedicare un bel Alberto Nazionale:
    http://www.youtube.com/watch?v=3xGm_xoYcmI
    Ma se lo meriterebbero..forse no..meglio un bel V..

    Ad ogni modo ,se devo esser sincero,non mi meraviglia che la Bicocca affronti quel Master in quella misura.
    Sicuramente è giusto saper mescolare anche il lato legato all’organizzazione e design ed immagine(convegni,laboratori,dvd,siti,blog,riviste)del far scienza
    http://www.gregfoot.com/
    (Che fra l’altro vanta nel BG proprio vanta anche una formazione in comunicazione scientifica..)
    Però certamente a monte ci deve essere una preparazone scientifica,onestà ecriticità,nonchè sul principio della Royal Society(ammazza che ipocrisia):”Nullius in verba”.
    Poi dovendo comunicare dovrebbe avere capacità di comunicazione,o meglio, dico io,aver possibilità di collaborare con chi sa fare comunicazione.
    Perchè poi non è che tutti i divulgatori scientifici abbiano ,oltre l’ovvia formazione scientifica di base,una formazione in comunicazione (sia essa corso-master o scuola e sia essa di giornalismo,scienza delle comunicazioni o comunicazione e divulgazione scoientifica o altro.)
    Ed infatti potrebbero acquisire benissimo tali abilità o averle acquisite da soli o avere una sorta di talento,o appunto potrebbero avere la possibilità di collaborare con chi ha formazione in quel campo.
    Ma l’importante è a monte.Se su non c’è niente è inutile aspettare a valle..non arriva nulla…ed allora si fa finta che sia arrivato qualcosa..si va a sbirciare cosa è arrivato nella valle vicina,cosa arroiva nella maggior parte delle valli e ci si accoda.

    Ed allora “Grillizziamoci” pure.

    • Leonetto, a volte sono veramente ammirato da chi riesce ad avere una faccia tosta oltre misura, non mi ricordavo il motto della Royal Society: “il principio della Royal Society(ammazza che ipocrisia):”Nullius in verba”.” Che dire… semplicemente grandiosi!

      Riguardo ai “V”, quello di Sordi è indimenticabile, ma troppo signorile e per certe situazioni ed è anche troppo poco arrabbiato, non c’è niente da fare… ci vuole quello grilliano!

  3. Giorgio Masiero on

    Per esperienza diretta so che la stragrande maggiore della gente che lavora nella ricerca scientifica lo fa seriamente, in tutto il mondo, sa che cos’è la scienza, quali sono i suoi limiti, che essa non esaurisce tutte le domande dell’uomo (a cominciare dalle più importanti!), e che la sua forza sta proprio nella sua indefinita perfettibilità.
    Paradossalmente chi fa della scienza una dea la nega nella sua essenza. Chi sono queste persone, pericolose per la scienza? Sono gli scientisti, di prima, seconda e terza classe. Alla prima appartengono scienziati in pensione, che hanno passato tutta la vita concentrandosi in una specializzazione che ha avuto successo nel loro campo, e che una volta in ritiro si son messi a filosofare estrapolando la loro esperienza ristretta a tutto l’universo dello scibile: Hawking o Luigi Cavalli-Sforza, per far due nomi. Alla seconda classe appartengono alcuni epistemologi (cioè filosofi della scienza) di concezione naturalista, che non hanno mai fatto ricerca scientifica, ma la sanno raccontare e la raccontano bene con le loro lenti colorate: Dawkins, Odifreddi, Boncinelli, Pievani. Infine, alla terza classe, appartengono i divulgatori scientifici: scribacchini senza arte né parte, che devono ogni settimana inventarsi uno scoop per vivere.
    Che fare? Ribattere a tutti colpo su colpo, come fa questo blog con grande competenza e amore, per la scienza e per la verità.

    • Carissimo Giorgio,
      hai fatto bene a ricordare che la stragrande maggioranza degli scienziati è fatta da persone serie che portano avanti un lavoro di cui beneficiamo tutti.

      Quando poi fai l’elenco degli “scientisti” ci accorgiamo che al di fuori di quei nomi che hai citato non ne appaiono altri sui media!

      Qui sta il problema, il 99% degli scienziati che fa un lavoro serio non ha visibilità, quell’uno per cento che fa scientismo occupa invece tutto lo spazio mediatico e fa “tendenza” culturale.

      Ecco che allora serve qualcuno che faccia informazione, dei Davide contro i Golia… ma quella storia sappiamo come è andata a finire! 😉

    • Mi piace questa suddivisione in classi dello scientismo..deh,certo fa un po’ grado massonico 😀
      Senz’altro d’accordissimo,proff.Masiero, con:”Paradossalmente chi fa della scienza una dea la nega nella sua essenza. “,cosa peraltro sottolineata in varie salse anche qui su CS in più occasioni,e che è sempre bene ripetere e sottolineare.
      Tuttavia non posso non spezzare una lancia..in primis per Odifreddi e Boncinelli,sui quali non credo non si possa dire che non abbiano mai fatto ricerca scientifica,che poi abbian trovato larga soddisfazione nel fare filosofia e divulgazione scientista ne do atto.Vero anche che “la raccontano bene”,ad ogni modo ci sono diversi libri di questi,io alcuni li ho letti,che comunque trovo apprezzabili e non li definirei neanche “scientisti”,allo stato attuale delle cose certo la linea intrapresa li accomuna certamente al prof.Pievani,che comunque ,si dica come si vuole ma è un filosofo.Quindi ciò non toglie che non possano inserirsi in quella classe,forse ,ecco, allargherei i requisiti di ingresso.
      In secondo luog,o vorrei anche spezzare una lancia per i divulgatori scientifici.
      Non credo sia possibile fare per essi di tutt’erba un fascio.
      Sia a livello amatoriale, che professionale, c’è chi cerca di dare informazione,di far interessare alla scienza,di trasmettere le proprie conoscenze,la propria passione per la scienza,di proporre una visione critica,forse certo,più oltre oceano,o comunque lontano, che in Patria.E certo magari saranno anche non molti,e che politiche,ideologie,linee di condotta etc..ne riducono molti,ahimè,a qualcosa di molto vicino a quello che lei definisce chi appartiene alla terza classe,ma qualcuno si può salvare(va detto che certamente sui temi “caldi”,i più,per una cosa o per l’altra accettano quanto passa il convento e liquidano in fretta o se ne disinteressano,ma ci sono anche quelli che cercano anche sui temi caldi di fare buona divulgazione scientifica,e pur accettando paradigmi base criticano e si discostano dalle varie fesserie offerte di volta in volta).In questo caso quindi, a differenza dalla precende, accorcerei il tiro.Beh,un’oasi nel deserto non è frequente ma si può trovare.
      Sicuramente giustissimo “Ribattere a tutti colpo su colpo,per la scienza e per la verità.”
      Anche perchè il silenzio di 100 non blocca la frenesia di 10,anzi ed allora diventa importante chiunque voglia segnalare questa frenesia.Quantomeno provare a farlo.
      Del resto, era solo un bambino che,sgranando gli occhi, gridò:”Il re è nudo!”….erano solo canne che al vento sussurravano che “Re Mida ha le orecchie d’asino!”.

      • Giorgio Masiero on

        Io ho detto che gli scientisti si dividono in 3 classi, ma ciò non implica logicamente, Leonetto, che tutti gli scienziati in pensione, o gli epistemologi, né tantomeno tutti i divulgatori siano scientisti.
        Quanto a Boncinelli o Oddifreddi, mi può dire in quale campo di ricerca scientifica si siano affermati con qualche approfondimento originale?

        • “Io ho detto che gli scientisti si dividono in 3 classi, ma ciò non implica logicamente, Leonetto, che tutti gli scienziati in pensione, o gli epistemologi, né tantomeno tutti i divulgatori siano scientisti.”

          Ma leggendo:
          “appartengono “i” divulgatori scientifici”
          Quell’ i secondo me poteva essere ambiguo.
          (per gli altri usava alcuni o niente nel caso di Hawking et al..)
          Magari no.Meglio specificare.Se non serviva tanto meglio.

          Quanto l’altra lancia…lei ha scritto:
          “Che non hanno ‘mai fatto ricerca scientifica’”;che si siano affermati con qualche approfondimento originale è però diverso,è un altra cosa,imho,che posso condividere.

    • No, c’è da scoraggiarsi veramente. Leggo nell’articolo:
      ” «La nostra comprensione della scienza si muove ad una velocità sorprendente, se si pensa che sono passati oltre 500 anni da quando la maggior parte della gente credeva che la terra fosse piatta – ha spiegato Adrian Wills, general manager del canale tv, al Daily Mail…”

      Se uno che fa divulgazione scientifica afferma queste idiozie cosa vogliamo aspettarci?

      Saprebbe dirmi chi 500 anni fa credeva che la terra fosse piatta, Mr. Adrian Wills?

      • 500 anni…è evidente che è la classica favoletta delle 3 caravelle che temevano di cadere nell’abisso all’orizzonte.
        Non si scampa.

        P.S.
        Il commento sopra è mio..ho sbagliato a digitare la mail..Caronte qui fa perdere i colpi
        😀

  4. Forse quello che sto per scrivere non c’entra molto con l’argomento della conversazione, o forse sì; nel dubbio non m’astengo, tanto più che, grazie a Enzo che rileva prontamente molte delle esternazioni di questo periodo, sembra che il parlare a ruota libera sia uno sport molto in voga.

    Tempo fa, non troppo, ci fu chi sviluppando le idee darwiniane giunse alla conclusione che il gene è egoista ( http://www.amazon.it/Il-gene-egoista-Oscar-saggi/dp/8804393181/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1341045446&sr=8-1 ).
    Personalmente non sono troppo d’accordo con quest’ipotesi, se non altro perchè è facile rilevare che lo stesso gene non ha nessuna possibilità di essere trasmesso alla discendenza se non grazie all’apporto di un altro individuo della stessa specie, di sesso diverso e dotato di geni “non necessariamente” identici.

    Seguando questo filo logico si arriva al paradosso che il gene egoista è in realtà un gene masochista, perchè vedrebbe esaurire la sua informazione con la morte dell’individuo che lo contiene. L’unica possibilità per il gene di vedere assicurata la circolazione dell’informazione che contiene è pertanto quella di diventare un gene “altruista”, fautore della riproduzione sessuata anche a rischio di non vedere manifestata la propria informazione nella sua interezza. Ma per far questo ha bisogno che ci siano altri individui con i quali il suo portatore possa essere interfecondo, per cui la sopravvivenza e l’affermazione di altri individui, in possesso del rispettivo patrimonio genetico, sono tutte a vantaggio del nostro gene, egoista redento…

    Ma queste sono solo mie considerazioni personali; di fatto, io ero rimasto al “Gene egoista”, senza che all’orizzonte mi fosse dato modo di vedere un cambiamento di rotta nelle concezioni al proposito. Lo vedo ora, con l’altruismo dei due Elefanti che tirano la carretta assicurandosi la banana.

    Ma, dico io, se un organismo è l’espressione dei geni che contiene, come mai esso si comporta in modo “altruistico”, mentre i suoi geni sono fatti per essere egoisti ? L’Elefante che tira la corda di concerto con l’altro lo fa perchè è l’unico modo per giungere al soddisfacimento delle proprie esigenze; che poi in questo modo anche l’altro sia messo in grado di farlo può essere un fatto marginale, non credo determinante.

    Se dovesse essere determinante, si stravolgerebbe tutto l’equilibrio basato sulla selezione naturale (“come ? Io che devo nutrirmi, impegnato nella lotta per l’esistenza, faccio in modo che il nutrimento sia accaparrato da un mio competitore ?”).
    Ma imparo ora che la posizione originale darwiniana è incentrata sulla moralità.

    Davvero mi ero perso molto. Grazie, Enzo.

    • Sandro,
      effettivamente questo gene egoista presenta diversi punti poco convincenti, del resto Dawkins è tutto un argomentare molto ideologizzato e ben poco argomentato.

      Riguardo alla posizione di Darwin sulla moralità, o su qualsiasi altro argomento, sappiamo che nei suoi scritti è possibile trovare un po’ tutto e il contrario di tutto, quindi, qualunque cosa vogliamo sostenere possiamo tranquillamente dire “Darwin l’aveva detto…”

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