Neodarwinismo alla “deriva”: la speciazione allopatrica… conduce all’estinzione

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Un articolo pubblicato su PLoS ONE mette in difficoltà uno dei presupposti della Sintesi moderna e della teoria degli equilibri punteggiati.

Ma, nella dinamica dei paradigmi kuhniani, il fatto contrastante col paradigma viene ignorato.

 

 

Lo studio è quello riguardante il Thylacinus cynocephalus, una specie estinta negli anni ’30 della quale è stato ricostruito il genoma grazie ai campioni conservati in vari musei del mondo, lo studio è stato pubblicato su PLoS ONE in “Limited Genetic Diversity Preceded Extinction of the Tasmanian Tiger“:

La tigre della Tasmania o tilacino era il più grande marsupiale carnivoro, quando i primi europei raggiunsero l’Australia. Purtroppo, l’ultimo tilacino conosciuto morì in cattività nel 1936. Una recente analisi del genoma del diavolo della Tasmania, strettamente connesso e ancora esistente, ha dimostrato una limitata diversità genetica tra gli individui. Nel frattempo una simile mancanza di diversità è stata segnalata per il tilacino, questa analisi si è basata su due soli individui. Qui riportiamo la sequenza di ulteriori 12 campioni archiviati in musei, i campioni furono raccolti tra 102 e 159 anni fa. Abbiamo esaminato una porzione del DNA mitocondriale di una regione di controllo iper-variabile  e determinato che tutte le sequenze erano in media 99,5% identiche a livello nucleotidico.

La limitata diversità genetica in un gruppo isolato è una caratteristica molto interessante dal punto di vista della teoria evoluzionistica neo-darwiniana, infatti la Sintesi moderna prevede proprio queste due condizioni affinché possa verificarsi un evento evolutivo, come possiamo leggere sul sito dell‘Università degli Studi di Milano Bicocca:

Questo modo di speciazione, dovuta all’isolamento geografico di due popolazioni primitivamente unite, è detto speciazione allopatrica (da allos = diverso) perché le due nuove specie si formano, appunto, in “patrie” diverse. Questa interpretazione, messa a punto intorno al 1960 dal grande evoluzionista Ernst Mayr, viene ancor oggi accettata dalla maggior parte degli studiosi, ma con una piccola modifica. Il punto debole di questa teoria, almeno nella sua formulazione originaria, stava nel fatto che in una popolazione numerosa le nuove mutazioni, anche se vantaggiose, fanno fatica ad affermarsi. Infatti, tendono a perdersi nel grande pool genico già perfettamente funzionante. Affinché le novità significative possano fissarsi in una popolazione, è necessario che questa sia piccola. Le grandi popolazioni, infatti, presentano un’inerzia genetica eccessiva. Pertanto la nuova versione proposta per la speciazione allopatrica prevede che abbiano successo soprattutto le nuove mutazioni che insorgono in qualche piccola popolazione isolata di una certa specie, magari situata al margine dell’area di distribuzione principale.

Il caso del tilacino e del diavolo della Tasmania sono dunque due casi di una piccola popolazione in isolamento geografico, quella condizione che dovrebbe essere, secondo la Sintesi moderna, quella ideale per la nascita di una nuova specie. Ma nel caso del tilacino le cose andarono diversamente, anche se la causa dell’estinzione viene in genere individuata nella caccia a cui furono sottoposti i pochi esemplari. Nel caso del diavolo della Tasmania però la situazione è diversa, si tratta di una piccola popolazione con bassa variabilità genetica pronta, secondo la Sintesi, ad accogliere quelle mutazioni che la condurranno ad evolvere. Ma sembra che il destino di questa specie debba essere ben diverso, scomparirà, ma non per dare origine ad una nuova specie:

Il diavolo della Tasmania, Sarcophilus harrisii, è un marsupiale carnivoro, strettamente correlato ed esistente, che, insieme con il tilacino, divenne isolata sull’isola di Tasmania. La popolazione del diavolo è attualmente sotto la minaccia di estinzione di una malattia tumorale del viso altamente contagiosa e aggressiva. Vi è attualmente una diversità genetica molto limitata  nella popolazione del diavolo come determinato utilizzando una gamma di tecniche comprendenti l’analisi di microsatelliti, del Complesso Maggiore di Istocompatibilità e della sequenza del genoma. Questa mancanza di diversità genetica si pensa che hanno contribuito alla rapida diffusione della malattia tumore facciale.

Lo studio pubblicato su PLoS ONE indica dunque proprio nelle condizioni che il neodarwinismo pone come necessarie per l’evoluzione la causa del diffondersi del tumore facciale tra i diavoli della Tasmania, un dato che rivela l’estrema vulnerabilità delle popolazioni che in teoria dovrebbero essere all’origine dei fenomeni evolutivi.

Questo fatto non è sfuggito neanche ad Andrea Romano, autore di un articolo pubblicato il 30 aprile sul “Portale dell’evoluzione” Pikaia La deriva (genetica) del tilacino, nel quale si afferma:

Ma il tilacino sembra che fosse già in pericolo di estinzione prima dell’arrivo dell’uomo (e quello conseguente del cane), in quanto aveva una bassissima diversità genetica…

Senza la caccia spietata il tilacino sarebbe ancora tra noi o la sua bassa diversità genetica, e suoi conseguenti effetti negativi a livello di popolazione, l’avrebbe condotto verso una più lenta ma, allo stesso tempo, inesorabile ed inevitabile estinzione?

La domanda con la quale si conclude l’articolo su Pikia implica quindi una più ampia discussione sulla fondatezza dell’ipotesi neodarwiniana: se le piccole popolazioni con limitata variabilità genetica sono molto vulnerabili alle mutazioni casuali (che ne comportano l’estinzione) il meccanismo ipotizzato dalla Sintesi moderna dovrebbe essere posto seriamente in discussione.

 

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

8 commenti

  1. Bell’articolo!complimenti..

    Immagino che la risposta neodarwinista a eventi come quello della tigre della tasmania sia ‘darwiniano’ ossia o si evolve o si estinge.Aut aut insomma…
    E’ sopraggiunta una malattia che decima la popolazione.Il pool che non permette di vincere la malattia.In altre parole c’è una selezione che non può essere superata.
    La deriva genetica porta a nuove varietà,essere possono proliferare o estinguersi.
    Tutto ciò può essere studiato,può essere utile etc..ma cosa ha a che fare con il passaggio da un non-qualcosa a un qualcosa..?
    E’ comunque esenziale il dover considerare una comunità piccola per lo sviluppo evolutivo neo-darwiniano.Non sarebbe possibile in una grande comunità.Questo credo sia indiscutibile..
    Il caso della tigre della Tasmania pone l’attenzione sul fatto che la selezione può essere imprevedibile,è aleatoria,è possiboile che oggi porti in auge domani porti alla morte…e in un passaggio da una specie ad un’altra a quante selezioni dovrà resistere la specie che ha imboccato la via dell’evoluzione?
    Contando che appunto,come viene mostrato dall’esempio della tigre della Tasmania,la specie isolata in una qualche nicchia ecologica potrebbe essere più a rischio della popolazione originale(quella non isolata)al presentarsi di futuri rischi..
    Altro che vita inaspettata..altro che fattore Q.
    Di fatto è innegabile che fatti come questo non fanno altro che porre l’attenzione su un fatto già evidenziato da varie cose e cioè che:
    il meccanismo ipotizzato dalla Sintesi moderna dovrebbe essere posto seriamente in discussione.

    P.S.

    Credo che questa notizia possa essere ‘collegata’

    http://www.pikaia.eu/EasyNe2/Notizie/Molti_geni-piccoli_effetti_Vs_Pochi_geni-grandi_effetti.aspx

    • Leonetto,
      è molto interessante questa tua anticipazione degli argomenti che da parte neodarwiniana potrebbero essere esposti in replica alle osservazioni contenute nell’articolo, se veramente qualcuno affronterà la questione credo che difficilmente troveremo parole diverse dalle tue.

      Molto più realisticamente non ci sarà nessuna risposta, come sempre gli argomenti scomodi non solo non vengono trattati, ma sono considerati come provocazioni a cui non si deve rispondere, per dirla con termini di altri tempi sono delle “provocazioni reazionarie”…

      Resta il fatto che quando la sintesi moderna può essere sottoposta ad una prova si assiste ad un fallimento.

      La corroborazione della teoria neo-darwiniana ancora non è avvenuta.

      • Si torna a porsi la fatidica domanda.
        Una teorie attendibile può esserlo se non è corroborata?(qui non si deve rifarsi neanche a Popper,Einstein o ad altri qui basta Galileo..)

        Ad esempio, la teoria che tutti i gravi tendono ad essere attratti verso la terra è stata corroborata da tutti gli esperimenti fatti finora;se si trovasse un grave respinto dalla terra allora qualcosa la falsificherebbe.Il fatto che una teoria non venga ‘verificata’(meglio dire corroborata) dagli esperimenti, ma solo falsificata, non implica che non si hanno delle conoscenze dei fenomeni naturali. Quello che in realtà avviene è una lettura della natura attraverso delle lenti che dovranno essere abbandonate nel momento in cui esse danno un’immagine distorta della realtà.
        Altrimenti che gioco si fa?Si può dire di procedere con metodo scientifico?
        Non si sta forse ingannando la propria ragione?

        Beh,ho supposto tale risposta perchè devo dire che leggendoli,i neo-darwinisti,vedo che quando entrano nella ‘hot-zone’ lasciano spazio a spiegazioni che di fatto sembrerebbero congetture,ipotesi.Spiegare e giustificare ipotesi con altre ipotesi non è proprio il massimo…

        L’aut-aut della teoria sintetica sulla vita o estinzione è abbastanza chiaro,il fatto è dove e come trovi riscontro(ovviamente parlado di passaggio da una specie ad un’altra)..
        Sembra che si assista solo all’insediarsi,allo svilupparsi,allo stabilizzarsi di una varietà(o sottospecie) in una data nicchia quando va bene o all’estinzione della specie quando va male..e le probabilità che vada male sembrerebbero più grandi in una sottospecie,in una comunità isolata(come testimonia la tigre della tasmania,ma non solo quella)
        Neanche il minimo spiraglio che possa accadere altro,dal batterio al pesce,al mollusco,alla pianta,al mammifero ..niente..

      • Una cosa che mi da’ da pensare…
        Ok l’uomo non e’ solo il suo DNA.
        Ma c’e’ una qualche idea di cosa ci sia d’altro?
        Cioe’, non intendo lo spirito, se ci rifacciamo alla teologia cristiana, ecc…
        Stante tutte le cose che ha detto il prof. Masiero, con il prof Giuliani…
        Ma questa cosa “altra” come agisce sull’uomo? Se non siamo troppo dissimili dal gorilla come DNA, cosa e come opera questa cosa in piu’ che abbiamo noi?

  2. Alessandro Giuliani on

    Ma noi non è che abbiamo qualcosa in più, siamo qualcosa (molto più di qualcosa a dire il vero) in più. Insomma non c’è ‘una cosa’ che agisce sull’uomo una essenza isolabile e tutto sommato estranea. C’è l’uomo (e a livello biologico lo stesso vale per ogni organismo, anche per una quercia o un castoro, poi l’uomo ha delle dimensioni trascendentali legate alla sua sostanziale ‘libertà dalla natura’ ma questo non c’entra con la biologia se mai vi si innesta) e l’uomo è la relazione sistemica di tutti i suoi diversi piani intersecantesi. Per cui se isolo delle cellule umane esse avranno perso la caratteristica di umanità (ed infatti gli esperimenti farmacologici e tossicologici sulle cellule umane in coltura non sono più predittivi di quelli eseguiti su cellule di topo a addirittura su cellule batteriche), insomma non è possibile immaginare un organismo come un involucro ‘attorno’ ad una essenza pensante.
    Questo si può fare solo come ‘riconoscimento di pezzi’ ma è un’altra cosa: insomma un globulo rosso umano è diverso da quello murino (infatti se iniettassi globuli rossi murini in un uomo avrei un rigetto) ma non è che ‘in sè’ mantiene la sua umanità. Anche un pezzo orignale Audi è differente da un pezzo orginale Alfa-Romeo ma nessuno dei due è l’automobile completa e neanche il suo progetto.

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