Le Scienze: evoluzione non darwiniana di un virus?

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Il batterio E. Coli è infettato da un virus dotato di una notevole “fortuna”

Secondo quanto riferito dalla prestigiosa rivista scientifica, le stesse quattro mutazioni casuali in due settimane sono avvenute 24 volte in 96 esperimenti.

Evidentemente qualcosa non torna.

 

“Innovazione in tempo reale” si intitola un articolo apparso su Le Scienze di Marzo 2012, il caso a cui si riferisce è quello del virus Lambda, un fago che infetta il batterio E. Coli. Il virus attacca il batterio legandosi ad una proteina di membrana denominata LamB, il ricercatore Justin R. Meyer ha allora verificato cosa sarebbe accaduto nel caso in cui una mutazione avesse ridotto le proteine LamB a disposizione.

Dopo una prevedibile riduzione della popolazione virale nella quale sono sopravvissuti solo quei virus particolarmente capaci di legare LamB, è stata osservato che alcuni virus hanno cominciato ad infettare E. Coli passando attraverso un’altra proteina, la OmpF.

Lo studio era stato già segnalato in un articolo, sempre su Le Scienze, il 27 gennaio 2012, col titolo “Quante mutazioni ci vogliono per evolvere un nuovo tratto?” in cui si evidenziava il processo di “coevoluzione” nel quale il cambiamento del virus avviene insieme a quello del batterio. Nell’articolo è anche possibile trovare un’immagine che permette di visualizzare il processo di cambiamento del virus lambda:

Cortesia AAAS / J.M. Thompson

Come evidenziato dalla figura, la mutazione del batterio viene compensata dal virus con 4 mutazioni che spostano l’attività su OmpF, come possiamo leggere sul numero di marzo:

Ripetendo l’esperimento 96 volte, i ricercatori hanno ottenuto 24 ceppi virali capaci di legare OmpF: tutti avevano in comune 4 mutazioni. Perché il virus sviluppi la nuova modalità infettiva ci vogliono tutte, ma non è necessario che vengano acquisite contemporaneamente.

L’esperimento è stato dunque ripetuto 96 volte mostrando la comparsa di 24 ceppi virali con le 4 mutazioni necessarie per legare OmpF, mutazioni che, secondo quanto riferito nell’articolo non sarebbero avvenute tutte contemporaneamente.

Nell’articolo non è indicato il numero di basi del gene in cui le 4 mutazioni sono avvenute, ma azzardiamo comunque un’ipotesi, e anche ipotizzando una sequenza estremamente breve di 10 basi, la probabilità che su di esse si verifichino 4 specifiche mutazioni non è molto alta: 1/10 x 1/10 x 1/10 x 1/10 = 1/10.000.

Ma non basta, il fatto si sarebbe ripetuto per ben 24 volte su 96 tentativi, una percentuale pari al 25% dei casi. Dai dati a nostra disposizione dovremmo dunque dedurre che un evento con probabilità 1/10.000 si è invece verificato sperimentalmente con una frequenza di 1/4.

Dire che qualcosa non torna sembra effettivamente “riduttivo”.

Quanto avvenuto al fago Lambda sembra proprio non essere compatibile con il meccanismo neodarwiniano di caso e necessità. A questo punto si possono fare un paio di ipotesi:

-Il virus è programmato a variare spostando l’azione tra il recettore LamB e quello OmpF. E allora non c’è nessuna evoluzione.

-Il virus si adatta veramente evolvendo, allora però si assiste ad un’evoluzione non neo-darwiniana in quanto la percentuale di virus che evolvono è troppo alta e non compatibile con le probabilità attese.

Il fatto poi che le 4 mutazioni possano anche non comparire contemporaneamente solleva un’ulteriore riflessione: se prima di essere presenti tutte e 4 il virus non ha alcun vantaggio, come potrebbe agire la selezione naturale?

Ma, come di consueto, anziché sollevare degli interrogativi, il caso del virus Lambda diventa inspiegabilmente una conferma del paradigma neodarwiniano:

Insomma, l’insieme di questi dati chiarisce che in fondo il cocktail per l’evoluzione di tratti innovativi contiene ingredienti già noti: mutazioni genetiche, selezione naturale e contingenza.

Come volevasi dimostrare…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

8 commenti

  1. Ora…
    ..considerando che ,se l’inserimento del genoma virale è governato da diversi parametri,uno di essi di certa importanza dovrebbe essere sicuramente la sequenza del genoma ricevente;considerando poi anche che il virus non mi risulta sia considerato organismo vivente(in ogni caso, al più, un parassita ,ma comunque molto particolare..non cresce nell’organismo ospite ma ‘si costruisce’.) risulta necessario che all’interno del genoma virale siano presenti delle informazioni compatibili con il Dna dell’organismo ospite,quindi come dici il virus “è programmato”,deve essere programmato in modo corretto per poter effettuare con successo l’inserzione.
    Sul come e perchè un virus è programmato in una certa maniera sono state fatte varie ipotesi..
    Quello a cui voglio arrivare con questa premessa è che l’affermazione:

    “Il virus è programmato a variare spostando l’azione tra il recettore LamB e quello OmpF. E allora non c’è nessuna evoluzione.”

    qualcosa del genere sembra essere lo scenario più plausibile ed efficace a spiegare la faccenda.

    Comunque ecco un po’ di chiarimento sulla faccenda:

    http://behe.uncommondescent.com/

    In tutti i casi ,comunque,non posso che concordare sull’inspiegabilità del perchè sia diventato una conferma del paradigma neodarwiniano..

    “It seems Darwinian evolution took a little step sideways and two big steps backwards.” cit.

  2. Alessandro Giuliani on

    Veramente paradossale questa cosa, che ci dice come la scienza sia tanto frammentata che campi anche limitrofi non si scambino informazioni..allora la co-evoluzione, cioè il fatto che ad esempio proteine che interagiscono:

    http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S002228360093732X

    o addirittura zone di sequenza (peptidi) della stessa proteina messe in contatto dalla proteina,che si ripiega su sè stessa per svolgere la sua funzione:

    http://www.biomedcentral.com/1472-6807/9/48

    abbiano mutazioni correlate è così scontato che si usa normalmente in biochimica per prevedere la probabilità di interazione fra due proteine (maggiore la loro coevoluzione, maggiore la probabilità che interagiscano). Questo è dovuto al semplice fatto che due proteine che devono interagire non ‘possono mutare a piacere’ ma se mutano da una parte devono ‘stare attente’ che anche il loro partner di interazione abbia una ‘mutazione correlata’ che salvi comunque la loro possibilità di interazione. La cosa è talmente fine che il fenomeno si riesce ad apprezzare addiritura fra zone differenti della stessa proteina. I virus addirittura sono dei sistemi così integrati che tutto co-evolve con tutto e per trovare ‘il sovrappiù di coevoluzione’ legato all’effettiva interazione FISICA tra due sequenze bisogna fare i salti mortali:

    http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/prot.10044/full

    ora questo è molto chiaro ai biochimici (a cui della teoria dell’evoluzione non importa poi molto) che usano questa caratteristica come un utile suggerimento dato dalla natura, senza perdere troppo tempo a cercarne le implicazioni più o meno neodarwiniane, ma certo il fenomeno significa che nessun singolo gene strutturale può evolvere a caso in quanto essendo le proteine inserite in un complesso gioco di relazioni con altre proteine (e la stessa proteina avendo tratti della sua sequenza che devono interrelarsi con altri tratti) vincola in maniera strettissima lo spazio delle ‘mutazioni ammesse’, che sono poi quelle che si misurano, insomma di nuovo i geni non evolvono da soli….ma questo si sapeva da tantissimo (il punto è chi lo sapeva ? Di certo i biochimici, forse non i teorici di genetica di popolazione..).

    • Se solo su Le Scienze si potesse almeno una volta leggere questa conclusione che traggo dal tuo intervento:
      “il fenomeno significa che nessun singolo gene strutturale può evolvere a caso…”

      Ma se non sbaglio significherebbe dover rinunciare alla “Sintesi Moderna”.
      Non so se mi spiego…

  3. Alessandro Giuliani on

    Ma sai è un crinale stretto, è un pò come quei ‘drammi borghesi’ di fine ottocento, primi novecento in cui tutti sanno che la signorina Luisa di ottima famiglia è un pò troia oppure che il giovane Enrico beve, si droga e fruga nell’argenteria della madre ma nessuno ne può parlare. Allora tutti i biologi sanno che i geni si DEBBONO muovere di concerto (e quindi esistono vincoli molto forti sulle ‘varianti ammesse’ di ogni gene nei confronti degli altri con cui interagisce) ma i teorici di genetica di popolazione chiamano questo ‘epistasi’ calcolano che è un effetto minore (il che per come fanno i calcoli è ovvio che sia così) e si tacitano la coscienza continuando a parlare di geni in isolamento. Ora non è che non si potrebbe far entrare dentro il modello neodarwinista l’ovvietà dei vincoli esistenti tra le mutazioni di geni che interagiscono, semplicemente si direbbe che solo le ‘mutazioni coerenti’ sopravvivono al filtro della selezione e basta lì, il punto è che si aprirebbe un pericoloso varco verso la separazione fra fenotipo e genotipo per non parlare della necessità di far entrare nel modello elementi di teoria dei sistemi, meccanica statistica, aperture che una teoria sulla difensiva non si può permettere, per non parlare poi di dove andrebbero a finire i progetti di terapia genica, biotecnologie ecc. Esiste però un modo ‘soft’ e socialmente accettato di parlare di queste cose anche in sede teorica che è poi l’unico modo per tentare di cambiare le cose come un pò di tempo fa provammo a fare con due miei amici asiatici:

    http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0000562

    Ciao
    Sandro

    • “Allora tutti i biologi sanno che i geni si DEBBONO muovere di concerto (e quindi esistono vincoli molto forti sulle ‘varianti ammesse’ di ogni gene nei confronti degli altri con cui interagisce) ma i teorici di genetica di popolazione chiamano questo ‘epistasi’ calcolano che è un effetto minore (il che per come fanno i calcoli è ovvio che sia così)”

      Un concetto molto importante è espresso in queste righe,nonchè in tutte quelle che compongono questi tuoi 2 articoli…
      che portano veramente a comprendere ancor più efficacemente e senza tanti rigiri di parole,senza tanti discorsi ,proprio “papale papale “come si dovrebbe rinunciare alla “Sintesi Moderna”…

      P.S.
      “la signorina Luisa di ottima famiglia è un pò troia ”

      O_O

  4. Alessandro Giuliani on

    Grazie Leonetto,
    mi fa piacere che gli articoli ti siano piaciuti e chiedo venia per il mio linguaggio sboccato, è uno dei vezzi di noi romani che di solito ci rendono abbastanza antipatici al resto d’Italia…

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