Nemico pubblico n°1: la mucca

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Tra il 15 e il 19 ottobre 2011 si è tenuto il “Summilk”, sotto il patrocinio della FAO.

La mucca si è macchiata del crimine peggiore dei nostri tempi:

produce CO2.

Purtroppo deve respirare, e così immette infatti enormi quantità del gas serra.

E non per infierire sulla povera bestia, ma che dire del metano che emette con le “flatulenze”.

 

“Il 2,7% delle emissioni mondiali di CO2 viene dalla filiera lattiero-casearia. E di queste il 93% si produce in stalla”

Inizia con queste parole, che suonano come un impietoso atto d’accusa, l’articolo intitolato “Anche il latte deve diventare sostenibile”  pubblicato sul Corriere della Sera il 28 ottobre 2011.

Come è stato segnalato nel Summilk, il convegno mondiale sul latte tenutosi a Parma dal 15 al 19 ottobre, ben il 2,7% delle emissioni di CO2 provengono dunque dall’allevamento bovino. Ma come tutti sanno dagli stessi allevamenti bovini proviene anche una parte fondamentale degli alimenti utilizzati ogni giorno sul pianeta, come fare allora a ridurre la “pericolosa” CO2 senza affamare una parte della popolazione?

La soluzione è presto trovata, leggiamola direttamente dalle righe del Corriere della Sera:

PIÙ LATTE, MENO MUCCHE – «Riducendo il numero di animali per unità di prodotto», suggerisce Donato Rotundo, responsabile dell’area ambiente di Confagricoltura. Se un solo animale produce infatti 70 quintali di latte all’anno (18-19 litri al giorno) inquinerà di meno di due vacche da ognuna delle quali vengono munti annualmente 35 quintali di latte. Un obiettivo, questo, perseguibile aumentano le lattazioni, diminuendo il periodo di asciutta o selezionando animali con un miglior rapporto tra energia ingerita e latte prodotto.

Semplice no?

Basta dunque che la mucca abbia meno pause e sfrutti meglio il cibo ingerito (ops, scusate, l’energia ingerita…) e il problema è risolto.

Ma purtroppo sembra proprio che ci troviamo di fronte ad una illusione, un errore di valutazione originato dalle convinzioni frutto di una visione errata che ha origine sin dai tasti scolastici. Come infatti già detto su CS: Asino d’oro 2: i testi scolastici, non si possono spingere le caratteristiche di una specie oltre i suoi limiti estremi perché dopo averli raggiunti si ritorna verso i valori medi: incrociando mucche sempre più produttive si finirebbe per tornare verso valori inferiori.

E i limiti estremi delle mucche da late sembrerebbero già essere stati raggiunti, infatti, ad es. la Frisona olandese, una delle più comuni mucche da latte, è già frutto di una lunga serie di incroci (vedi storia della Holstein cattle) che ne hanno già portato le caratteristiche verso i valori estremi.

Poiché sembra proprio che non sia così facile raddoppiare la produttività, obiettivo indicato nell’articolo, il sospetto è che l’incremento della quantità possa essere cercato con metodi che vadano a scapito della qualità, infatti il modo più rapido per aumentare il volume di latte è quello di aumentare la quantità di acqua contenuta.

Un altro rischio è quello che si faccia ricorso a trattamenti ormonali che avrebbero come risultato finale quello di stressare l’animale e di lasciare residui di ormoni negli alimenti.

La terza ipotesi sarebbe quella di selezionare una nuova razza di mucche, ma poiché, come già detto, quelle attuali sono già il frutto di una lunga selezione, la possibilità di ottenere ulteriori miglioramenti è bassa.

A meno che non intervenga una nuova mutazione favorevole, ma si sa, a questa eventualità credono solo i fautori della “Sintesi moderna“.

La realtà sembra proprio non lasciare troppi margini di manovra: o riduciamo il latte prodotto e affamiamo intere popolazioni o ci teniamo la “terribile” CO2.

E le flatulenze?

Ricordiamo che qualche tempo erano state messe sotto accusa le “emissioni di metano” bovine perché il gas metano è 23 volte più potente della CO2 come gas serra. Nel 2004 la rivista New Scientist, aveva annunciato un “vaccino” contro le emissioni bovine, notizia anch’essa riportata dal Corriere online: Vaccino per i “gas” dei bovini, producono metano.

Sono passati sette anni dalla proposta di un vaccino contro i batteri intestinali che sono all’origine delle flatulenze, ma non si è sputo più nulla. Forse perché i batteri intestinali sono indispensabili per la digestione e non sono quindi una malattia da curare?

L’articolo informava infine anche riguardo ad una nuova tassa decisa dal governo per finanziare gli studi sulle emissioni in conformità al protocollo di Kioto:

il governo ha introdotto una tassa sugli allevatori, prontamente soprannominata ‘tassa sui rutti“. La tassa prevede il pagamento di 60 centesimi di euro l’anno per ogni bovino posseduto ed 8 per pecora. Gli introiti, che un rapido calcolo permette di prevedere intorno ai 5 milioni di euro, serviranno a finanziare la ricerca necessaria perché la Nuova Zelanda possa conseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas-serra.

La “tassa sui rutti” della Nuova Zelanda è infine così comica in sé che diventa davvero difficile farci dell’ulteriore spirito.

 

Si può solo suggerire al governo neozelandese di imporre una tassa certamente più redditizia: quella sui deliri dei tecnoscienziati.

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

14 commenti

  1. Ciao Piero,
    sei stato fulmineo, è un articolo di oggi!
    Tra l’altro molto, molto interessante.
    Ne consiglio la lettura per chi vuole sapere chi sono i veri nemici della scienza.

    Grazie

  2. E’ vero, però alcuni dei commenti a quell’articolo sono veramente allucinanti!

  3. Riccardo, hai veramente ragione, sembra che a commentare si siano dati appuntamento solo i contestatori dell’articolo e con argomenti facilmente smontabili.

    Sarebbe opportuno che il prof. Battaglia intervenisse a sua volta per replicare.

    Il documentario di Channel Four di cui si parla in quella puntata di Matrix che mi ha segnalato è molto ben fatto, ce l’ho in DVD, e con buona pace degli insegnanti “politically correct”, lo faccio vedere agli studenti!

    • Oltretutto senza uno straccio di controargomentazione…
      Dicono “sono balle” e basta…

    • e con buona pace degli insegnanti “politically correct”, lo faccio vedere agli studenti!

      Si aspetti qualche visita della psicopolizia, allora.
      Perche’ a questo siamo, ormai…

        • citi Orwell

          Non a caso, dott. Pennetta, non a caso…

          Pero’, a differenza di un unico “Grande Fratello”, nella realta’ odierna ci sono tanti auto-“Grande Fratello”, nel senso che ormai si e’ portati ad autolimitarsi e ad autocensurarsi, senza bisogno di un grande spettro che ci faccia paura.
          E’ un po’ come nella prigione di Pitesti (Romania), dove i prigionieri torturavano altri prigionieri, o addirittura alcuni erano tanto piegati nella psiche, da auto-torturarsi da soli (legga, ma credo che l’abbia gia’ fatto, Il libro nero del comunismo)

  4. Enzo Pennetta on

    @Piero,
    pensandoci bene l’evoluzione del Grande Fratello in tanti “auto Grande Fratello” è un fatto psicologicamente prevedibile, quando si sente ripetere insistentemente che fare certe affermazioni è scorretto, ci si adegua.
    Ma in presenza di qualche voce che invece incoraggia a pensarla diversamente si può tornare a rivedere le proprie idee.
    E anche per questo che io, e persone come te, dedichiamo del tempo alla controinformazione.
    (Il Libro Nero del Comunismo è veramente corposo, ammetto che non l’ho letto tutto! Grazie per la segnalazione sulla prigione di Pitesti.)

    @Riccardo,
    grazie a te per il link a CM,è un dibattito veramente istruttivo e ad alto livello di contenuti scientifici e di tattiche nelle repliche. Anche a me soddisfano poco le repliche di Caserini.
    E anche io seguo Climate Monitor, un sito che svolge una funzione particolarmente importante, un’iniziativa per la quale va dato tutto il riconoscimento possibile al bravo Guido Guidi.

    I vostri contributi arricchiscono un sito come CS, che nelle finalità ha proprio quella di fornire materiale per farsi un’opinione più completa sui vari argomenti.

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