Il secondo motivo per cui le affermazioni del prof. Laughlin creano grandi problemi alla teoria [neo]darwiniana, è da ricollegare ad una obiezione sollevata da J. Fodor e a M. Piattelli Palmarini nel loro libro “Gli errori di Darwin”. Infatti, nel loro noto lavoro, i due autori riportano l’esempio del sistema nervoso di un macaco e di un nematode. Al riguardo fanno notare che le connessioni nel macaco sono progettate “meglio dei migliori microchip industriali” (pag.98), infatti nel macaco meno di una configurazione un milione si conforma meglio di quella del macaco, e nel caso del nematode gli 11 gangli hanno un’ottimizzazione delle connessioni che risulta la migliore tra le 40.000.000 di combinazioni possibili. Questo significa che i circuiti neuronali presi in esame sono “ottimizzati”, che cioè i collegamenti tra i neuroni sono i più efficienti possibili. Ma l’evoluzione che avviene secondo i principi del caso e della necessità può solo migliorare progressivamente, non ottimizzare.
Un esempio di “ottimizzazione” riferito da Fodor e Piattelli Palmarini, è proprio il cervello umano che mostra una “minimizzazione del ritardo di conduzione in una rete neurale altamente interconnessa” (pag. 99).
Da questo segue che le dichiarazioni riguardo ad un cervello che, come affermato dal professore di Cambridge, abbia raggiunto i suoi limiti di miniaturizzazione e connessione, e che per migliorare le prestazioni non possa migliorare la sua struttura ma debba necessariamente bruciare più energia, è ottimizzato, e quindi, confermando quanto esposto da J. Fodor e Piattelli Palmarini, è incompatibile con un’evoluzione darwiniana.
Ma non una riflessione su questi elementi è stata fatta dai biologi evoluzionisti in seguito alla pubblicazione degli studi del prof. Laughlin.
Iin compenso,il giorno dopo la divulgazione della notizia, il primo agosto 2011, sempre sulle pagine del Corriere della Sera, il biologo evoluzionista Edoardo Boncinelli pubblicava un articolo dal titolo:
“L’intelligenza? Siamo al massimo”.
All’interno dell’articolo il prof. Boncinelli commenta così il limite posto al cervello umano dalle sue dimensioni:
“Se non può ragionevolmente aumentare il numero delle cellule del cervello e delle loro connessioni, potrebbe sempre migliorare la connettività delle stesse…“
Viene da pensare che l’autore dell’articolo non si sia reso conto delle implicazioni delle proprie affermazioni. È infatti sorprendente scoprire che per un darwiniano l’idea di un aumento del numero delle cellule cerebrali, data per certa nel caso degli antenati dell’Homo sapiens, viene ritenuta “non ragionevole”.
Se lo dice lui…!
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