La speculazione è all’origine del rialzo dei prezzi dei generi alimentari
In un articolo apparso su l’Unità l’8 agosto 2011 intitolato Crisi alimentare: nel 2011 si è scatenata la tempesta perfetta, si parla della crisi alimentare che al WFP (World Food Program) è stata perlappunto definita la “Tempesta perfetta del 2011”. Ma cosa si intende con questo termine? Su Wikipedia possiamo trovare questa definizione: L’espressione tempesta perfetta si riferisce al verificarsi simultaneo di una serie di eventi che, presi singolarmente, sarebbero stati molto meno potenti che nella loro fortuita combinazione.
Ma quali sarebbero dunque gli eventi che in questo 2011 agiscono sinergicamente per acuire la fame nel mondo? Per saperlo attingiamo al citato articolo de l’Unità:
«Oggi sulla Terra vivono poco meno di 7 miliardi di persone. Una su sette però ha un’esistenza segnata dalla fame cronica, ovvero non mangia a sufficienza per poter avere una vita attiva…
Siamo nel pieno di una crisi alimentare. Anzi, siamo nel mezzo di quella che al World Food Program, l’agenzia delle Nazioni Unite che porta il cibo a chi non è in grado di procurarselo da solo, hanno battezzato “la tempesta perfetta del 2011”. E’ causata, dicono, dall’intersecarsi di tre forze: l’aumento del prezzo dei beni alimentari, le emergenze climatiche e l’instabilità politica. E hanno previsto che ci costerà cara.»
Le tre forze che agendo sinergicamente hanno contribuito a rendere particolarmente grave l’emergenza alimentare son quindi individuate in:
- 1. Aumento dei prezzi dei generi alimentari
- 2. Emergenze climatiche
- 3. Instabilità politica
Riguardo all’aumento dei prezzi dei generi alimentari, nell’articolo si analizzano una serie di fattori che vanno dagli incendi in Russia, alle alluvioni in Australia, allo Tsunami in Giappone… tutti eventi che in realtà non hanno una ricaduta rilevante sulla disponibilità dei generi alimentari, per fortuna viene fatto anche un riferimento all’utilizzo del mais per produrre biocarburanti che, fra tutti gli eventi citati, ha veramente innescato un rialzo dei prezzi.
Che non sia una scarsezza di generi alimentari alla base della crisi attuale si evince da un passaggio dell’articolo stesso:
«Secondo la Banca Mondiale, l’aumento dei prezzi del cibo ha spinto altre 44 milioni di persone nel mondo alla fame nell’ultimo anno. E il trend non è finito: l’indice dell’aumento dei prezzi a giugno è salito a 234 punti, 1% in più rispetto al mese precedente e ben 34% in più rispetto a giugno del 2010. La buona notizia è che rispetto al 2008 i rifornimenti delle maggiori derrate alimentari sono più abbondanti. La cattiva notizia è che, secondo il rapporto congiunto Ocse-Fao (Agricultural Outlook 2011-2020), nel prossimo decennio i prezzi reali dei cereali potrebbero stabilizzarsi in media a un 20% più alto e quelli della carne potrebbero aumentare anche del 30% rispetto al decennio precedente.»
La drammatica cifra di 44 milioni di persone in più spinte alla fame nell’ultimo anno è accompagnata da quella che indica che “rispetto al 2008 i rifornimenti delle maggiori derrate alimentari sono più abbondanti”.
Ma, se non andiamo errati, per una elementare legge di mercato, ad una maggiore disponibilità di generi alimentari dovrebbe corrispondere una diminuzione di prezzi, quindi il punto n.1 dell’elenco non avrebbe ragione di essere.
In realtà qui troviamo un passaggio che avrebbe dovuto mettere in allarme il lettore:
«I prezzi dei beni alimentari sono cresciuti molto lentamente dal 2000 fino al 2008 quando sono schizzati a valori altissimi a causa della crisi economica mondiale.»
Ma da quando le crisi economiche fanno schizzare in alto i prezzi degli alimenti?
Semmai è la perdita di ricchezza che genere una incapacità d’acquisto.
L’aumento dei prezzi è stato causato dal riversare sulle speculazioni in campo alimentare il denaro che dopo la bolla del 2008 cercava altre opportunità.
Come segnalato infatti da diverse organizzazioni tra le quali il World Developement Movement, la sola Goldman Sachs ha infatti lucrato circa 1 miliardo di dollari nel 2009 e la Barclays, nello stesso periodo, ha ricavato sulle 340.000.000 di sterline annue.
Il trading sui generi alimentari è passato da un valore di circa 3 miliardi di dollari nel 2003 a 55 miliardi di dollari nel 2008 facendo crescere di conseguenza il costo per chi invece doveva comprare realmente le merci per l’alimentazione.
E non avrebbe ragione di essere menzionato anche il punto n.2. Se infatti la produzione alimentare è aumentata, che influenza negativa possiamo attribuire ai “cambiamenti climatici”?
Riguardo infine al punto n.3, l’instabilità politica, è veramente un’espressione troppo generica per poterne fare un’analisi. L’unica cosa che viene in mente è che se “l’instabilità politica”, insieme ai “cambiamenti climatici” venissero individuati come cause del problema fame, sarebbero legittimati gli interventi militari dei già citati “Caschi Verdi” dell’ONU.
Nessun riferimento agli speculatori internazionali, nessun approfondimento e nessuna esplicita condanna sull’innalzamento dei prezzi innescato e sostenuto dalla scelta dei biocarburanti che sottraggono pane per farne benzina, mentre si incolpa il prezzo del petrolio che in realtà è sceso (facendosi ingannare dal prezzo della benzina che invece è aumentato).
Insomma, la colpa è del clima, dei paesi produttori di petrolio, dei paesi poveri incapaci di darsi una stabilità politica. Quindi, niente speculazione finanziaria, niente spoliazione delle risorse del terzo mondo, niente ingiusta distribuzione delle risorse.
Alla fine la conclusione sembra essere che, se i poveri hanno fame, noi non ci possiamo fare niente.
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