Il Nobel per la medicina Werner Arber, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze
A volte niente più di qualcuno che ci critica è utile per approfondire alcune questioni che altrimenti tendiamo a dare per scontate, è questo il caso del corposo intervento del Prof. D. Formenti sul suo sito:
“Attacchi all’evoluzionismo”.
L’articolo, che prende spunto da quello pubblicato da M. Iannaccone su Avvenire del 7 agosto 2011, come ho detto è corposo e dettagliato, e va anche da subito confermato che il Prof. Formenti espone le sue critiche con un certo “fair play”, cosa quanto mai apprezzabile, ma che ormai è abbastanza rara in un campo e nell’altro.
Per scelta “editoriale” gli interventi su C.S. sono sempre contenuti entro uno spazio non molto esteso, cercherò quindi di affrontare direttamente e sinteticamente quelli che mi sembrano i passaggi centrali dell’intervento.
Non mi soffermo su quegli aspetti che riguardano il creazionismo in quanto spero di aver sufficientemente chiarito che si tratta di una posizione a me del tutto estranea e anzi dannosa anche per un approccio religioso alla realtà fisica.
E veniamo subito alla prima osservazione:
« Sicuramente un premio Nobel come W.Arber, che ha avuto anche la fiducia del Papa, avrebbe qualcosa di interessante da spiegare a Sermonti e Fondi che il 31/5/11 su www.pontifex.roma.it scrivevano che “Il mito dell’evoluzione non derivò i suoi concetti fondamentali da nuove scoperte o indagini effettuate nel campo delle discipline biologiche”…»
Quando per gli incontri sull’origine della vita e sull’evoluzionismo furono convocati come relatori G.Monastra e R. Fondi, si era ben consapevoli che si tratta di persone “non credenti” e del fatto che questa loro posizione rispondeva in qualche modo al noto appello che proprio Fodor e P.Palmarini hanno inserito all’inizio del loro lavoro: la critica che volevamo portare al [neo]darwinismo non era infatti di natura religiosa ma strettamente scientifica, ed è solo sul piano delle argomentazioni scientifiche che ci si vuole tuttora confrontare.
Con questo spiego anche perché la scelta del Prof. Fondi non sia stata pensata, e non sia nella sostanza, in contrasto con quelle della Pontificia Accademia delle Scienze, il cui link tra l’altro compare nella home page del sito www.insegnamentoscienze.it che fu aperto per documentare i lavori (N.B. il contenuto del sito potrebbe essere trasferito in altra sede –per motivi puramente pratici- e in futuro non essere più reperibile con l’attuale dominio).
È vero poi che il libro di Fodor e P.Palmarini è stato in qualche modo un utilissimo mezzo di cui approfittare per rilanciare in modo “assolutamente laico” la questione sull’evoluzionismo.
«… o al prof. E.Pennetta, che il 14/5/2010 annunciava la “fine del darwinismo”, senza chiarire quali fossero le alternative da considerare oggi valide e utili.
In effetti in quei giorni del 2010 c’era in giro un po’ di confusione e di agitazione per l’uscita di un libro polemico (“Gli errori di Darwin”), anche se non sempre preciso e corretto; per fortuna c’erano anche autorevoli biologi che aiutavano i non biologi, che rischiavano di farsi travolgere dalle polemiche giornalistiche, gli errori contenuti in alcune critiche»
Ho anche già spiegato in precedenza che non ritengo logico che per poter affermare che una strada è sbagliata si debba contemporaneamente indicare quella giusta: basta ad esempio sapere che una determinata strada termina in un vicolo cieco. Solo perché non conosco un’alternativa dovrei ostinarmi a voler cercare un’uscita dove vedo un muro?
Non è meglio riconoscere di essersi sbagliati e tornare sui propri passi per poter finalmente cercare la strada giusta?
Riguardo poi al fatto che:
«Circa un mese prima del 14/5, dopo un intervento su Nature (8/2/10) e uno di L.L.Cavalli Sforza su Repubblica del 6/4/10 (che già mostravano alcuni errori presenti nel libro), anche il genetista G.Barbujani (“Gli errori degli antidarwiniani”) aveva avvertito sul Sole 24 Ore dell’esistenza di un gravissimo errore: l’incidenza del trasferimento orizzontale dei geni non era certo così elevata come gli autori del libro, non biologi, avevano erroneamente capito (“il 45% dei nostri geni ci deriva per trasferimento orizzontale da altre specie? E chi l’ha detto?” chiede loro Barbujani). La replica di G. Barbujani del 20/4/10 (“MPP confonde i geni coi genomi”!) alla risposta che conferma l’equivoco in cui erano caduti, chiudeva la polemica. Ogni biologo sarebbe allora inorridito, se avesse notato questo errore di sopravvalutazione di un meccanismo che certo Darwin ignorava, e che Barbujani aveva spiegato però solo sul Sole 24 Ore.
G.Barbujani, i cui articoli erano stati ripresi anche da questa rassegna stampa il 20/4/10, si è certamente dimostrato in quei giorni un buon punto di riferimento per chiunque avesse sentito la necessità di un “biologo di fiducia”, una figura utile per orientarsi in un mondo in cui la biologia e l’ambiente richiedono competenze complesse e soprattutto aggiornate.»
Va detto che le risposte al libro di Fodor e P.Palmarini contenute negli articoli segnalati non sono tali da invalidare l’impianto delle argomentazioni e che sono esse stesse a volte ad essere contestabili.
Segnalo ad esempio proprio un passaggio contenuto nell’articolo di L.Cavalli Sforza:
« Non c’ è biologia senza selezione naturale, non c’ è evoluzione senza selezione naturale. Il merito di aver capito che la forza di adattamento è più importante, e più necessaria per generare gli esseri viventi e la loro evoluzione non può essere negato a Darwin (e a Wallace, che ebbe la stessa idea allo stesso tempo)»
Intanto va ricordato che proprio Darwin riteneva la selezione naturale efficace solo in presenza di adattamenti ereditati in modo lamarckiano:
«Pei fatti riferiti nel primo capo, io credo non sia per rimanere il più piccolo dubbio sull’opinione che l’uso rafforza e allarga certe parti dei nostri animali domestici e che il non uso le diminuisce; e che tali modificazioni vengano ereditate»[1].
Quindi il peso della selezione naturale in Darwin era sì determinante, ma solo se subordinato all’ereditabilità dei caratteri acquisiti che forniva il materiale su cui la selezione avrebbe operato.
Quello che più conta è che il secondo autore della teoria, il citato Wallace, non andrebbe posto tra i sostenitori della selezione naturale in quanto, solo pochi anni dopo, ritenne che la selezione naturale non potesse spiegare il cervello umano (argomento che ho recentemente affrontato in L’evoluzione del cervello umano non è darwiniana (parte prima), del 3 agosto scorso e L’evoluzione del cervello umano non è darwiniana (parte seconda) del 5 agosto.
C’è poi un passaggio in cui lo stesso Cavalli Sforza parla dell’emoglobina:
«Se consideriamo una particolare proteina molto importante, come ad esempio l’ emoglobina, responsabile del colore rosso del nostro sangue, che esiste in moltissimi animali, è praticamente identica in quasi tutti gli individui, e molto simile in specie assai diverse. Perché si è conservata così bene? Perché è troppo importante: come tutte le proteine è fatta di molte unità, gli aminoacidi, quasi trecento nel caso dell’ emoglobina. Ve ne sono molti in posizioni critiche: se cambiano per mutazione genetica, cioè un errore di copia nel produrre il Dna finito nello spermatozoo o nella cellula ovo che ha dato origine a un individuo, il portatore della mutazione nell’ emoglobina può avere un’ anemia grave,e quindi la mutazione viene eliminata (dalla selezione naturale) col suo portatore, che non potrà diffonderla specie se muore presto.»
Anche riguardo all’emoglobina e del fatto che tale molecola si sia potuta produrre col solo meccanismo di “caso e necessità” rimando ad un mio intervento del 2 giugno: La scalata al monte improbabile.
Per quel che concerne invece le obiezioni di Guido Barbujani, anche in questo caso è possibile fare qualche considerazioni, egli infatti afferma:
«Stupisce, in effetti, quanto poco gli autori di questo libro si siano sentiti in dovere di documentarsi. A parte gli strafalcioni (il 45% dei nostri geni ci deriva per trasferimento orizzontale da altre specie? E chi l’ha detto?), Darwin stesso aveva chiarito che attribuire alla selezione ogni cambiamento nei viventi significa travisare il suo pensiero. »
Le obiezioni di Barbujani sono circoscritte ad una piccola parte di quanto affermato da Fdor e P.Palmarini, e l’autore evita di confrontarsi con altri aspetti ben più significativi dell’intero lavoro, imitando con questo suo modo di fare quello che Niles Eldredge denunciava come comportamento scorretto nei confronti di Simpson:
«Lo stesso Wright, tuttavia, favorì la “solidificazione” della sintesi. Nel 1945, scrivendo (fra tutte le riviste possibili!) su “Ecology”, nella recensione di Tempo and Mode in Evolution, fece a pezzi gli argomenti di Simpson a favore dell’evoluzione quantistica. Deridendo un errore nella notazione matematica e screditando la comprensione di Simpson delle sue teorie, Wright liquidò sommariamente il tentativo di Simpson di riconciliare la genetica evolutiva dell’epoca con gli schemi presenti nei reperti fossili.»[2]
Ecco perché non ho ritenuto, e non ritengo tuttora, condivisibile fidarmi delle considerazioni di quelli che vengono ritenuti “biologi di fiducia”, come viene definito nell’articolo lo stesso Barbujani:
«G.Barbujani, i cui articoli erano stati ripresi anche da questa rassegna stampa il 20/4/10, si è certamente dimostrato in quei giorni un buon punto di riferimento per chiunque avesse sentito la necessità di un “biologo di fiducia”, una figura utile per orientarsi in un mondo in cui la biologia e l’ambiente richiedono competenze complesse e soprattutto aggiornate.»
Qui concludo per tener fede all’impegno di non dilungarmi eccessivamente, aggiungo solo che condivido la scelta di Werner Arber come presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, infatti è stato scelto uno dei migliori studiosi in circolazione e che egli afferma chiaramente: “non ho mai sperimentato una contraddizione tra l’essere uno scienziato e credere nelle verità del cristianesimo, né difficoltà nel tenere insieme questi due ambiti.“, e per quel che mi riguarda, perché essendo un darwinista a capo della Pontificia Accademia delle Scienze, permette di svincolare la critica al darwinismo dal sospetto che sia fondata su obiezioni di ordine religioso.
Ribadisco: il [neo]darwinismo non è contro la religione, (per quel che mi riguarda un essere creatore può scegliere il metodo che vuole per originare i viventi, anche quello per caso e necessità), esso è insoddisfacente solo per via delle sue contraddizioni e i suoi limiti intrinseci (che paradossalmente richiederebbero davvero un intervento miracoloso affinché possa aver funzionato !).
Per ora, almeno per quel che concerne il darwinismo, questo è quanto.
(Alle riflessioni concernenti l’AGW –Anthropic Global Warming– e gli OGM non mancherò di rispondere in seguito.)
[1] Carlo Darwin, Sull’origine delle specie per elezione naturale ovvero conservazione delle razze selezionate nella lotta per l’esistenza prima traduzione italiana col consenso dell’autore, Zanichelli, Modena 1864, p. 107
[2] Niles Eldredge, Ripensare Darwin, pag.30